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Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

 

Tesi Magistrale: Merleau-Ponty, la fisica del XX° secolo (relatività di Einstein e meccanica quantistica) e l'antico pensiero orientale

di Giorgio Peri - Maggio 2016

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CAPITOLO QUARTO:
LA MECCANICA QUANTISTICA

 

NESSUNO CAPISCE VERAMENTE LA MECCANICA QUANTISTICA?

 

<<E' passato un secolo, e siamo allo stesso punto. Richard Feynman, che più di ogni altro ha saputo usare e manipolare la teoria, ha scritto: "Penso si possa dire che nessuno capisce davvero la meccanica quantistica">>(1).  Carlo Rovelli dedica alcune pagine(2) del suo ultimo libro per cercare di chiarire come stanno le cose in merito alla comprensione della meccanica quantistica dopo cento anni di vita. Ci racconta che per Einstein le cose non potevano essere così strane e, quindi, dietro, ci doveva essere una struttura più semplice e più ragionevole. Ai giorni nostri molti fra fisici sperimentali, ingegneri, chimici e biologi usano le formule della meccanica quantistica abitualmente in diversi campi senza però porsi il problema di capire il significato delle stesse formule: le usano e basta (e funzionano). Fisici e filosofi continuano a interrogarsi su cosa significhi veramente la teoria della meccanica quantistica ma le risposte non arrivano. A volte sembra di trovarsi di fronte a "un abbaglio che funziona per caso" dice Rovelli. Siamo sul bordo di ciò che non sappiamo e le opinioni divergono. A questo punto Rovelli si avvale del mito platonico della caverna e paragona gli attuali studiosi della meccanica quantistica agli uomini incatenati che vedono solo ombre e le scambiano per la realtà. Saremmo quindi tutti in attesa di quel prigioniero-filosofo che si libera dalle catene ed esce alla luce del sole a vedere le cose vere. Speriamo solo che un tale personaggio arrivi presto e che poi, quando rientrerà nella caverna per spiegarci come sta veramente la faccenda, noi gli prestiamo ascolto e non continuiamo a credere nelle nostre amate ombre.

 

UN PO' DI STORIA

 

Il 14 dicembre 1900 (quindi qualche anno prima rispetto a quel 1905 quando venne presentata la relatività ristretta di Einstein) nasceva la meccanica quantistica ad opera di Max Plank. <<L'importantissima innovazione concettuale […] è costituita dall'ipotesi che l'energia non sia una grandezza continua, ma discreta, e cioè che in qualunque processo fisico l'energia emessa, o assorbita, o scambiata da un sistema all'altro, debba risultare multipla di un certo valore elementare non ulteriormente divisibile>>(3). La dimensione discreta e non continua della materia-energia (Plank) e della luce (Einstein) è la base della meccanica quantistica.
La meccanica quantistica ci fornisce una teoria molto innovativa per descrivere il mondo. Il salto rispetto alle teorie precedenti è strabiliante. Infatti, in precedenza, era in vigore, nella scienza fisica, una specie di sincretismo in base al quale si miglioravano precedenti punti di vista già assodati basandosi però su di essi. Nella quantistica invece lo stravolgimento del pregresso è totale e si spinge più in la di ogni più fervida fantasia. Ci mette infatti di fronte a un mondo che non è né definito e neppure definibile se non attraverso funzioni matematiche.
In questa nuova prospettiva agli osservatori della realtà non è data la possibilità di giungere a una conoscenza completa e oggettiva del mondo che ci circonda perché ogni atto di osservazione, misurazione, modifica l'oggetto studiato in maniera irreversibile. Questa interferenza non può essere eliminata e modifica, inevitabilmente, lo stato iniziale di ciò stiamo osservando, analizzando, studiando.

 

LE TRE CARATTERISTICHE DELLA MECCANICA QUANTISTICA

 

La meccanica quantistica è la scoperta di tre fondamentali aspetti del mondo: l'indeterminismo, la granularità e la relazione(4). L'indeterminismo ci insegna che il mondo descritto dalla meccanica quantistica è un mondo in cui le cose sono soggette continuamente a un movimento casuale (e non causale). Il caso entra da protagonista nella fisica e porta alla conseguenza che il futuro non è prevedibile. Heisenberg introduce l'indeterminatezza nel mondo che comunque ha a che fare con la modificazione del campo a partire dal soggetto che conosce. La granularità della materia e della luce è il cuore della meccanica quantistica. I quanti e i fotoni sono gli indici percepibili della intrinseca granularità della natura che non è più infinitamente divisibile: la costante di Plank fissa la scala elementare di questa granularità. Infine la relazione (che comunque era già presente nella matematica applicata e in special modo in Newton) ci significa che il mondo non è fatto di cose ma di relazioni. La realtà è ridotta a relazioni: tutte le caratteristiche di un oggetto esistono solo rispetto ad altri oggetti. In conclusione, <<Le proprietà delle "cose" si manifestano in modo granulare solo nel momento dell'interazione, […] e sono tali solo in relazione ad altre cose,  non possono essere previste in modo univoco ma solo in modo probabilistico>>(5).

 

LA REALTA' E' RELAZIONE

 

<<La realtà è considerata come una serie di fenomeni transitori. Inoltre, tali fenomeni non traggono origine semplicemente e solamente dal mondo esterno; piuttosto essi sono contingenti a un complesso nesso causale che include la mente>>(6). La mente è dunque una componente fondamentale della realtà e dei fenomeni.  E questo vale sia per il pensiero orientale che per quello occidentale.
<<Il mondo della meccanica quantistica non è un mondo di oggetti: è un mondo di eventi>>(7). Rovelli cita, al proposito, il filosofo Nelson Goodman che diceva che "un oggetto è un processo monotono" cioè un processo che si ripete uguale a se se stesso per un po’ di tempo. Rovelli poi confronta due oggetti apparentemente molto lontani fra di loro per consistenza: un sasso e un'onda del mare. Dice però che entrambi si riducono a un "vibrare di quanti" di durata leggermente diversa ai nostri occhi. Una cosa dunque non è altro che "vibrare di quanti" che si concretizza in relazione con altre cose e quindi con altri "vibrare di quanti". Un mondo evanescente ove nulla esiste isolatamente ma tutto sta in relazione con gli altri eventi. Le cose influiscono l'uno sull'altra. La teoria quantistica <<non descrive dov'è una particella ma dove la particella "si fa vedere dalle altre">>(8).

 

IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG

 

<<Si poteva parlare della posizione e della velocità di un elettrone come nella meccanica newtoniana e si potevano osservare e misurare tali quantità. Ma era impossibile determinare simultaneamente l'una e l'altra di queste quantità a piacere e con grande precisione. In realtà il prodotto di quelle due inesattezze risultò non essere altro che la costante di Plank(9) divisa per la massa della particella. Si potrebbero formulare simili relazioni per altre situazioni sperimentali. Esse vengono comunemente chiamate relazioni d'incertezza o principio di indeterminazione, S'apprendeva così che i vecchi concetti si adattano alla natura solo imprecisamente>>(10). Questa è la descrizione fatta dallo stesso autore Heisenberg del suo principio di indeterminazione. Detta in parole estremamente semplici, risulta che di una particella subatomica (tipo l'elettrone) o si misura la posizione o si misura la velocità ma  mai entrambe insieme. Emerge anche che più è precisa una delle due misurazioni e più l'altra è imprecisa. <<Nessuna misura è mai esatta in fisica>>(11).
<<Ad una misurazione di meccanica quantistica, si ottiene o la notazione della posizione o quella della velocità, ma non si possono mai conoscere contemporaneamente la velocità e la posizione di un corpuscolo. Tutte le altre posizioni sono ugualmente possibili. Il cadere su una posizione è la conseguenza della nostra osservazione>>(12). Qui Merleau-Ponty parla del principio di indeterminazione della fisica quantistica in termini molto appropriati. In precedenza però aveva esteso tale principio anche all'uomo scrivendo: <<Nell'esistenza umana c'è un principio di indeterminazione>>(13). Svilupperemo questo secondo aspetto nel sesto capitolo allorchè ci occuperemo più diffusamente del pensiero del nostro filosofo di riferimento.  Per ora basti dire che Merleau-Ponty dimostra di possedere una interessante padronanza della fisica quantistica.
Sempre a proposito del principio di indeterminazione di Heisenberg ricordiamo che esso non implica solo l'impossibilità di misurare contemporaneamente velocità e posizione ma comporta anche una conseguenza ben più sconvolgente e cioè che lo spazio-tempo e la causalità sono altrettanto inconciliabili. Il pensiero di Niels Bohr al proposito è il seguente <<Dobbiamo accontentarci di considerare la rappresentazione spazio-temporale e il principio di causalità, che congiuntamente caratterizzano la teoria classica, come tratti complementari, ma mutuamente incompatibili, della descrizione dell'esperienza, che ne simbolizzano le possibilità di osservazione e di definizione>>(14).

 

OSSERVANDO UN ELETTRONE LO SI CAMBIA?

 

<<L'atto del misurare fisserà l'oggetto, lo farà apparire nella sua esistenza individuale>>(15).
<<L'operazione di misurazione nella meccanica ondulatoria, è un'operazione impegnata>>(16).
Queste due affermazioni di Merleau-Ponty, peraltro molto pertinenti, ci introducono nel nuovo universo della teoria quantistica ove accade che, osservando un elettrone che è un oggetto molto, molto piccolo(17), lo si modifica, lo si fissa, lo si determina. Infatti, per poter osservare, almeno un fotone di luce deve attraversare lo strumento atto all'osservazione e deve raggiungere l'elettrone. Questo impatto tra fotone ed elettrone modifica quest'ultimo. Insomma, l'oggetto quantico è come un'onda di probabilità interrotta dall'osservatore che fissa, determina l'oggetto stesso(18). Dunque, osservando un certo tipo di mondo (quello subatomico), lo si cambia. Anche questa è una considerazione assolutamente nuova e rivoluzionaria per il vecchio modo di vedere e pensare il mondo, l'universo. <<Va osservato che il sistema che viene trattato con i metodi della meccanica quantistica è in effetti parte di un sistema molto più grande (forse la totalità del mondo), è in rapporto d'interazione con questo sistema più vasto; e bisogna aggiungere che le qualità microscopiche del sistema più vasto sono (almeno in larga proporzione) sconosciute>>(19).  Heisenberg vuole forse dirci che per conoscere un elettrone bisognerebbe conoscere tutti i vari corpi subatomici dell'universo. Per non parlare poi dell'osservatore che è parte integrante sia dell'esperimento che del mondo. Ricordiamoci sempre il "mantra" di Merleau-Ponty: noi ne siamo del mondo e non possiamo quindi averne una visione completa e distaccata e ciò è in perfetto accordo con la meccanica quantistica come abbiamo appena constatato.
In conclusione, guardano le cose tu le modifichi ma loro, le cose, forse modificano te. Penso che, forse, Merleau-Ponty sarebbe d'accordo.

 

COSA VEDIAMO NOI DEL MONDO?

 

<<La luce che ci raggiunge da una galassia remota è soltanto luce, dopo tutto, ma a noi sembra una galassia>>(20). Se guardiamo al grande e lontano cielo stellato vediamo eventi accaduti nel passato (e, ricordiamo che in questo contesto, vige la teoria della relatività che si occupa di grandi corpi-masse-energie). Se osserviamo gli elementi subatomici (settore in cui vige la teoria quantistica), li modifichiamo. La situazione è alquanto paradossale: se rivolgiamo lo sguardo a una cosa grande, non stiamo vedendo il suo presente perché la luce non viaggia a una velocità infinita ma "solo" a 300.000 km al secondo. Per i grandi corpi stiamo dunque sempre vedendo il loro passato. Per i piccoli corpi accade invece che, guardandoli, noi li modifichiamo e, dunque, non vediamo mai ciò che era la loro originale struttura. Dunque vediamo un "altro" mondo, non quello "attuale" e non quello "reale". Un bel problema per un osservatore che si reputa osservatore assoluto di una realtà distaccata, contrapposta, vera e ben determinata in sé.
Comunque sia, almeno un fotone deve andare dalla sorgente di luce (una stella, una candela) all'occhio dell'osservatore e all'oggetto osservato tramite la sorgente di luce. Non c'è modo di evitare questo limite. E permane sempre il paradosso di Heisenberg: l'osservazione perturberà sempre il sistema e produrrà un'indeterminazione. Oltretutto esiste un limite minimo per la dimensione di tale perturbazione. In questi due sensi, l'osservatore è importantissimo in meccanica quantistica visto che è sempre coinvolto nel processo.

 

L'INDETERMINISMO

 

<<Il mondo è un susseguirsi di eventi quantistici granulari. […] La meccanica quantistica introduce un elementare indeterminismo nel cuore del mondo. Il futuro è genuinamente imprevedibile>>(21). Carlo Rovelli ci spiega che il mondo non è deterministico e che non si può prevedere il futuro. Cartesio, Laplace e con loro la nostra educazione deterministica, sono superati. Non esiste un futuro prevedibile. <<Se guardiamo un sasso, sta fermo. Ma se potessimo osservare i suoi atomi, li vedremmo ora qui ora là continuamente, in perenne vibrazione. La meccanica quantistica ci insegna che più il mondo lo si guarda nel dettaglio meno è costante. E' un fluttuare continuo, un continuo pullulare microcosmico di micro eventi. Il mondo non è fatto di sassetti, è fatto di un vibrare, di un pullulare>>(22). L'indeterminismo entra nel cuore del mondo e del modo di pensare di quei pochi fisici e filosofi che riescono ad accettarlo (Einstein, pur essendo un genio unico, si fermò prima: "Dio non gioca a dadi"). "Il futuro è genuinamente imprevedibile". Questo è il succo dell'indeterminismo. Tutto accade quindi su base probabilistica: la meccanica quantistica porta la probabilità nel cuore delle cose perché il caso agisce da protagonista indiscusso a livello dell'atomo.

 

DUALISMO FRA ONDE E CORPUSCOLI

 

Abbiamo visto che la meccanica quantistica nasce quando si concepiscono l'energia e la luce come composte da corpuscoli irriducibili a qualche cosa di più piccolo: quanti e fotoni. Questa è la cosiddetta interpretazione corpuscolare della meccanica quantistica. Ma non è l'unica interpretazione possibile. Infatti, già a partire dal diciassettesimo secolo, si erano contrapposte due teorie a proposito della natura della luce: quella corpuscolare (sostenuta anche da Newton) e quella ondulatoria inventata da Huygens. Einstein poi farà una sintesi delle due interpretazioni dicendo che la luce può comportarsi sia come corpuscolo che come onda. <<Da questo momento molti fisici si convinsero che queste evidenti contraddizioni appartenevano alla struttura intrinseca della fisica atomica. Perciò, nel 1924, de Broglie in Francia cercò di estendere il dualismo fra la descrizione ondulatoria e quella corpuscolare alle particelle elementari della materia, prima di tutto agli elettroni. Egli mostrò che una certa onda di materia potrebbe "corrispondere" ad un elettrone in movimento, così come un'onda di luce corrisponde a un quantum di luce in movimento. Non era allora chiaro che cosa in quel rapporto significasse la parola "corrispondere". Ma de Broglie suggerì che la condizione quantica nella teoria di Bohr dovrebbe essere interpretata come un'affermazione riguardante le onde di materia. Un'onda ruotante intorno a un nucleo>>(23). Stiamo ora descrivendo l'atomo non più come un nucleo circondato da elettroni quasi fossero pianeti intorno al sole ma come un nucleo circondato da onde di materia. Siamo così giunti alle due visioni contrapposte di atomo: l'elettrone può essere onda di materia o corpuscolo e non c'è nessuna ragione per considerare queste onde di materia meno reali delle particelle. <<Naturalmente le due concezioni si escludono a vicenda, poiché una cosa non può essere nello stesso tempo un corpuscolo (vale a dire una sostanza limitata in un piccolissimo volume) ed un'onda (vale a dire un campo che si propaga per un ampio spazio). Ma l'una può essere il complemento dell'altra. Servendoci di entrambe le raffigurazioni, passando dall'una all'altra per poi ritornare alla prima, otteniamo infine la giusta impressione dello strano genere di realtà che si nasconde dietro gli esperimenti atomici. Bohr fa uso in molti punti del concetto di "complementarietà" nell'interpretazione della teoria dei quanta>>(24). Infatti, nel 1927, l'anno in cui Heisenberg formula il principio di indeterminazione, Bohr formula un altro principio cardine della quantistica: il principio della complementarietà. In esso si asserisce che il modello corpuscolare e quello ondulatorio vanno considerati come due descrizioni parimenti legittime e necessarie dei fenomeni della microfisica. Stiamo quindi parlando di un dualismo fra due visioni complementari della realtà.
Ricordiamo, al proposito, che anche Merleau-Ponty sviluppa il concetto di visioni da orizzonti diversi. Ci riferiamo al prospettivismo. Infatti, in alcuni esempi di cui tratteremo più diffusamente in seguito (la casa(25), il cubo(26), Waterloo(27)), il nostro filosofo parla dei diversi punti di vista su uno stesso oggetto (nessuno dei quali è più importante degli altri). Anche il corpuscolo e l'onda potrebbero essere due diverse prospettive complementari.

 

ONDE DI PROBABILITA'

 

Abbiamo prima parlato del dualismo fra corpuscoli e onde che diventano onde di materia quando ci occupiamo di elettroni: onde di materia che ruotano intorno al nucleo centrale dell'atomo. Queste onde di materia associate all'elettrone, secondo Bohr, vanno però concepite come onde di probabilità. A ogni processo meccanico (l'elettrone) si associa un processo ondulatorio la cui evoluzione è descritta da un'equazione che indica l'insieme di probabilità di un certo corso dell'evento meccanico. Per semplificare: l'elettrone, in un dato momento e in una data posizione, è solo un evento probabilistico. Non esiste un'unica posizione, un'unica soluzione, ma ve ne sono tante  possibili alcune delle quali sono più probabili di altre. La rigida causalità si dissolve visto che a una certa causa non corrisponde di necessità una sola conseguenza chiaramente individuabile. La causalità trascolora in casualità. La percezione e l'intuizione umana e, di conseguenza, la fisica classica, descrivono una realtà in cui le cose sono sempre determinate in un certo modo mentre la  meccanica quantistica ci parla di un universo in cui le cose si trovano in uno stato intermedio essendo in parte in un modo e in parte nell'altro. Si concretizzano solo allorché una osservazione pesante le costringe ad abbandonare le molte possibilità quantistiche per fermarsi in un certo stato reale. Ciò che ne consegue non è però prevedibile prima della misurazione: si può solo calcolare la probabilità di un dato evento. <<La teoria diviene perciò intrinsecamente probabilistica, nel senso che il carattere statistico degli eventi non deriva dalla nostra ignoranza della effettiva dinamica sottostante […] ma riflette il carattere essenzialmente non deterministico e causale degli eventi stessi>>(28).

 

SOGGETTO-OGGETTO

 

Nella meccanica quantistica che, come visto, riguarda la microfisica, i fenomeni studiati non possono prescindere dagli effetti o azioni di disturbo provocati dall'osservatore che va pertanto assunto come parte integrante dell'esperimento e del fenomeno. Da ciò deriva l'impossibilità teorica (e non più solo pratica come accadeva per la fisica classica) di pervenire a una descrizione rigidamente deterministica dei fenomeni naturali. Ma la conseguenza più vistosa, l'aspetto più eclatante del principio di indeterminazione di Heisenberg è che ne deriva anche l'impossibilità di una <<rigorosa separazione del mondo in soggetto e oggetto>>(29) come scrive lo stesso Heisenberg.
Tutto, osservatore e osservato, verrebbe considerato da un punto di vista egualitario e sottoposto alla stessa legge della meccanica quantistica.
Al proposito vediamo cosa scrive Merleau-Ponty: <<Il nostro fine non consiste nell'opporre ai fatti coordinati dalla scienza oggettiva un gruppo di fatti - sia che li si chiami "psichismo" o "fatti soggettivi" o "fatti interiori" - che "le sfuggono" ma di mostrare che l'essere-oggetto, e in egual modo l'essere-soggetto, concepito in opposizione a esso e relativamente a esso, non costituiscono un'alternativa […] Le stesse ragioni che impediscono di trattare le percezioni come un oggetto, impediscono altresì di trattarla come l'operazione di un "soggetto", in qualsiasi senso la si assuma>>(30).  Dunque, la basilare distinzione, da sempre propria sia della filosofia occidentale che della fisica, e cioè: esiste un soggetto (uomo, persona, mente) ben distinto dall'oggetto (mondo, natura, cose) decade perché superata sia dalla fisica quantistica che dalla filosofia fenomenologica di Merleau-Ponty. Un cambiamento di prospettiva veramente unico e impensabile fino a un secolo fa.
Anche lo scritto scientifico del Dalai Lama concorda con questa posizione. Il Dalai Lama, in questo testo, ha fatto uno sforzo notevole per mostrare la concordanza tra il buddismo tibetano e la fisica contemporanea. Questo non è il tema della nostra tesi ma mostra la rottura profonda provocata dalla teoria quantistica nei confronti dell'epistemologia moderna: <<Una volta tolta di mezzo qualsiasi possibilità di fondare l'epistemologia in un mondo esterno (o in un mondo interno) veramente esistente, riguardo all'argomento rimane una sola scelta: sviluppare un sistema epistemologico in cui soggetto e oggetto siano interdipendenti. E' questo l'approccio di base del sistema Madhyamica(31): in qualche senso la realtà dell'oggetto è confermata dalla cognizione, e nel contempo la cognizione è confermata dalla realtà dell'oggetto. Le due cose non sono realmente separabili. Sono così intrecciate che parlare di una cognizione valida senza riferirsi alla realtà dell'oggetto è - si potrebbe dire - semplicemente privo di senso. E analogamente, parlare di realtà di un oggetto senza una cognizione che lo verifica è, di nuovo, privo di senso>>(32). L'interpretazione che il Dalai Lama da della fisica contemporanea concorda perfettamente sia con l'idea della meccanica quantistica e sia con l'innovativa filosofia di Merleau-Ponty.

 

LA QUANTISTICA E GLI OGGETTI DI SPECIE

 

Il mondo quantistico ci porta a dubitare dell'esistenza degli oggetti come entità indipendenti le une dalle altre(33). Anche Merleau-Ponty conferma questa prospettiva scrivendo: <<Allo stesso modo, London e Bauer vedono nella meccanica quantistica una "teoria della specie" e mettono in dubbio l'idea che ogni oggetto abbia un'esistenza individuale. C'è una "indiscernibilità" dei corpuscoli di una stessa specie>>(34).
La mente umana concepisce concetti simili anche in campi fra loro molto lontani. Anche ciò che sembra assolutamente nuovo come la teoria dei quanti, può, in qualche modo, fare ricorso a concetti già utilizzati in tempi e in contesti parecchio lontani(35).

 

LA SCATOLA PIENA DI LUCE

 

<<Quando Einstein muore, Bohr, il suo grandissimo rivale, ha parole di commovente ammirazione. Quando pochi anni dopo muore Bohr, qualcuno scatta una fotografia della lavagna nel suo studio: c'è un disegno. Rappresenta "la scatola piena di luce" dell'esperimento mentale di Einstein. Fino all'ultimo, la voglia di confrontarsi e capire di più. Fino all'ultimo, il dubbio. Questo dubbio continuo, che è la sorgente profonda della scienza migliore>>(36). Che cos'è questa "scatola piena di luce"? Vediamo di capirlo con l'aiuto di Carlo Rovelli.
Nonostante Bohr e Einstein fossero schierati su due posizioni completamente diverse (a favore della scuola di Copenaghen il primo e contro di essa il secondo), i due parlavano e discutevano spesso fra di loro. Principalmente Einstein obiettava contro la meccanica quantistica e Bohr cercava di respingere le obiezioni. Questo dialogo è andato avanti per anni tramite lettere, conferenze e articoli. Einstein voleva dimostrare che la nuova teoria dei quanta era contraddittoria e, per fare ciò, si inventava esperimenti. <<Immaginiamo una scatola piena di luce, da cui lasciamo uscire per un breve istante un solo fotone …>>(37). Così, dice Rovelli, inizia uno dei suoi più famosi esempi a proposito della scatola piena di luce.
Cosa voleva dimostrare Einstein? Voleva mettere in difficoltà la neonata meccanica quantistica <<la quale prevede che tempo ed energia non possono essere entrambi determinati>>(38). Quindi, pensava Einstein, se un fotone(39) vola via il peso della scatola di luce deve diminuire. Bohr andò in difficoltà e non riuscì mai a trovare la risposta. Infatti il problema da risolvere troneggiava ancora sulla sua lavagna al momento della sua morte. Ma la risposta è stata poi trovata a dimostrazione del fatto che Einstein sbagliava a proposito della teoria dei quanta. Vediamo la soluzione dell'enigma "scatola piena di luce" che ci apre nuove più sconvolgenti prospettive. <<La posizione del fotone che vola via e il peso della scatola restano legati fra loro ("correlati") anche se il fotone è già lontano>>(40). Questa strana magia della fisica quantistica ha un nome: stiamo parlando dell'effetto "entaglement"  che svilupperemo nel paragrafo successivo.

 

ENTAGLEMENT(41)

 

<<In base alla meccanica quantistica, due eventi possono essere correlati in modo istantaneo indipendentemente dalla loro distanza>>(42). Vediamo di semplificare per cercare di capire meglio. Poniamo che due particelle subatomiche abbiano interagito e poi siano state allontanate, in direzioni opposte, ad altissima velocità (le particelle subatomiche viaggiano a velocità prossime a quelle della luce). Ebbene certe loro caratteristiche (tipo lo spin(43)), restano collegate nonostante la distanza enorme. Se, ad esempio varia lo spin di una delle due, contemporaneamente varierà anche quello dell'altra a prescindere dalla distanza. Due sistemi fisici interagenti devono essere trattati come un sistema unico, descritto da un unico stato quantico: uno stato "entangled", ovverosia "intrecciato".
Einstein è stato, anche in questo comparto, un pioniere. Infatti nel 1935 insieme con Podolsky e Rosen formulava il celebre "paradosso EPR" (dalle iniziali dei tre scienziati) che metteva in evidenza, appunto come fosse paradossale il fenomeno dell'entanglement. Doveva essere, la sua, un'altra dimostrazione in polemica contro la meccanica quantistica.
Però, anche in questo caso, Einstein sbagliava. Infatti, negli anni intorno al 1980, si riuscì sperimentalmente a provare che questo strano, assurdo legame istantaneo tra ciò che accade in luoghi molto distanti può davvero esistere. <<Due corpi possono essere molto distanti nello spazio, ma dal punto di vista della meccanica quantistica è come se fossero un'entità unica>>(44).
Come può essere possibile ciò visto che nessuna informazione può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce? Forse non esiste lo spazio come lo intendiamo comunemente? Forse sono correlazioni al momento non spiegabili? O forse ogni cosa è correlata con tutte le altre visto che al momento del Big Bang tutto era in unico luogo (se così possiamo dire)? Quello che sembra emergere è il carattere non separabile della realtà a livello quantico. <<La separazione spaziale fra due particelle non è dunque sufficiente per assicurare che tutte le loro proprietà siano localizzate dove esse si trovano: esistono proprietà comuni che dipendono dalle interazioni di entrambe con l'ambiente circostante>>(45).
Le due particelle sembrano mantenere il ricordo della loro correlazione iniziale. Questo strano fenomeno della meccanica quantistica ci ricorda la erste Natur citata da Merleau-Ponty allorché parla di Schelling: <<Questa erste Natur è l'elemento più antico, un "abisso di passato" che rimane sempre presente in noi e in tutte le cose. Questa erste Natur è "trama fondamentale di ogni vita e di ogni esistente, qualcosa di spaventoso, un principio barbaro che può essere superato, ma mai messo da parte">>(46). Commento stupendo, a parte quel "qualcosa di spaventoso" che parrebbe più attinente, più consono al peggiore dei subconsci di freudiana memoria. Anche i geni, Einstein, Schelling, Merleau-Ponty, a volte, forse, esagerano nei loro giudizi. Però rendono bene l'idea anche attraverso immagini innovative, uniche, forse un po’ estreme.
Marcello Cini invece scrive molto più semplicemente: <<Per coloro che "vedono" la realtà con gli occhiali della meccanica quantistica il paradosso non esiste. Essi sostengono infatti che non ha senso parlare della direzione dell'asse di polarizzazione di un fotone finché essa non venga misurata […] sono le due misure a determinare le due direzioni>>(47). Ricordiamo sempre che in fisica quantistica la misurazione è un operazione "impegnata" nel senso che determina, fissa gli oggetti sub-atomici come sottolinea anche Merleau-Ponty: <<L'esperimento è appunto un violentare la natura>>(48).
Anche Murray Gell-Mann, lo scopritore dei quark(49), anche lui si rapporta con l'entaglement e lo fa in maniera abbastanza critica. Scrive infatti <<Bertlmann è un matematico che indossa sempre un calzino rosa e uno verde. Se vedi solo un suo piede e scorgi un calzino verde, sai immediatamente che l'altro calzino deve essere rosa. Eppure da un piede all'altro non si propaga nessun segnale>>(50).
Concludiamo il discorso intorno all'entaglement proponendo un colloquio fra il fisico austriaco Anton Zeilinger e il Dalai Lama. Il primo dice: <<La cosa si fa ancora più strana, e davvero complicata, se parliamo di tre particelle. Possiamo anche andare oltre e parlare di quattro, cinque o sei particelle>>. Chiede il Dalai Lama:<<Intendete dire che l'intero Universo è entagled al suo interno?>> Il fisico risponde:<<E' una bella idea, ma non vorrei prendere posizione in proposito, dal momento che, in quanto fisico, non saprei come sottoporla a controllo. L'eroe intellettuale e filosofico in questo campo fu Niels Bohr che fece un'affermazione di grande saggezza: "Nessun fenomeno è un fenomeno fino a quando non è un fenomeno osservato". In altre parole non dovremmo parlare di un fenomeno se non lo osserviamo in un esperimento reale>>. Il Dalai Lama chiude la questione <<Uno dovrebbe probabilmente vivere molto a lungo per controllare sperimentalmente, per essere in grado di vedere il Tutto>>(51). Dunque potrebbe anche essere che che tutto l'universo è entagled (intrecciato). Noi però non lo potremo probabilmente mai verificare.

 

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

 

Anche in questo caso stiamo parlando di un esperimento organizzato da uno dei detrattori della meccanica quantistica per dimostrare un ennesimo paradosso di quest'ultima teoria. Stiamo parlando di un gatto virtuale che è molto famoso tra gli amanti della meccanica quantistica. Ma che tipo di gatto è? E' un gatto che può essere vivo e non essere vivo contemporaneamente (altro che tertium non datur!). <<Il carattere paradossale di questa catena infinita di sistemi fisici che può terminare soltanto includendo nel sistema l'intero universo, è stato, nel 1935, messo in evidenza dal famoso esempio del "gatto di Schrödinger">>(52).
Vediamo di spiegare la storia di questo povero gatto virtuale. E' un gatto sottoposto a un esperimento mentale (un po' crudele): viene rinchiuso in una scatola (sempre la scatola che ritorna, forse a simbolizzare la nostra chiusura mentale) dove un elemento radioattivo decade e fa morire il gatto in un certo tempo non determinabile a priori. Quindi noi non sapremo mai se, dopo un dato tempo, il gatto è vivo o è morto. <<Finché non "facciamo una misura" per determinare se il gatto è vivo o morto aprendo il recipiente e guardandoci dentro, il suo stato è descritto da una funzione d'onda(53) nella quale le due alternative sono simultaneamente presenti>>(54).
La vita del gatto (poverino) dipende da campi di probabilità: può essere vivo o morto (per la densità delle probabilità è indifferente). Noi non lo potremo sapere: <<i due stati di "gatto vivo" e "gatto morto" sono mescolati in parti uguali nella funzione d'onda, Insomma lo stato del gatto è indeterminato >>(55). Alla fine il gatto è vivo o è morto? Per molti anni la comunità dei fisici si è divisa sulla risposta da dare a questa domanda.
Vediamo di capire cosa ne pensa Merleau-Ponty. <<O si intende per fisica e per scienza una certa maniera di operare sui fatti mediante l'algoritmo, una certa pratica di conoscenza, di cui i possessori dello strumento sono gli unici giudici anche del senso in cui assumono le loro variabili, ma non hanno né l'obbligo né il diritto di darne una traduzione immaginativa, di risolvere in loro nome la questione di ciò che c'è, di ricusare un eventuale contatto con il mondo. O viceversa la fisica intende dire ciò che è, ma allora essa non è più autorizzata, oggi, a definire l'essere mediante l'Essere-oggetto, né a relegare il vissuto nell'ordine delle nostre "rappresentazioni" >>(56).  Insomma il gatto è vivo o è morto a seconda della nostra concezione della scienza? E' vivo o morto a seconda dell'indeterminismo probabilistico quantistico? L'incertezza sulla sorte del gatto è "classica": stiamo usando concetti e linguaggio classici e non quantistici. Per questo fatichiamo a capire (come faticava Schrödinger). Per semplificare, secondo  la meccanica quantistica possono esistere, senza problemi, gatti vivi al 50% oppure gatti morti al 50%. Evidentemente si tratta concetti probabilistici non consoni al modo usuale di ragionare ove un gatto o è vivo oppure è morto.

 

I SALTI QUANTICI

 

<<"Natura non facit saltus" (lat. «la natura non fa salti»). – Sentenza con la quale si intendeva affermare che ogni cosa in natura avviene secondo leggi fisse e per gradi; la formula, di origine scolastica, si trova nella forma tradizionale in C. Linneo, Philosophia botanica (1751) cap. 27, ma già era presente in G. W. Leibniz, Nouveaux essais (1704) IV, 16, 12, nella forma "Tout va par degrés dans la nature, et rien par saut," propr. "tutto va per gradi nella natura, e niente con salto">>(57). Leibnitz, al contrario di Newton, nega l'esistenza degli atomi cioè di quantità discrete indivisibile a favore delle più filosofiche monadi.
In conclusione, stiamo parlando di un concetto che ha permeato la filosofia e la fisica fino all'inizio del ventesimo secolo. Poi però arriva la meccanica quantistica e tutto cambia: non esiste alcun continuum, si va sempre per salti, per scarto. Al proposito ricordiamo anche che il pensiero filosofico di Merleau-Ponty è perfettamente allineato con quello della meccanica quantistica: è pensiero di scarto e non di continuità.
<<Bohr assume che gli elettroni possano vivere solo a certe distanze "speciali" dal nucleo, cioè solo su certe orbite particolari, la cui scala è determinata proprio dalla costante di Plank, e possono "saltare" fra l'una e l'altra delle orbite atomiche che hanno le energie permesse. Sono i famosi "salti quantici">>(58). La natura fa i salti. Anzi possiamo dire che la granularità caratterizza quasi ogni fenomeno subatomico. E' discreta e non continua sia la luce (fotoni), che l'energia-materia (quanti). Ora scopriamo che pure le orbite degli elettroni non possono essere ovunque ma sono come i pioli di una scala nel senso che si può poggiare il piede solo su di un certo piolo e poi su quello seguente mentre non si può appoggiare il piede fra i due pioli.
<<Quando si usa il vecchio adagio "Natura non facit saltus" come base per una critica alla teoria dei quanta, noi possiamo rispondere che è certo che la nostra conoscenza può cambiare improvvisamente e che questo fatto giustifica l'uso del temine "salto quantico">>(59).
Come già detto, i salti quantici ben si adattano alla filosofia di Merleau-Ponty che usa frequentemente il concetto di scarto, di iato. <<Ma questo iato fra la mia mano destra toccata e la mia mano destra toccante, fra la mia voce udita e la mia voce articolata, fra un momento della mia vita tattile e quello successivo, non è un vuoto ontologico, un non essere: esso è scavalcato dall'essere totale del mio corpo, e da quello del mondo, è lo zero di pressione fra due solidi che fa si che essi aderiscano l'uno all'altro>>(60).

 

IL NULLA E LA TEORIA QUANTISTICA

 

Iniziamo il discorso intorno al nulla con una frase criptica di Leonardo da Vinci (Codice Atlantico, folio 389 verso d) utilizzata come esergo nel libro di Sergio Givone dal titolo Storia del nulla <<Infralle cose grandi che fra noi si trovano, l'essere del nulla è grandissima>>(61). Givone poi continua la sua disamina aggiungendo << Davvero è possibile ignorare la "enigmatica plurivocità del nulla", e davvero l'essere e il non essere sono affare della logica e non di stati d'animo?>>(62).
Anche John David Borrow nel suo già citato testo Teorie del tutto si interessa  al nulla seppur da un punto di vista psicologico: <<Nulla. Il nulla è un concetto che incute timore, sostanzialmente non ancora assimilato, tenuto in grande stima dagli autori di tendenza mistica o esistenzialista, ma considerato dalla maggior parte degli altri con apprensione, disgusto o panico>>(63).
Poniamoci ora una "piccola" domanda: il nulla esiste o non esiste? Ha ragione Gorgia che afferma  "solo il Nulla è" oppure ha ragione Parmenide che afferma "solo l'Essere è"?
Facciamo rispondere, filosoficamente parlando, a Merleau-Ponty: <<Qui, ciò che si dice dell'essere e ciò che si dice del nulla fa tutt'uno, è il rovescio e il dritto del medesimo pensiero>>(64). Il nostro filosofo dice anche che quando vedi l'essere, il nulla è subito là. Dunque essere e nulla sono reversibili. Anche il pensiero orientale è pienamente concorde. Infatti il Tao Tè Ching recita: <<Essere e non essere si danno nascita fra loro>>(65). Passiamo ora a considerare la questione dal punto di vista della meccanica quantistica.
<<La teoria dei campi della fisica moderna ci costringe ad abbandonare la classica distinzione tra particelle materiali e vuoto. La teoria del campo gravitazionale di Einstein e la teoria dei campi mostrano entrambe che le particelle non possono essere separate dallo spazio che le circonda. Da una parte, esse determinano la struttura di questo spazio, mentre dall'altra non possono venir considerate come entità isolate, ma devono essere viste come condensazioni di un campo continuo che è presente in tutto lo spazio. Nella teoria dei campi, il campo è visto come la base di tutte le particelle e delle loro interazioni reciproche. Il campo esiste sempre e dappertutto, non può mai essere eliminato. Esso è il veicolo di tutti i fenomeni materiali. E' il "vuoto" dal quale il protone crea i mesoni. L'esistere e il dissolversi delle particelle sono semplicemente forme di moto del campo>>(66).
Infine, la distinzione tra materia e spazio vuoto dovette essere abbandonata quando divenne evidente che le particelle virtuali possono generarsi spontaneamente dal vuoto, e svanire nuovamente in esso, senza che sia presente nessun nucleone o altra particella a interazione forte. <<Riportiamo qui un "diagramma vuoto-vuoto" per un processo di questo tipo: tre particelle - un protone, un antiprotone e un pione - emergono dal nulla e scompaiono nuovamente nel vuoto. Secondo la teoria dei campi, eventi di questo tipo avvengono di continuo. Il vuoto è ben lungi dall'essere vuoto. Al contrario, esso contiene un numero illimitato di particelle che vengono generate e scompaiono in un processo senza fine>>(67).
 Anche Heisenberg concorda con tale punto di vista. Scrive infatti: <<Le particelle possono essere create e annichilite, possono essere trasformate in altre, e la distinzione fra particelle elementari e sistemi composti è andata perduta>>(68).
L'indeterminazione quantistica permette l'apparizione dal nulla di piccole quantità di energia, sempre a condizione che esse scompaiano in un tempo molto breve. Questa energia può assumere la forma di coppie di particelle e antiparticelle di vita molto breve, ad esempio una coppia elettrone-positrone. Heisenberg la spiega così: <<Esso predirebbe dei processi in cui improvvisamente in qualche punto dello spazio vengono create delle particelle, la cui energia viene fornita più tardi da qualche altro processo di collisione fra particelle elementari in qualche altro punto>>(69). Tale ardita affermazione, almeno per il pensiero classico, è confermata anche da Murray Gell-Mann, lo scopritore dei quark, che scrive: <<Il sistema può prendere a prestito per un po’ di tempo dell'energia per permettere al primo elettrone di emettere un fotone, energia che può essere restituita quando l'altro elettrone assorbe il fotone. Il processo è noto come lo scambio "virtuale" di un fotone, il quale viene emesso e assorbito solo nel senso pickwickiano della meccanica quantistica>>(70).
Esiste quindi l'energia del vuoto o energia di punto zero(71) che è una quantità di energia presente ovunque nello spazio anche quando questo è privo di materia. Dal principio di indeterminazione di Heisenberg deriva che il vuoto è permeato da un mare di fluttuazioni quantistiche che creano coppie di particelle e anti-particelle virtuali che si annichilano in un tempo inversamente proporzionale alla propria energia. Il contributo complessivo all'energia del vuoto risulta così diverso da zero. Questo contributo è anche stato calcolato matematicamente. Comunque è chiaro che è superata l'affermazione fatta propria anche da Lucrezio che asserisce: "Ex nihilo nihil fit" che letteralmente significa "Nulla viene dal nulla". Anzi, potrebbe anche essere che, da una vibrazione quantistica del nulla, sia nato l'intero universo.
<<Si tratta del cosiddetto "campo del punto zero", quell'immenso oceano di energia in continua ebollizione, chiamato anche "schiuma quantistica" che il fisico olandese Hendrik Casimir riuscì a scoprire con un suo famoso esperimento>>(72). Questo potrebbe essere, in fin dei conti, quello che noi chiamiamo vuoto o nulla. Una bella rivoluzione.
Dunque, anche il vuoto-nulla è capace di energia-materia. Quindi la famosa domanda, la domanda fondamentale di Leibniz "Perché c'è qualche cosa piuttosto che niente?" è superata. Ci sono allo stesso tempo sia qualche cosa che il nulla (però potenzialmente pieno di cose-eventi). Il "nulla negativo" trascolora in un "nulla positivo". Merleau-Ponty completa l'opera affermando: <<In quanto assolutamente opposti, l'Essere e il Nulla sono indiscernibili […] quando vediamo l'essere, il nulla è subito là, e non al margine >>(73).

 

BOHR: NON C'E' NULLA DIETRO IL PALCO

 

<<Quando si resta affascinati da uno spettacolo, di solito non si è indotti a guardare dietro il palco: ci si concentra solo sullo show. Quando però si tratta di esaminare l'universo, si avverte un desiderio insaziabile di capire, di esplorare, di svelare i meccanismi più profondi della realtà. Ebbene, per Bohr tale desiderio era infondato e fuorviante: a suo avviso la realtà era lo spettacolo. Come il monologo di un attore, le misurazioni pure e semplici del ricercatore sono l'intero show. Non esiste nient'altro. Secondo Bohr, non c'è nulla dietro il palco>>(74).
La fenomenologia di Merleau-Ponty dice quasi la stessa cosa: la vera realtà è ciò che vedo e non c'è nulla dietro a lei.
Chi invece non è per nulla in accordo con questa visione è, ancora una volta, Einstein: ritorna il profondo dissidio fra Bohr e Einstein. Secondo il punto di vista di quest'ultimo ci deve essere qualche principio unificatore dietro la scenografia del cosmo. Qualche cosa che ci sfugge ma che, pur tuttavia, esiste. Stiamo parlando del fatto che <<l'ideale "monistico" doveva restare per Einstein il sogno di una vita>>(75) e di <<una mente che anela all'unificazione della teoria non può essere paga del fatto che esistano due campi i quali, per loro natura siano indipendenti fra loro. Entrambi devono presentarsi come "manifestazioni diverse di uno stesso campo">>(76).
Einstein e Bohr, pur partendo entrambi da una posizione monistica, daranno luogo a una lunga disfida nella quale però sembra vincere sempre il secondo. Infatti Einstein non troverà mai questa chimera della legge unificatrice di tutta la fisica. E, per quel poco che ho letto, mi pare di capire che questa speranza di unire il tutto in un'unica legge fisico-matematica, è ancora ben lungi dal venire.
Come anticipato, anche la fenomenologia, di cui il nostro Merleau-Ponty è figura di spicco, proclama a chiare lettere che non c'è un dietro rispetto a ciò che vediamo, la vera realtà è ciò che vediamo. Bisogna quindi cogliere l'apparire senza curarsi di ciò che sta dietro. Noi, che siamo nel mondo e del mondo, forse non potremo mai trovare una legge complessiva per il mondo. <<Ciò che chiamiamo sensazione non è se non la percezione più semplice e, in quanto modalità dell'esistenza, non può, al pari di ogni percezione, separarsi da uno sfondo, che in definitiva è il mondo. Correlativamente, ogni atto percettivo si rivela come prelevato da una adesione globale al mondo>>(77). Dato il fatto che "noi ne siamo del mondo", ci risulterà impossibile definirlo in modo oggettivo e distaccato come pretendeva di fare Einstein salvo fare un'astrazione. Non ci resta quindi che goderci lo spettacolo del mondo senza curarci più di tanto di ciò che c'è (o, forse, per meglio dire, non c'è) dietro il palco. Ancora una volta Merleau-Ponty è molto più in assonanza con la meccanica quantistica, probabilistica e relazionistica che con il pensiero di Einstein ancora legato al determinismo.

 

L'INTERPRETAZIONE DI COPENAGHEN DELLA TEORIA DEI QUANTA

 

<<L'interpretazione di Copenaghen della teoria dei quanta parte da un paradosso. Qualsiasi esperimento fisico, sia che si riferisca ai fenomeni della vita quotidiana o ad eventi atomici, deve essere descritto nei termini della fisica classica. I concetti della fisica classica formano il linguaggio per mezzo del quale descriviamo la preparazione dei nostri esperimenti e ne esprimiamo i risultati. Non possiamo e neppure dobbiamo sostituire questi concetti con altri. Tuttavia l'applicazione di questi concetti risulta limitata dalle relazioni d'incertezza. Dobbiamo tener presente questa limitata area di applicabilità dei concetti classici mentre li applichiamo, ma non possiamo e non dovremmo sforzarci per migliorarli>>(78). Chi ci descrive l'interpretazione di Copenaghen è Heisenberg che fu, insieme al fondatore Nils Bohr, uno dei pilastri della scuola di Copenaghen. Negli anni intorno al 1927 questa scuola era la più avanzata al mondo nello studio della teoria dei quanta.
Dallo straordinario duo Bohr-Heisenberg uscirono tutte le principali idee base della meccanica quantistica a partire dai due principi fondamentali: il principio di indeterminazione e il principio di complementarietà. Comunque la loro interpretazione della teoria dei quanta non fu certo esente da critiche anche pesanti. Basti ricordare ad esempio ciò che scrisse Schrödinger a proposito del principio di complementarietà di Bohr: <<Devo confessare che non lo comprendo. Per me si tratta di una mera evasione. Non di una evasione volontaria. Infatti si finisce per ammettere il fatto che abbiamo due teorie, due immagini della materia le quali non si accordano sicché dobbiamo fare uso talvolta dell'una e talvolta dell'altra. Un tempo, settanta o più anni fa, quando si verificava un fatto consimile, si concludeva che la ricerca non era ancora finita, perché si riteneva assolutamente impossibile far uso di due concetti differenti a proposito di un fenomeno o della costituzione di un corpo. Ora si è inventata la parola "complementarietà", e ciò mi sembra voler giustificare l'uso di due concetti differenti, come se non fosse necessario trovare un concetto unico, un'immagine completa comprensibile>>(79). Dunque Schrödinger era fermamente convinto che una particella subatomica non possa essere alternativamente corpuscolo e onda: pensava che si trattasse solo di un equivoco dovuto alla nostra ignoranza. Ma sbagliava: non c'è nessun equivoco, sembra che le cose stiano proprio così.
Le posizioni filosofiche della scuola di Copenaghen non si rifanno certo all'idealismo o comunque a filosofie che neghino l'esistenza del mondo fisico e dell'oggettività scientifica. L'interpretazione di Copenaghen appare però inconciliabile con il modello di spiegazione scientifica difeso da Einstein. Quest'ultimo infatti pretendeva <<la descrizione completa di ogni situazione reale (individuale) che si suppone possa esistere indipendentemente da ogni atto di osservazione e di verifica>>(80). Due modi diversi di concepire la scienza in generale e la fisica in particolare. Più tradizionale e classico quello si Einstein e di Schrödinger. Innovativo e creativo quello di Heisenberg e Bohr.
Anche Merleau-Ponty esprime la sua posizione: <<La meccanica quantistica ha sconvolto le nostre categorie fondamentali più ancora della teoria di Einstein, il quale, a malincuore, si è messo contro l'antica ontologia. Probabilmente, la nuova meccanica si presta a continue discussioni ma, qualunque sia l'esito del dibattito, essa avrà per lo meno eliminato il dogmatismo dell'antica meccanica>>(81). Queste parole ci fanno chiaramente capire come il nostro filosofo sia molto più vicino al pensiero della scuola di Copenaghen che a quello dei suoi critici.

 

LA REALTA' VARIA A SECONDO CHE NOI LA OSSERVIAMO O MENO

 

<<Secondo "l'interpretazione di Copenaghen", le equazioni della teoria quantistica valgono soltanto per gli aspetti non osservati della realtà fisica. Nel momento in cui si effettuano osservazioni, entra in gioco un processo di tipo diverso, che comporta un'interazione diretta tra la coscienza umana e le particelle subatomiche: un particolare stato di coscienza diventa reale, gli altri rimangono possibilità>>(82).  Questo è il pensiero di David Deutsch che tende a coinvolgere nel discorso anche la fondamentale presenza della coscienza umana.
<<Il semplice atto dell'osservare altera l'oggetto osservato quando i suoi numeri quantici sono piccoli(83). Da questo fatto Heisenberg ricava una importantissima conclusione concernente la relazione fra l'oggetto, il fisico osservatore ed il resto dell'universo>>(84). Ciò significa che osservando oggetti piccoli, piccolissimi, costituiti ad esempio da un solo atomo, la realtà osservata dipende dal fatto che noi la osserviamo o meno (a differenza di una mela o di un pianeta che risentono molto, molto meno, anzi, quasi per nulla, della nostra osservazione avendo dei numeri quantici molto, molto superiori).
Deduciamo quindi che l'atto di osservare certi oggetti non è neutro. Anzi è un atto quasi creativo. Quindi la realtà varia a secondo che noi la osserviamo o meno. E questo è sconvolgente per ogni pensatore classico. <<Si postulava che la nostra esperienza, già investita dalla fisica e dalla biologia, doveva risolversi interamente in sapere oggettivo quando il sistema delle scienze fosse portato a termine>>(85). Questo osserva il nostro filosofo francese che però non condivide il sapere oggettivo da parte di un soggetto distaccato. Ricordiamo sempre che per Merleau-Ponty soggetto e oggetto sono due termini tipici del linguaggio: servono per comunicare ma non sono due realtà distinte, separate.
Concludiamo il paragrafo ricordando con Merleau-Ponty che <<L'elettrone non esiste nel senso dell'Essere assoluto, che è tutto o è niente: l'elettrone non sta in uno spazio-temporalità puntuale e oggettiva, esso è un "ingrediente […] in tutto quanto gli è vicino, è il focolaio di certe "tracce", di certe "funzioni" constatate dall'osservatore>>(86).

 

LE DUE FENDITURE

 

Facciamo un esperimento ideale: una piccola sorgente di luce monocromatica viene indirizzata verso uno schermo nero che contiene due piccoli buchi. In quale dei due passeranno i fotoni? <<Il singolo quantum di luce può passare attraverso il primo buco o attraverso il secondo>>(87). E invece accade che <<finché non mettiamo un contatore lungo uno dei due cammini possibili dobbiamo dire, per spiegare le righe della figura di interferenza che appare sullo schermo, che la particella è passata sia attraverso l'uno che l'altra (fenditura)>>(88). In pratica siamo ritornati alla problematica del gatto di Schrödinger: come può essere che un gatto possa essere vivo o morto in base a una formula probabilistica? Come può essere che un corpuscolo, un fotone, passi contemporaneamente attraverso due diverse fenditure?
Il fotone passa contemporaneamente attraverso le due fenditure perché, oltre ad essere un corpuscolo, è anche un'onda. Newton riteneva che la luce fosse composta esclusivamente di corpuscoli ma, Thomas Young, nel 1801, dimostrò appunto, attraverso l'esperimento della doppia fenditura di cui stiamo parlando, che la luce si comporta invece come onda. Infatti solo un'onda può passare contemporaneamente da due diverse fenditure. Ricordiamo che, secondo il principio di complementarietà di Niels Bohr, i due aspetti, corpuscolare e ondulatorio, non possono mai essere osservati contemporaneamente. Merleau-Ponty conferma chiosando: <<Onde e corpuscoli sono complementari ma si escludono. Si può pensare o l'uno o l'altra>>(89).

 

QUANTI DI SPAZIO

 

Dopo aver scoperto che la materia-energia è composta da "quanti" così come lo è anche la luce (fotoni), veniamo ora a parlare dello spazio quantizzato. Lo faremo seguendo gli scritti di Carlo Rovelli, fisico teorico della gravità quantistica oltre che scienziato attento alle implicazioni filosofiche dell'indagine scientifica.
<<Ora, se si combinano le idee di base della relatività generale e della meccanica quantistica, ne segue subito che lo spazio, essendo un campo (il campo gravitazionale, come ha scoperto Einstein), deve anch'esso avere una struttura granulare, come quello elettromagnetico. Ci devono quindi essere dei "grani di spazio". Inoltre, la dinamica di questi grani di spazio deve essere probabilistica. Quindi, lo spazio (cioè il campo gravitazionale) deve essere descritto da "nuvole di probabilità di grani di spazio>>(90).
Per rendere meno ostica la comprensione del concetto, espresso in precedenza dalle parole di Rovelli, facciamo ricorso a una sua immagine semplificatrice. Immaginiamo un insieme di semplici anelli intrecciati fra di loro a formare una rete che riempie una scatola. Ebbene gli anelli in questione non si limitano a riempire lo spazio interno della scatola, no, sono essi stessi lo spazio quantizzato e ognuno di essi è un quanto di spazio. Anzi, per meglio dire, le intersezioni fra i vari anelli sono i veri quanti di spazio. Da sottolineare anche che, in una scatola oppure in una stanza, esistono solo un numero finito di quanti di spazio. Quindi <<lo spazio, su piccola scala, non è più continuo>>(91).
Pensare allo spazio come discontinuo ci risulta veramente complicato. Ma ancora più complicato si fa il discorso se introduciamo il fattore probabilistico: il campo gravitazionale (cioè lo spazio) sembra consistere di probabilità di quanti di spazio collegati in reti. Come siamo andati lontano rispetto allo spazio classico: il contenitore di Newton  che esiste a prescindere dalle cose che ci possono essere o meno.

 

 

NOTE
1) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 121.

2) Ivi, pp. 122-123.

3) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume quinto, p. 838.

4) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., pp. 114-115-116-117-118.

5) Ivi, p. 119.

6) Dalai Lama, Nuove immagini dell'Universo, trad. it. di Luca Guzzardi , Cortina Editore, Milano 2006, p. 40.

7) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 119.

8) Ivi, p. 118.

9) "La costante di Planck, insieme alla carica dell'elettrone e alla velocita della luce e una delle costanti fondamentali con le quali si definisce la struttura di una particella. E' detta anche "quanto di azione" perché è dell'ordine di una certa energia per un certo tempo".  http://www.castfvg.it/articoli/fisica/costante_planck.pdf

10) W. Heisenberg, Fisica e Filosofia, cit., p. 56.

11) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 115.

12) M. Merleau-Ponty, La Natura, cit., p. 133.

13) M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 238.

14) Marcello Cini, Un paradiso perduto, Feltrinelli, Milano 1994, p. 72.

15) M. Merleau-Ponty, La Natura, cit., p. 137.

16) Ivi, p.139.

17)  La massa contenuta nel nucleo di un atomo corrisponde alla quasi totalità della massa atomica, basti pensare che un atomo stabile contiene all'incirca lo stesso numero di elettroni, protoni e neutroni, ma ogni nucleone (protoni e neutroni) pesa quasi 2000 volte di più di un elettrone.

18) M. Merleau-Ponty, La Natura, cit., p. 139.

19) W. Heisenberg, Fisica e filosofia, cit., p. 208.

20) D. Deutsch, La trama della realtà, cit., p. 88. 

21) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 116.

22) Ibidem.

23) W. Heisenberg, Fisica e Filosofia, cit., p. 50.

24) Ivi, p. 64.

25) M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 113.

26) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 217.

27) M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 470.

28) M. Cini, Un paradiso perduto, cit., p. 70.

29) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume sesto, p. 727.

30) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., pp. 48-49.

31) Madhyamika: nel buddhismo è colui che segue la via di mezzo, quella indicata da Nagarjuna nel secondo secolo dopo Cristo. Questo pensiero si basa sulla vacuità (in sanscrito è detta sunyata) che quindi critica le dottrine di impronta realistica. Ogni fenomeno esiste solo in rapporto a tutti gli altri.

32) Dalai Lama, Nuove immagini dell'Universo,  cit., p. 145.

33) Al proposito, Massimo Teodorani scrive a pagina 31 del suo libro David Bohm, Macro Edizioni, Cesena 2006,   "Questa nuova e più fedele visione del mondo quantico porta a dubitare che esistano veramente oggetti indipendenti".

34) M. Merleau-Ponty, La natura,  cit., p. 136.

35) "Tutti gli angeli appartengono a un'unica specie" scrive, ad esempio, Tommaso d'Aquino: chttp://www.veniteadme.org/summa-theologica-san-tommaso-descrive-gli-angeli/ 

36) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 123.

37) Ivi, p. 120.

38) Ibidem.

39) I fotoni sono forme quantizzate di energia pura che non hanno massa a riposo. Eppure, le loro traiettorie si flettono in presenza di un campo gravitazionale. Ciò significa che, quando sono in movimento, acquisiscono massa.

40) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 120.

41) L'entanglement è una conseguenza delle strane regole probabilistiche della meccanica quantistica e permette una misteriosa  connessione  istantanea su lunghe distanze che  sfida le leggi del mondo macroscopico  (da qui l'aggettivo “fantasmatica” usato da Einstein).  www.lescienze.it/news/2014/09/27/news/un_nuovo_stato_della_materia_creato_con_l_entanglement_quantistico-2308668/

42) B. Greene, La trama del cosmo, cit., p. 15.

43) Lo spin, detto in parole molto semplici, è la direzione in cui ruota su se stessa una particella subatomica (tipo la direzione di rotazione di una trottola che gira su stessa). E' previsto solo nella meccanica quantistica. "Una particella con spin 0 è come un punto. Appare sempre uguale da qualsiasi punto la si guardi. La particella di spin 1 ripresenterà lo stesso aspetto solo dopo un giro completo di 360 gradi. Una particella di spin 2 riprenderà lo stesso aspetto solo dopo aver compito una semirivoluzione (180 gradi). Le particelle con spin semintero riprendono lo stesso aspetto solo dopo due rivoluzioni complete". Così ci insegna Stephen Hawking a pagina 85-86 del suo libro Dal big bang ai buchi neri, opera già citata.

44) B. Greene, La trama del cosmo, cit., p. 15.

45) M. Cini, Un paradiso perduto, cit., p. 90.

46) M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 54.

47)  Marcello Cini, Trentatre variazioni su un tema, Editori Riuniti, Roma 1990, p. 52.

48) M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 143.

49) I quark sarebbero i mattoni della materia, i componenti di base del nucleo dell'atomo essendo i protoni e i neutroni ulteriormente divisibili in elementi più piccoli: i quark appunto. 

50) Murray Gell-Mann, Il quark e il giaguaro, trad. it. di Libero Sosio, Bollati Boringhieri, Torino 1996, p. 204.

51) Dalai Lama, Nuove immagini dell'universo, cit., p. 31.

52) M. Cini, Un paradiso perduto, cit., p. 94.

53) La funzione d'onda è una ampiezza di probabilità, è una densità di probabilità, è un campo di probabilità.

54) M. Cini, Un paradiso perduto, cit., p. 94.

55) Ibidem.

56) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 44.

57) http://www.treccani.it/vocabolario/natura-non-facit-saltus/

58) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 103.

59) W. Heisenberg, Fisica e Filosofia, cit., p. 69.

60) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 164.

61) Sergio Givone, Storia del nulla, Roma-Bari, Laterza 1995, esergo.  

62) Ivi, p. 202.

63)  J. D. Borrow, Teorie del tutto, cit., p. 193.

64) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 77.

65) Giangiorgio Pasqualotto, Il Tao della Filosofia,  Nuova Pratica Editrice, Milano  1997, p. 17.

66) Walter Thirring, fisico quantistico austriaco, ripreso da Fritjof Capra a pagina 127 del suo libro Il Tao della fisica, opera già citata.

67) F. Capra, Il Tao della fisica, cit., pp. 256-257-258.

68) AA.VV., Filosofia della scienza, cit., pp. 185-186.

69) W. Heisenberg, Fisica e filosofia, cit., p. 192.

70) M. Gell-Mann, Il quark e il giaguaro, cit., p. 209.

71) L'energia di punto zero è responsabile, tra le altre cose, dell'evaporazione dei buchi neri (radiazione di Hawking).

72) M. Teodorani, Bohm, cit., p. 83.

73) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 89.

74) B. Greene, La trama del cosmo, cit., p. 244.

75) AA.VV., Filosofia della scienza, cit., p. 149.

76) Ibidem.

77) M. Merleau-Ponty, Segni, cit., p. 321.

78) W. Heisenberg, Fisica e filosofia, cit., p. 58.

79) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume sesto, p. 723. 

80) Enciclopedia Garzanti della Filosofia, cit., p. 923.

81) M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 131.

82) D. Deutsch, La trama della realtà, cit., p. 295.

83) Il numero quantico descrive lo stato energetico di una data particella (oltre ad altre proprietà della stessa). Esso permette di quantificare le proprietà della particella.  

84) W. Heisenberg, Fisica e filosofia, cit., pp. 32-33.

85) M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 146.

86) M. Merleau-Ponty, La Natura, cit., p. 171.

87) W. Heisenberg, Fisica e filosofia, cit., p. 66.

88) M. Cini, Un paradiso perduto, cit., p. 94.

89) M. Merleau-Ponty, La Natura, cit., p. 133.

90) C. Rovelli, Che cos'è il tempo? Che cos'è lo spazio?, cit., p. 19.

91) Ivi, p, 36.

 

 

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