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Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

 

Rorty e l'ironia liberale

di Massimo Fontana - Dicembre 2014

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Sublime privato e crudeltà

 

“E' proprio lui, mi dicevo, ecco la sua testa che contiene un cervello di marca diversa dalle gelatine sintetiche conservate nei crani che gli stanno attorno (…) Sono testimone di un fenomeno fisiologico unico: John Shade mentre percepisce e trasforma il mondo, mentre lo porta dentro di sé e lo scompone, mentre ne ricompone gli elementi nel corso del processo stesso di accantonamento, onde produrre, in un momento ancora indefinito, un miracolo organico, una fusione di immagine e musica, un verso”. Vladimir Nabokov, Fuoco pallido, Milano 2002, traduzione italiana di A. Raffetto e F. Pece, pagina 29 (Pale Fire, 1962).

Da L'art du roman di Milan Kundera sappiamo di una particolare inclinazione: la grafomania, che non è mania di scrivere lettere, diari, cronache di famiglia, qualcosa per se stessi, ma quella di farlo confidando in un vasto pubblico, forse un modo di imporre il proprio io, la propria versione al mondo.

Kundera ritorna ancora sul tema, descrivendo una tensione degli uomini, il desiderio di essere padroni del futuro per essere liberi di manipolare il passato ritoccando fotografie, articoli, storie. Questa prospettiva ci ricorda la realtà dei regimi sovietici che Kundera ben conosceva (ma anche quella di 1984 di George Orwell).

Questo Kundera dà l'impressione di non gradire le ridescrizioni individuali e laddove Rorty vede una possibilità di ricreazione, anche attraverso una rilettura del proprio passato, osserva due persone (L'ignoranza) e nota che i loro ricordi non si assomigliano e dello stesso evento ci sono due descrizioni diverse. La diversità delle descrizioni per Kundera è oblio, forse nella convinzione che in qualcosa di originale e comune si possa contare.

Così la scrittura kunderiana, se non ricerca ancora una volta indietro qualcosa che ci salvi, ne riconosce però la mancanza. Non l'assenza originale di parole violate, ma perdita di una storia, di una vicenda personale che non può essere ricomposta e ricordata, nemmeno dallo scrittore. Quest'ultimo pare avere il merito di custodire l'indeterminatezza, esorcizzando il desiderio di scrivere quel qualcosa in più e di diverso che un eccentrico potrebbe disgraziatamente scrivere, falsificando qualcosa di autentico. Elaborare un mondo attraverso la propria scrittura diviene un esercizio pericoloso e per giunta poco elegante. Kundera preferirebbe lasciare gli eccentrici al piccolo diletto del diario quotidiano.

Diversamente, come abbiamo visto, in Rorty non c’è nostalgia consacrabile e sappiamo che la ricerca del sublime coincide con la dimensione privata dell'ironico, che è libero di decostruire e riedificare la propria biografia.

Forse possiamo dire che tra Rorty e Kundera si realizza un incontro al confine tra generi di scrittura. Dove Rorty si spinge verso la contingenza del linguaggio e il nominalismo, Kundera si dimostra interessato, e lo notiamo già dai titoli delle sue opere (L’arte del romanzo, L’ignoranza, Il libro del riso e dell’oblio, L’insostenibile leggerezza dell’essere…), ad approfondire precisi concetti. Se da una parte l’intento rortiano è quello di fluidificare la filosofia, dall’altra sembra che Kundera giochi con le ipostasi, sicuro di non incorrere nel vizio della metafisica, in virtù della sua abilità narrativa.

Ma aldilà di questo, dalle divergenze e convergenze tra Rorty e Kundera emerge un argomento, il problema del potere a disposizione di coloro che possiedono l’abilità di manipolare la propria e, soprattutto, l’altrui storia.

La domanda ha a che fare con l'incolumità delle gelatine sintetiche. Humbert (Lolita) e Kinbote (Pale Fire) sono fautori di una crudeltà sublime ed estetizzata, in particolare il primo.

In particular, such books show how our attempts at autonomy, our private obsession with the achievement of a certain sort of perfection, may make us oblivious to the pain and humiliation we are causing”. Richard Rorty, Contingency, Irony and Solidarity,  Cambridge University, Press 1989, pagina 141, traduzione italiana: questi libri ci mostrano, in particolare, come la nostra ricerca dell'autonomia, l'ossessione con la quale aspiriamo a una particolare forma di perfezione, possa renderci del tutto inconsapevoli del dolore e dell'umiliazione che provochiamo (Richard Rorty, La filosofia dopo la filosofia, Bari 1989, pagina 166).

In Lolita di Nabokov è la crudeltà di Humbert, che non esita a ricorrere ad azioni che per il senso comune sarebbero ripugnanti, per raggiungere il suo scopo (Lolita). Eppure l'abilità di Nabokov sta proprio nel far apparire come sorrette da una logica soggettiva quelle azioni, tanto da farle quasi sembrare normali.

Humbert accetta di unirsi in matrimonio con la madre di Lolita nella speranza di avvicinarsi a lei e disprezza Lolita per le sue banali passioni adolescenziali, le riviste scandalistiche, il cinema; ne ammira le movenze perfette e quasi divine quando pratica il tennis, sport molto apprezzato da Humbert. Un rapporto morboso, a senso unico, dove Humbert investe Lolita come un fiume in piena che conosce la propria irreversibile direzione, dissoluzione.

Ma ciò che fa di Lolita una sciocca e comunissima adolescente piuttosto che una ninfetta noi non lo possiamo comprendere leggendo l'opera di Nabokov, che tuttavia ci persuade. Non vi sono argomentazioni o tesi da sostenere, si può intuire che la particolare descrizione dell'amore e dell'erotismo di Humbert è originata anche da eventi del suo passato forse scrutabili. Ma anche la ricostruzione psicologica della vita di Humbert ci sarebbe di aiuto solo parzialmente, la sua descrizione è unica, la sua ammirazione per Lolita è unica e incomprensibile per chiunque altro.

Nabokov ci descrive Lolita senza ricorrere più di tanto all'elencazione di dati come il colore dei capelli, le particolarità fisiche, il modo di atteggiarsi. O meglio, nulla di queste descrizioni viene posta da Nabokov all'interno dello stereotipo dell'adolescente tipo che potremmo immaginare. Nabokov descrive Lolita quando impugna una racchetta da tennis, quando piange di nascosto nella camera di un motel, quando finalmente può concedersi una corsa in bicicletta (tanto da sembrare, per un momento, una ragazzina spensierata come altre).

In realtà la differenza d'età e l'imbarazzo di Humbert a ogni apparizione pubblica a fianco di Lolita fa trasparire anche un timore, residuo di un senso comune.

Nabokov immagina la vicenda di Humbert e Lolita, riformula il mondo per come noi lo concepivamo e all'interno di questo mondo mutano di aspetto anche le norme etiche condivise. E tuttavia il gusto e l'etica di Humbert non ci scandalizzano, dal momento che ci siamo addentrati nella lettura del romanzo e ne abbiamo accettato le trame. Il linguaggio narrativo apre una descrizione, ma questa non può alludere a un’etica out there.

Il mondo creato da Nabokov ha in sé le proprie regole e solo a quelle risponde.

Così Rorty sostiene che il romanzo Lolita non è censurabile. Più semplicemente Nabokov descrive un mondo con il quale ci possiamo confrontare senza rischi per la collettività, unicamente leggendo Lolita.

Il sublime privato al quale il romanziere tende, contiene in sé già tutto. Le implicazioni politiche e sociali nascono nuovamente e non c’è l’esigenza di confrontare le nuove concezioni con le vecchie, sospese da Nabokov. Il sublime privato dell'ironico coincide con la ricerca della perfezione individuale e lì nessun limite etico può essere posto.

Ripartendo però da questi due punti, dall’impossibilità da parte dello scrittore di piegarsi al discorso normale dell’etica condivisa, e fatto salvo il suo diritto e di chiunque ad anelare alla beatitudine estetica, rimane che per Rorty un romanzo come Lolita può sensibilizzarci nei confronti del tema della crudeltà umana. Nabokov ci ricorda che la ricerca incondizionata della beatitudine estetica può portarci alla crudeltà.

La ricerca della beatitudine estetica evidenzia quanta distanza sia possibile interporre tra il genio letterario e le comuni gelatine sintetiche e svelala potenziale crudeltà di un linguaggio raffinato come quello di uno scrittore come Nabokov.

Ciò che è bello per Humbert e Kinbote costituisce una motivazione sufficiente e una giustificazione per le crudeltà che infliggono?

These books are reflections on the possibility that there can be sensitive killers, cruel aesthetic, pitiless poets - masters of imagery who are content to turn the lives of other human beings into images on a screen, while simply not noticing that these other people are suffering”. Richard Rorty, Contingency, pagina 157, traduzione italiana: In questi libri Nabokov riflette sulla possibilità che esistano assassini sensibili, esteti crudeli, poeti senza pietà - maestri dell'immaginario a cui basta trasformare le vite di altri esseri umani in immagini su di uno schermo, e che semplicemente non si accorgono che queste altre persone stanno soffrendo (Richard Rorty, La filosofia dopo la filosofia, Bari 1989, pagina 182).

Rorty disapprova il tentativo di Nabokov di estrarre una bontà intrinseca dall'estasi estetica, che farebbe del narratore una persona perfetta, colui che sa cogliere i particolari meglio di tutti.

Nessun sapere morale è invece rintracciabile nella condotta del poeta perfetto, perché i poeti sono piuttosto ossessionati e il loro donare estasi non li esime dal dispensare e dall'infiggere anche dolore.

Kinbote, autore del commento all'opera poetica di Shade, risulta molto più morboso e indifferente di Shade, ma anche più interessante e creativo come scrittore.

Così Humbert, annoiato mortalmente da tutto ciò che non ha a che fare con la sua privata ossessione, Lolita, è un grande narratore.

I personaggi di Nabokov trasudano freddezza e aridità morale.

I romanzi di Nabokov persuadono quando lasciano cadere ogni velo sulle presunte virtù umane e scoprono l'alterigia e la crudele superbia di personaggi come Kinbote e Humbert.

Rorty ricorda che si può essere grandi narratori e ottime persone allo stesso tempo, che si può desiderare di alleviare le sofferenze altrui anche senza fornire risposte definitive attraverso la propria scrittura e questa è l’esemplificazione della separazione tra ricerca del sublime privato (e della beatitudine estetica) e necessità sociale di evitare ogni forma di crudeltà verso i propri simili.

 

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