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Riflessioni sull'Antroposofia. La Scienza dello Spirito

Riflessioni sull'Antroposofia

La Scienza dello Spirito

di Tiziano Bellucci   indice articoli

 

La resurrezione della Luce del Pensiero e la libertà

Febbraio 2015

 

L'immagine che appare a l'uomo come singola rappresentazione dell’oggetto, staccata dall'intero corpo di pensiero al quale appartiene, quale singolo arto muore, ma di contro essa è ciò che l’umano può utilizzare come indispensabile atto per giungere alla conoscenza del mondo fisico: molto parziale e soprattutto provvisoria, ma molto importante quale punto base da cui risalire e operare la Resurrezione del Vero Pensare.

 

Tale resurrezione è possibile, e si realizza a mezzo di una tecnica comunicata dalla scienza dello Spirito, tramite la quale il ricercatore, una volta osservate esattamente le condizioni preliminari, si sente come un’onda che affiora sul mare dello Spirito: si invera il processo in cui uno Spirito si rende capace di emergere coscientemente da dentro la sua stessa essenza: lo Spirito si percepisce entro il suo Spirito.

In quello stato non si incontrano là esseri o mondi inconosciuti; accade solo una mutazione di coscienza, un’espansione di coscienza; si sperimenta di penetrare in una coscienza più ampia, che abbraccia l’Universo.

Sulla Terra, guardando indietro ai propri ricordi si vedono affiorare immagini del passato; riflettendo in sè stessi si formano pensieri; scrutando la propria anima compaiono i nostri ideali, i nostri scopi e i nostri principi etici e morali: tutto questo  si presenta come qualcosa di intimamente personale, che ci appartiene, tramite il quale riconosciamo ed identifichiamo noi stessi.

Qualora si sia capaci di penetrare in sé stessi con la tecnica sopracitata, si avverte che dagli abissi iperscrutabili di quella coscienza allargata che appare, emergono allo stesso modo pensieri, sentimenti, ricordi, ideali e principi che non fanno parte di un mondo esterno nel quale vivono leggi e norme a noi estranee, ma li sperimentiamo come ideali e principi che fanno parte di noi.

Essi non ci sono estranei: li sentiamo come qualcosa di nostro.

Ci ritroviamo in quei modelli: li riconosciamo come l’essenza del nostro proprio essere.
Sulla Terra ciò ci era inconosciuto nell’ordinario stato di coscienza, ma ora ci accorgiamo che essi invece oltre che ad essere qualcosa di nostro, sono anche la medesima essenza che ogni uomo, ogni entità in quella condizione, sente come sua.

Ci si sente indissolubilmente uniti all’unisono, in armonia con tutte le leggi dell’universo, con la volontà cosmica; ciò che si muove entro quella nostra nuova coscienza ampliata in merito a desideri e ideali, è ciò che vogliamo, ciò a cui il nostro essere protende.

Non si avverte una dualità in cui noi siamo soggetto e il resto è oggetto, né vi è legge, né norma esteriore che viene dettata o imposta da un Dio esterno o da un mondo spirituale al di fuori, ma si sperimenta soltanto una condizione di unitarietà di mete e di vedute, uguali in ogni parte e in ogni essere di quel mondo.

Si impara a conoscere che non esiste un io individuale, ma un Io cosmico, entro il quale noi emergiamo e in esso ci sentiamo accomunare negli ideali con tutti gli altri enti della creazione.

Può uno Spirito rinnegare lo Spirito? Può tradire sé stesso? Lì il soggetto coincide con l’oggetto.

 

Se sulla Terra, quando scelto un motivo effettuiamo un’azione, sentiamo forse in quel momento che qualcuno ce l’ha imposto? Se lo abbiamo scelto e fatto perchè scaturito da noi ci è piaciuto e da soli lo abbiamo voluto, non si è trattato di una libera determinazione? In quell’attimo sappiamo di essere noi gli artefici di quell’azione: nessuna ce l’ha imposta.

Ci ha mosso la sola nostra interiorità: ed essa la sentiamo amica: è la sola vera autorità, la legge interiore da cui prendiamo norme.

Può esistere un uomo che nell’attimo in cui deve operare un’azione rinnega i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue idee, le sue scelte, perchè teme che non sia stata la sua legge interiore a muoverlo, ma che invece vi sia qualcosa in lui che lo obblighi?

L’uomo sa bene che è solo lui che nell’intimo parla e detta a sé stesso la sua legge di scelta.

Ed è a quella legge che l’uomo ascolta e crede ciecamente.

Nell’intuizione accade la medesima cosa: l’uomo si connette con il suo Io con l’Io cosmico, al punto di sentirsi quell’Io più vasto: tale Io universale non gli appare come qualcosa di estraneo o di oggettivo, ma come qualcosa che gli è infinitamente familiare.

Sente affiorare la sua vera natura: si ricorda di ciò che è veramente; si accorge che ciò che sulla Terra aveva apparentemente conosciuto con il nome di “legge di Dio”, come astrusa e chiesastica legge morale, pur non essendo altro che un riflesso alterato in sotto forma di “norme” da altri uomini che lo hanno preceduto, nonostante ciò qualcosa di tutto ciò compare come contenuto essenziale della sua stessa coscienza. I motivi, le aspirazioni e gli scopi di Dio sono i medesimi che appaiono ora in lui.

Sente che l’anelito di Dio coincide con il suo.

Cadono le forme, le leggi, i comandamenti come tali, per divenire sostanza morale della sua entità.

La perfezione che solo a Dio è riconosciuta, vive ora in lui: tutte le doti morali, le virtù, le onniscienze ed onnipotenze sono parte di lui: l’uomo sente che Dio non è un Essere a lui esterno, ma che la parola “io”, coincide con la parola “Dio”. Egli scopre di essere quel Dio che si è incarnato sulla Terra per conseguire uno scopo. Tale scopo è di portare qualcosa di nuovo entro la legge morale universale, attraverso la sua libertà.

 

Dal “Suono della luce” di Tiziano Bellucci

 

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