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Riflessioni in forma di conversazioni

Riflessioni in forma di conversazioni

di Doriano Fasoli

Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice


Le storie di Geronimo Stilton, Hofmannsthal, Trakl e le liriche di Rûmî

Conversazione con Grazia Pulvirenti
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it

- luglio 2005
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È stato pubblicato per Einaudi “Frammenti e distillazioni” di Gottfried Benn. Ne approfitto per chiederle qual è il suo “giudizio” sull’opera complessiva di questo poeta, che Cioran definiva “piuttosto grande con tratti da chansonnier macabro”.
Piuttosto che di “giudizi”, termine che Lei giustamente pone fra virgolette, preferirei parlare di “parere”, che mi sembra più adatto al fattore di suggestione personale, e dunque apparenza, o anche apparizione, in cose di poesia, specie per un poeta come
Benn, tanto sottoposto ai pre-giudizi. In questo caso i pre-giudizi, ovvero le cattive “opere su”, o meglio i cattivi “giudizi”, sono stati così forti da far sì che ancora oggi Anna Maria Carpi sia costretta a ricordare, all’inizio della prefazione a Frammenti e distillazioni, che Benn è stato nazista per un anno soltanto, e per via di uno slancio “poetico”, presto tramutatosi in disillusione, non per via di una effettiva adesione ideologica. Del resto Benn, da bravo discepolo di Nietzsche, aveva già affrontato nella sua opera i disincanti dell’uomo moderno. Così ha anche vissuto sulla propria pelle la “politica” come forma di slancio utopico. Dunque, un mio parere su Benn… Benn - e qui tralascerei gli altri complessi aspetti della sua essenza di intellettuale - è poeta polimorfo, affascinante proprio per quell’ossimoro che è alla base della sua scrittura, una profonda varietà nella ricerca formale e contemporaneamente una rigorosa, ascetica fedeltà al nocciolo della propria poetica e della propria concezione, o meglio metafisica, della forma. La poesia finisce per ammaliare in quanto prodotto di un lavoro da fabbro, ma ciononostante sempre privo di cesellature in quanto tali, poiché il “miglior fabbro” concepiva le composizioni poetiche come un intero e non un insieme di particolari ben riusciti. Le sue composizioni appaiono come superfici traslucide e polite, superfici assolute, superfici splendide dove si cela la verità, parafrasando un celebre aforisma di Hofmannsthal.

Qual è lo stato di salute della poesia tedesca contemporanea? Da dove le sembra provengano gli spunti più innovativi, più vitali?
Se lo stato di salute si misura per numero di poeti, be’, è in ottima salute. Basterebbe pensare all’antologia edita nel 2003 dalla casa editrice tedesca DuMont, Lyrik von jetzt (Lirica di oggi), ove sono presenti ben 74 poeti della nuovissima generazione, tutti nati fra il 1965 e il 1981. Naturalmente, però, non è il “numero” a dare certezza di buona salute, e molti dei poeti antologizzati non meriterebbero forse la pubblicazione in un volume che miri a costituire un canone. Ma testimoniano di un mondo che si muove e sfugge alla cristallizzazione attraverso le linee più multiformi. In generale, la poesia tedesca sa essere molto più innovativa di quella italiana, perché non ha paura delle parole che si sperimentano. Ma, per concludere, e paradossalmente contraddicendo quello che ho appena affermato – la poesia è fatta di contraddizioni, come la vita – i miei interessi di studio e indagine raramente si spingono oltre quella che Zweig ha definito “die Welt von Gestern” (il mondo di ieri), poiché in fondo ormai non si fa altro che ripetere (si pensi a certe forme di neo neo-avanguardia odierna che, da un punto di vista formale, ripropongono conquiste del
Dada) e raramente si scoprono intonazioni originali. Ma ciò non vuol dire che non si possano rinvenire voci interessanti anche oggi o fra gli autori degli anni Ottanta e Novanta, di cui per altro mi sono anche occupata, come nel caso della poesia di Erich Fried, autore austriaco cui ho dedicato una monografia, l’unica esistente in lingua italiana.

Rimanendo nel suo ambito di studi, quali sono, secondo lei, i poeti rimasti a tutt’oggi, ingiustamente, misconosciuti e che vorrebbe tornassero ad essere valorizzati come meriterebbero, per esempio mediante la traduzione?
Sono tanti, li si incontra in ogni periodo e ambito letterario, penso a tanti autori di epoca
espressionista, come Franz Janowitz, Albert Ehrenstein, delle cui liriche da tempo suggerisco una traduzione italiana – Adelphi si è deciso a pubblicare con più di dieci anni di ritardo dalla mia originaria proposta, avvenuta credo alla fine degli anni Ottanta, almeno un racconto, Tubutsch. Ma non si devono nemmeno dimenticare autori noti ma solo scarsamente tradotti, come Else Lasker-Schüler, Christian Morgensten, Frank Wedekind, van Hoddis, o alcuni che hanno animato la scena del ben noto Fin de siècle austriaco, da Altenberg a Schaukal, a Beer-Hofmann, a autori sui generis come Serner, a altri, mal tradotti, come lo stesso Hofmannsthal (invero penalizzato dalle traduzioni italiane soprattutto per i libretti e il teatro giovanile in versi), o a grandi classici, come Friedrich Schiller, assente come poeta dagli scaffali italiani, salvo che per il volumetto, per altro esaurito, delle Poesie filosofiche edite da SE. Una sua antologia verrà pubblicata a cura mia e delle mie colleghe Renata Gambino e Vincenza Scuderi, nella collana di recente creazione presso l’editore Bonanno “Wunderkammer”, specializzata in argomenti tedeschi.


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