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Riflessioni in forma di conversazioni

Riflessioni in forma di conversazioni

di Doriano Fasoli

Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice


Le bugie dei poeti

Conversazione con Renato Minore
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it - giugno 2005

Ho incontrato per la mia rubrica on-line Renato Minore, che, nato a Chieti nel 1944, vive a Roma dove è il critico letterario de “Il Messaggero”. Ha pubblicato come poeta I nuovi giorni (1965), La piuma e la biglia (“Almanacco dello Specchio”, 1989), Non ne so più di prima (1984), Le bugie dei poeti (1993), Nella notte impenetrabile (2002). Come narratore Leopardi l’infanzia le città gli amori (1987), Rimbaud (1991), I ritorni (1992), Lo specchio degli inganni (1993), Il dominio del cuore (1996). I suoi saggi sono raccolti in Giovanni Boine (1975), Intellettuali mass-media società (1976), Il gioco delle ombre (1984), Dopo Montale (1993), I moralisti del Novecento (1998).
Voglio inoltre segnalare che nel numero 12 de “l’Illuminista”, il trimestrale di cultura diretto da Walter Pedullà, nella sezione delle Antologie Personali (le trenta migliori pagine scelte dagli stessi scrittori), dopo Mari, Cavazzoni, Bonaviri, Pontiggia, Cerami, Nigro, Mazzaglia, Leonetti, Rosso, Balestrini, Pagliarani, è la volta di Carlo Villa, presentato da un saggio di Maria Corti e di Renato Minore, appunto, presentato da un saggio di Giuseppe Pontiggia.

Minore, quali culture sono entrate in gioco nella sua educazione intellettuale?
Mi sono formato anche dal punto di vista universitario negli anni Sessanta e senz’altro la spinta propulsiva che derivava dalle scienze dell’uomo (la
psicoanalisi, l’antropologia, lo strutturalismo, la semiologia) sono state per me essenziali.

Quali sono "le bugie dei poeti"?
I poeti dicono bugie forse perché il reale è una menzogna…

Per lei, la parola ha ancora un valore catartico?
Mi immagino la situazione di cui si parla in una mia poesia: in una stanza buia cerchi bendato un cilindro nero che non c’è, non c’è mai stato. La parola – la stanza buia, il cilindro, la benda – danno l’illusione – l’imprinting - che esistano la stanza buia, il cilindro, la benda.

Quali segreti può svelare la notte ad un poeta?
Immaginiamo il buio profondo di una notte davvero impenetrabile. Improvvisamente un lampo lo illumina, coglie le parvenze delle cose nascoste nel buio che poi torna a regnare. Anche la parola del poeta non è altro che una specie di fulmine che sceglie un certo tragitto nel cielo, lasciando tutto il resto del cielo nel buio più completo.

Quando scoprì la sua vena poetica?
Ricordo sempre la straordinaria commemorazione che di
Shakespeare fece Ben Jonson: era diventato – disse – quel poeta che era nato. Bisogna diventare il poeta che si è nati… Scrivere è prolungare nell’esperienza, nella memoria, nella cultura quel clic iniziale che è come sommerso dentro l’emozione dell’origine, se vuole una scoperta assai precoce nel tempo della vita.

Come nasce una poesia?
Un cattivo demiurgo della notte, in una favola popolare, manda in libertà i porcospini addormentati in un tempo che non è loro propizio, come la primavera. Una poesia nasce cercando di evitare gli itinerari di quel demiurgo, facendo coincidere lo slancio della sua origine con il tempo che più le è propizio.

Ce n'è una (della sua produzione) che le sta particolarmente a cuore?
Forse “La piuma e la biglia”, una sorta di
cosmogonia, dentro il mito. Tra gli oggetti di ricerca c’è il mito. Un racconto che spiega qualcosa. Un mito spiega l'origine del mondo e dell'uomo, anche la scienza e la filosofia non fanno altro che cercare di spiegare i miti. E tra i miti di ieri e quelli di oggi non esiste alcuna differenza di fondo. Noi abbiamo un'esistenza più complessa perché siamo all'interno di uno scenario in cui la mente umana ha creato cose estremamente complesse. Però la complessità è usata per i nostri fini umani e all'interno di intenzioni e sceneggiati mentali che restano sempre impostati in maniera mitica.

Esiste per lei un luogo ideale dove scrivere?
Scrivere è anche aver consapevolezza di una forma che al suo interno è giunta al suo culmine. Non ho luoghi ideali dove questo processo si può attivare: semmai è una condizione virtuale, saper approfittare di quella consapevolezza, saperla riconoscere sia stando davanti al muro di un garage, unica scena metropolitana possibile, sia davanti ad un mare in burrasca, che è la scena romantica che emotivamente vorrei poter realizzare.

Leopardi, Rimbaud: cosa le hanno insegnato profondamente?
Per
Leopardi mi piace rispondere con le sue stesse parole. Mi ha insegnato come l’uso del mondo e l’esercizio dei patimenti non devono “profondare e sopire di noi quel primo uomo” che si è stati. Rimbaud? Che la profondità va nascosta in superficie…

Ha dedicato una poesia, "Delfini sull'onda", a Mario Luzi: le piace l'opera di questo poeta?
Ho imparato ad amarla negli anni e progressivamente. Come progressivamente
Luzi è approdato alla profonda e continua interrogazione dei suoi ultimi libri, l’eco più forte che mi resta dopo averlo tutto attraversato in momenti diversi della mia vita.

Con che cosa coincide, o vorrebbe coincidesse, per lei la Bellezza?
Mi viene in mente Miranda, la collegiale protagonista di “Picnic a Hanging Rock” di Peter Weil. Misteriosamente scomparsa durante una gita scolastica.

Oggi il romanzo è ancora capace di uno sguardo totale sulla realtà, sul mondo?
Credo di sì. Un solo esempio, penso al romanzo di Georg Sebag, Austerlitz. È un'opera di conoscenza e di interpretazione, infatti tra l'altro è basato su uno studio accuratissimo dei documenti. Un simile libro accresce in modo insostituibile la nostra conoscenza, sia del presente che del passato. È un tipo di conoscenza che non si oppone a quella storica, anzi la integra e la rafforza. Come capita per la Russia dell'Ottocento, quella di Guerra e Pace di
Tolstoj.

Va ancora volentieri al cinema? E quale tipo di film apprezza maggiormente?
C'è un rapporto tra nazioni in qualche maniera omologate e nazioni in cui ci sono ancora grandi contrasti di tipo sociale e politico. Queste ultime producono ancora grande narrativa e anche grande cinema. Stiamo assistendo, ad esempio, ad una fioritura di film iraniani uno più bello dell'altro. Vengono da un paese lacerato anche da un punto di vista sociale e addirittura razziale.

Doriano Fasoli

 

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