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Riflessioni sulla Cultura Vedica

Riflessioni sulla Cultura Vedica

di Parabhakti dasindice articoli

 

Varnasrama dharma.
La struttura sociale vedica e il sistema delle caste

Febbraio 2010
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VARNA

 

Nell’undicesimo capitolo del settimo Canto dello Srimad-Bhagavatam nei versi 8-12 sono riportati i principi generali per una società perfetta:

 

“Questi sono i principi generali che tutti gli esseri umani devono seguire: la veridicità, la misericordia, l’austerità, la pulizia, la tolleranza, la discriminazione tra il bene e il male, il controllo della mente, il controllo dei sensi, la non violenza, la castità, la carità, lo studio delle Scritture, la semplicità, la soddisfazione, l’offerta di servizio a persone sante, l’abbandono di impegni non necessari, l’essere consapevoli delle attività insulse della società umana, il silenzio e la serietà, la rinuncia ai discorsi inutili, il sapere valutare se la nostra identità è fisica o spirituale, la distribuzione equa del cibo tra tutti gli esseri (sia uomini sia animali), il saper considerare ogni anima, specialmente nella forma umana, come parte del Signore Supremo, l’ascolto delle attività e delle istruzioni di Dio, la Persona Suprema (rifugio delle persone sante), cantare le glorie di queste attività e di queste istruzioni, il ricordarle sempre, lo sforzo di rendere servizio al Signore, di adorarLo, di offrirgGli omaggi, diventare un Suo servitore, diventare un Suo amico e sottomettersi completamente a Lui.

“O re Yudhisthira, la forma umana ci deve portare ad acquisire queste trenta qualità che sono sufficienti a soddisfare Dio la Persona Suprema.”

 

BrahmanaBrahmana

“Le caratteristiche di un brahmana sono il controllo della mente, il controllo dei sensi, l’austerità e la penitenza, la pulizia, la soddisfazione, la tolleranza, la semplicità, la conoscenza, la misericordia, la veridicità e la completa sottomissione a Dio, la Persona Suprema” (S.B. 7-11-21)

In grazia a queste qualità il brahmana illumina la società e in particolare gli Ksatriya che ne sono gli amministratori. Il brahmana ha tre doveri obbligatori: lo studio dei Veda, l’adorazione delle Divinità e la distribuzione di carità.
Il brahmana non deve accettare un lavoro stipendiato, deve mantenersi libero evitando dipendenza economica o psicologica che condizionerebbero le sue scelte e la sua imparzialità.
Normalmente i brahmana insegnano, adorano le Divinità ed assolvono il compito di consulenti spirituali; nello svolgimento di queste funzioni accettano donazioni delle quali trattengono il solo necessario per il sostentamento, l’eccedenza è ridistribuita al popolo. In casi di emergenza il brahmana ha facoltà di impegnarsi in agricoltura o di chiedere la carità, ma fermo rimane il punto della non dipendenza.

 

KsatriyaKsatriya

“La potenza in battaglia, l’invincibilità, la pazienza, l’abilità nello sfidare gli altri, la generosità, il controllo delle necessità fisiche, la capacità di perdonare, l’attaccamento alla natura brahminica, la costante vivacità e veridicità - queste le caratteristiche dello ksatriya.” (S.B. 7-11-22)

Gli ksatriya, governano la società di cui ne garantiscono anche la sicurezza. Dall’etimologia della parola si evince che ksatriya significa: “colui che attacca per difendere”, quindi non entrerà mai in conflitto per interessi personali.
Lo ksatriya è guerriero impavido e profondamente leale, ad esempio negli scontri con il nemico, non accetta di combattere con chi è manifestatamene inferiore - il codice cavalleresco gli impone di combattere sempre a viso aperto escludendo quindi attacchi a tradimento o nella notte.
Nella civiltà vedica i civili erano sempre esclusi dai combattimenti e gli eserciti rivali, prima di iniziare gli scontri, si premunivano di garantirne l’incolumità. Lo ksatriya applicava gli stessi principi di lealtà, coraggio e generosità anche nell’amministrazione che rimaneva ferma ma equanime.
L’arte bellica che gli ksatriya imparavano, spaziava dalle tecniche di combattimento, alla diplomazia, all’arte del governo e dell’amministrazione.
Gli ksatriya avevano quindi la responsabilità diretta della società, ruolo che eseguivano con grande serietà, rettitudine e responsabilità.
A differenza del brahmana lo ksatriya percepiva un compenso per i suoi servizi, mentre non poteva assolutamente accettare elemosina o sussistenza.

 

Vaisya

“Essere sempre devoto agli esseri celesti, al maestro spirituale e al Signore Supremo, Visnu, operare a favore dei principi religiosi, dello sviluppo economico e della gratificazione dei sensi (dharma, artha e kama – religiosità, sviluppo economico e godimento materiale), credere nelle parole del maestro spirituale e delle Scritture e sforzarsi sempre abilmente di guadagnare denaro  – queste sono le caratteristiche del vaisya. (S.B. 7-11-23)

I vaisya si occupavano principalmente di commercio, agricoltura e allevamento di mucche, garantendo così la produzione e la circolazione dei beni. I vaisya operavano in stretta collaborazione con gli ksatriya che vigilavano sul buon funzionamento del commercio, sull’equanimità di trattamento dei dipendenti, sulla correttezza dei prezzi applicati evitando così sfruttamenti e strozzinaggi.
Brahmana, ksatriya e vaisya parimenti seguono alti principi morali e sono definiti come nati- due -volte o rinati spiritualmente perché s’impegnano a seguire le trenta qualità proprie dell’essere umano civilizzato anzi citate.

“Coloro che sono stati purificati dalla cerimonia garbhadhana (rito per l’accoglienza del futuro nascituro, che si svolge prima del concepimento) e dagli altri metodi prescritti – compiuti con mantra vedici e senza interruzione e riconosciuti da Brahma – sono dvija, ossia nati-due-volte.
Questi brahmana, ksatriya e vaisya, purificati dalla loro tradizione familiare e dal loro comportamento, devono adorare il Signore, studiare i Veda e distribuire la carità. Nell’ambito di tale pratica devono seguire i principi dei quattro asrama (brahmacarya, grihastha, vanaprastha, sannyasya)” (S.B. 7-11-13) 

 

SudraSudra

“L’offerta di omaggi alle cassi superiori della società, la costante pulizia, l’assenza d’ipocrisia, il fedele servizio al proprio padrone, il compimento di sacrifici senza la recita di mantra, non rubare, dire sempre la verità e dare completa protezione alle mucche ed ai brahmana – queste sono le qualità del sudra” (S.B. 7-11-24)

Uno degli argomenti forti di chi sostiene l’attuale sistema delle caste è che un sudra appartiene a una classe inferiore e quindi può solo vivere solo da subordinato.
Sostengono che la sua condizione è dovuta al karma pregresso cui non ci si può opporre e che la legge del karma  predispone, in modo evolutivo, la collocazione di ognuno all’interno della società. Non rimarrebbe quindi al povero sudra che l’opzione di sottostare completamente alle volontà degli altri varna senza protestare, perché solo così potrà ottenere le credenziali per rinascere in famiglie più elevate.
Sebbene quest’affermazione si possa avvalorare con antichi scritti, è bene ricordare che la società vedica offre a tutti le medesime opportunità per realizzarsi spiritualmente.

All’interno del sistema vedico c’è chi guida, chi gestisce, chi produce e chi aiuta; si collabora in accordo alle proprie capacità per garantire una situazione ottimale affinché tutti possano coltivare lo spirito.
Anche la posizione più “bassa” nel varnasrama-dharma, quella degli sudra, prevede comunque l’adesione a norme e modelli di comportamento che rimangono di difficile comprensione e pratica per chi non ha interesse per la spiritualità. Ai “fuori casta”, ovvero coloro che non hanno le caratteristiche per situarsi all’interno del varnasrama-dharma, sono fornite comunque regole adeguate per permetterne l’elevazione progressiva.
La società vedica è una società inclusiva, articolata in modo da favorire il benessere psico-fisico-spirituale dell’individuo; fornisce quindi guida e supporto (adeguati ai vari psico-tipi) in ogni circostanza.
Per terminare questa parte sui varna, ancora uno sloka (verso) tratto dallo Srimad Bhagavatam:

 

“Come è già stato affermato, chi manifesta le caratteristiche di brahmana, di ksatriya, di vaisya e di sudra, anche se è nato in una classe differente, dev’essere considerato appartenente alla classe a cui corrisponde in relazione alle qualità”. (S.B. 7-11-35)

 

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