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di Daniele Mansuino   indice articoli

 

Le energie di rimbalzo

Giugno 2009
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Ma procediamo con ordine. Ci troviamo ancora al punto in cui le energie in arrivo si condensano progressivamente, trovandosi a soggiacere in misura sempre maggiore alla forza di attrazione del nucleo gravitazionale terrestre; che tuttavia sarà per loro incomparabilmente più debole di quella cui è sottoposto qualunque essere corporeo, per cui la loro lenta penetrazione entro le viscere della Terra avrà una durata dell’ordine dei milioni di anni.
D’altra parte, l’accelerazione gravitazionale ha il carattere di una progressione: la sua velocità aumenta quindi di parecchio nell’ultimo tratto del percorso, quando cioè le energie in arrivo sono penetrate abbastanza a fondo da entrare in contatto con il nucleo incandescente del nostro pianeta. Anche il processo di condensazione assume in questo luogo un carattere così esasperato da far soggiacere in qualche misura le energie in arrivo alle leggi della fisica, fino a determinare un vero e proprio amalgama tra queste e i minerali in fusione che compongono il nucleo stesso.
Nell’attimo preciso in cui la spinta gravitazionale si è esaurita, il movimento si inverte: le energie in arrivo si trasformano in energie di rimbalzo e intraprendono il viaggio di ritorno, spinte verso la superficie terrestre dal processo di irradiazione del calore nucleare.
Come lo spettro del calore può essere scomposto nei sette colori dell’iride, così in base alla loro densità le energie di rimbalzo possono essere classificate in sette forme di energia diverse: un “settenario” che la tradizione primordiale simboleggia nell’Arcobaleno, ed è la base fondante tanto del voodoo quanto dell’Ermetismo.
Esistono due modi diversi in base ai quali le energie di rimbalzo rivedono la luce, sgorgando dalla Terra.  Il primo di questi, che ne riguarda la maggior parte, è il puro e semplice filtrare dalla superficie del suolo: la pianta dei piedi degli esseri umani era un tempo il mezzo per cui esse potevano essere assorbite consapevolmente. Si tratta di una conoscenza che non è andata del tutto persa: Castaneda ne tratta (in modo abbastanza criptico) in uno dei suoi libri più importanti e incompresi, Tensegrità.
Ancora oggi nei Paesi più poveri, dove i bambini camminano ancora a piedi scalzi, molti di essi sono in grado di assorbire le energie di rimbalzo consapevolmente; ma poiché nessuno più spiega loro in che modo possano essere utilizzate, non prestano attenzione a questo dono e finiscono col perderlo nell’arco di pochi anni.
Tecniche più elaborate per catturare le energie di rimbalzo sono sopravvissute fino ai nostri giorni in varie forme di sciamanesimo: per esempio, nel voodoo haitiano è tuttora in uso l’arte dei  veve, diagrammi rituali che si tracciano sulla terra battuta con la farina per fermarle nell’attimo in cui sgorgano dalla Terra.
Davvero troppo sottovalutato in Occidente è il voodoo, questa meravigliosa forma tradizionale nella quale sono ancora parte integrante della ritualità quotidiana la quasi totalità dei quarantotto simboli primordiali: per esempio il Quaternario degli Elementi, l’Arcobaleno, il Serpente, l’Axis mundi e così via.

 

La seconda modalità per cui le energie di rimbalzo sgorgano alla superficie è collegata alle attività dei vulcani: è proprio da questa cognizione che ebbe origine l’Alchimia, la quale può essere definita come un tentativo (spesso riuscito) di riprodurre in laboratorio le reazioni vulcaniche, come è adombrato neanche troppo velatamente nello pseudonimo di Fulcanelli.
Questo vale non solo per i vulcani in attività, ma anche – e in un certo senso a maggior ragione – per i vulcani cosiddetti “spenti”. Come è ben noto, nessun vulcano può mai considerarsi spento, e anche dal punto di vista esoterico il manifestarsi o meno dei fenomeni eruttivi può essere classificato alla stregua di un mero incidente temporale. Quello che importa è che al di sotto del cratere del vulcano è sempre presente una sterminata rete di caverne, collegate tra loro, che si spingono a incommensurabili profondità fino a raggiungere il cuore magmatico del nostro pianeta.
Quando il vulcano è attivo, le immani forze messe in moto dall’eruzione lavica – che è sempre imprevedibile e irregolare nel suo ciclo – interferiscono con l’ascesa dell’energia di rimbalzo, alterandone la natura con l’apporto di radiazioni che hanno generalmente una forte connotazione uraniana o marziale.  L’inquietudine, la stravaganza e lo spirito bellicoso si diffondono allora tra i popoli che ne sono influenzati.
Non dico questo per sconsigliarne in qualche modo l’utilizzo ai fini operativi. L’intera storia dell’Alchimia testimonia di come sia possibile riprodurre energie di questo genere in laboratorio, traendone risultati talvolta davvero eccezionali; ma ci rammenta anche quanto ciò sia difficile e pericoloso, come sempre accade quando si ha a che fare con correnti di forza assai violente, delle quali oltretutto non si può conoscere a priori l’esatta composizione.
Per contro, nei vulcani spenti (ben poco importa quanto profondamente sia interrato il loro cratere) nessuna forza materiale va a interferire con la lenta ascesa delle energie di rimbalzo nel loro percorso dal centro dalla Terra alla superficie. Gli “spiriti del vulcano” possono allora adempiere senza impedimenti il loro compito di mantenerne intatta la suddivisione settenaria, e lo sciamano che le riceve potrà usufruirne al meglio della loro purezza, senza dover fare i conti con interferenze pericolose.
Riguardo a questo genere di “spiriti” (cui ho accennato nell’articolo su John Frum), è opportuno notare che non solo in ambito sciamanico, ma anche in seno alla magia occidentale si conserva la memoria di creature specificamente incaricate di accompagnare le energie di rimbalzo nella loro ascesa: era questa infatti la funzione originaria delle salamandre, e - in modo più indiretto - anche di tutte le altre forme di elementali.
Il loro primo compito è vigilare affinché le energie di rimbalzo, nel loro percorso verso la crosta terrestre, non si mescolino tra loro, e si mantengano separate secondo la legge del settenario. Un secondo compito non meno importante è curare che si mantengano abbastanza dense per poter essere percepite – una volta sgorgate alla superficie - dal sistema nervoso dell’uomo: di solito questo accade nella forma di un formicolio più o meno lieve.
Il lavoro con le energie di rimbalzo è la radice tanto dell’arte magica quanto della parte operativa del processo di trasmutazione interiore, e per innumerevoli anni - almeno fino al sorgere della civiltà egizia – non fu neanche concepibile alcuna forma di attività esoterica fondata sull’uso di qualche forma di energia diversa.
Purtroppo questa nozione, un tempo così universalmente nota, non era destinata a sopravvivere all’avvento delle religioni monoteiste. La credenza in un Dio che sta nei cieli bollava di eresia ogni forma di commercio con le energie sotterranee, forzando gli sciamani alla ricerca di vie alternative; è proprio questa la ragione per cui la storia della magia occidentale in età cristiana può essere sintetizzata come un’infinita serie di affannosi sforzi per trovare il modo di utilizzare non le energie di rimbalzo, ma quelle in arrivo.
Volendo esaminare più da vicino la genesi di questo errore, vediamo che trae la sua origine soprattutto dalle alterazioni operate dal Cristianesimo nei confronti dell’Astrologia, scienza alla quale nessuna religione ha mai perdonato la sua pericolosa affinità col politeismo.
In effetti, fin dall’antichità era noto più o meno a tutti che il settenario dei pianeti corrisponde esattamente a quello ermetico; ma questo non implica in nessun modo l’idea che l’energia dei pianeti possa essere utilizzata a livello di operatività magica. Difatti nell’antichità ben pochi ci avevano provato, fin quando il Cristianesimo non enfatizzò indebitamente l’equivalenza simbolica Sole/Dio, trasformando così in una specie di articolo di fede la strampalata idea che in magia bisognasse operare solo per mezzo di energie provenienti dall’alto.
Questa ipotesi non tiene conto del fatto che è il settenario astrologico a essere derivato da quello ermetico, e non viceversa: pretendere di utilizzarlo in magia è come rinunciare a fare un figlio con una donna per provare a farne uno con una bambola gonfiabile.
A parziale giustificazione di quanti commisero un tale errore bisogna ricordare che, nell’antichità, non erano di dominio comune né la cognizione che il centro della Terra è incandescente, né quella che lo spettro del calore porta in sé i colori dell’iride; in una forma assai più diretta e “naturale”, si può aggiungere, rispetto alle incerte attribuzioni colore-pianeta che l’astrologia ha tardivamente mutuato dall’Ermetismo.
Ma poiché non è vero che i pianeti oltre Saturno fossero del tutto sconosciuti (Nostradamus, ad esempio, lavorava già col pianeta Urano, da lui chiamato Caper), almeno qualche dubbio gli sarebbe dovuto venire dalla constatazione che il presunto settenario dei pianeti non è, in realtà, un settenario; se questa obiezione lapalissiana non fu mai formulata da nessuno, la sola spiegazione possibile è che i padri della magia occidentale posero maggior cura nel non lasciarsi arrostire dall’Inquisizione piuttosto che nel lasciare ai propri discendenti una magia che funzionasse.

 

Come si vede, basta un minimo di attenzione per smascherare non solo questa, ma tutte le gravi incongruenze che sono derivate dallo sfortunato incontro tra esoterismo e religioni.
Non è il caso tuttavia di perderci troppo tempo, perché i cicli cosmici lavorano a nostro favore: ai nostri giorni, la capacità di percepire e utilizzare le energie di rimbalzo sta aumentando a vista d’occhio, e sempre più numerosi i giovani esoteristi si recano alla fonte dello sciamanesimo per dissetarsi con l’acqua purissima della tradizione primordiale.

 

Daniele Mansuino

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