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Riflessioni sull'Esoterismo

di Daniele Mansuino   indice articoli

Il lavoro sui sogni

Maggio 2008
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Nel mio articolo su “La trasmutazione interiore” ho accennato brevemente all’idea centrale dell’opera di Carlos Castaneda: il concetto di “punto d’unione”, che riprende la cosmogonia guenoniana degli “stati molteplici dell’essere” da un punto di vista, per così dire, “più sciamanico”, ovvero anteriore alla sistematizzazione religiosa di questa nozione tradizionale nel contesto dell’Induismo.
Il lavoro sui sogniLa grande differenza tra la concezione castanediana e quella induista-guenoniana è che la prima è operativa: non si tratta cioè di comprendere a livello teorico la costituzione dell’uomo, bensì di esplorarla attivamente, mediante quegli accorgimenti che in un contesto religioso come quello Induista sono stati accantonati affinché lo sciamanesimo, trasformatosi ormai in sacerdozio, potesse anteporre al compito di guidare la realizzazione individuale dell’uomo quella che è la funzione primaria del sacerdozio, ovvero la regolamentazione sociale.
Così mi esprimevo in quell’articolo:

 

Secondo gli sciamani di Castaneda, l’aspetto dell’ essere umano considerato nella sua totalità e’ quello di un "uovo luminoso" attraversato in ogni direzione da filamenti di energia. Sulla superficie esterna dell’uovo è presente il "punto d’unione": una tacca semisferica delle dimensioni di una palla da tennis, dalla cui posizione, ovvero dai filamenti che la attraversano, pervengono alla mente le svariate correnti energetiche che la mente riordina in termini di percezioni sensoriali.
Mentre gli antichi uomini erano in grado di spostare il proprio "punto d’unione" a volontà, trasferendo il corpo sottile (che Castaneda definisce "corpo energetico") dall’ uno all’altro di innumerevoli mondi diversi, l’uomo moderno e’ pervenuto progressivamente a fissare il "punto d’unione" in una sola posizione, che è la stessa per tutta la collettività umana: quella che ci fornisce la percezione della realtà oggettiva.  Soltanto durante il sonno, in seguito all’allentarsi dell’attenzione, il punto d’unione di ciascuno scivola spontaneamente in altre posizioni, e il corpo sottile si trasferisce in altri mondi.
Il modesto livello di intensità percettiva, la brevità e l’incoscienza che caratterizzano i sogni dipendono principalmente da due fattori: 1) l’uomo moderno non è a conoscenza delle tecniche necessarie per fissare stabilmente il punto d’unione nelle nuove posizioni raggiunte; 2) la volontà comune di miliardi di esseri umani che mantengono il punto d’unione fisso sulla posizione della realtà oggettiva crea un campo d’attrazione difficilmente contrastabile dal singolo individuo, il cui punto d’unione viene costantemente e inesorabilmente riportato alla posizione di partenza.

 

In quello stesso articolo, accennavo anche alla probabile esistenza di una fase pre-sciamanica durante la quale tutti gli uomini erano per così dire “sciamani di sé stessi” e avevano il potere di controllare a volontà gli spostamenti del punto d’unione; questi uomini eccezionali probabilmente esistono ancora, e camminano al nostro fianco nella forma degli eredi della meno studiata e più incompresa forma di civiltà giunta a noi dal Paleolitico, quella degli Aborigeni australiani.
Ne “Le vie dei canti”, Bruce Chatwin racconta dei sentieri, coprenti come una fitta rete l’intera Australia, che gli Aborigeni asseriscono essere stati percorsi dai loro progenitori nel “Tempo di Sogno”. Questi Antenati mitici, nel corso delle loro peregrinazioni, cantavano, e magicamente al suono della loro voce il territorio prendeva forma: montagne, fiumi, praterie e deserti sgorgavano dal nulla.
Il testo e le melodie dei canti degli Antenati sono stati tramandati per centinaia di generazioni, giungendo ai nostri giorni. Gli etnologi restarono sbalorditi quando si resero conto che, declamandoli, gli Aborigeni sono in grado di descrivere con precisione luoghi geografici che non hanno mai visitato, anche se questi non hanno alcuna relazione col contenuto dei versi.
E’ evidente da ciò che il suono delle lettere, il ritmo delle parole e delle frasi richiamano al loro intelletto – al di là del senso letterale – immagini che la mente dell’uomo moderno non è in grado di percepire; si tratta di un procedimento che ha origine nell’emisfero emozionale del cervello, e che poteremmo definire percezione diretta delle energie.
Presso la maggioranza dei popoli, l’attitudine mentale alla percezione diretta delle energie si spense con l’estinguersi delle tradizioni orali; i suoi ultimi prodotti in seno alle civiltà occidentali sono verosimilmente i miti greci e i poemi di Omero.
Sul terreno dell’esoterismo classico, le più ragionevoli considerazioni riguardo a questo fenomeno sono state formulate da Ouspensky ne La quarta via, quando tratta del  pensiero lungo. Il concetto gurdjieffiano di emozione positiva definisce il recupero della percezione diretta delle energie, il pensiero lungo ne è la conseguenza.
Gurdjieff peraltro, la cui concezione dell’esoterismo era assai selettiva e improntata a uno scetticismo di fondo riguardo alla capacità del discepolo di autogestire la ricerca, omise sempre di insegnare la tecnica fondamentale per giungere alla percezione diretta delle energie, che è il lavoro sui sogni (per quanto esistano indizi non trascurabili che fosse solito praticarlo personalmente).
Non credo di sbagliare classificando tanto l’immaginifico lavoro sui simboli quanto l’arte della memoria che sono in uso nell’Ermetismo tradizionale alla stregua di derivati e adattamenti del lavoro sui sogni, pensati in un’epoca in cui la sopravanzante solidificazione del mondo aveva già ottuso le facoltà sottili dell’uomo a un punto tale da rendergli impossibile affrontare il lavoro sui sogni direttamente.
Se questo è vero, non è da escludere che in talune scuole ermetiche si sia conservata fino a tempi recenti la consapevolezza di poter passare al lavoro sui sogni come stadio successivo rispetto al lavoro sui simboli. L’esame di alcuni dei simboli relativi agli Arcana Arcanorum della Scuola Napoletana (tanto nella versione della Venere magica di Sedir quanto in quella tramandata nel Rito massonico di Misraim) rende questa ipotesi qualcosa di più di una supposizione; ma anche se davvero tale consapevolezza è esistita o esiste ancora, non è oggi possibile trovarne riscontri sicuri in quello che conosciamo della dottrina ermetica scritta.
In seguito a queste omissioni, per quanto concerne il recupero del lavoro sui sogni come possibilità operativa è giocoforza assoluto partire da Castaneda, che pur non avendo raccolto in un sistema organico i suoi insegnamenti disseminò nelle sue opere indicazioni sufficienti per consentire, a chi sia in possesso di un’iniziazione sciamanica regolare, di strutturare e organizzare il percorso di lavoro con le sue stesse mani.
La prima raccomandazione per chi abbia intenzione di intraprendere un tale percorso è di dormire sempre a una temperatura abbastanza calda. Se non si sopporta il riscaldamento in camera, coprirsi bene. Non fornisco temperature indicative perché la sensazione di caldo o freddo è soggettiva; si ricordi comunque che la sensazione di freddo durante il sonno inibisce completamente la possibilità di lavorare sui sogni.
Al momento di andare a dormire, sgombrata la mente di ogni preoccupazione relativa alla vita diurna, si formuli con forza nella mente il proprio proponimento: voglio imparare a lavorare sui miei sogni.

 

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