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Esperienze di vita

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Verso il Darshan (sulle orme di Paramahansa Yogananda)

di Bhakti Binod - capitolo 4

In Pieno Kumbha Mela

 

Alle 4.30 del mattino, ripresi con il mio zaino a girare per il Kumbha Mela, tra fiumi di gente che andava a bagnarsi nel Gange. Vedere uomini che portavano sulle spalle il vecchio genitore, la loro palpitante spiritualità, l’armonia che si intravedeva, mentre facevano i loro rituali nel Sacro fiume, era commovente.

Quanto a me, seguitavo a cercare dove potesse essere la tenda dello Yogoda, ma senza successo.

Per un attimo pensai pure di lasciare tutto e partire per Benares.

Percepivo come una barriera che non mi era concesso di attraversare. Sentivo distintamente la divisione tra la cultura in cui vivevo e quella in cui stavo cercando di entrare.

Dentro di me vedevo chiaramente che non c’era divisione; mentalmente accomunavo il Gange al Giordano: “Non hanno forse lo stesso messaggio per l’Umanità? non danno forse ambedue la possibilità di purificarsi e rinnovarsi a colui che si immerge con fede nelle loro Sacre acque? Ma se questo è il Tuo volere, mia Divina Madre, ad esso mi conformerò.”

Camminando tra la moltitudine, anzi sospinto dalla calca, tra il canto dei vari inni religiosi diffuso a tutto volume dagli altoparlanti, sentii che la divisione da me percepita si era dileguata come per incanto.

Con animo nuovo, ritornai al campo di Anandamoyi Ma. La persona che la sera prima mi aveva bistrattato mi venne incontro e si scusò del suo comportamento; mi indicò inoltre un posto, all’interno del campo, dove depositare momentaneamente il mio zaino. Così, senza bagaglio potei continuare la mia ricerca più facilmente.

Immessomi di nuovo in mezzo alla folla, un ragazzo di circa 17 anni mi offerse il suo aiuto.

Insieme, trovammo finalmente la tenda dello Yogoda Satsanga Society, dove c’erano quattro monaci e alcuni devoti. Il monaco in carica, Swami Sharanananda, mi concesse di stare in una tenda per tre giorni.

Dopo aver sistemato i bagagli, insieme al ragazzo, che si chiamava Dwivedi ed a un monaco, di nome Sivananda, incominciammo a girare tra i vari accampamenti, per incontrare monaci e santi, ed a visitare i vari Akara 1 . Prima di rientrare allo Yogoda mi bagnai nel Gange, che quale Madre mi accolse tra le sue braccia, facendomi sentire figlio di quella Universale terra.

Il giorno successivo, sollevato dalla stanchezza fisica e mentale, assieme ai due nuovi amici, potei assaporare appieno la religiosità di quella grande festa.

Migliaia di sadhu, monaci ed eremiti scendono dai loro ritiri nelle montagne o lasciano i loro ashram 2 o le foreste per venire a questa riunione dove esprimono con le parole, il canto o anche in silenzio il loro amore per Dio, ed incontrano milioni di pellegrini che chiedono conforto e consiglio spirituale.

Insieme ai miei due nuovi amici, attraversai un accampamento dove c’erano due file di naga 3, disposte una di fronte all’altra. Ognuno sedeva a terra vicino al proprio duni 4, con a fianco, conficcato in terra, il proprio tridente, simbolo del Dio Shiva.

Uno di loro mi fece cenno di avvicinarmi: mi accostai a lui e lo salutai alla maniera indiana facendo il pronam. Anche Sivananda e Dwivedi provarono ad avvicinarsi, ma il Naga con un gesto li bloccò ad una certa distanza.

Il Santo, che mostrò dolcezza nel parlarmi, mi benedì. Una forza straordinaria emanava da lui ed il suo sguardo faceva trasparire l’assenza di ogni sentimento di paura.

Mi parlò in Indi, in modo incomprensibile per me ma non per il gruppo di gente che si era formato ad una certa distanza ed assisteva incuriosito.

Infine mi benedisse nuovamente mettendomi della vibhuti 5 fra le sopracciglia; mi inchinai e dopo averlo salutato mi unii ai miei compagni ed insieme tornammo allo Yogoda.

Seppi poi da Diwedi che il sadhu aveva parlato della mia vita, delle mie sofferenze passate e di quelle che avrei dovuto sopportare nel futuro.

Per molti anni, nei momenti più critici della mia vita, ho pensato a lui ed ho sentito il suo aiuto.

La mattina del 16 ritornai al campo di Anandamoyi Ma. La Santa era in compagnia di alcuni monaci, i quali dovevano essere molto importanti dal punto di vista spirituale.

Nel recinto, sedute a terra su di un grande tappeto, cerano molte persone che stavano devotamente assistendo a questo incontro. Non era possibile entrare, primo perché non c’era posto, secondo perché un monaco vigilava affinché nessuno entrasse. Ero fuori ed ero dispiaciuto per il fatto di non poter entrare, quando, ad un tratto, la persona che era seduta all’ultimo posto, passando sotto il recinto, usci senza essere notata. Ne approfittai immediatamente, senza pensarci, e di nascosto presi il suo posto, l’ultimo dell’ultima fila, proprio all’angolo destro del recinto.

Ma era seduta a circa dieci metri di distanza su di un piccolo palco, alto tre gradini da terra; sul suo lato destro, su di un altro palco, ad una certa distanza, c’erano i Mahatma 6.

Non so dire come venne in me il desiderio di avvicinarmi a Lei. Ma ciò non era possibile in quanto, nel piccolo corridoio che portava a Lei uno swami sorvegliava attentamente che nessun devoto si muovesse dal proprio posto; non solo, ma, nessuno ragionevolmente si sarebbe azzardato a farlo: sarebbe stata una mancanza di rispetto, non solo verso Ma, ma anche verso gli Swami che stavano conversando con Lei.

Con il desiderio d’avvicinarmi a Lei e comprendendo l’impossibilità dissi mentalmente: ”Solo se Tu vorrai potrà accadere”. Questo è l’ultimo pensiero che ricordo. Mi trovai, senza sapere come, di fronte alla Madre. Una sua mano passò davanti al mio viso, immediatamente non persi l’occasione e gliela baciai. Le monache addette ad accudire Ma, che erano lì, si arrabbiarono.   Ma, con molta dolcezza, con un gesto della mano fece un cenno di calma, si fece dare una mela e sorridendomi nel darmela, disse: ”from your daughter”. In seguito seppi che sempre o quasi diceva questa frase nel dare il prasad 7 ad un uomo.

Non ebbi mai coscienza di come giunsi vicino a Ma.

Tornato all’accampamento Yogoda, portammo la Murti 8 di Paramahansa Yogananda in processione per la Kumbha Mela cantando Jai Guru (vittoria al Guru).

Swami Sivananda ed altri due monaci partivano la sera. Sivananda andava a Lakhampur mentre Swami Bolananda Giri e un brahmachari andavano a Ranchi. Sivanada mi chiese se volevo unirmi a lui ed io accettai.

Il giorno 16 alle 19.00 eravamo tutti in viaggio.

1 - Gruppi di rinuncianti
2 - Monasteri
3 - Sadhu senza vestiti
4 - Fuoco sacro
5 - Cenere
6 - Mahatma significa “Grande Anima”.
7 - Cibo benedetto donato al devoto.
8 - Forma o Icona

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