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Esperienze di vita

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Sul sentiero - Parte terza

Anonimo - novembre 2009
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La Bellezza che salva

 

L’estetismo banalizza e snatura la ricerca della Bellezza; per Kierkegaard la volontà dell’esteta di vivere nell’istante e nel sensibile è illusione e fa confluire la sua vita nel nulla (Il concetto dell’angoscia). L’istante - per l’esteta - è brivido superficiale e passeggero, non pienezza e intensità; il suo animo “effettua movimenti disordinati e momentanei come una rana percorsa dalla corrente elettrica” (Le concept d’ironie).
L’esteta è una sintesi di tutte le possibilità e quindi si può vedere in lui ora la possibilità di una sua perdizione, ora di una sua salvezza. Egli porta alla più alta vibrazione ogni sentimento, ogni pensiero buono o cattivo, triste o lieto ma lo fa in modo più astratto che concreto. Nulla in lui esiste realmente. Ne consegue  che l’esteta, teso alla ricerca del piacere della bellezza, è un infelice votato alla disperazione, malattia mortale; spesso vive una vita anarchica e disordinata poiché piacere si logora e sbiadisce nel momento stesso in cui viene portato all’esasperazione.
Così l’esteta, votato al piacere, si perde nel susseguirsi delle proprie sensazioni; mirando all’immediato trova il dolore o la noia: Baudelaire afferma che la sua vita oscilla tra ennui (noia) e ideal. Ricercando l’attimo che fugge e delude l’attesa, l’esteta vive spesso nel passato, coltivandone il ricordo; la memoria è per lui tristezza e rimpianto poiché il passato non è suscettibile di ripetizioni.
Benedetto Croce considera l’arte attività rappresentativa attraverso la quale l’intuizione si trasforma in espressione. Non vi è intuizione artistica senza espressione, che è poi adeguata al contenuto. L’arte è, pertanto, lirica, soggettiva, fantastica rappresentazione del sentimento; è intuizione-espressione libera da ogni cura di verità o moralità. Egli prende nettamente posizione contro i sensualisti che  considerano l’arte strumento di diletto, di chiassoso gioco futuristico o di raffinatezze decadentistiche; contro gli istrioni del sublime, che vorrebbero comunicare attraverso di essa le loro narcisistiche percezioni dell’uomo e del  mondo; contro i sentimentalisti, che la usano come espressione della loro passionalità. Sostiene la convinzione del Baumgarten per il quale la poesia è una “oratio sensitiva perfecta”; questa sorta di perfezione coincide con la Bellezza.
Rari, per il Baumgarten, i veri artisti, coloro che, avendo attraversato “un’interiore purificazione”, esprimono “capacità spirituali”:

 

Quella fusione di dolore e di gioia, di tumulto e serenità, quella gioia che è venata di dolore, quella serenità che sa di essere stata tumulto e di contenere in sé il tumulto dell’anima, richiede un raccoglimento e un’elevazione interiore, un’interiore purificazione che in molti accade debolmente e fugacemente e solo nei non molti si spiega libera e intera e si converte in atteggiamento e capacità spirituale.   (Baumgarten, Aesthetica)

 

Ne “L’idiota”, Fedor Dostoevskij pone sulle labbra dell’ateo Ippolito, sotto forma di domanda rivolta al principe Myskin, la richiesta dell’umanità di una Bellezza salvatrice:

 

"E' vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la bellezza? Signori - gridò forte a tutti - il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza... Quale bellezza salverà il mondo?".

 

In tempi più vicini a noi, Jaenne Hersch indica che l’arte è un mezzo per armonizzare le crepe e le incrinature della frammentazione della vita:

 

…l’opera d’arte rappresenta una sorta di soluzione… L’opera d’arte è incarnazione compiuta, perfetta… esprime sempre la condizione umana   (J. Hersch, L’essere e la forma)

 

Nell’arte, secondo la Hersch, si esprime il tendere dell’essere umano alla compiutezza, all’armonia tra senso ed essere; anche se è arduo, l’uomo comunque tende, attraverso di essa, a “divenire se stesso”. Anche Luce Irigaray si rifà  a questo principio, auspicando che, attraverso l’elaborazione artistica, essa stessa, e ciascuno di noi, possa diventare “un’opera d’arte”.
Tendere alla realizzazione di sé come un tutto armonico è una dimensione  soprattutto presente nella visione orientale del mondo. Tich Nath Hanh considera che l’utilitarismo e il pragmatismo che dilagano nella nostra società non pagano. La pratica della meditazione, invece, ci fa fermare a riflettere e, se semplicemente agiamo attimo per attimo con calma e consapevolezza, ogni istante della nostra vita può divenire contemplazione e produrre un’opera d’arte:

 

Al termine di un ritiro in California un artista mi chiese: “Qual è il modo utile di guardare un fiore ai fini della mia arte?” Risposi :“Con questo atteggiamento non sarai mai in contatto con il fiore. Abbandona tutti i tuoi progetti, e resta con il fiore senza alcuna intenzione di sfruttarlo o di ricavarne qualcosa”.   (Tich Nath Hanh, La Pace è ogni passo).

 

Numerosi - e di ogni tempo - gli aforismi sulla Bellezza, intesa nel suo senso più alto ed eterno:

 

Il Bello è il riverbero dell'Infinito sul finito, è Dio intraveduto. (Immanuel Kant)

Con la Bellezza accendiamo splendori in ogni goccia d'acqua, trasformiamo la materia in un arcobaleno.   (Maestro Morya)

Nella Bellezza siamo uniti, attraverso la Bellezza preghiamo, con la Bellezza conquistiamo.   (N. Roerich)

Quando lo spirito può trovare il suo seme e conoscere gli strati che lo circondano, allora la Bellezza del Cosmo può essere compresa. (N. Roerich)

 

La bellezza è il dono di Dio (Aristotele)

 

La bellezza delle cose esiste nella mente che le contempla. (D. Hume)

 

Il bello è una manifestazione di arcane leggi della natura, che senza l'apparizione di esso ci sarebbero rimaste eternamente celate. (Goethe)

 

La bellezza non è qualcosa di astratto, ma va assieme alla bontà. Bontà di comportamento, bontà di condotta, bontà di azione. (J. Krishnamurti)

         

L’azione  autentica “eternamente bella”

 

Il termine arte ci rimanda al latino ars, derivato probabilmente dalla radice ariana ar, muoversi, agire. L’arte sarebbe pertanto portatrice di movimenti, suscitatrice di azione.

Sostiene Gabriele D’Annunzio, per bocca del padre di Andrea Sperelli, protagonista del suo più famoso romanzo:

 

Bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui…La regola dell’uomo d’intelletto, eccola: habere non haberi (possedere, non essere posseduti).  (G. D’Annunzio, Il Piacere).

 

Chi entra nella sfera estetica, diceva il Baumgarten ai suoi allievi, deve avere gran cuore. E certo, come ben vide Federico Schiller, “l’elevazione estetica si congiunge intimamente all’elevazione morale e trapassa in essa”. Anche il Vico afferma che è ufficio della poesia commuovere il popolo per insegnargli a “virtuosamente operare”.
Per una illuminata operatività, ènecessario pertanto, nella tensione della prassi quotidiana, mirare costantemente a spiritualizzare la materia e materializzare lo spirito, tenendo collegati - secondo l’insegnamento di Rudolf Steiner - l’interiore con l’esteriore:

 

Ciò che cogliamo osservando le cose è solo una parte delle cose. Ciò che sgorga nel nostro spirito quando si pone di fronte alle cose ne è l’altra parte.

Le cose che parlano a noi dal di fuori e le cose che  parlano dentro di noi sono le medesime.

Soltanto quando congiungiamo il linguaggio del mondo esterno con la nostra interiorità abbiamo la piena Realtà.   (R. Steiner)

 

Nella pittura astratta gli autori cercano di esprimere, attraverso segni e simboli, ciò che percepiscono. Alcuni introducono simboli evolutivi, come la spirale e il triangolo, usati in diversi sensi e modalità; i colori diventano simboli e segnali da leggere interiormente.
Allo stesso modo l’uomo che ricerca, il Pensatore, si sforza di interpretare i segni misteriosi del gran Libro dell’universo per poterne vivere i sensi più profondi nella propria piccola esistenza. Così in Kandinsky il colore canta; esso è usato simbolicamente come armonia musicale o armonia dell’universo.
E il musicista Scriabin tenta di coordinare toni musicali e colori perseguendo la correlazione di impressioni provenienti da sensi diversi, ovvero la “sinestesia”, che è un’espressione del principio di analogia enfatizzato anche da H. P. Blavatsky. La grande teosofa considerava l’analogia non soltanto un riconoscimento di somiglianza tra cose diverse, ma l’espressione  dell’unica origine e della comune legge di evoluzione di tutti gli elementi della Manifestazione.  L’universo è per la Blavatsky una “ragnatela di segni e di corrispondenze”, nella quale vanno comprese anche le impressioni sensoriali.
L’arte astratta comunica la bellezza delle idee astratte e archetipiche, induce all’intuizione, a percepire oltre ciò che è raffigurato nell’opera. E’ stato detto che i tagli di Lucio Fontana sono nati quasi per rabbia, per l’impossibilità di vedere oltre; la tela rappresenta quel limite che non ci permette di vedere al di là.
Un fenomeno di bellezza può essere più improvvisamente e più profondamente convincente di una spiegazione logica. Da qui la massima: “I Buddha non salvano soltanto con le loro prediche, ma anche con la loro bellezza sovrannaturale”.
Una vita umana improntata all’Ordine, all’Armonia, al Ritmo, ha pertanto i presupposti per realizzare la Bellezza fuori e dentro di sé. Thomas Moore nel testo “Prenditi cura dell’anima” sottolinea la necessità di sviluppare l’armonia nella vita basata su di una “ecologia dell’anima” ovvero su di unaresponsabilità verso le cose basata sull’apprezzamento e la relazione”.
Platone affermava che “il bello è lo splendore del vero”, intendendo esprimere la profonda, intima, ontologica relazione tra il reale e il bello; tale relazione implica che la Bellezza è talvolta un argomento più umanamente forte e “trasformativo” di una dimostrazione verbale, poiché indissolubilmente collegato all’Armonia e all’Amore. Egli ci insegna a passare dall’attrazione per la bellezza specifica, legata all’oggetto transeunte, alla Bellezza assoluta; dal particolare all’unità; dall’effimero gradevole per i sensi all’Estetica eterna.
L’esteriore, ciò che è apparente, è l’illusione nella quale viviamo immersi. Ne La Voce del Silenzio è detto:

 

Il Dharma dell’“occhio” (che è la consapevolezza cerebrale) è l’incarnazione di ciò che è apparenza e del non-esistente.

 

E Helena Blavatskyj afferma:

 

La mente deve prestare attenzione solo alle verità universali in Natura, affinchè la dottrina del cuore non diventi la dottrina dell’occhio.   (H. P. Blavatskij, Occultismo pratico)

 

L’Arte appare, pertanto, nella sua essenza, un grande mezzo educativo ed  evolutivo, essendo espressione del pensiero umano elaborato e raffinato dallo spirito. La Bellezza è il sacro in noi; già i greci del V secolo la celebravano come perfezione morale.
Lo scopo dell’Arte è quello di indurci a rendere artistiche le nostre vite,  cosicché lo spirito dell’arte regni in esse:

 

Quando l’umanità raggiungerà la meta, il Signore del Mondo sarà in grado di affermare: “Adesso nulla rimane che non sia bello”. Qui troviamo una chiave d’interpretazione su cosa sia veramente la bellezza; trascendere la bellezza della forma è bellezza di qualità della vita.   (Foster Bailey, teosofo, Riflessioni)

 

Se teniamo occhi e cuore aperti, i momenti del vivere diventeranno perenne contemplazione e ci sveleranno livelli più sottili:

 

Una vita creativa richiede equilibrio interiore e l’uso delle più alte facoltà della percezione, libere dai processi del pensiero. I grandi artisti hanno testimoniato che il loro lavoro è semplicemente l’espressione visibile di quello che è stato loro rivelato ad un livello più sottile. Dentro a un pezzo di pietra grezza, per esempio, lo scultore può già vedere una forma di bellezza. Quando il cervello fisico non è al lavoro ha luogo, in silenzio, quella visione che penetra nell’essenza delle cose. Nel piccolo ma illuminante libro La Luce sul Sentiero, questo viene chiamato il fiorire dell’anima. I sensi sono desti, la mente è all’erta, il cuore è aperto e l’occhio interiore è in grado di vedere.   (Rhada Burnier).

 

La grande arte è nata attraverso la percezione di verità nascoste, e manifestazioni di gioia e bellezza indicano un livello profondo di comunicazione e di relazione con il reale. Afferma Goethe: “di autentico vi è soltanto ciò che è eternamente bello”.
In questa più ampia visione, riteniamo che l’azione “autentica” eternamente bella proposta dal Goethe possieda le seguenti caratteristiche:

  • sente e rispecchia in sé una parte dell’Armonia che è diffusa nell’universo;

  • è coerente con la parte più evoluta dell’interiorità di chi la compie;

  • coniuga intuitivamente Estetica ed Etica, Bellezza  e Verità.

 

Non abituiamoci alla bruttezza, alla disarmonia, poiché le nostre vite ne verrebbero deturpate e soffocate ma ricerchiamo, invece, la bellezza fuori e dentro di noi.
La Bellezza può essere realizzata - oltre attraverso l’Intuizione superiore, che permette un fulmineo contatto con le Idee archetipiche - anche attraverso l’Opera Alchemica, che, svolta quotidianamente con costanza ed umiltà, può cambiare di segno alla bruttezza, tramite un lento processo di trasmutazione. Così avviene, ad esempio, anche nel mondo minerale, ove il carbone allo stato puro, nel suo aspetto più nobile, diventa diamante, e nel mondo animale, ove un bruco, divenendo farfalla,  trasmuta la sua forma ancorata alla terra e si apre alle possibilità del cielo.
Una volta incamminati sui sentieri della Bellezza, esperiamo che ogni contatto con la sua qualità luminosa si riverbera nel modo di vivere e risplende nei comportamenti; diventiamo esigenti pertanto anche con i nostri quotidiani pensieri e sentimenti, affinché essi producano azioni “artistiche”, ovvero belle e autentiche. I nostri atti, in tal modo, risuoneranno in sintonia con ogni elemento bello intorno a noi, vi si specchieranno e genereranno nuova bellezza.
Potremo, in tal modo, collaborare, con le nostre piccole opere d’arte, alla più grande Opera d’arte in cui viviamo, creazione di un Artista sconosciuto:

 

Ci sono molte cose che prendono il nome di arte, ma spesso tale “arte” è semplicemente una questione legata al solo acquisire la capacità a produrre vari tipi di oggetti e stimolare i sensi. La creatività della vera arte, d’altro canto, innalza la coscienza di colui che vede, il soggetto, al di là della sensazione di essere in un determinato tempo e spazio. Dunque trasmette il sapore di un mondo spirituale in cui l’“Io” non esiste; un mondo di luce, bellezza, pace e di quei valori che appartengono al senza tempo. Come possiamo noi imparare quest’arte, la più grande di tutte le arti, che le abbraccia e include tutte, della quale sono maestri coloro che si sono affrancati dall’immagine di sé e hanno trasceso l’illusione spazio-temporale?   (Rhada Burnier)

 

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