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Filosofia Quantistica e Spiritualità di Ulrich Warnke

FILOSOFIA QUANTISTICA e Spiritualità

La chiave per accedere ai segreti e all’essenza dell’essere. Di Ulrich Warnke
Traduzione a cura di Corrado S. Magro
In esclusiva assoluta per l'Italia, per gentile concessione dell’autore e dell’editrice Scorpio la traduzione del libro di Ulrich Warnke: Quantenphilosophie und Spiritualität.

 

 

Capitolo 4 - Gennaio 2015

Tutto trae origine dalla consapevolezza

 

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4.1 Indagare l’essenza della vita

 

Il miglior modo di comprendere l’essenza della vita è indagare in noi stessi, nel nostro IO, ponendoci le giuste domande.

Stenditi rilassato e indirizza i tuoi pensieri su te stesso. Tu sai: “Qui giace il mio corpo e il mio IO”. Mentre tu pensi a questo, si fa viva un’altra istanza che osserva tutto, compresi i tuoi pensieri. Chi osserva i tuoi pensieri?

In ogni momento noi possiamo concentrare la nostra consapevolezza su un dato di fatto, una circostanza precisa, p. es. su un bel fiore mentre passeggiamo. Oppure ci concentriamo su qualcosa di preciso per poter azzeccare una scelta e mettere ordine nella giungla delle informazioni. Chi impartisce questo incarico nello stato di veglia consapevole?

Esistono interessanti risultati da prove che dimostrano che il nostro cervello è attivo, pronto per un’azione, sebbene la nostra consapevolezza sia ancora all’oscuro dell’azione (vedi più avanti  considerazioni nel paragrafo 4.9: “retroset” ecc.). Chi agisce in questo caso sebbene sia dimostrato che non si tratta della consapevolezza da sveglio?

È stato anche più volte dimostrato in molteplici esperimenti che  gli spettatori che hanno seguito su uno schermo la proiezione di una sequenza d’immagini a caso, possono anticipare il contenuto relativo alla prossima, per esempio di un panorama, di un incidente o di una tematica a sfondo sessuale. In altri termini: gli spettatori immaginano già quali contenuti seguiranno, sebbene l’immagine non sia ancora visibile. Questo fenomeno si può riprodurre e porta il nome di effetto anticipante. Ma chi o cosa di noi è in grado di sapere quello che ancora non è stato presentato?

Quando un raggio laser, come quello del puntatore, si posa a piacere sui punti di una curva proiettata da un’apparecchiatura su una parete bianca, il nostro occhio si posiziona esattamente sei millesimi di secondo prima sul punto preciso dove il raggio sarà indirizzato casualmente senza alcuna informazione conscia che lo prevede.

È evidente che in un primo momento potremmo immaginare il proprio IO dietro l’istanza superiore. Nessun dubbio: Io vivo con consapevolezza ma il mio IO evidentemente non è identico alla consapevolezza. Esso resta fuori dalla consapevolezza. Il mio IO amministra e usa la consapevolezza. Esso è come quello che indica la strada e in quanto tale è esso stesso autoistanza. In effetti il mio IO impiega la consapevolezza per stabilire gli scopi. Consapevolezza e IO si condizionano vicendevolmente. Ciò non esclude che esistano altre essenze che presentano ugualmente le caratteristiche di una consapevolezza.

Nel contesto di questo trattato e a complemento di quanto stabilito sopra, vogliamo quindi definire la consapevolezza come segue:

 

Consapevolezza è il movente e la capacità di un essere di riconoscere l’informazione come tale e di elaborarla conforme allo scopo, ossia intelligentemente.

 

La consapevolezza è di conseguenza un processo. Se questa definizione è esatta, ci troviamo di fronte ad un problema. Così dicendo ogni computer avrebbe una consapevolezza e l’essere umano alla fine verrebbe ridotto ad un computer. Assolutamente no! Al concetto di consapevolezza non abbiamo ancora assegnato il valore riconosciuto al ruolo della consapevolezza subconscia.

Questa consapevolezza inconscia, definita anche “emotiva”, è la capacità di riconoscere ed elaborare intelligentemente informazioni che defluiscono dalle emozioni innate. Più del 95 per cento del totale delle informazioni elaborate che fanno capo alle proprie funzioni vitali viene attuato tramite la consapevolezza subconscia che immagazzina circa un miliardo di unità d’informazioni al secondo e delle quali normalmente solo l’uno per cento supera la soglia della percezione consapevole.

Alla consapevolezza conscia, diurna, dell’intelletto, sfugge ogni controllo sulle attività delle emozioni di quella inconscia, che scorrono automaticamente e va bene così, perché l’automatismo estremamente intelligente della consapevolezza inconscia serve in ultima analisi a proteggere quella conscia permettendoci di concentrarci sull’essenziale senza rimanere sommersi, inibiti, travolti dalla piena delle informazioni.

Un computer non ha emozioni e non ha nemmeno alcuna capacità di elaborarle. Per questo gli organismi sono di gran lunga ben più che un computer e l’essere umano non sarà mai sostituito da una intelligenza artificiale.

L’IO, con l’aggiunta di conscio/subconscio lo possiamo definire autoistanza. È importante sapere che l’autoistanza senza una consapevolezza resterebbe completamente isolata e non potrebbe sussistere così come noi esseri umani la conosciamo dalla natura. Uno sviluppo ulteriore sarebbe escluso in assoluto. Con la consapevolezza invece l’autoistanza è causa e origine di ogni assetto perché elabora diligentemente le informazioni. L’autoistanza è una entità in sviluppo continuo con una grande capacità di memoria. Essa appartiene all’essenza della nostra vita.

 

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