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Filosofia Quantistica e Spiritualità di Ulrich Warnke

FILOSOFIA QUANTISTICA e Spiritualità

La chiave per accedere ai segreti e all’essenza dell’essere. Di Ulrich Warnke
Traduzione a cura di Corrado S. Magro
In esclusiva assoluta per l'Italia, per gentile concessione dell’autore e dell’editrice Scorpio la traduzione del libro di Ulrich Warnke: Quantenphilosophie und Spiritualität.

 

 

Capitolo 4 - Gennaio 2015

Tutto trae origine dalla consapevolezza

 

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4.3 Il principio del feedback percettivo

 

La ricerca cerebrale utilizza congegni sempre più complessi e dispendiosi come gli scanner, ma le risposte decisive restano tanto lontane quanto in passato: Come e perché io sono in grado di stimare, valutare l’ambiente? Come posso lasciare fluire un comportamento specifico? Come mi viene assegnato il libero arbitrio? Anche queste domande restano al presente senza risposta.

Noi siamo capaci di rendere visibili sia aree cerebrali che vengono attivate in presenza di compiti specifici e sia il livello di metabolismo, ma nessuno sa perché questo avviene e quali esatte deduzioni possa io trarre da queste mie attività cerebrali.

Si sorvola sempre sul fatto che le nostre attività cerebrali e il comportamento che ne deriva, siano state precedute da processi di apprendimento molto intensi. Esperienza e competenza cognitiva sono una combinazione del sapere acquisito, ed è proprio tale combinazione che guida la nostra vita dentro la comunità sociale.

Un cervello, se trattato superficialmente, rassomiglia ad un calcolatore, ma le sue prestazioni non trovano spiegazioni nella struttura meccanica. Prestazioni e strutture cerebrali possono cambiare continuamente e risultano da un processo interattivo tra il mondo interiore e l’ambiente. È decisiva l’attribuzione di un senso, di un significato precisamente sempre diverso. Ma chi attribuisce al processo in corso un significato? La risposta plausibile suona: l’IO sommato alla consapevolezza, e quindi la nostra autoistanza.

La reazione mirata di un organo la richiamo p. e. quando m’immedesimo consapevolmente nell’organo relativo in modo retroattivo. Sollevare il braccio quando lo voglio, mi riesce perché dall’esperienza sono convinto che ciò funziona. Il successo deve diventare consapevole con l’aiuto dei sensi. Solo allora posso veramente avvertire, p.es. l’irrorazione sanguigna (la vampata) riattivata dalla rappresentazione mentale e il calore del viso o dei piedi, proprio perché in realtà adesso tutto ciò si riproduce per esperienza, in modo retroattivo. Allenandomi per un certo periodo, la reazione si riproduce automaticamente, quindi inconsciamente.

È come andare in bicicletta o guidare un’auto. Una volta appreso ed esercitato va da sé. Reazioni condizionate e/o acquisite possono defluire inconsciamente come risultato di riflessi consapevoli. Condizionate significa che in presenza di un evento, stimolo-reazione, hanno anche un ruolo l’ambiente e le circostanze. Facciamo conto che io ogni sera prenda posto in una poltrona specifica, accendo la TV e guardo il telegiornale e quello che vedo mi fa sempre arrabbiare. Dopo due settimane sono già arrabbiato quando prendo posto nella poltrona sebbene ancora non abbia acceso la TV. Il mio organismo ha assorbito le diverse influenze senza sceglierle e reagisce. Questo principio viene messo a profitto positivamente nell’allenamento autogeno che produce una miscela di ormoni servita solo in presenza di condizionamento.

Abitualmente viene tacitamente premesso che in ogni essere l’IO soggetto è presente come previsto dalla natura.

Evidentemente, perfino l’accettare il proprio IO e la sua utilità è un processo di apprendimento. Da lattanti scopriamo in primo luogo la soggettività delle persone che si occupano di noi. In una fase più avanzata “assorbiamo” tali caratteristiche. I mediatori di questo processo sono i neuroni riflessi. Quando il bimbo riconosce il sorriso della mamma, risponde con un sorriso. La successiva reazione del comportamento della madre viene registrata e il bimbo impara a vedere se stesso detonatore di questa reazione. Ne risulta un riflesso che possiamo definire sociale. Non passa poi molto a che il bambino si serva volutamente di questo meccanismo e si stabilisca un IO attore arbitrario.

Wofgang Prinz, direttore e ricercatore di neurologia scientifica e cognitiva dell’istituto Max Planck di Lipsia si occupa di self construal. La sua tesi suona così: «L’IO non è il mio cervello. Non è nemmeno il mio corpo o il mio intelletto. Il “Se Stesso” individuale e spirituale è costruito dall’ambiente secondo la norma e attraverso un continuo effetto retroattivo durante lo sviluppo. Esso funziona come l’intero processo di evoluzione dell’essere, evoluzione che in definitiva è l’adeguamento di una prestazione all’esigenze e al feedback dell’ambiente rispettivo. Decisivo per il self construal è, accanto al rapporto iniziale bambino-ambiente, la cultura specifica nella quale il bambino cresce. Nelle culture asiatiche, il concetto di sé come persona si differenzia chiaramente da quello dei paesi industriali occidentali».

I processi di apprendimento diventano abitudini e anche queste modificano l’immagine del “Sé”, ma l’effetto reattivo gioca sempre un ruolo decisivo. Il che vuol dire che gl’individui non sono affatto stabili, bensì si lasciano “formare” senza interruzione dai condizionamenti. L’IO è una costruzione che trae origine dal contesto dell’ambiente relativo, attraverso l’effetto reattivo. Senza un dirimpettaio sociale non è possibile formare una demarcazione dell’IO. Ci troveremmo davanti al fenomeno Kaspar-Hauser.

Da questo possiamo dedurre che un IO può essere trovato e riconosciuto solo in interazione con l’ambiente, cosa che può avvenire soltanto in connessione con una consapevolezza. È così che si costituisce la comunità dominante con le sue norme di coabitazione.

Il nostro IO e la nostra consapevolezza sono inseparabili come le due facce di una medaglia. Sebbene noi poc’anzi fossimo risaliti alla causa e origine del nostro IO, restiamo ancora all’oscuro sul ruolo che esso gioca nella struttura della realtà.

 

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