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Vecchio 18-07-2005, 09.42.54   #1
nin.kin
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Il problema fondamentale

Un’economia globalizzata: follia storica o panacea?
Alfonso Tuor

«Il ritornante “Celeste Impero” sarà, per l’Occidente, il massimo problema economico-sociale del secolo, forse di tutto il secolo. Il problema che ci pone è che a “parità di tecnologia” in un’economia globalizzata “l’Occidente ad alto costo di lavoro è destinato a restare senza lavoro, perché il lavoro va ai poveri che lavorano per poco e così i Paesi ricchi vanno in disoccupazione”».
Così si è espresso Giovanni Sartori, docente universitario negli Stati Uniti e un maestro della politologia di matrice liberale, sulla prima pagina del Corriere della Sera di domenica 3 luglio. D’altro canto, in un recente convegno il vicepresidente del Consiglio italiano, Giulio Tremonti, che più volte si è espresso su questo tema, ha rincarato la dose affermando che «la globalizzazione è stata la più grande follia della seconda metà del Novecento».
Queste due prese di posizione – che in buona sostanza non si discostano da quanto abbiamo sempre sostenuto su queste colonne – dimostrano che si sta cominciando a sgretolare il muro dell’«economicamente corretto», ma scientificamente insostenibile. Infatti la «discesa in campo» dei paesi a bassi salari, il cui peso è enormente aumentato all’inizio di questo decennio con l’entrata della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), sta provocando inevitabilmente un’emigrazione delle attività produttive dai Paesi ricchi e, quindi, una pressione al ribasso sui livelli occupazionali e salariali dei paesi di vecchia industrializzazione. In termini economici, questi ultimi sono entrati in un ciclo lungo deflazionistico, che è solo agli inizi. I motivi sono semplici.
Paul Samuelson ha vinto il Premio Nobel per l’economia grazie a un teorema secondo cui, se non vi sono ostacoli di qualsiasi tipo agli scambi commerciali, il prezzo dei fattori di produzione tende ad uguagliarsi. I principali fattori di produzione sono due: capitale (inteso come costo del denaro e come dotazione tecnologica) e lavoro. Ora, il costo del denaro in Europa e in Cina è uguale; anzi, è inferiore in Cina (per una serie di ragioni che sarebbe lungo spiegare e che non sono determinanti per le tesi sostenute in questo articolo). Lo stesso vale per la tecnologia. La Cina compra i macchinari più sofisticati e, contrariamente a quanto si crede, il grosso delle fabbriche cinesi non ha impianti obsoleti, ma addirittura molto più moderni di quelli europei ed americani. Questo processo è accelerato dall’enorme mole di investimenti diretti (oltre 50 miliardi di dollari l’anno) che effettuano in Cina le imprese americane, europee e giapponesi. Inoltre, attraverso delle forme contrattuali di compensazione (grandi commesse cinesi a società occidentali in cambio del trasferimento tecnologico) sta rapidamente costruendosi una sofisticata industria delle macchine.
Lo stesso vale per le competenze dei lavoratori, sia nel campo della ricerca sia a livello manageriale. Non bisogna dimenticare che le Università cinesi (che sono estremamente selettive) sfornano circa due milioni di ingegneri l’anno. La grande differenza è dunque il costo del lavoro, che è, come sostiene Giovanni Sartori, da 10 a 30 volte inferiore a quello europeo o americano. Dato che l’enorme forza lavoro di riserva, rappresentato da circa 800 milioni di contadini, non fa prevedere un’impennata delle retribuzioni cinesi, è chiaro che il teorema di Samuelson dell’uguaglianza del costo dei fattori di produzione si traduce in termini semplici nelle delocalizzazioni (ossia nel trasferimento delle attività produttive verso i paesi a bassi salari), in una pressione al ribasso sui salari occidentali e soprattutto in un aumento della disoccupazione nei nostri paesi. La principale risposta dei liberisti sostenitori della globalizzazione si riassume, in buona sostanza, nella tesi secondo la quale la globalizzazione comporta in realtà solo una ridistribuzione geografica delle attività produttive, che alla fine del processo, seppure temporaneamente doloroso, porterà alla creazione di una maggiore ricchezza per tutti. In altri termini, i paesi a bassi salari si concentreranno nelle produzioni ad alta intensità di lavoro (tessile, giocattoli, ecc.), mentre i paesi di vecchia industrializzazione si concentreranno nelle attività produttive più sofisticate.
Questa tesi fa però acqua da tutte le parti. In primo luogo, non si capisce perché paesi come la Cina e l’India si debbano limitare a questo tipo di produzioni. E infatti non lo fanno, né soprattutto lo faranno. Questa previsione è del resto confermata dal tragitto seguito da altri paesi a bassi salari, come la Corea del Sud e Taiwan, che competono giustamente su tutto lo spettro dei prodotti.
La differenza tra questi paesi, da un canto, e la Cina e l’India, dall’altro, è che le dimensioni permetteranno loro di diventare paesi altamente industrializzati, ma di continuare contemporaneamente ad avere centinaia di milioni di contadini che continueranno a calmierare l’aumento dei loro salari. In pratica, la globalizzazione ha fatto sì che le loro dimensioni demografiche, che prima rappresentavano uno svantaggio, si siano già trasformate in un vantaggio competitivo. Ma c’è di più, le grandi industrie occidentali stanno tagliando drasticamente i loro investimenti in Ricerca e Sviluppo, come mette in evidenza un recente studio del Credit Suisse a causa dell’ossessione degli utili a breve termine imposta dai mercati finanziari. Quindi, «l’inseguimento» tecnologico di Cina ed India, che già oggi sta avvenendo ad una velocità stupefacente, viene paradossalmente facilitato dal fatto che l’Occidente sta marciando sul posto e investe sempre meno nella ricerca. Inoltre, le dimensioni dei mercati cinese ed indiano fanno sì che, da un canto, in questi paesi si definiranno gli standard industriali e, dall’altro, che le economie di scala aggiungeranno un ulteriore vantaggio competitivo ai prodotti cinesi ed indiani.
L’altra tesi «economicamente corretta» invocata dai liberisti fautori della globalizzazione è la teoria dei «vantaggi comparati» di David Ricardo. L’economista inglese dell’Ottocento sosteneva che le merci devono essere prodotte dove costa meno. Quindi, secondo Ricardo, il Portogallo avrebbe agito economicamente in modo irrazionale se avesse deciso di sviluppare un’industria tessile, dato che ai portoghesi conveniva concentrarsi invece nella produzione del vino (campo nel quale vantavano un vantaggio rispetto agli inglesi) che avrebbe venduto agli inglesi in cambio di prodotti tessili, che gli inglesi producevano a costi inferiori. Analogamente la Gran Bretagna avrebbe fatto male a cercare di sviluppare una propria industria viti-vinicola, ma avrebbe fatto meglio a comprare il vino portoghese. Quindi, lo scambio commerciale tra vino portoghese e prodotti tessili esaltava i rispettivi vantaggi competitivi ed era benefico per ambedue le economie. Coloro che invocano questa teoria dimenticano una delle premesse del mondo in cui viveva Ricardo: ossia l’immobilità o la difficoltà di trasferimento delle conoscenze tecnologiche. Oggi viviamo in un mondo completamente diverso, in cui le tecnologie sono disponibili ovunque, ma dove si è anche drasticamente accorciato il ciclo di vita di un nuovo prodotto. Dunque c’è da domandarsi (come fa Giovanni Sartori), cosa compreranno Cina ed India dopo che avranno finito di acquistare quei macchinari occidentali che stanno portando i loro sistemi produttivi all’avarguardia tecnologica a livello mondiale. A nostro parere: nulla o molto poco. In proposito, basti ricordare che la prima guerra dell’oppio fu scatenata nella prima metà dell’Ottocento dall’Impero britannico contro il divieto di importazione di oppio decretato dall’Imperatore cinese, poiché questa era l’unica merce che la Cina allora importava mentre esportava grandi quantità di porcellane, sete, eccetera.
In conclusione, la globalizzazione vuol dire grandi guadagni per quelle società e per quelle imprese che vanno a produrre nei paesi a bassi salari per poi reimportare i prodotti sui mercati occidentali. Ma per le economie dei paesi occidentali vuol dire deindustrializzazione e per la popolazione vuol dire salari più bassi e maggiore disoccupazione.
17/07/2005

CdT
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Vecchio 18-07-2005, 21.05.57   #2
nin.kin
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Re: Il problema fondamentale

Washington, 20:36

USA: FED TAGLIA STIME PIL 2005 0,75% PER CARO GREGGIO
Il caro petrolio ridurra' dello 0,75% la crescita economica degli Stati Uniti quest'anno.

http://www.repubblica.it/news/ired/u...n_1033666.html
nin.kin is offline  
Vecchio 19-07-2005, 02.53.22   #3
Lord Kellian
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Uno studio della Goldman Sachs, una delle più importanti banche di investimento almondo, prevede che entro quarantanni le economie BRIC (Brasile, Russia, INdia e Cina) sorpasseranno le economie occidentali. Dopo il periodo infuocato che stiamo vivendo, dovrebbero rallentare, ma l'India nel 2050 crescerebbe ancora del 3% annuo. Complessivamente l'incremento annuo diventerebbe il quadruplo di quello dei G7.

Questo studio mostra come il reddito pro capite dovrebbe però (magicamente?) rimane invariato. Mi sembra invece che i nostri salari stiano già collassando.

Il lavoro degli ‘gnomi’ della G.S. è appunto quello di indirizzare il denaro lì dove sono attesi i più grandi ritorni. Ogni loro pronunciamento, al pari di una benedizione, ha il valore di un atto performativo. La previsione del futuro, più che sterile esercizio futurologico, diventa così una necessità del mestiere.

La straordinaria crescita dell’economia cinese e la relativa stagnazione (o bassa crescita) che affligge buona parte del mondo occidentale hanno già contribuito ad alterare la direzione principale degli investimenti internazionali.

Infine nel 2050 le maggiori economie sarebbbero:

Cina 45.000 miliardi di $
USA 35.000
India 30.000
Giappone 9.000
Brasile 9.000
Russia 8.000
GB 6.000
Germania 5.000
Francia 4.000
Italia 3.000

Praticamente un nuovo scenario storico, post occidentale.

Secondo me noi dovremmo reagire abituandoci a una dignitosa e saggia povertà. Gli USA reagiscono con l'arma miliatare.

Ultima modifica di Lord Kellian : 19-07-2005 alle ore 02.56.15.
Lord Kellian is offline  
Vecchio 19-07-2005, 12.36.25   #4
Mark
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Il problema fondamentale

La mia opinione è che non si possa risolvere questioni commerciali senza prima risolvere ciò che permette tale commercio, ossia la questione monetaria. Anche a livello globale. Un link interessante al riguardo è il sito www.signoraggio.info e link connessi.


Saluti,
Mark
Mark is offline  
Vecchio 19-07-2005, 16.51.30   #5
Lord Kellian
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Anch'io ho trovato interessante quel sito e le sue tematiche. Da lì ho capito che le banche, insieme alle multinazionali, sono le vere entità sovrane della nostra era. Bisognerebbe discutere di più di questi temi, ma almeno in questo forum sembra siano preferiti argomenti più "riflessivi". Il fatto è che la natura del potere è ambigua. Questi due enti che ho nominato si nascondono letteralmente dietro gli stati sovrani e le comunità nazionali continuano a percepeire che la politica sia fatta dai governanti. Sebbene la storia dimostri che essi si trovano sempre impreparati di fronte ai grandi mutamenti economici.

Purtroppo gli studiosi di questi argomenti vengono bollati come "di parte". Durante la guerra fredda erano "comunisti" e adesso sono "no-global", un movimento nemmeno rappresentato in parlamento e - temo - vissuto dai più come un residuo fastidioso dei grandi movimenti hippy degli anni 60. La propaganda dell'impero trionfa nel senso comune, nell'inconscio collettivo. "Il problema fondamentale" naviga nell'oblio.

Ma in particolare c'è una cosa che non mi è chiara rispetto al signoraggio. Gli autori del sito sostengono che le banche si approprino indebitamente della quantità di moneta emessa da loro a costo zero, affittandola allo stato. Così quando paga un suo dipendente lo stato prende in prestito i soldi dalla banca centrale. E questo crea il debito pubblico.

A me però risulta che la moneta "imprestata" non vada resituita. Che lo stato emette dei Bot, che questi sono comprati dai cittadini, i quali così imprestanto i soldi allo stato. E questo è infatti il debito pubblico. Non so se mi sono spiegato, ma se hai letto il sito dovresti aver capito cosa intendo. Anche su disinformazione e su comedonchisciotte sono riportate spesso questo tipo di argomentazioni.

Tu che ne pensi?
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Vecchio 19-07-2005, 19.47.29   #6
Mark
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Per quello che so io, e mi pare che quel sito dica le stesse cose, lo Stato emette titoli di Stato (obbligazioni) che vengono comprate dal mercato (anche da singole persone, ma sempre attraverso istituzioni finanziarie quali banche e sim). Quindi lo Stato si indebita con banche ma anche con singoli cittadini, generando il debito pubblico.

Il problema sta a monte: lo Stato dovrebbe emettere esso stesso moneta, in quanto quest'ultima è una convezione istituzionale, quindi legale.

E' vero però che essendo la moneta odierna una moneta-debito, cioè emessa solo attraverso un prestito, possiamo dire che tutta la moneta in circolazione è un debito nei confronti del sistema bancario.

Mark
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Vecchio 19-07-2005, 20.11.28   #7
Lord Kellian
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Sì questo è quello che si sostiene in quei siti. PErò la storia ci dice che l'istituzione della banca è nata proprio per ovviare a dei difetti che il sistema aveva precedentemente. E il sistem precedentemente funzionava proprio così: gli stati, nelle persone dei sovrani, emettevano moneta. Quando avevano mancanza di liquisdità emettevano nuova moneta, oppure erano proprio loro a fare il signoraggio o(originario), cioè toglievano una quantità di metallo prezioso dalla monete e le spacciavano per il loro valore di facciata. In entrambi i casi la situazione economica non migliorava, ma peggiorava. La moneta perdeva valore reale e si creava un'enorme inflazione che non facevaq altro che peggiorare la crisi economica. Infatti anche adesso, come si sa, una delle funzioni della banche centrale europea è proprio quella di limitare l'inflazione.

Che il ruolo delle banche sia sporpositato è fuor di dubbio. Gli investimenti finanziari del pianeta sono 50 volte (dico: cinquanta) superiori al pil prodotto. Cioè l'economia reale, capitale, prodotti, lavoro, ecc, è stimata valere 100 unità e contemporaneamente quegli ******* si scambiano moneta virtuale creata nei loro computer per un valore totale di 5000 unità. Denaro che non esiste, cazzo! Cui non corrisponde alcun bene. E si arrichiscono pure!

Però riportare il tutto nellemani dello stato, come si evince dalla storia precedente non mi sembra la soluzione migliore.


Però
Lord Kellian is offline  
Vecchio 19-07-2005, 21.59.05   #8
Lord Kellian
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Forse basterebbe un comitato di controllo esterno...
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Vecchio 20-07-2005, 10.53.22   #9
Gianfry
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Finché il valore del dollaro era agganciato all’oro, le banche avevano buon gioco a dire che la loro moneta aveva una copertura aurea, anche se non era vero. Infatti se un cliente si fosse recato presso una banca a cambiare una banconota con l’equivalente in oro sarebbe stato cacciato in malo modo.
Con la fine degli accordi di Bretton Woods del 1971 (decretata da Nixon) abbiamo avuto la conferma storica che la riserva aurea non serve. Una volta dimostrato che il valore monetario è causato non da chi emette, ma da chi accetta la moneta per convenzione istituzionale, ne va attribuita gratuitamente la proprietà, a titolo originario al portatore come reddito di cittadinanza, perché è lui stesso che, accettandola, ne crea il valore, senza alcun costo. Ecco perché la moneta, all’atto dell’emissione, deve essere accreditata (e non addebitata) alla collettività nazionale. In tal modo può essere realizzata la dottrina sociale della Chiesa solo con la giustizia monetaria che consente ad ognuno di comprare con la sua moneta il suo pane.
Quindi dopo il 1971, il valore intrinseco delle monete era semplicemente quello tipografico. Oggi per esempio il valore intrinseco delle banconote euro è di circa 3 centesimi di euro. Ma le banche centrali che emettono monete si appropriano del signoraggio, che è la differenza tra il valore facciale o nominale delle banconote ed il costo tipografico.
OGGI la NOSTRA MONETA nasce di PROPRIETA’ delle banche private che la emettono prestandocela. E’ una moneta PRIVATA LEGALIZZATA dai nostri rappresentanti politici ignoranti e corrotti, che hanno agito contro la nostra Costituzione (artt. 1, 2 e 42) e contro l’interesse del Popolo.
Quando la banca centrale emette la moneta prestandola, poiché prestare è prerogativa del proprietario, trasforma la collettività da proprietaria in debitrice del proprio denaro. Ecco perché la c.d. moneta nominale è diventata corpo del reato di truffa di dimensioni planetarie.

Mancando la consapevolezza che la moneta è gravata dall’equivalente “debito da signoraggio” (analogo all’ipoteca che grava sugli immobili) il cittadino si illude di disporre della proprietà della sua moneta perché quando la spende trasferisce anche l’equivalente debito non dovuto e, quando l’incassa, acquista anche il medesimo, equivalente debito causato dalla truffa professionalmente realizzata dalle banche centrali. Dilaga così il malessere sociale dell’insolvenza ineluttabile per debiti non dovuti, che può essere eliminata solo sostituendo alla moneta nominale, debito del portatore, la moneta di valore indotto, proprietà del portatore.

Perciò l’attuale sistema di emissione della moneta è una truffa legalizzata di cui peraltro i cittadini sono tenuti all’oscuro, anzi beffati perché gli è stato fatto credere che: 1) la moneta sia di proprietà dello Stato; 2) la Banca d’Italia appartenga allo Stato; 3) la moneta sia ancora coperta da riserva aurea. Tutto questo è falso! Ma non sono solo le banche centrali che creano denaro dal nulla e lo addebitano allo Stato ed ai cittadini, con gli interessi. C’è tutto il sistema bancario ordinario, che crea denaro dal nulla, denaro virtuale a costo nullo grazie alla regola della riserva frazionale imposta dalla Banca Centrale. Le Banche Centrali si appropriano del signoraggio sulla moneta cartacea, le banche ordinarie si appropriano del signoraggio sulla moneta scritturale, mentre lo Stato si appropria del signoraggio sulla moneta metallica (che rappresenta una percentuale irrisibile della massa monetaria).
La moneta creata dalle Banche Centrali è chiamata moneta-debito in quanto con tale sistema sia lo Stato che i cittadini sono perennemente indebitati con le banche per tutta la vita. E’ la moneta-debito che genera il Debito Pubblico e per pagarlo lo Stato deve tassare i cittadini.

Noi vogliamo che la moneta nasca di PROPRIETA’ dei CITTADINI e che sia ACCREDITATA ad ognuno come "REDDITO DI CITTADINANZA".
Con il Reddito di Cittadinanza, per finanziare i produttori, si “finanziano” i consumatori che è l’unico modo per promuovere secondo giustizia l’economia di mercato.
Si realizza così la società organica della democrazia integrale in cui il popolo non ha solo la sovranità politica, ma anche quella monetaria (art. 1 della Costituzione).
La SOVRANITA’ MONETARIA va attribuita allo Stato, come quarto potere costituzionale, e tolta alla Banca Centrale.
La PROPRIETA’ della MONETA va attribuita al Popolo, che, per convenzione istituzionale le attribuisce il valore: ognuno infatti accetta moneta in previsione di poterla spendere a sua volta.

A chi volesse approfondire questi argomenti consiglierei di leggersi il materiale del sito succitato (www.signoraggio.info) nonché quello dei siti che trattano questo argomento.

Gianfry
Gianfry is offline  
Vecchio 22-07-2005, 16.42.54   #10
antonio greco
L' Emigrato
 
Data registrazione: 26-05-2004
Messaggi: 637
CINA E ITALIA

Leggo la decrizipne della Cina, fatta da Nin. Kin. Grazie.

Appare eveidente che c' é almeno una differenza fra Italia e Cina. Il secondo, un Paese capace di strategia. IL primo, un Paese che accetta di vivere alla giornata...... in fondo cosa normale, per chi non sa gestirsi...

L' Emigrato
antonio greco is offline  

 



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