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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 17-11-2005, 22.21.22   #1
VanLag
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I “bright” e la discriminazione verso gli atei....

Oddio definirmi ed appiccicarmi addosso delle etichette eppure se dovessi sceglierne una credo che questa dei “bright” la tollererei.

L’articolo che riporto è di Piergiorgio Odifreddi, (che ho conosciuto qui in forum grazie a La_viandante), che evidenzia come ci sia in atto una presa di coscienza globale di come la fede abbia sempre dominato la nostra cultura e come l’ateo sia sempre stato prevaricato e mal visto ed in un certo senso, scoraggiato a parlare della sua incapacità ad accettare la fede. Questo sta generando una ribellione della ragione nei confronti della fede. Cito un breve stralcio, ma consiglio di leggere tutto l’articolo, perché p emblematico.

Si tratta, in sostanza, di incominciare a pretendere che i credenti portino, riferendosi ai “bright” che non abboccano alla loro fede, lo stesso rispetto che altri emarginatori e oppressori sono ormai costretti a portare verso molte altre categorie di emarginati e oppressi. Visto che non ci si riferisce (più) alle donne come “non uomini” o “sesso debole”, agli omosessuali come “non eterosessuali” o “finocchi”, agli africani o agli orientali come “non bianchi”, “negri” o “musi gialli”, e ai popoli in via di sviluppo come “non occidentali” o “sottosviluppati”, così è giunta l’ora di smetterla di chiamare “non credenti” o “atei” coloro che, semplicemente, non accettano superstizioni e miti.
Da: "Siamo brillanti o cretini?" (articolo di Piergiorgio Odifreddi)

Io nato in un piccolo paese del comasco, mi ci sono rivisto e ritrovato nella marea di pressioni subite per non abbandonare la grande famiglia dei credenti.

Eppure oggi la stessa tradizione sapienziale dell’India, si sta muovendo nella direzione della ragione. Già le figure ineccepibili e bellissime di mastri indiani come Ramana Maharishi, Nisargadatta Maharaji toccavano i concetti legati allo sviluppo dell’uomo tralasciando completamente i riferimenti al divino. Questa tendenza, diventa addirittura una inversione con Osho Rajnesh e Jiddu Krishanamurti, il primo condannato per vilipendio alla religione in India, il secondo che nei suoi discorsi avvisa di tenersi lontano dai maestri. U.G. Krishanamurti poi, con i suoi attacchi veementi a tutti i modelli della cultura, sembra completare questo ciclo.

Avendo questo tipo di sentire, realmente mi auguro che l’umanità sia finalmente sulla soglia di un nuovo secolo dei lumi e che finalmente la fede venga, non combattuta che non sarebbe giusto, ma riportata al livello che le compete, quello cioè di un rapporto personale tra la creatura ed il suo creatore.


Ultima modifica di VanLag : 17-11-2005 alle ore 22.26.48.
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Vecchio 18-11-2005, 09.42.48   #2
SebastianoTV83
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Molto bello. Si tratterebbe dunque di ridefinire le competenze? Comunque lasciamo stare il discorso etichette: qualcuno potrebbe poi etichettarci come gente che non vuole affibbiarsi etichette! In fondo e un etichetta considerarsi non etichettati!
SebastianoTV83 is offline  
Vecchio 18-11-2005, 16.36.30   #3
VanLag
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Messaggio originale inviato da SebastianoTV83
Molto bello. Si tratterebbe dunque di ridefinire le competenze?

Esatto! Tempo fa avevo esposto la seguente riflessione che r.rubin chiamò - la piramide rovesciata -.

Analizzando il mondo che ci circonda, potremmo definire delle “categorie di insiemi” che sono in rapporto tra loro attraverso una gerarchia basata sull’aggregazione di più categorie sottostanti. Ad esempio la categoria A cioè “esseri viventi” racchiude in se le sottocategorie, di “uomini”, “animali” e “piante”. La categoria degli uomini a sua volta può essere divisa in “credenti” e “non credenti”.

La seguente scala:

Gruppo A esseri viventi
Gruppo B esseri umani.
Gruppo C credenti
Gruppo D cristiani
Gruppo E cattolici

Evidenzia, ad esempio, che i cattolici, fanno parte del gruppo dei cristiani, che a sua volta è parte del gruppo più vasto dei credenti, il quale è parte degli esseri umani e così via.

Se i cristiani (gruppo D), cercano di propagare l’amore per Cristo al gruppo dei credenti (gruppo C), questo si traduce in una terribile coercizione. Se i credenti pretendono che tutti gli esseri umani credano nell’esistenza di Dio, questo genera violenza…etc.

Le cose sono diverse per i valori del gruppo più ampio verso quello più ristretto, per il semplice motivo che, ogni gruppo sottostante è inclusivo dei sistemi di valore del livello più alto.

Cerco di spiegarmi: Come esseri umani, (gruppo B) non sentiamo coercizione nell’attaccamento alla vita che può essere il valore primario di tutti gli esseri viventi, (gruppo A). Come credenti, (gruppo C), non sentiamo violenza nell’amore dell’intelligenza che può essere uno dei valori fondanti dell’essere umano, (gruppo B). Come cristiani, (gruppo D), non sentiamo come violento l’amore verso Dio che è un valore fondante di ogni credente (gruppo C) e così via.

Imporre i valori del gruppo numericamente più ampio, ma gerarchicamente inferiore ad un gruppo superiore, genera di fatto una dittatura, anche se il gruppo è quello più numeroso fra quelli sottostanti. E questa dittatura creerà inevitabilmente degli oppressori e degli oppressi, con tutte le conseguenze che gli squilibri sociali comportano, perché i valori che popolano quel gruppo non sono i valori di tutti. Solo attestandosi ai valori comuni al gruppo gerarchicamente più elevato si evita violenza e prevaricazione.

Questo non preclude che in ambiti”sottostanti” ogni gruppo coltivi dei valori specializzati che ne nutrano spirito e le ambizioni ed il gruppo gerarchicamente superiore, non sentendosi minacciato, ne garantirebbe lo sviluppo. Ed il tutto sarebbe molto bello ed armonico.



Ultima modifica di VanLag : 18-11-2005 alle ore 16.38.43.
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Vecchio 19-11-2005, 00.21.18   #4
lobelia
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Da VanLag "Solo attestandosi ai valori comuni al gruppo gerarchicamente più elevato si evita violenza e prevaricazione.
Questo non preclude che in ambiti”sottostanti” ogni gruppo coltivi dei valori specializzati che ne nutrano spirito e le ambizioni ed il gruppo gerarchicamente superiore, non sentendosi minacciato, ne garantirebbe lo sviluppo. Ed il tutto sarebbe molto bello ed armonico"

...sarebbbbbbbe molto bello, ma purtroppo invece avviene che più il cerchio si stringe, più si sviluppano paure, ci si sente minacciati e quindi aumenta il bisogno di protezione di interessi particolari (anche solo morali e spirituali e quindi identitari) spesso a discapito di altri.
Il meccanismo è lo stesso del tifo da stadio.
Non prendetevela...ma anche se a volte più sofisticato, è il medesimo.
Bisogno di identificazione e protezione del sè che ci si costruisce, per mille motivi, sulla base dell'appartenenza ad uno o più gruppi. Per rassicurarci.
Ne siamo tutti più o meno ammalati.
C'è chi ad esempio si considera nel gruppo degli "intelligenti", chi dei "furbi", oltre che contemporaneamente anche parte di gruppi umani e sociali sempre più chiaramente definiti e ristretti come i vecchi, i giovani, i credenti, i non credenti, i cattolici, i sani, i matti, gli occidentali, la destra, la sinistra, i milanisti, gli imprenditori, gli statali, i punk, i paninari (ma che fine hanno fatto?)...va beh, sono uscita di tema. Nel senso che non ci sono mai arrivata. Forse. Mea culpa, mea grandissima culpa
Ogni aggregazione vive e si alimenta del bisogno di appartenenza di ognuno dei suoi appartenenti e crea conflitto con altre aggregazioni, proprio per il bisogno di sancire continuamente quella diversità come la migliore rispetto a tutte le altre. Poi c'è da analizzare la potenza culturale, sociale, economica e politica di alcuni gruppi rispetto ad altri e lì si gioca il giochino degli oppressori e degli oppressi. E dell'opportunità o abitudine culturale a sentirsi parte dell'uno o dell'altro.
La fede religiosa che abbiamo conosciuto fino ad ora però è in declino, sta vivendo una crisi mondiale ormai inarrestabile, sono sempre di più le persone che si fanno domande rispetto ad un tempo. Il dubbio è ormai tra noi. I rigurgiti di rigore delle varie confessioni religiose, l'interesse ormai da spot televisivo per l'esoterismo in tutte le sue svariate manifestazioni preesistenti e pure quelle inventate exnovo, sono solo un segno della fine.
Il gruppo dei credenti e quello dei non credenti si fa sempre più sfumato. I confini sconfinano.
Ci sono gli irriducibili, come sempre, che si attestano su posizioni sempre più esasperate, ma sono sempre meno. E gli altri si muovono sempre più liberamente e agilmente (sono sempre meno gli obblighi sociali relativi a queste appartenenze) da un gruppo all'altro, o ai loro margini, a cogliere ciò che da una parte all'altra sembra più sensato o che soddisfa nostre esigenze, fino a non sapere più riconoscerne le differenze essenziali.
Fino a creare due nuovi gruppi: gli irriducibili ed i curiosi ( i possibilisti). E dove credenti e non credenti sono presenti in maniera democratica e trasversale in entrambi.
Almeno io la vedo così.
Un'altra suddivisione del mondo che mi piace molto è un'idea di Stefano Benni. Ispirato da Totò, sostiene che il mondo è diviso in due categorie: i leinonsachisonoisti e i mamifacciailpiaceristi
lobelia is offline  
Vecchio 19-11-2005, 21.45.11   #5
VanLag
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Messaggio originale inviato da lobelia
...........più il cerchio si stringe, più si sviluppano paure, ci si sente minacciati e quindi aumenta il bisogno di protezione di interessi particolari (anche solo morali e spirituali e quindi identitari) spesso a discapito di altri.
Il meccanismo è lo stesso del tifo da stadio.
Non prendetevela...ma anche se a volte più sofisticato, è il medesimo.
Bisogno di identificazione e protezione del sè che ci si costruisce, per mille motivi, sulla base dell'appartenenza ad uno o più gruppi. Per rassicurarci.
Ne siamo tutti più o meno ammalati.
Il tuo post mi da modo di ampliare le mie riflessioni….. quindi procedo......

Il bisogno di appartenere ad un gruppo sempre più ristretto e specializzato, di livello gerarchicamente più basso nella piramide rovesciata, denuncia la fragilità della nostra identità e la paura conseguente di perderla, cioè il timore di vedere il nostro io, la nostra auto-immagine, assottigliarsi e dissolversi.

Ma quella immagine è veramente ciò che siamo, o non è piuttosto il vestito che la società ci costringe a mettere?
Quella immagine è la risposta del nostro sconfinato bisogno di esistere, di vivere, di amare e di essere amati, o non è piuttosto una serie di luoghi comuni e di stereotipi che scegliamo tra tanti pur di avere l’illusione di esserci e di essere importanti?

E perché poi essere importanti? Da dove abbiamo preso quel bisogno di ingrandire sempre più il nostro io, nutrendolo di fama, di successo, di vittorie?
Non è forse che siamo cresciuti nell’illusione di essere tra tutte gli esseri viventi (Categoria A), la categoria più importante (esseri umani o categoria B), agli occhi del creatore? Non siamo cresciuti nella assoluta convinzione che il mondo e le altre specie viventi siano state fatte a nostro beneficio?

Se è vero abbiamo già saltato di livello, di categoria, dopo di cui, i salti successivi sono autorizzati. Ma ogni specializzazione di categoria porta con se la convinzione di diventare sempre un qualche cosa di migliore, di possedere la verità, di trovarsi al centro dell’universo. Da qui il conflitto con le altre categorie che minacciano i privilegio dato dall’appartenenza alla nostra categoria speciale.

E’ un ciclo terribilmente vizioso, ma anche terribilmente indotto ed è relativamente facile rompere la tendenza, basta saltare giù dal treno in corsa magari quando rallenta ad una curva oppure quando sta per fare una salita.

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Vecchio 19-11-2005, 22.31.53   #6
nexus6
like nonsoche in rain...
 
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Re: I “bright” e la discriminazione verso gli atei....

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Messaggio originale inviato da VanLag
Io nato in un piccolo paese del comasco, mi ci sono rivisto e ritrovato nella marea di pressioni subite per non abbandonare la grande famiglia dei credenti.
Bello l'articolo che hai proposto; lo sfogo di qualcuno dei personaggi citati nell'articolo è simile al mio!
Comunque non so... non riesco neanche a sentirmi più profondamente ateo; prima lo ero e come, del tipo più fondamentalista e convinto... certo se proprio dovessi scegliere un'etichetta (cosa che come te odio) quella di ateo o di "bright", forse aderirebbe di più al mio pensiero... ma non so... io certo non abboccherò mai (come dice Odifreddi) alla "fede"... però lobelia ha ragione... si tratta comunque di una posizione, di una fede in senso lato, si crede lo stesso in qualcosa e ciò finisce inevitabilmente per escludere il resto, creare altro, creare differenze... spostarsi da un gruppo all'altro non consente di comprendere, invoglia solo ad escludere... l'ateo crede cavolo... eccome se crede... hanno ragione quelli che attaccano gli atei su questo punto...
vabbè sono uscito fuori tema...

nexus6 is offline  
Vecchio 19-11-2005, 23.16.28   #7
VanLag
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Re: Re: I “bright” e la discriminazione verso gli atei....

Citazione:
Messaggio originale inviato da nexus6
Bello l'articolo che hai proposto; lo sfogo di qualcuno dei personaggi citati nell'articolo è simile al mio!
Comunque non so... non riesco neanche a sentirmi più profondamente ateo; prima lo ero e come, del tipo più fondamentalista e convinto... certo se proprio dovessi scegliere un'etichetta (cosa che come te odio) quella di ateo o di "bright", forse aderirebbe di più al mio pensiero... ma non so... io certo non abboccherò mai (come dice Odifreddi) alla "fede"... però lobelia ha ragione... si tratta comunque di una posizione, di una fede in senso lato, si crede lo stesso in qualcosa e ciò finisce inevitabilmente per escludere il resto, creare altro, creare differenze... spostarsi da un gruppo all'altro non consente di comprendere, invoglia solo ad escludere... l'ateo crede cavolo... eccome se crede... hanno ragione quelli che attaccano gli atei su questo punto...
vabbè sono uscito fuori tema...

Ho letto il tuo sfogo, che condivido......

Io non capisco ne il bisogno di negare “dio” ne quello di affermarlo, ma come te sono infastidito, e non poco, dai depositari della verità che cerano di vendermi il loro prodotto e soprattutto sono inferocito perché i valori dei credenti, (che non sono tutti i cittadini), sono diventati nel nostro paese quelli di tutti i cittadini.

Personalmente custodisco con gelosia i miei sentimenti, mi apro con difficoltà e se appena, appena, percepisco, non dico avversione, ma semplicemente superficialità o disattenzione mi richiudo.
Mi sembra di cattivo gusto andare ad imporre i miei valori o le mie simpatie “religiose”, o magari la simpatia per quello che chiamo “il mio maestro” agli altri.

Qualcuno potrebbe obbiettare che ho la ragione come “valore” e che credo, cioè ho fede, nella ragione. Ma la ragione primo non è un valore bensì uno strumento, secondo è l’esatto contrario della fede, perché, prevede continue verifiche nei suoi processi, cioè nel suo “procedere” e comunque, nell’attimo in cui sentissi, ad esempio, che il mio istinto, in un dato momento, è più lungimirante della mia ragione, non avrei difficoltà a seguirlo, per poi, magari tornare alla ragione.
L’istinto è pure cieco! Si certo, ma non è ostinato….. è naturale e non mira a qualche cosa di ideale.
Inoltre il tutto lo applico in casa mia, cioè per me stesso e solitamente sono piuttosto restio ad interferire nella vita degli altri.

P.S.......Non credo che siamo fuori tema.......


Ultima modifica di VanLag : 19-11-2005 alle ore 23.29.27.
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Vecchio 19-11-2005, 23.41.29   #8
Elijah
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Interessante quello che hai riportato - VanLag.
Dico interessante perché credo che sia ora che gli atei, gli agnostici e co, cambino nome... un nome che non poteva che portare alla discriminazione, dato che assurdo ed illogico, oltre che insostenibile...
E trovo che il termine "bright" non sia per niente male...

Ma una cosa non mi è tanto chiara...

Chi si definisce "bright", che cosa è alla fin fine esattamente?

Qua ho trovato qualcosa in più sul termine...
----
Sei un Bright?
«Bright» in inglese significa «brillante» sia in senso proprio che figurato: quindi anche «intelligente, sveglio». Non c’è differenza quindi con il corrispondente termine italiano. Per omogeneità di espressione, tuttavia, continueremo a usare il termine «Brights» perché quello è il nome adottato da chi si riconosce in una concezione del mondo naturalistica e si trova in sintonia con questo manifesto.
Grammaticalmente il termine Bright, sia in inglese che in italiano, è per lo più un aggettivo, ma può essere usato anche come sostantivo. Si auspica anzi che tale termine possa entrare nell’uso corrente e arrivi a definire (come appunto una sorta di cappello, un termine onnicomprensivo), tutti coloro che si riconoscono nella concezione naturalistica del mondo.
Rifletti sulla tua concezione del mondo per stabilire se essa sia effettivamente libera da elementi sovranaturali e mistici come divinità, energie, forze, ectoplasmi e altre entità varie. Controlla le diciture summenzionate in grassetto. Se desideri informazioni sui termini usati nelle definizioni controlla le FAQ.

Se scopri di ritrovarti in queste definizioni, sei libero di unirti a noi in questo progetto di cambiamento della pubblica opinione: il movimento dei Brights. Se questi primi sforzi avranno successo, essi avranno effetti a lungo termine. Se sei un Bright, faccelo sapere, così potremo contarti tra i nostri. Dillo ad altri, così potremo contare anche loro tra i nostri. Stiamo formando una comunità di Brights al fine di intraprendere azioni sociali e politiche. I Brights includono anche coloro che fanno parte di associazioni agnostiche, atee, di libero pensiero, umaniste, laiche e scettiche e anche coloro che pur non religiosi non sono ufficialmente affiliati ad alcun gruppo.

Possiamo, noi Brights, influire sulla pubblica opinione solo lanciando una nuova parola di uso comune? Ovviamente è tutto da vedere, ma se l’idea ti affascina, continua a visitare questo sito e scoprire qualcosa di più del movimento Brights.

Siccome grandissima parte della letteratura su questo argomento è in inglese, i link che seguono vi rimanderanno ad articoli, saggi e scritti varî prodotti in tale lingua. Ci riserviamo la possibilità di tradurre alcuni dei contributi più importanti, previa autorizzazione degli autori di tali scritti. La casa-madre dei Brights si trova al sito web www.the-brights.net.
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... sono persone che sostengono cosa?
Che non sono pro-religione mi è chiaro...
...ma sulla questione relativa a Dio non so... non bisogna mica credere in una religione per credere in Dio..., o sbaglio?
Dio può essere anche inteso come l'infinito, il tutto, nel senso di un qualcosa che comprende tutto quello che ci sta attorno... l'universo quindi...
...senza per questo considerare questo Dio, un Dio abbinato al destino.
In altre parole, si può avere anche una concezione del mondo naturalistica, affermando che Dio esiste. E con Dio si intende che c'è una qualcosa che include tutto ciò che ci sta attorno e che mai però si riuscirà a dimostrare. Perché non è dimostrabile l'infinito.

Il problema più grande è alla fin fine legato solo esclusivamente sul termine Dio. Cosa è Dio? Come definisce un non-religioso l'infinito? Cosa è l'infinito? Esiste?

Sto impazzendo... comunque, meglio definirsi "bright" che atei, o peggio ancora agnostici...
...questo perché quelli che si definiscono atei o agnostici, in realtà non sono affatto quel che il termine in sé afferma e significa...
Infatti trovo sciocco chi si definisce ateo, la negazione di un termine che non è affatto chiaro (Dio)...
Ci si complica solo la vita in questo modo...
Fate come Einstein che è meglio...

Elia

Ultima modifica di Elijah : 19-11-2005 alle ore 23.50.08.
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Vecchio 20-11-2005, 00.13.49   #9
Elijah
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"Chi pensa non crede, e chi crede non pensa. Voi che pensate e non credete, dunque, non abbiate paura: unitevi ai bright di tutto il mondo, perché vostro è il Regno della Terra."
Dal sito riportatoci da VanLag

Mi fa venir da ridere leggere il passo sopra
Però è interessante...
... anche se chi l'ha scritto non ha per niente preso in considerazione alcune correnti del buddismo... che sostengono che nel pensiero discorsivo non ci sta un fico secco... e loro non credono in Dio...
Quindi loro non pensano, ma non credono nemmeno...

Il problema sta alla fin fine nel linguaggio che noi utilizziamo... bisogna essere degli abili giocolieri per fare capire al nostro prossimo cosa pensiamo realmente...

Elia
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Vecchio 20-11-2005, 00.34.36   #10
lobelia
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...mah, per quanto mi riguarda, dio è la natura e le sue leggi. Anche quelle che non conosciamo ancora.
Non c'è un dio o un disegno sovraumano. E' la natura dell'universo in cui viviamo a dettare legge e non credo si preoccupi di dare un senso "altro" a tutto ciò.
L'unico senso è quello che è. Quello che ci appare, quello che abbiamo a disposizione minuto per minuto della nostra vita.
E, sempre per quanto mi riguarda, l'infinito nella sua prospettiva futura è il perpetuarsi della vita ed anche della materia inanimata che, per quanto ne sappiamo, potrebbe non finire mai.
Per quanto riguarda il passato...l'idea che non ci sia stato un inizio, mi trova un po' in disaccordo...più che altro non so concepirlo. Quindi, per coerenza, penso anche che ci sarà una fine. Ma è solo un'ipotesi come tante.
E' la natura e le sue leggi a saperlo.

Da VanLag "E perché poi essere importanti? Da dove abbiamo preso quel bisogno di ingrandire sempre più il nostro io, nutrendolo di fama, di successo, di vittorie?
Non è forse che siamo cresciuti nell’illusione di essere tra tutte gli esseri viventi (Categoria A), la categoria più importante (esseri umani o categoria B), agli occhi del creatore? Non siamo cresciuti nella assoluta convinzione che il mondo e le altre specie viventi siano state fatte a nostro beneficio?
Se è vero abbiamo già saltato di livello, di categoria, dopo di cui, i salti successivi sono autorizzati. Ma ogni specializzazione di categoria porta con se la convinzione di diventare sempre un qualche cosa di migliore, di possedere la verità, di trovarsi al centro dell’universo. Da qui il conflitto con le altre categorie che minacciano i privilegio dato dall’appartenenza alla nostra categoria speciale.
E’ un ciclo terribilmente vizioso, ma anche terribilmente indotto ed è relativamente facile rompere la tendenza, basta saltare giù dal treno in corsa magari quando rallenta ad una curva oppure quando sta per fare una salita"

Io penso che sia anche questo legge della natura. Pure gli animali vivono con la consapevolezza di essere il centro dell'universo. Ed ogni essere vivente, all'interno della propria specie, combatte la sua battaglia per sopravvivere e migliorarsi. E' il compito che abbiamo. Ma possiamo sbagliare e sbagliare anche di grosso. Da soli o in gruppo. Possiamo illuderci, farci influenzare, prendere strade che non portano a niente.
Per questo la natura, che ha interesse a perpetuarsi, conta anche sulle eccezioni che confermano la regola. Su quelli che ogni tanto saltano giù dal treno e prendono altre vie e magari si salvano
lobelia is offline  

 



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