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Vecchio 05-09-2007, 08.57.29   #1
emmeci
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Ma gli uomini sono veramente uguali?

Edoardo Boncinelli spiega, sul Corriere, come i dati raccolti dalla mappatura del genoma degli animali (uomo compreso) “mostrano inoppugnabilmente che tutti gli organismi sono imparentati fra loro….”, che i geni sono praticamente gli stessi, fino a quella minima differenza dell’ 1,23% che distingue lo scimpanzè dall’uomo. E’ vero che anche il biologo si domanda come da un così piccolo scarto sia potuta risultare una differenza evidente, ma non pare che dubiti delle conseguenze dei dati raccolti, tanto da intitolare l’articolo: “Siamo tutti uguali”.
Sono più che convinto della verità dell’evoluzionismo di Darwin, cioè di una selezione naturale che rivela “l’azione insistente della mutazione in tutta la sua potenza ed erraticità”. E mi pare che proprio questo confermi ciò che gli evoluzionisti hanno fino ad ora pensato, cioè che la natura tende in ogni campo alla diversità e alla complessità così che, se l’umanità ha avuto origine in un solo punto del globo, si è poi espansa e ramificata nelle sue varietà fisiche e culturali, nelle sue possibilità e moralità, e seppure non sappiamo come realmente si evolverà nel futuro (a causa dell’ “erraticità” di uno sviluppo largamente basato sul caso), possiamo presumere che l’evoluzione continuerà a favorire la ricchezza e la varietà delle forme, insinuandosi in tutti i luoghi possibili, in tutte le condizioni, in tutte le nicchie. Così non mi sembra sbagliato di ritornare alla domanda iniziale: gli uomini sono veramente uguali?
Credo che il problema delle razze sia stato demonizzato negli ultimi anni ed è divenuto di moda negarlo, non solo per lenire i rimorsi del colonialismo, ma perché non appare “moderno” e politicamente corretto evocare differenze etniche e scontri di civiltà. Eppure, perché non dovrebbero esistere? Forse abbiamo guardato al futuro con occhi iper-moralistici e con la convinzione di poter imporre sogni alla realtà…. E’ vero che l’uomo si crede oggi in possesso di conoscenze e tecniche tali da poter controllare il proprio sviluppo, ma perché, se la specie continuerà in futuro e non si verificheranno catastrofi nucleari, se non verranno dal cielo conquistatori o meteoriti troppo difficili da deviare, la diversità degli uomini dev’essere considerata come una colpa piuttosto che come ricchezza e come un mezzo per più elevate conquiste morali? Perché imporre un unico stile, magari un solo decalogo, una sola religione, una sola tavola di difetti e virtù?
Ma – potrebbe ribattere il moralista – questo vuol dire esasperare i contrasti, rendere le guerre un inevitabile fato, contro gli sforzi di quegli “alti spiriti della terra” che spingono gli uomini a comprendersi e amarsi. La vera giustificazione di questi spiriti sta non nel fatto che ritengono gli uomini per natura uguali, ma che pongono questa uguaglianza come obiettivo, e se anche credono che la specie umana - ossia la loro specie - sia la più alta e vorrebbero farla durare in eterno, questo non potrà attuarsi se non conducendo più avanti le condizioni di una natura protesa alla diversità, anche se sarà una diversità intesa per così dire metafisicamente, cioè vissuta nello “spirito” piuttosto che nelle cellule del genoma la cui mappatura spinge il biologo ad affermare che “di un individuo non si può volerne sapere di più”. Ma ecco che nulla si ferma in noi, da un’idea pullulano altre idee, da un diritto nuovi diritti, da una forma altre forme…. La specie uomo va oltre il genoma, i suoi valori non sono finiti come voleva credere Nietzsche, ma instancabilmente moltiplicati, mentre solo tale diversità può giustificare l’impegno di quei veri alti spiriti che invitano alla conoscenza degli altri e non al compiacimento di aver saputo cogliere ogni pulviscolo del proprio fisico autoritratto.
“E’ proprio così, dice a questo punto il navigatore del web, ed è quello che io sto facendo in questo oceano della globalizzazione: tutti con un solo linguaggio e un solo mercato di merci e di idee, forse anche un’unica religione….” Sì, forse è proprio questo il risultato di quell’ideale di parificazione che sembra aver colto i biologi e che è nelle aspirazioni della grande politica e delle religioni del mondo: fare che tutti credano in un’unica verità e in un’unica tavola di valori – invece di consentire che ognuno si crei da sé il proprio destino: che è, e speriamo resti, il vero significato del termine “libertà”, la sola traduzione in termini umani di quella “diversità e complessità” che pare prescritta dalla natura.
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Vecchio 05-09-2007, 10.27.08   #2
fealoro
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Io credo che vi sia un errore di comprensione.
L'affermazione 'gli uomini sono uguali' ha una importanza fondamentale nella nostra società, ma non in quanto affermazione di una evidenza genetica (che comunque sostanzialmente esiste), ma di un imperativo etico a cui non possiamo sottrarci.
'Gli uomini sono uguali' significa affermare che tutti gli uomini hanno gli stessi diritti. Non c'e' nessun iper-moralismo nell'affermare questo, ritengo. La negazione di questa affermazione di principio significa rinunciare alla società civile e al concetto di fratellanza in favore di un contrasto continuo tra gli uomini.
La diversità è tutelata da questa affermazione, non annichilita. Nessuno afferma 'gli uomini devono essere uguali', se non proprio chi suppone che una diversità genetica deve portare ad un diverso inquadramento sociale.
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Vecchio 05-09-2007, 11.38.19   #3
emmeci
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Ma è proprio questo che non solo l’evoluzione darwiniana ma la coscienza storica non può accettare, cioè: 1) l’unicità di un imperativo di qualsiasi tipo (etico, filosofico, religioso) che rischia sempre di risolversi in una tirannia, cioè in una limitazione di quella “erraticità” che è il presupposto della libertà; 2) la parità - in genere considerata “naturale” - dei diritti, che sono invece costruzioni culturali umane soggette non solo a diversità ma a mutamenti (sperabilmente in meglio); 3) il concetto di un’unica civiltà, che non può essere né quella greca (purtroppo!) né quella romana né quella americana e non può temere il contrasto tra gli uomini, sperabilmente con armi diverse da quelle usate dai crociati di tutte le latitudini. Meglio, credo, accettare le raccomandazioni degli “alti spiriti” piuttosto che quelle dei genetisti…..i quali si dichiarano oggi (vedi Corriere) capaci di determinare perfino quali dei nostri geni risalgano al padre e quali alla madre, ciò che porterà ancora più in alto l’entusiasmo del nostro biologo che, senza pensare a quali altre rivalità quella scoperta potrà portare, sarà ancora più convinto che ormai conosciamo tutto ciò che serve conoscere e non si può pretendere di saperne di più.
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Vecchio 05-09-2007, 14.52.41   #4
fealoro
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

No. Sono in disaccordo con quello che dici.

Citazione:
1) l’unicità di un imperativo di qualsiasi tipo (etico, filosofico, religioso) che rischia sempre di risolversi in una tirannia, cioè in una limitazione di quella “erraticità” che è il presupposto della libertà;

Forse non mi sono spiegato. E' proprio l'assunto che tutti gli uomini sono uguali, indipendentemente dalla pelle, orientamento sessuale, nazionalità, estrazione sociale ecc.. che ci permette di salvaguardare l'erraticità. Uguali significa che hanno gli stessi diritti, non che sono tenuti ad esprimere le stesse idee o gli stessi comportamenti.

Citazione:
2) la parità - in genere considerata “naturale” - dei diritti, che sono invece costruzioni culturali umane soggette non solo a diversità ma a mutamenti (sperabilmente in meglio);

Cosa vuol dire rinunciare alla parità dei diritti? che alcuni hanno diritti diversi dagli altri?

Citazione:
3) il concetto di un’unica civiltà,

Tutti gli uomini hanno gli stessi diritti, indipendentemente dalla civiltà o dalla nazione in cui nascono. La civiltà è un costrutto umano che non c'entra con il concetto che gli uomini sono uguali.

Citazione:
Meglio, credo, accettare le raccomandazioni degli “alti spiriti” piuttosto che quelle dei genetisti…..i quali si dichiarano oggi (vedi Corriere) capaci di determinare perfino quali dei nostri geni risalgano al padre e quali alla madre, ciò che porterà ancora più in alto l’entusiasmo del nostro biologo che, senza pensare a quali altre rivalità quella scoperta potrà portare, sarà ancora più convinto che ormai conosciamo tutto ciò che serve conoscere e non si può pretendere di saperne di più.

Mi spieghi perchè invece di accettare un risultato scientifico molto importante per quello che è, cioè un risultato che ci permette di conoscere meglio come funziona il corpo umano e come possiamo guarirlo dalle sue malattie, fai della dietrologia, supponendo che i biologi siano degli oscuri santoni che pretendono di conoscere tutta lo scibile umano?

Se l'articolo del corriere ti fa pensare questa cosa forse è colpa di un articolista che non conoscendo bene i risultati scientifici proposti, abbia ceduto a del facile sensazionalismo. Ti posso assicurare che nessun biologo crede che ormai conosciamo tutto ciò che serve, e che non si può pretendere di saperne di più. Ti assicuro che in nessun laboratorio si sta festeggiando perchè si è raggiunta la conoscenza ultima e nulla più si deve investigare. Piuttosto un biologo, come un fisico, un chimico, un matematico o un qualsiasi ricercatore, sa bene che la ricerca non finirà mai e quello che faranno sarà solo di dare il proprio contributo aggiungendo un piccolo tassello.
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Vecchio 05-09-2007, 15.01.33   #5
Fallen06
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Citazione:
Originalmente inviato da fealoro
'Gli uomini sono uguali' significa affermare che tutti gli uomini hanno gli stessi diritti. Non c'e' nessun iper-moralismo nell'affermare questo, ritengo. La negazione di questa affermazione di principio significa rinunciare alla società civile e al concetto di fratellanza in favore di un contrasto continuo tra gli uomini.
La diversità è tutelata da questa affermazione, non annichilita.

Che gli uomini non siano tutti uguali, mi pare evidente.
Oltre il discorso genetico, di specie e di "razza", esistono la molteplicità e la diversità non solo interculturali, ma anche interpersonali, e forse perfino "intrapersonali", nel senso che uno stesso individuo, che noi pensiamo convenzionalmente come entità stabile nel tempo e nello spazio, può essere visto come frammento, sprovvisto di un'identità "forte".
Detto questo, l'interpretazione più liberale del principio secondo cui tutti gli uomini sono uguali, è quella per cui essi sono tutti uguali "di fronte alla Legge".
La maiuscola di "Legge" non è casuale; l'etica dei diritti umani è un'etica universalistica, un etica rivolta non agli uomini ma all' "Umanità", soggetto astratto e, quindi, inesistente.
Alle tante leggi, quelle particolari e particolaristiche, che variano da cultura a cultura, si tenta di sostituire la Legge, cioè una legge sola, unica ed uguale per tutti.
E' qui in atto un progetto della cui bontà si può discutere.
In base a cosa possiamo giustificare in modo esclusivamente razionale che l'etica dei diritti umani sia preferibile ai sistemi etici che vigevano, per esempio, nel Messico di Montezuma o nella Russia di Stalin?
Se non mi inganno, non è possibile giudicare della questione se non a partire da un punto di vista, magari da un sistema di valori, che però di certo non è neutrale e quindi non ci permette di vedere le cose "dall'alto", in modo imparziale.
Resterebbe, allora, da considerare la faccenda della libertà:
tu, fealoro, dici che la diversità -che dà il margine per la libertà dell'individuo- è tutelata da un sistema egualitario in quanto ai diritti.
Ora, ogni possibile tipologia di contratto sociale prevede che l'individuo rinunci a parte della sua libertà in nome dell'interesse comune -che di riflesso è anche il suo-. Già a questo punto sarebbe assai dubbio che l'etica dei pari diritti tuteli la libertà dell'individuo; ma, se davvero questa dimensione sociale d'esistenza permettesse di salvaguardare almeno le principali libertà individuali, forse potremmo ancora accettare di "firmare" il famoso contratto.
Eppure a me sembra che, nella realtà di tutti i giorni delle società basate sull'uguaglianza dei diritti, il singolo, a meno di essere "più uguale" degli altri, venga troppo spesso preso in mezzo dagli interessi di gruppi politici ed economici, e finisca per soccombere davanti al potente di turno -a quello che "può permettersi la Giustizia", ad esempio, perchè per far rispettare come si deve i propri diritti si paga, e non poco-.
E se qualcuno potrebbe archiviare le precedenti come "pecche del sistema", e magari addirittura come controprove del fatto che una società non effettivamente egualitaria provochi danni, pensiamo a difetti più strutturali ancora, come il fatto che in un sistema democratico rappresentativo il voto del singolo valga come un due a bastoni, e quindi la volontà del singolo finisca per valere altrettanto, oppure al fatto che se hai una fede religiosa -soprattutto se è una fede diversa rispetto a quella della maggioranza del paese in cui abiti-, non puoi esternarla attraverso segni visibili nei luoghi pubblici come la scuola; quindi ad esempio in Francia non puoi tenere un velo sulla testa perchè altrimenti l'insegnante si risente e il Laicismo piange il sangue dei suoi martiri.
A certe condizioni, personalmente sento e vivo un rigetto nei confronti di alcuni aspetti della dimensione sociale.
Il fatto è, a mio modesto parere, che ci sono alcuni meccanismi perversi che rendono più che problematica l'effettiva salvaguardia della propria libertà, in un regime che parla di masse, di Stato, di Umanità, ma non di individui.
La strada verso il tentativo di avvicinamento fra diversi interessi -quello per i grandi numeri e quello per l'individuo concreto- è percorribile, ma secondo me non porterà ad una totale conciliazione.
La politica inglese e francese di materia di integrazione sociale nè da prova: entrambi i modelli -multiculturalista ed integrazionista- hanno evidenziato grandi limiti; il fatto è che lo Stato non può non invadere alcune libertà personali. Esso, anzi, ridefinisce il concetto ed i limiti della libertà degli individui, e la Legge, la Fratellanza, l'Eguaglianza, sono i righelli, le squadre ed i compassi con i quali si disegnano i nuovi perimetri e le nuove circonferenze.
Non vedo soluzioni definitive, oggi men che mai.
Per chi non vuole rinunciare alle sue libertà, nè partire e andare a vivere sulla vetta di una montagna, la vita sarà e rimarrà un gioco di ruolo, una tenzone in cui destreggiarsi senza sapere se e quando si rimarrà infilzati dalla lama del contendente.
Fallen06 is offline  
Vecchio 05-09-2007, 16.29.15   #6
fealoro
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Citazione:
Se non mi inganno, non è possibile giudicare della questione se non a partire da un punto di vista, magari da un sistema di valori, che però di certo non è neutrale e quindi non ci permette di vedere le cose "dall'alto", in modo imparziale.
Resterebbe, allora, da considerare la faccenda della libertà:
tu, fealoro, dici che la diversità -che dà il margine per la libertà dell'individuo- è tutelata da un sistema egualitario in quanto ai diritti.
Ora, ogni possibile tipologia di contratto sociale prevede che l'individuo rinunci a parte della sua libertà in nome dell'interesse comune -che di riflesso è anche il suo-. Già a questo punto sarebbe assai dubbio che l'etica dei pari diritti tuteli la libertà dell'individuo;
[...]
E se qualcuno potrebbe archiviare le precedenti come "pecche del sistema"
[...]
A certe condizioni, personalmente sento e vivo un rigetto nei confronti di alcuni aspetti della dimensione sociale.
Scusami, e in quale modo il fatto di togliere l'uguaglianza dei diritti dovrebbe risolvere questi problemi?

Citazione:
Per chi non vuole rinunciare alle sue libertà, nè partire e andare a vivere sulla vetta di una montagna, la vita sarà e rimarrà un gioco di ruolo, una tenzone in cui destreggiarsi senza sapere se e quando si rimarrà infilzati dalla lama del contendente.
Certo che se uno parte con una alabarda e l'altro con un temperino la situazione cambia...
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Vecchio 06-09-2007, 09.00.16   #7
emmeci
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Mi pare che questi contrasti provengano dal fatto che ci poniamo su piani diversi: io non guardo alla prassi giuridica (sempre sotto l’ottimistica insegna “la legge è uguale per tutti”) ma al fondamento del diritto, che per secoli se non per millenni è stato considerato “naturale” cioè immutabile se non prescritto da Dio - l’onnipotente rappresentato in realtà dai potenti - e solo a partire dal Novecento (Kelsen e Weber) consegnato allo stato e quindi, almeno nelle democrazie, a noi cittadini: acutizzando ovviamente l’incontro-scontro del diritto con la moralità oltre che con la faticosa storia degli individui. E mi pare che, in tutto l’odierno, politico e mediatico, discorrere intorno ai “diritti umani”, si pensi sempre a diritti fondati sulla natura - la bella e intatta natura! - cioè a quel giusnaturalismo che – almeno a livello filosofico – dovrebbe aver fatto il suo tempo. Con la conseguenza che si vogliono imporre formule giuridiche astratte a società che non le hanno maturate nella loro coscienza e che ci si illuda che certi diritti non muteranno più.
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Vecchio 06-09-2007, 10.03.48   #8
fealoro
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Non so se sia possibile, o auspicabile, mettere da parte con questa facilità il giusnaturalismo.
Ma quello che non capisco è se la proposta concorrente sia quella di far discendere dalla disuguaglianza degli uomini una disuguaglianza dei diritti...
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Vecchio 06-09-2007, 13.52.24   #9
Fallen06
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Citazione:
Originalmente inviato da fealoro
Scusami, e in quale modo il fatto di togliere l'uguaglianza dei diritti dovrebbe risolvere questi problemi?

Non ho mai sostenuto di avere una soluzione pronta, anzi, pensavo di essere stato abbastanza chiaro quando esprimevo sfiducia nei confronti della possibilità della conciliazione fra Stato e individuo, dimensione sociale, collettiva, ed individuo.
In fondo, tutto quello che si può fare a favore dell'individuo, secondo me, riguarda l'individuo stesso ed esso soltanto: non può quindi tradursi in azione politica -che è già azione sociale-, come fanno ad esempio gli anarchici.
Proprio perchè ciò che dico si riferisce, idealmente, esclusivamente al singolo, e rigetta applicazioni sociali, traduzioni in "movimenti" e gruppi politico-ideologici, non propongo neanche l'abolizione dell'uguaglianza di diritti, non propongo nuove forme sociali nè propendo aprioristicamente più per l'una che per l'altra forma.

Citazione:
Originalmente inviato da fealoro
Certo che se uno parte con una alabarda e l'altro con un temperino la situazione cambia...

E non è forse l'individuo, nei confronti dello Stato, a ritrovarsi con in mano il temperino?
Ci prefiguriamo con orrore una condizione di ingiustizie e soprusi, disparità, quando in buona parte questa situazione già la viviamo, ma siamo così narcotizzati da non badarci più.
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Vecchio 06-09-2007, 14.07.05   #10
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Riferimento: Ma gli uomini sono veramente uguali?

Non solo non è così, ma potrebbe pure essere affermata (magari in seno alle Nazioni Unite, sperabilmente con il sì di tutti i paesi) la volontà di renderli uguali. proprio in nome di quella facoltà di decisione, o vorrei dire “creazione”, che io ritengo debba essere esplicitamente riconosciuta: il che – se mi sono spiegato bene – è il fondamento di un concetto del diritto che non sia più considerato né naturale né statale, ma sovranamente libero.
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