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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-02-2008, 11.13.17   #11
sileno
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

ciao koli, purtroppo credo che la scienza non possa far altro che rifiutare ogni metafisica tradizionale...condizione imprescindibile del sapere scientifico è l'osservabilità ( diretta o indiretta che sia )...e codice deontologico fondamentale è il famoso motto "su ciò di cui non si può parlare si deve tacere"...la scienza non può ammettere l'esistenza di ciò che non si manifesta empiricamente, di ciò che non è passibile di prova e riscontro empirico....in molti casi la scienza potrebbe avere anche una propria filosofia e una propria etica, non è necessario per questo riallacciarsi alle metafisiche tradizionali....basta crearsi una propria metafisica nuova di zecca: infatti la scienza ha in sè implicita una propria metafisica, molto fallace su questo concordo, ma condivide con le altre metafisiche l'esclusione di ogni teoria che si opponga ai suoi principi dogmatici....per avere una riprova della metafisica della scienza basta osservare cosa accadde con Comte oppure leggere un saggio di Quine "I due dogmi dell'empirismo"...con la proposizione, per quanto implicita, di una sua metafisica la scienza non si accorge di negare sè stessa nei suoi principi e nelle sue condizioni fondanti, di tradire il suo slancio originario, di rigettare ciò contro cui aveva lottato e che figurava come motivo principale nelle esigenze della sua fondazione...quindi sono ancora convinto del fatto che la scienza non può negare le metafisiche passate senza proporre una metafisica nuova...la metafisica è al fondo di ogni esigenza conoscitiva umana, è la direzione imprescindibile per dare un senso ad ogni conoscenza umana....senza una parvenza di metafisica ogni conoscenza sembrerebbe vana...

certo il concetto dell'essere è il più generale in assoluto....il problema è quel "noi" che ci allontana irrimediabilmente dall'Essere....il fatto che siamo "noi" a ragionare sull'Essere esclude ogni trasparenza rappresentativa dell'Essere stesso..non dimentichiamoci che se si usa uno strumento per conoscere qualcosa allora non si avrà quel qualcosa: si avrà quel qualcosa e lo strumento utilizzato...conoscere la struttura dello strumento è la via più agevole per dedurre qualcosa su ciò che lo strumento a colto, anche se non è sufficiente fare una sottrazione perchè lo strumento siamo noi e non possiamo annientarci al cospetto dell'essere, perchè in questo caso non saremmo più.....

per quanto riguarda il principio di contraddizione sottostà a delle condizioni umane, esistenziali, spazio-temporali....ha un suo preciso limite oltre il quale non serve più a nulla....consiglio la lettura del "Parmenide" di Platone per rendersi conto di quanto poco possa il procedimento elenctico quando si ragiona di concetti molto generali come quelli di Essere e Unità...anche da un punto di vista scientifico quando si indagano realtà infinitamente piccole o infinitamente grandi il principio di non-contraddizione mostra tutta la sua limitatezza....

..... la logica è solo un modo umano per far quadrare i conti delle nostre conoscenze.....
sileno is offline  
Vecchio 10-02-2008, 15.52.49   #12
johannes
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Salve. Vorrei dire la mia en passant…

Credo che se si voglia giudicare del contenuto della metafisica classica, occorrerebbe almeno in sede preliminare ammettere che essa abbia detto, e quindi possa tuttora dire, qualcosa di significativo riguardo la questione dell’essere. Le fonti della metafisica classica possono non essere le stesse di quelle della riflessione moderna sull’assoluto, sicché quell’antica riflessione sembrerebbe non ritrovare più le motivazioni e le aspettative che la resero valida un tempo: mentre il pensiero contemporaneo sembra svilupparsi spontaneamente, quello antico è piuttosto ridotto ad una sorta di reperto di un contenuto vitale oramai smarrito e difficilmente rievocabile. Le critiche che vengono rivolte alla metafisica dalla teoresi moderna germinano e si sviluppano in un terreno almeno in parte ad essa estraneo. Con ciò ritengo che giudicare del fatto che la metafisica sia o non sia riducibile a lettera morta, implichi in sede preliminare almeno l’ammissione dell’ipotesi che la filosofia, così come veniva concepita da Platone e da Aristotele, abbia avuto ed abbia anch’essa la capacità, e quindi il diritto, di giudicare criticamente, secondo un proprio autentico metodo e contenuto, tutte quelle formulazioni teoretiche che si cimentino anch’esse nella questione dell’essere, ma con metodi e intenzioni tanto differenti dai suoi (come p.es. fa quella di Severino). La metafisica dovrebbe essere cioè trattata come un sapere autentico e fondato, e come tale non acquiescente a qualsiasi spregiudicata interpretazione.

Giudicare del contenuto della filosofia antica, pretendendo che essa possa ammettere senz’altro giudizi che la riguardano dettati da criteri esegetici essenzialmente estrinseci, finendo col tacciare le metafisica classica di nichilismo, è una patente petitio principi (euristicamente un luogo a non procedere). Difatti la questione del nichilismo – così come deve essere presa – è questione squisitamente moderna e non antica: la metafisica per definizione avvalora un contenuto ontologico non nichilistico e cioè non riconosce affatto come valida una accezione della nullità ontologica come quella che la filosofia contemporanea vorrebbe impugnare contro di essa col concetto di nulla, e che adopera per scopi propri teorizzandola in forma argomentativa nel Nichilismo (un contenuto concettuale implicito in filosofia solo da Cartesio in poi).

Ammettere che la filosofia moderna abbia detto qualcosa di radicalmente migliore, adottando un metodo radicalmente più efficace riguardo un oggetto stabilito essere grossomodo identico per via indiziaria (l’essere), non implica che la metafisica classica possa dirsi nichilista sulla base del metodo che la filosofia moderna adotta secondo propri criteri di utilità.

Johannes.
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Vecchio 10-02-2008, 19.11.46   #13
Koli
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Citazione:
Originalmente inviato da sileno
.in molti casi la scienza potrebbe avere anche una propria filosofia e una propria etica, non è necessario per questo riallacciarsi alle metafisiche tradizionali....basta crearsi una propria metafisica nuova di zecca: infatti la scienza ha in sè implicita una propria metafisica, molto fallace su questo concordo, ma condivide con le altre metafisiche l'esclusione di ogni teoria che si opponga ai suoi principi dogmatici
quindi sono ancora convinto del fatto che la scienza non può negare le metafisiche passate senza proporre una metafisica nuova...la metafisica è al fondo di ogni esigenza conoscitiva umana, è la direzione imprescindibile per dare un senso ad ogni conoscenza umana....senza una parvenza di metafisica ogni conoscenza sembrerebbe vana...

Io però non sarei cosi propenso a dividere in compartimenti satgni le metafisiche in quanto spesso hanno fili condutori simili se non identici.
E' vero tuttavia, che la scienza condivide con le teorie metafisiche l'esclusione di ogni altra metafiscia che non si presenta come scienza. Non potrebbe non farlo, visto che il suo metodo d'indagine è radicalmente diverso.
Sono d'accordo anche sul fatto che la scienza abbia una propria "metafisica" ma bisognerebbe fare delle distinzioni (come hai già fatto), fra questa e le altre. E' probabilmente vero che non si può prescindere da un discorso metafisico intesi come un insieme di asserzioni che riguardano la realtà ma occorrerebbe saper distinguere fra il mondo comune e il mondo dei visionari, per citare Kant.

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Originalmente inviato da sileno
certo il concetto dell'essere è il più generale in assoluto....il problema è quel "noi" che ci allontana irrimediabilmente dall'Essere....il fatto che siamo "noi" a ragionare sull'Essere esclude ogni trasparenza rappresentativa dell'Essere stesso..non dimentichiamoci che se si usa uno strumento per conoscere qualcosa allora non si avrà quel qualcosa: si avrà quel qualcosa e lo strumento utilizzato...conoscere la struttura dello strumento è la via più agevole per dedurre qualcosa su ciò che lo strumento a colto, anche se non è sufficiente fare una sottrazione perchè lo strumento siamo noi e non possiamo annientarci al cospetto dell'essere, perchè in questo caso non saremmo più.....

Sento l'eco del principio di indeternimazione. Se non ho capito male, la difficoltà nel conoscere l'Essere sta nel fatto che l'essere è già quel altro qualcosa che non siamo noi. Si presuppone che la distanza è già grande perchè studiamo qualcosa che, pur essendoci vicino rischia sempre di sfuggirci. Spesso non sapiamo nemmeno studiare noi stessi senza uscire dalla nostra sfera intima. Non per nulla ci si interroga ancora che cosa sia l'essere.. Di passi avanti però ne sono satti fatti. Penso alle neuroscienze ma anche alla filosofia in generale.



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Originalmente inviato da sileno
per quanto riguarda il principio di contraddizione sottostà a delle condizioni umane, esistenziali, spazio-temporali....ha un suo preciso limite oltre il quale non serve più a nulla....consiglio la lettura del "Parmenide" di Platone per rendersi conto di quanto poco possa il procedimento elenctico quando si ragiona di concetti molto generali come quelli di Essere e Unità...anche da un punto di vista scientifico quando si indagano realtà infinitamente piccole o infinitamente grandi il principio di non-contraddizione mostra tutta la sua limitatezza....

..... la logica è solo un modo umano per far quadrare i conti delle nostre conoscenze.....

Il principio di non contraddizione (scommetto che non ne puoi più), e il procedimento elenctico (idem), non sono la cura a tutti i nostri dubbi. Mi sembra pleonastico dirlo. La logica comunque, ha un valore non smentibile nemmeno da Dio.



Per Johannes.
La filosofia contemporanea non imputa alla filosofia antica di essere nichilista.
La stessa filosofia contemporanea (stando a Nietzsche ma non solo), è nichista, sia perchè nega Dio e le relative certezze a lui collegate sia perche ammette (stando a Severino) che le cose derivano dal nulla e vi fanno ritorno.
La filosofia antica può essere chiamata nichilista solo nella seconda accezione, ovvero quella di Severino.
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Vecchio 10-02-2008, 20.27.03   #14
johannes
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Ma se la filosofia moderna non imputa la metafisica classica di nichilismo (e quindi non le antepone alcuna limitazione teoretica, continuando a riconoscere la legittimità dei precisi connotati di un Dio creatore che effettivamente è), e quella moderna lo è solo per scelta (scegliendo solo occasionalmente per una filosofia invece che per un'altra) - di quale disillusione dovrebbe essere suscettible "la scienza dei primi principi e del soprasensibile, intesa nella sua accezione teologica, quindi provvidenziale", visto che nessuno le contesta fondatamente - teoreticamente, filosoficamente - alcunché?
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Vecchio 11-02-2008, 01.04.52   #15
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da johannes
Salve. Vorrei dire la mia en passant…

Credo che se si voglia giudicare del contenuto della metafisica classica, occorrerebbe almeno in sede preliminare ammettere che essa abbia detto, e quindi possa tuttora dire, qualcosa di significativo riguardo la questione dell’essere. Le fonti della metafisica classica possono non essere le stesse di quelle della riflessione moderna sull’assoluto, sicché quell’antica riflessione sembrerebbe non ritrovare più le motivazioni e le aspettative che la resero valida un tempo: mentre il pensiero contemporaneo sembra svilupparsi spontaneamente, quello antico è piuttosto ridotto ad una sorta di reperto di un contenuto vitale oramai smarrito e difficilmente rievocabile. Le critiche che vengono rivolte alla metafisica dalla teoresi moderna germinano e si sviluppano in un terreno almeno in parte ad essa estraneo. Con ciò ritengo che giudicare del fatto che la metafisica sia o non sia riducibile a lettera morta, implichi in sede preliminare almeno l’ammissione dell’ipotesi che la filosofia, così come veniva concepita da Platone e da Aristotele, abbia avuto ed abbia anch’essa la capacità, e quindi il diritto, di giudicare criticamente, secondo un proprio autentico metodo e contenuto, tutte quelle formulazioni teoretiche che si cimentino anch’esse nella questione dell’essere, ma con metodi e intenzioni tanto differenti dai suoi (come p.es. fa quella di Severino). La metafisica dovrebbe essere cioè trattata come un sapere autentico e fondato, e come tale non acquiescente a qualsiasi spregiudicata interpretazione.

Giudicare del contenuto della filosofia antica, pretendendo che essa possa ammettere senz’altro giudizi che la riguardano dettati da criteri esegetici essenzialmente estrinseci, finendo col tacciare le metafisica classica di nichilismo, è una patente petitio principi (euristicamente un luogo a non procedere). Difatti la questione del nichilismo – così come deve essere presa – è questione squisitamente moderna e non antica: la metafisica per definizione avvalora un contenuto ontologico non nichilistico e cioè non riconosce affatto come valida una accezione della nullità ontologica come quella che la filosofia contemporanea vorrebbe impugnare contro di essa col concetto di nulla, e che adopera per scopi propri teorizzandola in forma argomentativa nel Nichilismo (un contenuto concettuale implicito in filosofia solo da Cartesio in poi).

Ammettere che la filosofia moderna abbia detto qualcosa di radicalmente migliore, adottando un metodo radicalmente più efficace riguardo un oggetto stabilito essere grossomodo identico per via indiziaria (l’essere), non implica che la metafisica classica possa dirsi nichilista sulla base del metodo che la filosofia moderna adotta secondo propri criteri di utilità.

Johannes.


Non so se questo tuo intervento si possa interpretare come implicita critica all'obiezione di Severino. Non è che Severino ha bisogno, per utilità, di dire che la metafisica classica è nichilista, egli semplicemente vi nota una contraddizione, e fino a quando questa obiezione non verrà contraddetta sugli stessi assunti severiniani (e quindi bisognerebbe leggersi quei testi in cui la critica teoretica di severino affonda in maniera decisiva la concezione classica della metafisica, e non magari estratti casuali del suo pensiero, non intendo comunque polemizzare esplicitamente con te), allora bisognerà che ognuno non si limiti a criticare un pensiero su un assunto che non si è nemmeno compreso completamente, e questo a testimoniare non l'utilità di un
assunto che si presuppone per validare quel pensiero, ma forse guardare il rifiuto di quell'assunto secondo l'utilità del proprio pensiero che si intende sostenere. Ho avuto modo di conoscere qualche obiezione del pensiero di Severino, soprattutto in termini di aporie, ma mai nulla che riesca incisivamente a contraddirlo. Quindi fino a quando (e ammetto tranquillamente che potrà accadere) quel pensiero non si contraddice nella struttura essenziale non affiancherei il termine utile a qualcosa che di per sè è dimostrato in tutti i modi possibili.
Ciao
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Vecchio 11-02-2008, 01.07.59   #16
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da johannes
Ma se la filosofia moderna non imputa la metafisica classica di nichilismo (e quindi non le antepone alcuna limitazione teoretica, continuando a riconoscere la legittimità dei precisi connotati di un Dio creatore che effettivamente è), e quella moderna lo è solo per scelta (scegliendo solo occasionalmente per una filosofia invece che per un'altra) - di quale disillusione dovrebbe essere suscettible "la scienza dei primi principi e del soprasensibile, intesa nella sua accezione teologica, quindi provvidenziale", visto che nessuno le contesta fondatamente - teoreticamente, filosoficamente - alcunché?

Ma cos'è per te nichilismo?
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Vecchio 11-02-2008, 12.48.59   #17
johannes
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Per Severino la contraddizione della metafisica classica è quella stessa che stringe da un capo all’altro tutta la cultura occidentale in blocco: la perdita radicale della verità originaria che consiste nell’Essere uno e immutabile, ovvero che l’Essere è (e basta). Ora, anche a voler distinguere la concezione ontologica del filosofo Severino da un’altra, non sarebbe afferrare per nulla la portata reale del contenuto ontologico stesso, che Severino indica. Si finirebbe infatti col dire che l’Essere (così come lo intende Severino) non è, non può, né dev’essere affatto confuso p. es. con quell’Ipsum Esse subsistens per il quale invece è stato preso, o piuttosto nel quale è stato misitificato – ma con ciò si sarebbe ammessa di nuovo quella negazione dell’essere (o identificazione di essere e nulla) ch’è l’origine, per Severino, dell’alienazione originaria. In questo senso contraddire Severino è impossibile, proprio perché è essenzialmente impossibile che egli possa parlare realmente di qualcosa con qualcuno (difatti non so perché scrive così tanto, quando gli occorrerebbe per coerenza necessariamente tacere in attesa dell’unico argomento probante ch’è d’uopo: l’Eschaton).

Dice Severino: “Il logo esige l’immutabilità dell’essere - esige cioè che l’essere non sia nulla e quindi non esca e non ritorni nel nulla -, e l’apparire, nella sua verità, non attesta che l’essere esca e ritorni nel nulla. L’apparente contraddittorietà del divenire che appare resta tolta non già introducendo l’assurdo di un dio creatore, che identifichi l’essere al nulla (quasi che il non essere dell’essere non fosse più assurdo se non fosse causato da un dio), ma liberandosi di quella definizione del divenire che appare, che è provocata dall’illegittimo intervento della doxa (Ritornare a Parmenide: Poscritto, 1965).

Ora, per quanto tutto questo sia stupendamente detto, e per quanto Severino dovrebbe conoscere per frequentazione diretta i luoghi della elaborazione della teoresi metafisica (e della dogmatica cristiana) – non trovo che l’esistenza di Dio creatore si accompagni con l’idea dell’esistenza del nulla, cioè di una qualche sostanza o di un qualche luogo che possa prendere questo nome, di modo ché qualcosa ne possa uscire e rientrare o ne possa essere composto. Non so, ma, p. es. tutto il discorrere di Platone nel Fedone non credo sottintenda una concezione del “mondo” come quella intesa da Severino (visto che verte sulla eternità dell’anima), così come nel De substantiis separatis non trovo scritto che le sostanze tornano in qualcosa da cui erano uscite o che sono fatte di qualcosa di amorfo (nemmeno della materia prima!). Così – a dimostrazione che nella metafisca classica e scolastica non si trovano le “cose” che Severino dice ci siano – Agostino nel De natura boni dice espressamente: “Così, quando viene detto: <<Senza di lui è stato fatto nulla>>, dal momento che il “nulla” non è affatto un “qualcosa”, parlando in senso vero e proprio, non fa alcuna differenza tanto il dire <<senza di lui è stato fatto nulla>>, quanto <<Senza di lui nulla è stato fatto>>”. Infine tutta la metafisica tomista parla a ragione di una “emergenza metafisica dell’atto sulla potenza” (ma lo diceva grossomodo già Aristotele nella Metafisica).

La contraddizione del pensiero occidentale (fino a Severino, e secondo lui si intende) consisterebbe nel ritenere che l’essere possa anche non-essere (Platone), o che l’essere e il nulla si coappartengano (Hegel) mentre l’Essere è incontrovertibilmente Essere, e non ammette dicotomie o articolazioni di sorta. Per Severino l’essenza nichilistica della metafisica consiste proprio nell’avere questa teorizzato la preminenza di oggetti meta-fisici: l’uomo fugge dall’essere col fare metafisica, cioè con il distinguere, in seno all’essere, un mondo ed una causa eterna di esso. Da capo si finisce sempre e di nuovo con il fare metafisica, semplicemente distinguendo in seno all’essere cose che sono nulla da cose che sono di necessità. Ma un tale modo di pensare nella metafisica classica non ha alcuna legittimità, proprio perché risulta essere per essa un puro sofisma.

Ora, tutto ciò non serve necessariamente a invalidare la teoresi severiniana, quanto a sottolineare che quella contraddizione dalla quale Severino parte, e che egli dice implicita nell’essenza della metafisica classica, è in realtà in questa inesistente e, al contrario, rappresenta la costante fondamentale del suo pensiero che – secondo la vetusta metafisica - sarebbe di natura essenzialmente doxastica (il fondato preso per “Fondamento”). Una contraddizione essenziale illegittima sul piano teoretico (ma utilmente imbastita e spacciata come culturalmente legittimata) è l’elemento originale costitutivo della sua elaborazione filosofica sulla quale poggia ogni sua ulteriore considerazione (occorrerebbe rivederne i precendenti teoretici nell’atto puro del cogito come sostanza immateriale della metafisica cartesiana – che fonda da allora il contenuto nel nichilismo: "la logica della decadenza" secondo Nietzsche - e nell’autoctisi del pensiero come Essere in Giovanni Gentile!).

Johannes
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Vecchio 11-02-2008, 22.10.13   #18
Koli
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da johannes
Dice Severino: “Il logo esige l’immutabilità dell’essere - esige cioè che l’essere non sia nulla e quindi non esca e non ritorni nel nulla -, e l’apparire, nella sua verità, non attesta che l’essere esca e ritorni nel nulla. L’apparente contraddittorietà del divenire che appare resta tolta non già introducendo l’assurdo di un dio creatore, che identifichi l’essere al nulla (quasi che il non essere dell’essere non fosse più assurdo se non fosse causato da un dio), ma liberandosi di quella definizione del divenire che appare, che è provocata dall’illegittimo intervento della doxa (Ritornare a Parmenide: Poscritto, 1965).

Ora, per quanto tutto questo sia stupendamente detto, e per quanto Severino dovrebbe conoscere per frequentazione diretta i luoghi della elaborazione della teoresi metafisica (e della dogmatica cristiana) – non trovo che l’esistenza di Dio creatore si accompagni con l’idea dell’esistenza del nulla, cioè di una qualche sostanza o di un qualche luogo che possa prendere questo nome, di modo ché qualcosa ne possa uscire e rientrare o ne possa essere composto. Non so, ma, p. es. tutto il discorrere di Platone nel Fedone non credo sottintenda una concezione del “mondo” come quella intesa da Severino (visto che verte sulla eternità dell’anima), così come nel De substantiis separatis non trovo scritto che le sostanze tornano in qualcosa da cui erano uscite o che sono fatte di qualcosa di amorfo (nemmeno della materia prima!). Così – a dimostrazione che nella metafisca classica e scolastica non si trovano le “cose” che Severino dice ci siano – Agostino nel De natura boni dice espressamente: “Così, quando viene detto: <<Senza di lui è stato fatto nulla>>, dal momento che il “nulla” non è affatto un “qualcosa”, parlando in senso vero e proprio, non fa alcuna differenza tanto il dire <<senza di lui è stato fatto nulla>>, quanto <<Senza di lui nulla è stato fatto>>”. Infine tutta la metafisica tomista parla a ragione di una “emergenza metafisica dell’atto sulla potenza” (ma lo diceva grossomodo già Aristotele nella Metafisica).

La tua è una critica sensata. Cerco di risponderti per quanto mi è possibile.
Prima di tutto, la credenza in un Dio (cristano ma non solo), implica l'idea dell'esistenza del nihil in quanto Dio crea da esso (dal nihil),
le cose. La creazione per la scolastica implica la derivazione della cose dal nulla per opera di Dio e il loro ritorno al nulla in quanto ninte è eterno se non Dio. (Anche se tutto preesiste nella mente di Dio)
Tu citi Platone ed Aristotele per dire che essi non dicono che le cose sono nihil. Infatti l'anima e le idee platoniche sono eterne. Inoltre Aristotele sosteneva la presenza di un motore immobile eterno.
C'è un problema. Entrambi questi folosofi dividevano l'ente in eterno e caduco. Se le idee platoniche erano eterne, non lo erano i loro corrispettivi materiali. Se l'idea del cane è eterna, questo o quel cane particolare, non sono eterni.
L'idea platonica ha uno stato ontologico superiore perchè eterna. Platone, dice Severino tenta di compiere un parricido (mancato) ai danni di Parmendie. Parmenide infatti, considerava il mondo (le determinazioni), come puro nulla. Platone riporta queste determinazioni nell'essere però le considera similmente come le considerava Parmenide. Le pensa (intendo Platone), come qualcosa che è ma che non è sempre stato è che può non essere. Infatti abbiamo la contraposizione far le cose e le idee.
Lo stesso vale per il Filosofo. Severino riporta un passo del Liber de Interpretatione nel articolo Ritornare in Parmenide. 1964 (che poi verra incluso in Essenza del Nichilismo 1972 Gli Adelphi). Il testo di Aristotele dice: E' necessario che l'essere sia, quando è, e che il non essere non sia quando non è; tuttavia non è necessario che tutto l'essere sia né che tutto il non essere non sia; non è infatti la stessa cosa che tutto ciò che è sia necessariamente, quando è, e l'essere senz'altro di necessità.
Come vedi, l'essere è sì necessario che sia ma fino a quando non gli capita di non essere, ovvero di cadere nel nulla. Inoltre Aritotele ( ma anche tutti quelli dopo di lui), qui divide l'essere in l'essere senz'altro di necessità (quindi eterno), e l'essere necessario fino a quando è (quindi corrutibile e soggetto al nulla)



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Originalmente inviato da johanne
La contraddizione del pensiero occidentale (fino a Severino, e secondo lui si intende) consisterebbe nel ritenere che l’essere possa anche non-essere (Platone), o che l’essere e il nulla si coappartengano (Hegel) mentre l’Essere è incontrovertibilmente Essere, e non ammette dicotomie o articolazioni di sorta.
.

A dire il vero, Severino divide nell'essere l'apparire trascendentale e empirico, entrambi però fanno apparire enti eterni. Quindi, se per il resto della metafisica le cose si dividono in eterne (sostanzialmente Dio e le Sue idee archetipe), e non eterne (la natura), per Severino, e qui sta la sua originalità credo, tutto, proprio tutto, è eterno.


Rispondo ora al tuo secondo messaggio.
La filosofia moderna (si dovrebbe parlare però di filosofia contemporanea in quanto la moderna è ancora legata ad una concezione teologica), non è che non muove nessuna critica alla filosofia antica e medioevale o alle loro metafisiche. Al contrario, vede in Dio e in ogni epistéme un ostacolo a quello che ritiene una verità innegabile. La verità innegabile per loro è che le cose provengono dal nulla e vi fanno ritorno. La figura di Dio rappresenta un ostacolo, perchè cerca di prevedere o di razionalizzare la nientità della cose. La nientità delle cose però, per la filosofia contemporanea non è prevedibile. Da qui, il rifiuto di ogni epistéme.


(Spero a breve, di introdurre in questa discussione, una critica a Severino, da parte di una mia prof. di filosofia.)
Koli is offline  
Vecchio 11-02-2008, 22.12.49   #19
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da johannes
Per Severino la contraddizione della metafisica classica è quella stessa che stringe da un capo all’altro tutta la cultura occidentale in blocco: la perdita radicale della verità originaria che consiste nell’Essere uno e immutabile, ovvero che l’Essere è (e basta). Ora, anche a voler distinguere la concezione ontologica del filosofo Severino da un’altra, non sarebbe afferrare per nulla la portata reale del contenuto ontologico stesso, che Severino indica. Si finirebbe infatti col dire che l’Essere (così come lo intende Severino) non è, non può, né dev’essere affatto confuso p. es. con quell’Ipsum Esse subsistens per il quale invece è stato preso, o piuttosto nel quale è stato misitificato – ma con ciò si sarebbe ammessa di nuovo quella negazione dell’essere (o identificazione di essere e nulla) ch’è l’origine, per Severino, dell’alienazione originaria. In questo senso contraddire Severino è impossibile, proprio perché è essenzialmente impossibile che egli possa parlare realmente di qualcosa con qualcuno (difatti non so perché scrive così tanto, quando gli occorrerebbe per coerenza necessariamente tacere in attesa dell’unico argomento probante ch’è d’uopo: l’Eschaton).

Dice Severino: “Il logo esige l’immutabilità dell’essere - esige cioè che l’essere non sia nulla e quindi non esca e non ritorni nel nulla -, e l’apparire, nella sua verità, non attesta che l’essere esca e ritorni nel nulla. L’apparente contraddittorietà del divenire che appare resta tolta non già introducendo l’assurdo di un dio creatore, che identifichi l’essere al nulla (quasi che il non essere dell’essere non fosse più assurdo se non fosse causato da un dio), ma liberandosi di quella definizione del divenire che appare, che è provocata dall’illegittimo intervento della doxa (Ritornare a Parmenide: Poscritto, 1965).

Ora, per quanto tutto questo sia stupendamente detto, e per quanto Severino dovrebbe conoscere per frequentazione diretta i luoghi della elaborazione della teoresi metafisica (e della dogmatica cristiana) – non trovo che l’esistenza di Dio creatore si accompagni con l’idea dell’esistenza del nulla, cioè di una qualche sostanza o di un qualche luogo che possa prendere questo nome, di modo ché qualcosa ne possa uscire e rientrare o ne possa essere composto. Non so, ma, p. es. tutto il discorrere di Platone nel Fedone non credo sottintenda una concezione del “mondo” come quella intesa da Severino (visto che verte sulla eternità dell’anima), così come nel De substantiis separatis non trovo scritto che le sostanze tornano in qualcosa da cui erano uscite o che sono fatte di qualcosa di amorfo (nemmeno della materia prima!). Così – a dimostrazione che nella metafisca classica e scolastica non si trovano le “cose” che Severino dice ci siano – Agostino nel De natura boni dice espressamente: “Così, quando viene detto: <<Senza di lui è stato fatto nulla>>, dal momento che il “nulla” non è affatto un “qualcosa”, parlando in senso vero e proprio, non fa alcuna differenza tanto il dire <<senza di lui è stato fatto nulla>>, quanto <<Senza di lui nulla è stato fatto>>”. Infine tutta la metafisica tomista parla a ragione di una “emergenza metafisica dell’atto sulla potenza” (ma lo diceva grossomodo già Aristotele nella Metafisica).

La contraddizione del pensiero occidentale (fino a Severino, e secondo lui si intende) consisterebbe nel ritenere che l’essere possa anche non-essere (Platone), o che l’essere e il nulla si coappartengano (Hegel) mentre l’Essere è incontrovertibilmente Essere, e non ammette dicotomie o articolazioni di sorta. Per Severino l’essenza nichilistica della metafisica consiste proprio nell’avere questa teorizzato la preminenza di oggetti meta-fisici: l’uomo fugge dall’essere col fare metafisica, cioè con il distinguere, in seno all’essere, un mondo ed una causa eterna di esso. Da capo si finisce sempre e di nuovo con il fare metafisica, semplicemente distinguendo in seno all’essere cose che sono nulla da cose che sono di necessità. Ma un tale modo di pensare nella metafisica classica non ha alcuna legittimità, proprio perché risulta essere per essa un puro sofisma.

Ora, tutto ciò non serve necessariamente a invalidare la teoresi severiniana, quanto a sottolineare che quella contraddizione dalla quale Severino parte, e che egli dice implicita nell’essenza della metafisica classica, è in realtà in questa inesistente e, al contrario, rappresenta la costante fondamentale del suo pensiero che – secondo la vetusta metafisica - sarebbe di natura essenzialmente doxastica (il fondato preso per “Fondamento”). Una contraddizione essenziale illegittima sul piano teoretico (ma utilmente imbastita e spacciata come culturalmente legittimata) è l’elemento originale costitutivo della sua elaborazione filosofica sulla quale poggia ogni sua ulteriore considerazione (occorrerebbe rivederne i precendenti teoretici nell’atto puro del cogito come sostanza immateriale della metafisica cartesiana – che fonda da allora il contenuto nel nichilismo: "la logica della decadenza" secondo Nietzsche - e nell’autoctisi del pensiero come Essere in Giovanni Gentile!).

Johannes


Sulla prima parte sono d'accordo quando affermi che per coerenza Severino non dovrebbe nemmeno parlare. E in effetti egli ricorda sempre come anche lui sia un essente che risente del pensiero isolante, non si pone come Dio.
Quando si pone un Dio che crea, il Dio crea gli enti (quindi anche gli uomini) dal nulla, altrimenti se non creasse, se non generasse, saremmo tutti eterni come Dio e nessuno migliore o peggiore dell'altro. Il creare presuppone qualcosa che prima non era poi è. Identifica i contrari. E' vero che Platone e Aristotele si erano già poste il problema e infatti non volevano uscire dal principio parmenideo, però entrambi finiscono per temporalizzare l'essere: quando l'albero è allora è vero che l'essere albero non è il non-esser albero, quando l'albero non è (alla Severino, "scompare" allora dell'esser albero e nulla). Ma questo principio vale quando pare a Platone o Aristotele o vale sempre?
Il nulla per severino è il nulla assoluto, non il nulla come positivo significare del nulla: anche l'errore è un positivo, anche se il suo contenuto è nullo nel senso che è qualcosa la cui negazione non è autonegazione, giacchè afferma che un positivo può essere un nulla assoluto, mentre invece, secondo l'elenchos "la negazione della determinatezza è essa stessa determinatezza, quindi nega sè stessa e riafferma il negato". Il nulla non è un qualcosa di sbagliato, ma il nulla in senso di annientamento totale, e nessuno può dire di aver visto qualcosa annullarsi in assoluto. Per Severino niente è nulla in quel senso, ma tutto è un positivo quindi l'unica distinzione che può fare è tra positivi e dunque non deve presupporre quel nulla in senso sartriano o heideggeriano che provoca angoscia esistenziale perchè visto come completo annientamento.
Quindi non è affatto corretto dire che Severino deve distinguere il nulla dal necessario, perchè anche la metafisica che pensa il nulla, pur essendo un errore, è un positivo, e lo stesso errore è necessario per il concretizzarsi della verità.
Hai pensato troppo nichilisticamente Severino, secondo me.
Dasein is offline  
Vecchio 12-02-2008, 12.32.58   #20
sileno
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Citazione:
Originalmente inviato da Koli

Il principio di non contraddizione (scommetto che non ne puoi più), e il procedimento elenctico (idem), non sono la cura a tutti i nostri dubbi. Mi sembra pleonastico dirlo. La logica comunque, ha un valore non smentibile nemmeno da Dio.



la logica non è smentibile dall'uomo, è questa la realtà.....data la limitatezza dei nostri processi cognitivi, data la determinatezza del nostro esistere, siamo costretti a pensare qualsiasi cosa nell'orizzonte dei nostri limiti conoscitivi....se io pongo come uno tra i più importanti principi della correttezza dei miei ragionamenti il fatto che non si può pensare una cosa come esistente e non esistente allo stesso tempo allora si mostra con tutta chiarezza che noi siamo costituzionalmente portati a pensare le cose solo nell'orizzonte della temporalità....il principio di non-contraddizione ha come presupposto fodamentale che esista un tempo che sia una linea dotata di segmenti primi ( nel senso di non ulteriormente divisibili ) e adimensionali all'interno dei quali le determinazioni delle cose non possono essere contemporaneamente esse stesse e il loro contrario...e per quanto riguarda la nostra povertà conoscitiva questo basta e avanza e non è possibile ragionare altrimenti...la realtà dimostra che l'istante non esiste, questo segmento adimensionale ( di per sè un ossimoro che cozza proprio guardacaso con il principio di contraddizione stesso ) non è concepibile...al di là del continuo flusso che veicola i nostri processi conoscitivi non è concepibile nulla che non sia vuota astrazione...dire che l'Essere è eterno significa che se realmente è eternamente ( ponendosi al di là di qualsiasi determinazione temporale ) allora ci è irrimediabilmente impossibile coglierlo....interrogando il da-sein è assolutamente impossibile giungere a una qualche determinazione essenziale sul senso dell'Essere, mi sento molto più vicino al primo Heidegger in questo....

poi scusa koli ma non capisco il senso di questa tua affermazione, proprio alla luce del gran valore che attribuisci alla logica:

"Come vedi, l'essere è sì necessario che sia ma fino a quando non gli capita di non essere, ovvero di cadere nel nulla."

stai forse smentendo effettivamente il valore oggettivo della logica, nel senso che nella dimensione dell'Essere non c'è più logica che tenga? o mi confondi l'essere accidentale con l'essere necessario, cioè neghi alla logica persino quella povera valenza soggettiva e umana che nonostante tutto anch'io mi sforzo di mantenere?
sileno is offline  

 



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