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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 17-03-2008, 22.06.30   #21
Il_Dubbio
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Riferimento: Una parola sfortunata: "progresso"

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Originalmente inviato da emmeci
Mi pare d’aver già detto – Il Dubbio - che un vero progresso per la specie uomo si è instaurato non – come per lo più il filosofo può pensare - quando essa ha superato le capacità mentali dello scimpanzè, ma quando ha intuito l’esigenza di una morale, cioè ha cominciato a volere qualcosa di diverso da quello che è e si è posta di fronte alla possibilità di un’azione che non obbedisse ciecamente ai canoni della natura. E’ questo, infatti, che è difficile far rientrare nel genoma umano e quindi nell’evoluzione naturale. Però si è poi delineata e tormentosamente vissuta la difficoltà di trovare una formula in cui racchiudere la morale, il compito sublime od assurdo di dare una regola a un mondo pervaso di odi e passioni e abitato da popoli spinti da papi e da re a sterminarsi e a sterminare gli dei degli altri: una legge che si voleva scritta su lastre di pietra, valida per l’eternità.

...e come concili questa innaturalità dell'uomo con la "verità assoluta" in cui tu credi? E' anch'essa innaturale? La verità quindi non è la natura, ciò che osserviamo, ma è ciò che dall'uomo prende forma?
O esiste una morale cosmica a cui dobbiamo fare riferimento?

ciao
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Vecchio 18-03-2008, 08.34.50   #22
emmeci
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Riferimento: Una parola sfortunata: "progresso"

Mi pare d’aver già detto che un vero progresso per la specie-uomo si è instaurato non – come per lo più il filosofo può pensare - quando essa ha superato le capacità mentali dello scimpanzè, ma quando ha intuito l’esigenza di una morale, cioè ha cominciato a volere qualcosa di diverso da quello che è, osando porsi di fronte alla possibilità di un’azione che non obbedisse ai canoni della natura. E’ questo, infatti, che è difficile far rientrare nel genoma umano e quindi nell’evoluzione naturale. Naturalmente si è poi delineata e tormentosamente vissuta la difficoltà di trovare una formula in cui racchiudere la morale, il compito (sublime od assurdo?) di dare una regola a un mondo pervaso di odi e passioni e abitato da popoli spinti da papi e da re a sterminarsi: una legge che si voleva scritta su lastre di pietra, valida per l’eternità quasi fosse stata dettata da Dio stesso.
E dopo migliaia d’anni ci troviamo ancora privi di questa legge, abbrancati a usi, costumi o a quella caricatura di moralità che sono i diritti. La legge morale kantiana? Forse qualcosa che dovrebbe andare oltre l’imperativo kantiano, che non solo non riconosce l’esistenza di altri popoli e altri ideali, ma rimane imprigionato nel cerchio dell’individuo, invitato a cercare in sé qualcosa che possa valere per tutti – anche coloro che non conosciamo e neppure sappiamo che esistono. No, la logica dovrebbe essere rovesciata, cioè dovrebbe ammettere la presenza di altri, vivere in qualche modo i loro tormenti e le loro esigenze, stimolare l’individuo europeo ad allargare la sua coscienza oltrepassando i limiti illuministici dell’io penso e quelli amministrativi dei così detti diritti umani, stabiliti dall’ONU nel 1948 dell’era cristiana.
La direzione dunque non può che essere questa, di un’apertura quanto più larga agli altri prima di delineare qualsiasi azione per noi, ed è una direzione, se ci pensi bene, che potrebbe essere estesa all’universo anche se le nostre possibilità di propagandarla a un tale livello – nonostante i nostri potenti mezzi di diffusione – sono, almeno per ora, nulli. Perché non sembra, se stimoliamo al massimo la nostra immaginazione, che l’universo, così com’è, sia un universo immorale? Un universo dove le galassie uccidono le galassie e le stelle le stelle, dove la vita si nutre della vita di altri (stavo per aggiungere: dove un Dio ha ucciso gli dei – ma qui mi trattengo perché il nome Dio è un abuso quando lo riferiamo al Dio della bibbia e non a quell’essere sopra ogni essere che rinuncia perfino ad esistere pur di far esistere gli altri).
(Lo so, Il Dubbio, che io vado a finire sempre nell’eresia. Ma eresia, secondo il suo etimo, significa solo ricerca e mi pare che, almeno da un po’ di tempo, non sia più di moda la cieca obbedienza e si consenta di cercare non una verità relativa ma, come dice la chiesa e come tento di fare io, proprio una verità assoluta).
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Vecchio 18-03-2008, 09.26.15   #23
Il_Dubbio
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Mi pare d’aver già detto che un vero progresso per la specie-uomo si è instaurato non – come per lo più il filosofo può pensare - quando essa ha superato le capacità mentali dello scimpanzè, ma quando ha intuito l’esigenza di una morale, cioè ha cominciato a volere qualcosa di diverso da quello che è, osando porsi di fronte alla possibilità di un’azione che non obbedisse ai canoni della natura. E’ questo, infatti, che è difficile far rientrare nel genoma umano e quindi nell’evoluzione naturale. Naturalmente si è poi delineata e tormentosamente vissuta la difficoltà di trovare una formula in cui racchiudere la morale, il compito (sublime od assurdo?) di dare una regola a un mondo pervaso di odi e passioni e abitato da popoli spinti da papi e da re a sterminarsi: una legge che si voleva scritta su lastre di pietra, valida per l’eternità quasi fosse stata dettata da Dio stesso.
E dopo migliaia d’anni ci troviamo ancora privi di questa legge, abbrancati a usi, costumi o a quella caricatura di moralità che sono i diritti. La legge morale kantiana? Forse qualcosa che dovrebbe andare oltre l’imperativo kantiano, che non solo non riconosce l’esistenza di altri popoli e altri ideali, ma rimane imprigionato nel cerchio dell’individuo, invitato a cercare in sé qualcosa che possa valere per tutti – anche coloro che non conosciamo e neppure sappiamo che esistono. No, la logica dovrebbe essere rovesciata, cioè dovrebbe ammettere la presenza di altri, vivere in qualche modo i loro tormenti e le loro esigenze, stimolare l’individuo europeo ad allargare la sua coscienza oltrepassando i limiti illuministici dell’io penso e quelli amministrativi dei così detti diritti umani, stabiliti dall’ONU nel 1948 dell’era cristiana.
La direzione dunque non può che essere questa, di un’apertura quanto più larga agli altri prima di delineare qualsiasi azione per noi, ed è una direzione, se ci pensi bene, che potrebbe essere estesa all’universo anche se le nostre possibilità di propagandarla a un tale livello – nonostante i nostri potenti mezzi di diffusione – sono, almeno per ora, nulli. Perché non sembra, se stimoliamo al massimo la nostra immaginazione, che l’universo, così com’è, sia un universo immorale? Un universo dove le galassie uccidono le galassie e le stelle le stelle, dove la vita si nutre della vita di altri (stavo per aggiungere: dove un Dio ha ucciso gli dei – ma qui mi trattengo perché il nome Dio è un abuso quando lo riferiamo al Dio della bibbia e non a quell’essere sopra ogni essere che rinuncia perfino ad esistere pur di far esistere gli altri).
(Lo so, Il Dubbio, che io vado a finire sempre nell’eresia. Ma eresia, secondo il suo etimo, significa solo ricerca e mi pare che, almeno da un po’ di tempo, non sia più di moda la cieca obbedienza e si consenta di cercare non una verità relativa ma, come dice la chiesa e come tento di fare io, proprio una verità assoluta).


Emmeci non capisco, se l'uomo si è trovato a dover affrontare il problema della morale, problema che, a quanto dici, si pone fuori dei canoni naturali (non c'è morale in nessun luogo, sembra nascere solo nell'uomo), perchè dovrebbe esserci una morale "assoluta" quando invece la morale sembra essere un "edificio in costruzione"?
Il progresso naturale è molto piu presente, si prevede la morte e l'uccisione dei piu deboli, il progresso morale è diametralmente opposto ed è presente solo nell'uomo. Insomma l'uomo va nel verso contrario all'universo, e quindi non capisco perché dovrebbe esserci una morale assoluta da ricercare e non una da costruire ex-novo.

ciao
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 18-03-2008, 15.49.13   #24
emmeci
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Riferimento: Una parola sfortunata: "progresso"

Cari amici, domande e risposte si sono un po’ accavallate (io tra l’altro ho ripetuto due volte lo stesso messaggio) così che mi pare necessario fare un po’ di chiarezza. Mi sembra che Il Dubbio, fedele al suo concetto di materialismo (che “è la risposta a tutto”, mi pare abbia affermato) ritiene che il progresso possa essere rappresentato solo da un avvicinamento deciso a questa concezione basilare della realtà. Noor forse non vorrebbe essere definito un materialista, anche se giudica che il cosmo obbedisce a leggi sufficienti a mantenerlo in un ordine rispettabile che non può e non deve essere criticato, come invece fa emmeci, sia pure, evidentemente, a titolo di paradosso o metafora perché qualunque cosa si dica su ciò che per lui ha un valore assoluto, non può incidere che come una ridicola scalfittura sulla struttura dell’universo, e rimane eventualmente nei limiti di un’utopia o una speranza.
Rispondo pertanto all’obiezione di Noor, che vuol salvare l’esistenza del cosmo nei confronti delle esigenze morali dell’uomo: hai mai visto, Noor, qualcuno – magari una persona cara – morire di cancro? Hai forse chiesto pietà rivolgendoti alle forze del mondo o a colui che dovrebbe guidarle e gli hai chiesto un po’ di pietà? O è questa la natura che preferisci, quella che obbedisce alle sue leggi cieche e crudeli, quelle stesse cui inneggiava Edmund, carnefice del fratello e del padre, nel Re Lear di Shakespeare con le famose parole: “Thou, nature, art my goddess”? Una madre universale o, per dirla con spiriti sensibili alla tragedia - matrigna? Certo, si può ammirare, perfino adorare il cosmo, ma solo se ci poniamo su quel magico colle di Recanati e, forse assonnati, allarghiamo lo sguardo oltre l’estremo orizzonte, là dove possiamo immaginare qualunque cosa, perfino un Dio dolce e pietoso….
Il Dubbio, non dico affatto che l’uomo non sia un essere naturale, anzi lo è, purtroppo, e deve balzare in qualche modo fuori dalla natura per avvicinarsi a ciò che egli può credere sia l’assoluto, ossia verità e bene assoluto – che va al di là non solo della natura ma di un Dio che sia soltanto quello delle religioni, dotato di attributi che lo rendono soltanto un uomo più potente e qualche volta più saggio, ma forse non più misericordioso.
E, sia detto per chi si senta urtato da queste critiche estese alla natura e a Dio, emmeci è ben lontano dal ritenere che basti una scrollata di spalle per rimettere a posto le cose, ma che soltanto se si ha di mira questi supremi obiettivi si abbia anche il diritto di pazientare e credere che ci vogliano lunghi anni di sforzi e di sofferenza per compiere il più piccolo passo verso di essi, rinunciando a quella foga che può apparire eroica a un rivoluzionario ma che sarebbe, come sempre, causa di reazioni e tragedie ….Perché emmeci vive nella storia, che non è una via lattea ed è qualcosa di più della cieca natura, qualcosa che ancora non trova la sua meta anche se la ricerca da milioni di anni..
Come vedi, Il Dubbio, hai ragione da vendere quando dici che la morale è “un edificio in costruzione”, ed è precisamente quello che emmeci pensa, perché – e si permette di dirlo ancora una volta – se egli crede nell’assoluto crede anche che a noi non è dato afferrarlo, e solo è consentito cercarlo. Che se poi questo obiettivo morale è solo presente nell’uomo anzi è una sua invenzione che va contro le leggi della natura, ebbene tanto peggio per esse: ci sarà sempre qualcuno nell’universo (o almeno lo spera) che sarà capace di dire “non serviam!”.
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Vecchio 18-03-2008, 16.34.21   #25
Noor
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hai mai visto, Noor, qualcuno – magari una persona cara – morire di cancro? Hai forse chiesto pietà rivolgendoti alle forze del mondo o a colui che dovrebbe guidarle e gli hai chiesto un po’ di pietà? O è questa la natura che preferisci, quella che obbedisce alle sue leggi cieche e crudeli.
Nella dimensione orizzontale la vita è dolore,è innegabile..
Il grande Salto è capire che non siamo solo quel dolore con cui ci siamo identificati,aggrappati..
perchè è l'unica cosa che conosciamo..e che ci fa sentire un'identità..
Il grande Salto è capire che il dolore non lo si combatte ,nè ci si convive..ma è.
Il grande Salto è cedere le armi all'Esistenza..
Ed è qui che l'Energia si trasforma ,diventa compassione che tutto accoglie..
E tutto questo senza fare nulla..
Questo è il grande Miracolo della Natura.
Non posso che affrontarlo così questo "argomento"..mi spiace,ma non ho armi filosofiche per farlo..
Ecco che dalla dimensione orizzontale ,siamo passati a quella Verticale:il grande Salto,l'unico vero progresso,l'unica vera rivoluzione.
Senza questa non vedo possibilità di Evoluzione.
Ciao emmeci
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Vecchio 18-03-2008, 17.34.48   #26
Il_Dubbio
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Come vedi, Il Dubbio, hai ragione da vendere quando dici che la morale è “un edificio in costruzione”, ed è precisamente quello che emmeci pensa, perché – e si permette di dirlo ancora una volta – se egli crede nell’assoluto crede anche che a noi non è dato afferrarlo, e solo è consentito cercarlo. Che se poi questo obiettivo morale è solo presente nell’uomo anzi è una sua invenzione che va contro le leggi della natura, ebbene tanto peggio per esse: ci sarà sempre qualcuno nell’universo (o almeno lo spera) che sarà capace di dire “non serviam!”.

Emmeci il problema credo sia un altro.
Prima però chiarisco la mia posizione a riguardo, io non credo nel materialismo, anzi credo sia l'aspetto meno importante dell'universo. Però da qualche parte dobbiamo pur iniziare, ed è quanto meno evidente a tutti che la materia è ciò di cui facciamo esperienza, e nel studiare le sue leggi ci mettiamo in supremazia rispetto agli altri esseri viventi che non conoscono come viaggiare (per esempio) senza usare i loro arti,che non sanno come comunicare a distanza (telefoni, internet ecc.), non sanno come passare il tempo in alternativa alle loro faccende private (proprie della loro specie) ecc.. Esseri viventi quindi che hanno conosciuto una evoluzione limitata. Rispetto a questi noi siamo progrediti un miliardo di volte elevato alla potenza, attraverso la conoscenza approfondita (con l'aiuto della scienza) degli aspetti esteriori, materiali, empirici, intersoggettivi, direi quasi oggettivi (anche se siamo anche consapevoli che la verità assoluta non riusciremo ad ottenerla, poiché nonostante tutti i nostri progressi siamo sempre esseri limitati, con dei difetti, con delle lacune ecc. ecc.).
Il progresso quindi altro non è che la conoscenza fisica dell'universo in cui siamo immersi applicata alle nostre aspettative di vita.

Questo è il progresso, l'evoluzione di una specie verso la conoscenza dell'universo. E la morale?

Il punto quindi è questo: mentre la conoscenza ha un limite intrinseco dato dalla nostra incapacità di conoscere totalmente il mondo, ma che in se nasconde sicuramente una verità assoluta (comunque da ricercare), viceversa la morale sembra essere solo un aspetto poco importante, creato dalla specie uomo, per regolarizzare al meglio i rapporti interni.
L'obbligo di non uccidere non è una legge della natura (per esempio), non leggerai da nessuna parte che essa sia una legge naturale, anzi è naturale che si uccida se casualmente, o evoluzionisticamente, ci si trovasse ad affrontare un avvenimento che lo preveda.
Non esiste una morale laica, tanto per intenderci, poichè non c'è nessuna logica, che non sia quella del mantenimento di uno stato di privilegio, che preveda che non uccidere sia anti morale. Non morale rispetto a cosa? Io non posso andare più veloce della luce perchè rispetto alla relatività di Einstein, mi metterei in competizione con una "legge della natura". Quella è una legge della natura, non uccidere è invece una legge "umana", non naturale, presa imprestito dal mondo laico solo perchè fa comodo ma che in se, (pensiamo alla leggittima difesa) non ha nessun fondamento naturale.

Questo se ci fermiamo all'aspetto materialistico dell'universo.
Potremmo chiederci allora: l'uomo si è trovato per caso a domandarsi se esiste una legge morale "naturale" (che in realtà non potrebbe esistere perchè non ne facciamo esperienza), o il fatto che se lo chieda è il motivo per cui deve esistere una legge morale assoluta?

Questo è il fondamento, secondo me, di tutta la nostra millenaria discussione sul nostro "esistere" nel mondo.

La morale, della favola, è solo una, o noi "crediamo" che l'uomo non si sia trovato "casualmente" a cercare una morale assoluta naturale, e che quindi l'universo intero non aspettava altro che comparisse l'uomo (anzi si è evoluto proprio per quel motivo ed in vista del uomo e delle sue puculiarità morali) perchè progredisse (e/o ritornasse) verso la morale assoluta, proprio come sembra progredire verso la conoscenza fisica assoluta; oppure crediamo che il caso ha dotato l'uomo di consapevolezza, che l'universo intero non sia responsabile di tutto ciò, e quindi le nostre domande, perchè esistiamo e quale progresso posso aspettarmi per finalizzarlo, hanno solo una risposta: vivi e fregatene.

Certo è strano che fino ad oggi la conoscenza dell'uomo spirituale è una conoscenza fisicamente inappropriata, mentre impazza la conoscenza del mondo fisico. Questa dualità ha fatto (e farà) impazzire sia gli scienziati che i filosofi, poichè è evidente che si usa lo spirito (o mente - pensiero) per conoscere il mondo fisico, rimanendo incerti nella conoscenza dello "strumento" usato (ovvero della mente). Bizzarro!!!

ciao
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Vecchio 21-03-2008, 14.45.51   #27
emmeci
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Tu sai che non credo, Il Dubbio, che ciò che tu ancora chiami lo spirito sia un fantasma abusivo che l’uomo si crea per imbellettare la rude natura, e tanto meno che la moralità sia un’idea infondata ed innaturale, che quindi (mi pare di poter dedurre) i milioni di anni passati a far maturare la specie homo siano serviti solo a fargli perdere il senso della realtà e a complicargli la vita vietandogli per esempio di uccidere: in poche parole di farlo uscire dallo stato lupino…. Ma credo piuttosto che non solo l’uomo ma il divenire dell’universo – cioè l’evoluzione nel suo senso che non è esageratamente sublime ma forse più aderente a ciò che pensa l’uomo qualunque - sia un tendere verso quella che io ho chiamato verità ma che posso ora anche chiamare bene assoluto: insomma un tendere che è negli atomi e nei fotoni così come – venuto il momento – nei neuroni di un cervello e nell’agilità delle mani e che ci ha portato avanti….Solo così mi pare di poter giustificare un’evoluzione che va dal semplice al complesso e dalla cieca forza della natura all’idea di Beatrice….quindi sostituisco un fine assoluto alle leggi dell’adattamento e del caso. E anche se la scienza non vuole più riconoscere fini, mi pare che non si possa altrimenti sostenere un’evoluzione. L’idea di Beatrice era una forma di adattamento di Dante per sopravvivere nei secoli futuri? O era un caso per aver visto una volta una ragazzina di nove anni sporgersi dal balcone?
Questo però non mi impone di considerare la moralità come un dato che nella natura non c’è ed è stato inventato dall’uomo, perché mi pare sia proprio imposto dall’evoluzione se non la consideriamo limitata dalle leggi fissate da Darwin e dalle capacità di un computer, ma la identifichiamo esattamente come evoluzione, cioè come la possibilità di andare oltre, e quindi oltre quelle ere in cui l’animale è esistito senza divieto di uccidere mentre, divenuto homo, ha cominciato - con quanti sforzi - a considerarlo in qualche modo possibile e poi progressivamente estendibile perfino fuori della tribù, cioè agli altri popoli, ai credenti in un altro Dio (un fatto che sostanzialmente non si è ancora verificato). Il fatto è che quell’assoluto che io pongo all’inizio diventa un fine: ecco in che cosa consiste veramente l’evoluzione o meglio il progresso. Dirai che non è un fine della natura ma un fine che si è creato l’uomo….Certo, ha baluginato con difficoltà per milioni di anni e stenta ancora a farsi sentire – ma è proprio così il procedere delle cose: perché – come altre volte ho detto – se è certo che l’assoluto esiste, a noi è dato solo cercarlo, e questo cercare comprende sia l’assoluto epistemologico sia l’assoluto morale. Oggi, per esempio, apprendiamo che gran parte del genere umano non ha acqua abbastanza per dissetarsi: ebbene, dobbiamo credere che ciò era iscritto nelle leggi evolutive della natura ed è opportuno lasciare che queste facciano il loro corso ed eliminino costoro dal libro dei vivi, oppure dobbiamo in qualche modo aiutarli privandoci di qualche bottiglia di minerale? Dirai che comunque non siamo certi che questo sia un dovere assoluto ma semmai solo un compromesso con la nostra riottosa coscienza. Certo, è difficile dopo Nietzsche affermare ancora valori, tuttavia io credo che anche Nietzsche avesse davanti o dentro di sé questo assoluto, se no perché avrebbe creato tanti aforismi spasimanti di verità, e avrebbe continuato a cercare l’assoluto fino a impazzire?
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Vecchio 24-03-2008, 08.42.29   #28
ArtigianoFilosofo
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Riferimento: Una parola sfortunata: "progresso"

Trovo la parola "progresso" non una parola sfortunata ma bensì interpretabile in senso negativo che in senso positivo, naturalmente questo dipende da noi.
Se io uso il progresso per distruggere assume un senso negativo, mentre se io la uso per progredire in senso elevato e alla ricerca dell'assoluto assume un senso positivo.
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Vecchio 24-03-2008, 21.17.55   #29
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Trovo la parola "progresso" non una parola sfortunata ma bensì interpretabile in senso negativo che in senso positivo, naturalmente questo dipende da noi.
Se io uso il progresso per distruggere assume un senso negativo, mentre se io la uso per progredire in senso elevato e alla ricerca dell'assoluto assume un senso positivo.
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Naturalmente la parola progresso da sola non significa niente...come giustamente dice l'artigiano...dobbiamo anche indicarne la direzione!
ciao
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Vecchio 31-03-2008, 09.11.35   #30
emmeci
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Riferimento: Una parola sfortunata: "progresso"

Abbiamo discusso su questa parola (progresso), e mi pare che ci siamo trovati piuttosto scettici sulla sua realtà, visto quale è stata la storia del ventesimo secolo e gli sconvolgenti spettacoli che ci offre la cronaca giornalmente. Una parola passata di moda? Ma neanche su una semplice parola si può stare tranquilli. Sì perché la parola progresso non solo non è passata di moda ma è ora usata con enfasi tale da suscitare infervorati dibattiti almeno negli Stati Uniti, dove imperversa, non solo nei media ma a livello universitario, una polemica che riguarda i mezzi per far progredire il cervello.
“Einstein o Frankenstein? Quale dei due sarà l’uomo del futuro?” L’interrogativo, sollevato da Francis Fukuyama, il celebre autore della “Fine della storia”, riguarda quello che viene chiamato il doping del cervello, cioè l’uso di stimolanti per eccellere mentalmente, che sembra essere divenuto in America un trend irreversibile, tanto da essere trattato perfino dalla rivista scientifica Nature. “Rafforzare il cervello è giusto o sbagliato?”. Fukuyama non contesta la funzione terapeutica dei tranquillanti e degli stimolanti, ma protesta che i primi vengono impiegati troppo spesso per spingere alla passività e i secondi per assicurarsi il successo. Un celebre neurologo parla di cosmesi intellettuale, ed è convinto che l’ambizione personale, gli interessi delle università e delle aziende finiranno per non lasciare alternative: “Noi adoriamo il dio progresso: la nostra società ci vuole i più intelligenti e produttivi possibile, e se per esserlo bisogna prendere dei farmaci, allora prendiamoli. Un ricatto”. Forse, chi sa, è anche una conseguenza dell’uso standardizzato e inarrestabile dei test d’intelligenza… Ma noi, nel nostro piccolo, che dobbiamo dire? Che le prestazioni sì sono importanti, ma che se nel campo della poesia forse qualche caso anche vistoso di drogaggio mentale c’è o c'è stato, forse al filosofo basta lo stimolo dell’idea di un altro filosofo per spingerlo a mostrare le unghie e affrontare la competizione: basta un’idea o, come dice il biologo Bonincelli, una tazza di caffè.
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