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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 05-04-2008, 08.26.36   #31
Noor
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Riferimento: Loquacità vane e conoscenze vere.

Citazione:
Originalmente inviato da Anakreon
esigi molto, forse troppo dalla natura umana, per lo più incline alla loquacità, molto spesso vana.
no,non esigo nulla..sarei pure moralista..
Stavo solo constatando la natura umana...
Certo è che la filosofia è oggi troppo loquace
(e non dirmi che Eraclito ha parlato tanto..anche se non lo sapremo mai con certezza ,visto che ci giungono solo Frammenti,anzi schegge...)
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Vecchio 05-04-2008, 15.38.31   #32
Anakreon
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Dei e pentimenti.

Caro Emme Ci,

dichiari:

"Come vedi, anakreon, anch’io sono capace di prendere le difese di Dio, anche se per farlo sono costretto a trascurare qualche versetto biblico, ma per poter riconoscere, senza ombra di dubbio, che lo scandalo non sta in ciò che Dio ha fatto, ma in ciò che il mondo è divenuto dopo la sua dipartita."


Lasciando le interpretazioni dei libri sacri dei Giudei o d'altre genti, veramente non vedo la necessità d’affermare che un dio, compiuta l'opera creatrice ovvero ordinatrice, se ne sia partito per altri lidi perciò solo, che l’universo non è perfetto, che le cose nascono, si corrompono, muoiono e che sono afflitte da morbi e mali di varia specie.

Se un dio ha creato ovvero ordinato l’universo, l’ha creato ovvero ordinato in questo modo, con queste proprietà fin dal principio.

O vuoi forse affermare che in principio, al tempo della creazione o dell’ordinamento della materia, le cose non nascevano, non si corrompevano, non morivano ?;
che l’uomo fu creato felice, immortale, innocuo e siasi poi, decadendo, corrotto per un peccato immondo ?.

Come già scrissi in un commento superiore, se siamo mortali, dobbiamo nascere, corromperci, morire; se desideriamo, non possiamo essere beati; se soffriamo, non possiamo essere perfetti; se viviamo nel tempo, non possiamo essere eterni; se siamo uomini, non possiamo essere dei.

Dunque, se poniamo un dio creatore ed ordinatore di questo universo tale, qual è, perché poi affermiamo ch’esso siasi corrotto dopo la creazione o l’ordinamento ?.

In somma, o supponiamo che un dio ci abbia creati ovvero ordinati pari a sé stesso, cioè dei, con tutta la beatitudine concessa a chi sia dio, e che abbia, in una, creato un universo perfetto, senza moto, senza mali, senza morbi, senza corruzione, senza morte, ma anche senza vita, e che poi da questo stato beato e perfetto noi e l'universo, per qualche causa arcana siamo decaduti; oppure, se concediamo che un dio ci abbia creati ovvero ordinati uomini e che abbia creato ovvero ordinato l’universo quale vediamo, in moto incessante, afflitto da mali, morbi, corruzione, morte, ma anche ornato di gioventù, beltà e vita; se concediamo questo, perché dovremmo supporre che quel dio si sia dipartito dalla sua opera di creazione ovvero d’ordinamento, quasi se ne fosse pentito ?.

Un dio che si pente ?; di che poi ?:
vogliamo supporre che non abbia saputo quel che faceva ?;
vogliamo supporre che abbia creato ovvero ordinato altro, che avesse voluto ?.

Un dio piuttosto inetto sarebbe stato !:
crea un mortale e stupisce che muoia ?;
crea un uomo e stupisce che desideri ciò che non ha ?;
crea la materia e stupisce che le cose si corrompano ?;
crea il tempo e stupisce che la beltà, la gioventù, i diletti si dissolvano negli anni ?;
crea il movimento e stupisce che muti le cose create ?;
crea altro da sé e stupisce che non sia perfetto come un dio ?.

In somma, come innanzi osservò acutamente Esperto:

“perchè in fin dei conti,per ogni cosa che Lui ha creato ha dovuto scientificamente creare anche il suo diretto contrapposto altrimenti non poteva permettere l'esistenza di entrambi. Vedi:il bene ed il male. Il buono ed il cattivo. il dolce e l'amaro.L'uomo e la donna”.

Quindi, perché senza male, non è bene, se alcuno pone un dio creatore ovvero ordinatore dell’universo qual è, egli non può lamentarsi poi che il dio abbia creati i morbi, la corruzione, la morte, i mali, perché si lamenterebbe ch’egli abbia creata la natura delle cose, quali sono, e di noi stessi, quali siamo.

Altra cosa è che alcuno preferisca supporre un dio chiuso in sé stesso, nella sua perfezione, nella sua intelligenza, motore immoto dell’universo, ma ignaro e lontano dalla materia, dal moto, dalla corruzione, dal desiderio e dai mortali; e, se dovessi porre un dio, io stesso lo porrei tale.

Anakreon.
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Vecchio 05-04-2008, 16.05.23   #33
Anakreon
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Mali e dei.

Caro Visechi,

osservi:

“Se parli di Dio - mi pare che tu indugi non poco nel discorrerne - non puoi fare a meno di confrontarti con il male;”.


Forse perché io penso dio, se pur sia un dio, piuttosto quale causa prima e fine ultimo dell’universo, che quale creatore provvido e benefico delle cose mortali; non vedo tale nesso inestricabile tra dio e male:
che nulla o qualche cosa o molto o tutto sia male nell'universo, mi pare vero e che dio sia e che non sia.

Suppongo che la necessità di porre un principio del bene, cioè dio, sia per coloro che pongono un principio del male, checché sia questo; la necessità sia, cioè, per coloro i quali pensano che il male sia in sé e per sé, non per relazione con altro.

Concludi:

“se poi non ami le lamentazioni, puoi sempre evitare di parlare di Dio... “


Forse si può trattare di dio e di non dio, senza lamentazioni circa i mali del mondo, non perché non si debbano considerare i mali, trattando di dio, ma perché non mi pare necessario, lamentandosene, farne un argomento contro lui.

Anakreon.
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Vecchio 05-04-2008, 23.04.30   #34
visechi
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Del Dio savant e del barocchismo dialettico

Citazione:
Originalmente inviato da Anakreon
Caro Emme Ci,

dichiari:

"Come vedi, anakreon, anch’io sono capace di prendere le difese di Dio, anche se per farlo sono costretto a trascurare qualche versetto biblico, ma per poter riconoscere, senza ombra di dubbio, che lo scandalo non sta in ciò che Dio ha fatto, ma in ciò che il mondo è divenuto dopo la sua dipartita."


Lasciando le interpretazioni dei libri sacri dei Giudei o d'altre genti, veramente non vedo la necessità d’affermare che un dio, compiuta l'opera creatrice ovvero ordinatrice, se ne sia partito per altri lidi perciò solo, che l’universo non è perfetto, che le cose nascono, si corrompono, muoiono e che sono afflitte da morbi e mali di varia specie.

Se un dio ha creato ovvero ordinato l’universo, l’ha creato ovvero ordinato in questo modo, con queste proprietà fin dal principio.

O vuoi forse affermare che in principio, al tempo della creazione o dell’ordinamento della materia, le cose non nascevano, non si corrompevano, non morivano ?;
che l’uomo fu creato felice, immortale, innocuo e siasi poi, decadendo, corrotto per un peccato immondo ?.

Come già scrissi in un commento superiore, se siamo mortali, dobbiamo nascere, corromperci, morire; se desideriamo, non possiamo essere beati; se soffriamo, non possiamo essere perfetti; se viviamo nel tempo, non possiamo essere eterni; se siamo uomini, non possiamo essere dei.

Dunque, se poniamo un dio creatore ed ordinatore di questo universo tale, qual è, perché poi affermiamo ch’esso siasi corrotto dopo la creazione o l’ordinamento ?.

In somma, o supponiamo che un dio ci abbia creati ovvero ordinati pari a sé stesso, cioè dei, con tutta la beatitudine concessa a chi sia dio, e che abbia, in una, creato un universo perfetto, senza moto, senza mali, senza morbi, senza corruzione, senza morte, ma anche senza vita, e che poi da questo stato beato e perfetto noi e l'universo, per qualche causa arcana siamo decaduti; oppure, se concediamo che un dio ci abbia creati ovvero ordinati uomini e che abbia creato ovvero ordinato l’universo quale vediamo, in moto incessante, afflitto da mali, morbi, corruzione, morte, ma anche ornato di gioventù, beltà e vita; se concediamo questo, perché dovremmo supporre che quel dio si sia dipartito dalla sua opera di creazione ovvero d’ordinamento, quasi se ne fosse pentito ?.

Un dio che si pente ?; di che poi ?:
vogliamo supporre che non abbia saputo quel che faceva ?;
vogliamo supporre che abbia creato ovvero ordinato altro, che avesse voluto ?.

Un dio piuttosto inetto sarebbe stato !:
crea un mortale e stupisce che muoia ?;
crea un uomo e stupisce che desideri ciò che non ha ?;
crea la materia e stupisce che le cose si corrompano ?;
crea il tempo e stupisce che la beltà, la gioventù, i diletti si dissolvano negli anni ?;
crea il movimento e stupisce che muti le cose create ?;
crea altro da sé e stupisce che non sia perfetto come un dio ?.

In somma, come innanzi osservò acutamente Esperto:

“perchè in fin dei conti,per ogni cosa che Lui ha creato ha dovuto scientificamente creare anche il suo diretto contrapposto altrimenti non poteva permettere l'esistenza di entrambi. Vedi:il bene ed il male. Il buono ed il cattivo. il dolce e l'amaro.L'uomo e la donna”.

Quindi, perché senza male, non è bene, se alcuno pone un dio creatore ovvero ordinatore dell’universo qual è, egli non può lamentarsi poi che il dio abbia creati i morbi, la corruzione, la morte, i mali, perché si lamenterebbe ch’egli abbia creata la natura delle cose, quali sono, e di noi stessi, quali siamo.

Altra cosa è che alcuno preferisca supporre un dio chiuso in sé stesso, nella sua perfezione, nella sua intelligenza, motore immoto dell’universo, ma ignaro e lontano dalla materia, dal moto, dalla corruzione, dal desiderio e dai mortali; e, se dovessi porre un dio, io stesso lo porrei tale.

Anakreon.


Ammesso che qualcuno qualcosa ebbe a creare, io ritengo in me non poche riserve, parrebbe, infatti, che l’uni_verso confuti quest’ipotesi, colui che creò, se ebbe a creare gli opposti poli affinché coloro che, dal Creatore creati, avessero nozione de rispettivi contrapposti Logos, indi da ciò derivarne conoscenza, ebbe – a mio dir - creato il gran sconquasso per l’unica ragione di dilettare la propria romita essenza, il proprio deserto animo, la propria solinga eternità. Colui che ebbe creato, avrebbe, si presume, creato per se la pantomima della vita che sugge alla morte la sua vita, e, per contrappasso, affinché il moto perpetuo fosse, creato la morte ebbe per suggere alla vita la sua essenza, il tutto sol per osservar qualcosa che differisse da se stesso (immagina la noia divina del deus otiosus); tutto ciò in un circolo vizioso senza requie e fine, se non quella che l’immaginazione e certe scritture oramai sì tanto ricusate dispongono in un tempo escatologico. Colui che ebbe creato, in grazia di sua magnifica onniscienza, sapeva già che, a coloro che son creati, ignorare l’eterna pulsazione dell’ansito divino, in certe situazioni, sarebbe stato assai più gradito, piuttosto che conoscere il verbo dei contrapposti poli. Non sono il male, la dissoluzione, il dolore, il patire che infettano quel che è stato creato da colui che ha creato, bensì il patire insensato, il dolore inutile, il soffrire a-teleologico, la dissoluzione priva di requie, la nascita di color che, seppur privi di colpa alcuna, fin dalla culla recano sul corpo e inciso nell’anima l’infame contrassegno dell’inutile soffrire. Gran bel giocondo creatore dovea esser colui che ebbe creato.

Viceversa, se colui che ebbe creato - sempre Lui, il deus fabricans -, conclusa l’imperfetta sua opra - da Lui voluta tale -, deposta l’argilla, ritratto il suo divino eloquio, riposti gli arnesi che tanta fatica ebbero a procurarGli, ebbe a ritirar la Sua eminentissima et Augusta ineffabile persona in un angolo remoto, e fosseGli resosi inaccesso alle suppliche di quanti Egli, creator del creato, ebbe creato e abbandonato, sarebbe un Creatore da male dire con ogni buonissima ragione d’ogni vituperato male ditore; giacché non nuoce all’amore il dolore, neppure nuoce il patire, men che meno sorella morte, né la corruzione, essendo tutte della vita compagne fedelissime – e color che son creati questo ben sanno da sempre -; nocendo, all'inverso, l’insensatezza del dolore, l’ingiustizia di un patire posto a contrappeso dell’opulenza con ignominia sparsa in altre plaghe, affinché il fatal ago della divina bilancia segni sempre il giusto mezzo della stadera cosmica, nuoce viepiù la maledizione che deforma un corpo piagando l’anima, e ancor maggior danno arreca al disgraziato e a tutti color che son a lui d’intorno, l’aver lui negato la vita stessa, offrendo in contraccambio l’assenza e solo la mancanza, e una forma che duole il cuor mostrar (anche se un dì di tali poveretti si facea bella mostra – da qui l’appellativo ‘mostro’).


Al di là dai barocchismi dialettici, postulare un dio ritrattosi nella sua intangibile ineffabilità poiché indignato a causa della sua imperfetta fatica, significa argomentare circa un dio idiota, un savant… ho troppo rispetto per un dio in cui non credo per ritenerlo idiota fino a questo punto. Anche immaginare un dio ozioso, chiuso nella sua perfezione e intelligenza, motore immoto dell’universo, ignaro e lontano dalla materia, dal moto, dalla corruzione, dal desiderio dei mortali… dalla vita da Lui creata, significa semplicemente postulare un dio inesistente, anche qualora esistesse… ovverosia il dio di emmeci, che a me non convince affatto, poiché pur non essendo l’universo, coinciderebbe con il cosmo e il caos da questo implicati… e tanto l’ordine – il cui etimo è Kosmos -, quanto lo scompiglio del Kaos (che significa ‘bocca aperta’, la cui ambiguità si apre ad un orizzonte a più sensi e significati), implicano un considerevole livello di moto, quindi un dio immoto che si muove… davvero un’antinomia insanabile. Significa anche negare che dio sia amore, sebbene tantissima letteratura spirituale d’ogni latitudine afferma ch’Egli sia essenzialmente amore. E’ pur vero che Dio è paradosso e contraddizione, ma, parafrasando l’aquinate: neppure dio può fare che quel che è non sia, che quel che è accaduto non sia mai stato, neppure se ciò dovesse riguardare la sua renitente e riserbata persona. Ogni nostro ragionare intorno al suo essere si tradurrebbe in un vuoto chiacchiericcio, ma ancor più densa di conseguenze sarebbe l’assenza di un richiamo rivolto all’uomo, che un Libro che pare voi abbiate in uggia elegge come sua più bella creatura. Anche il fine teleologico della vita incontrerebbe la sua negazione più forte, forse incontrovertibile… in somma (come ama scrivere qualcuno), pur di preservare Dio dalla responsabilità d’aver ipostatizzato le sue nefandezze nella Creazione, negate la vita… un po’ l’approdo della filosofia spirituale del lontano Oriente, anche se lì manca un Dio persona.
Ciao
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Vecchio 06-04-2008, 10.23.52   #35
emmeci
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Riferimento: Lo scandalo

Vedi, Anakreon, tra le varie qualità che il padreterno può aver distribuito fra gli uomini, c’è l’ironia, che un grande scrittore come Claudio Magris ha detto una volta che forse è la salvezza dell’essere. Bene, lasciamo questo estremo ricorso per quando dovremo difenderci il dì del giudizio. Ora, tornando al messaggio che hai indirizzato a me: non sono io che ho posto l’ipotesi che Dio abbia creato un mondo perfetto che è poi decaduto, ma lo dice la tradizione biblico-cristiana, spiegando poi che bisogna risalire la china e tornare alle sante origini. E io ho tentato allora – nel mio piccolo e con qualche spruzzo d’ironia (verso la Bibbia, non verso Dio!) di spiegarlo. E ho inteso attribuire questo decadimento al mondo, non a Dio e – sapendo che per la religione Dio è onnipotente, sono ricorso all’ipotesi che egli abbia lasciato il mondo a sbrigarsela da sé, scontando in tal modo la sua colpa di aver ceduto a Lucifero (vedi il racconto di Adamo ed Eva). Lucifero, che d’altra parte, secondo la tua teoria dei contrari, è giusto che esista, anzi in un certo senso era stato voluto da Dio, visto che come c’è il bene ci doveva essere il male.
Sì, Anakreon, attieniti al tuo Dio immobile pensiero di sé – anche se forse non era questo il Dio di quell’anima allegra di Anacreonte da cui mi pare tu abbia preso il nome.
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Vecchio 06-04-2008, 17.37.17   #36
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Caro Emme Ci,

annoti:

"Sì, Anakreon, attieniti al tuo Dio immobile pensiero di sé – anche se forse non era questo il Dio di quell’anima allegra di Anacreonte da cui mi pare tu abbia preso il nome.".

Io veramente inclino a dubitare che i numi siano, benché, tra i molti supposti e proposti dai mortali, quello d'Aristotele m'abbia sempre, più che gli altri allettato.

Per altro, intendo bene che anche un tale dio non si sottragga ad alcuni vizii, primo e più evidente dei quali è questo, che rappresenta la nostra parte stimata più eccellente, cioè la mente, e quindi non ha veramante un'origine molto diversa, che avrebbero quegli dei, i quali secondo Senofane Colofonio i buoi, se venerassero numi, rappresenterebbero simili a sé stessi.

Confesso tuttavia che, se debbo eleggere tra il dio dei sacerdoti, creatore di tutto e fastidiosamente, ma misteriosamente provvido dei mortali, ed un dio intelligente di sé stesso, motore immobile dell'universo; eleggo questo:
se non posso andar solo, al meno permetti ch'io convochi un compagno di mio gusto.

Libero Tu d'accompagnarTi con altri:
si sa che dei gusti non conviene disputare.

Quanto al cigno di Teo, ne ho raccolto, indegnamente, il nome per altro, che per memoria dell'indulgenza ai diletti del simposio:
la causa, se vuoi, puoi leggere nella mia pagina in rete http://www.anakreon.splinder.com.

Preferisco non dichiararla in questa stanza del foro, dedicata ai numi, affinché non corriamo il pericolo che il dio dei Giudei, ausiliato da quello dei Cristiani, irato distrugga tutto con una tempesta di fuoco:

"tante son negli animi celesti l'ire".

Anakreon.
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Vecchio 06-04-2008, 18.00.10   #37
Noor
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Riferimento: Compagni e cigni.

Citazione:
Originalmente inviato da Anakreon
Confesso tuttavia che, se debbo eleggere tra il dio dei sacerdoti, creatore di tutto e fastidiosamente, ma misteriosamente provvido dei mortali, ed un dio intelligente di sé stesso, motore immobile dell'universo; eleggo questo:
se non posso andar solo, al meno permetti ch'io convochi un compagno di mio gusto.
Rido di gusto Anacreonte!
ironia..leggerezza..ecco amici i toni che spesso dimentichiamo,come se a parlar di faccende ultime e divine,bisogna per forza essere tetri,pesanti , e soprattutto prendersi troppo sul serio!
PS Ottime le poesie,ma anche emmeci..
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Vecchio 06-04-2008, 19.40.00   #38
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Possibilità e numi.

Caro Visechi,

osservi:

"Significa anche negare che dio sia amore, sebbene tantissima letteratura spirituale d’ogni latitudine afferma ch’Egli sia essenzialmente amore."

Ma, forse, potrebb'essere pur amore un dio... tuttavia, assumere, quale prova dell'amore divino, l'opinione della moltitudine dei letterati, che trattarono di spirito e di spiriti, mi pare argomento assai audace, se non temerario:
perché non, dunque, l'opinione della moltitudine dei filosofi epicurei ?.

Per altro, non raramente il molto è nemico del bene.

Annoti:

"Ogni nostro ragionare intorno al suo essere si tradurrebbe in un vuoto chiacchiericcio, ma ancor più densa di conseguenze sarebbe l’assenza di un richiamo rivolto all’uomo, che un Libro che pare voi abbiate in uggia elegge come sua più bella creatura".

Suppongo Tu intenda i libri sacri dei Giudei.

Ebbene, che un libro scritto da uomini mortali elegga l'uomo stesso quale bellissima creatura d'un dio, non è causa, per cui stupire, ma neppure argomento, per cui essere persuasi:
per un giudizio equo, non lice che il giudicato sia anche giudice.

Concludi:

"in somma (come ama scrivere qualcuno), pur di preservare Dio dalla responsabilità d’aver ipostatizzato le sue nefandezze nella Creazione, negate la vita…".

Possiamo pur accusarlo il dio e chiamarlo a giudizio per colpa grave o dolo nell'opera della creazione.

Non di meno, anche in questo caso, mancherebbe un giudice che non fosse una delle parti, il quale esaminasse la causa e decidesse la lite.

Per altro, se chiamato in causa, il nume reo potrebbe pur difendersi osservando che, se non vogliamo i mali, rifiutiamo anche l'essere uomini, animati, creati, e che, comunque sia, se non siamo sodisfatti del nostro stato, piuttosto che citarlo in giudizio, possiamo pur troncare alla radice la causa dei nostri mali, "come sa chi per lei vita rifiuta".

In somma, come ama scrivere qualcuno, il nume potrebbe osservare:

o uomini che mi accusate, v'ho concesse molte possibilità, tra cui quella di non doverne eleggere alcuna.

Non potrei dargli torto.

Anakreon.
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Vecchio 07-04-2008, 11.12.53   #39
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Citazione:
Ma, forse, potrebb'essere pur amore un dio... tuttavia, assumere, quale prova dell'amore divino, l'opinione della moltitudine dei letterati, che trattarono di spirito e di spiriti, mi pare argomento assai audace, se non temerario:
perché non, dunque, l'opinione della moltitudine dei filosofi epicurei ?.

Per altro, non raramente il molto è nemico del bene.

Osservazione più che corretta, per giunta attestata parecchie volte dalla storia, anche da quella recente. E’ un’asserzione che, senza remore, faccio mia. Difatti, nonostante il molto creda nella trascendenza divina e il meno la disdegni, io mi colloco nel meno. Non credo in alcun Dio, ancor meno sarei propenso a credere che, qualora esistesse, fosse solo amore. Ne deriva che, sebbene non sia mia abitudine ritenere mero esercizio dialettico quanto preteso dalla ‘moltitudine dei letterati, che trattarono di spirito e di spiriti,’ non sono aduso a farmi condizionare dalla loro esimia opinione, rilevando, invece, nel loro sforzo speculativo, un estremo tentativo – anche ben orchestrato – di preservare la trascendenza dall’abnormità che è sotto gli occhi di tutti, avendo come parametro di riferimento una famosa e oscura sentenza che elegge il Polemos a padre di tutte le cose, e ricordando sempre che, in ogni caso, e per quanti sforzi siamo inclini a produrre alla ricerca del famoso bandolo dell’intricatissima matassa, e per quanto si possa camminare, neppure percorrendo l’intera nostra vita potremmo mai trovare i confini dell’anima, per quanto profondo è il suo Logos, e che il Tao che può essere detto non è l’eterno Tao. Allora sarebbe opportuno tacere? Ma perché tacere? Il male esige la parola, che sia anche un inutile lamento.

Tutto ciò in me è ben presente; mentre, invece, non mi convince, e mai potrà convincermi, che la strada della conoscenza sia affidata alla sensazione. Ancor meno riesco a persuadermi che Dio possa e voglia; ma, poiché il male esiste, allora Dio esiste, ma non s’interessa dell'uomo. Dedurre dall’esistenza del male l’esistenza di Dio, quindi di un Creatore, significa anche concludere che tutto quel che c’è qualcuno deve averlo creato, e se il male esiste – convinzione che senza sforzo alcuno condivido con gli epicurei -, è necessario che questo qualcuno abbia creato anch’esso, diversamente scivoleremmo nello gnosticismo, con la conseguenza di elevare a potenza le innumerevoli aporie che tanto ci arrovellano. Le tracce dell’originaria creazione del male sono, forse, rintracciabili nel primo libro sacro ai Giudei: il male è prima che l’uomo fosse – strana assonanza con la massima attribuita a Gesù, Dio egli stesso, riportata da Giovanni <<prima che Abramo fosse, io sono>>, non trovi? -.




Citazione:
Suppongo Tu intenda i libri sacri dei Giudei.

Non solo dei Giudei, ma anche dei Cristiani

Citazione:
Ebbene, che un libro scritto da uomini mortali elegga l'uomo stesso quale bellissima creatura d'un dio, non è causa, per cui stupire, ma neppure argomento, per cui essere persuasi:
per un giudizio equo, non lice che il giudicato sia anche giudice.

Non dubito si tratti di scritti umani, ma non puoi scordare che la tradizione – sia giudaica che cristiana – li stimano ispirati direttamente da Dio. Quegli scritti, ti piaccia o meno, secondo la dottrina giudaica e cristiana, contengono la rivelazione di sé che Dio volle fare all’uomo, alla sua creatura più sublime – almeno in questi termini s’esprimono tanto i giudei che Gesù, anche se questa qualificazione è spesso contraddetta in altri libri sacri ai giudei e ai cristiani -. Anche l’avvento di Gesù, che sempre la tradizione, questa volta solo cristiana, vuole che sia l’incarnazione dell’unico Dio, testimonia circa la particolarissima attenzione rivolta da Dio all’uomo. Negare la partecipazione di Dio alle faccende umane significa disconoscere l’intera esperienza terrena di Gesù – almeno per come c’è stata tramandata dall’ermeneutica cristiana, ma non solo da quella -. Negato il Deus fabricans, ricusato Gesù – nelle sue vesti di Dio incarnato o anche solo di daimon, o di semplice messaggero di Dio -, negata la partecipazione divina alle umane faccende, che cosa resta infine, se non un anodino concetto di trascendenza che nulla dice e poco racconta in ordine all’innegabile vocazione umana verso quel qualcosa che è percepito oltre la finitudine? A che cosa si riducono le vostre accorate perorazioni di preservare Dio dall’agone mondano, se non ad una sterile trascendenza coincidente con la Natura – sterile solo perché affatto svuotata di ogni connotazione divina -. Ma tutto ciò non è già abbondantemente implicato nella tradizione classica? Perché, allora, annettere senso e ‘veritare’ solo una parte di questa suadente memoria e ricusare, invece, il respiro del tragico che sempre da essa proviene?



Citazione:
Possiamo pur accusarlo il dio e chiamarlo a giudizio per colpa grave o dolo nell'opera della creazione.

Non di meno, anche in questo caso, mancherebbe un giudice che non fosse una delle parti, il quale esaminasse la causa e decidesse la lite.

Per altro, se chiamato in causa, il nume reo potrebbe pur difendersi osservando che, se non vogliamo i mali, rifiutiamo anche l'essere uomini, animati, creati, e che, comunque sia, se non siamo sodisfatti del nostro stato, piuttosto che citarlo in giudizio, possiamo pur troncare alla radice la causa dei nostri mali, "come sa chi per lei vita rifiuta".

In somma, come ama scrivere qualcuno, il nume potrebbe osservare:

o uomini che mi accusate, v'ho concesse molte possibilità, tra cui quella di non doverne eleggere alcuna.

Non potrei dargli torto.

E’ fuori dubbio che un processo teologico sarebbe viziato fin dalla sua costituzione, mancando, infatti, la presenza di un giudice super partes, ma sortirebbe almeno un risultato: affrancherebbe l’umanità dal giogo di Dio. D’altra parte, il Nume non avrebbe estro di opporre all’accusa la propria libera e superna volontà creatrice senza aver con ciò garantito l’emancipazione dell’uomo dal male gratuito, senza avergli anche assicurato la liberazione dal male radicale – quello insinuato ab origine nel suo animo imperfetto, da lui così voluto e creato -, poiché dicono sia sempre il nume che invoca e chiama, che ispira e suscita, che inclina e volge, che grazia e salva... di che potrebbe accusarci se lui così inclini al male ci volle? Parafrasando l’atreo, non io, ma un Dio lo volle!

In ultimo, un Dio che perorasse la propria causa di fronte al tribunale dell’inquisizione istituito dall’umanità con il suggerimento di rinnegare la vita, sarebbe senza dubbio un Dio empio, nefando e bestemmiatore, che rinnegherebbe se stesso. Potrai dedurre da ciò che gli sarebbe comunque impossibile questa linea di difesa, giacché sarebbe perdente sia nel caso che le accuse fossero fondate, sia in caso contrario.

Ciao
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Vecchio 07-04-2008, 11.32.24   #40
emmeci
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Riferimento: Lo scandalo

Insomma, mi pare che il Dio che in mille modi noi tiriamo in ballo si sia dimostrato veramente al di sopra dei nostri filosofici umori, e che abbia per lo meno smentito Mosé circa il decalogo, che se non altro è diventato ennealogo, visto che per lo meno il secondo comandamento (non nominare il nome di Dio invano) è stato – senza apparenti conseguenze - completamente cassato. Estendendo un po’ l’orizzonte, mi pare d’altra parte che Dio sia diventato generoso e di larghe vedute: non interviene più, come usava, lascia dire e fare, consente che lo si tratti con ironia e leggerezza, Noor…e allora che vogliamo di più? Certo l’atteggiamento delle chiese è un po’ meno amorevole, ogni tanto viene fuori questa storia del peccato mortale (l’ha evocata giorni fa il papa cattolico, e l’islam credo l’abbia sempre avuto nel suo catechismo). E allora, lasciamo in pace questo benedetto Dio, che sembra un po’ troppo paragonarlo a quello di libellule o di elefanti; non eleviamo le nostre braccia al cielo solo quando c’è qualcosa che per noi non funziona – come quando, fin dall’epoca di Geremia, ci si lamenta del silenzio di Dio.
E, per finire con un pensiero non ironico né leggero, direi, a proposito di questo arduo problema dell’esistenza di Dio: certo, tutto quello che dicono le religioni (tutte le religioni) è contestabile e può essere facilmente dimostrato falso, però ciò che le religioni non osano dire – cioè che Dio è talmente al di sopra di tutto, e quindi anche al di sopra di loro, da poter essere semmai concepito solo come assoluto – questo è forse assai meno opinabile perché nessuno – dico nessuno – potrà mai dimostrare che una verità assoluta – qualunque essa sia – non esista. E, tanto per tornare al tema, mi pare che il vero scandalo sia alla radice della nostra storia, cioè che si sia deciso di credere non all’Assoluto, ma al Dio delle chiese che – prendilo da una parte o dall’altra - è piuttosto simile a un idolo.
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