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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 15-05-2008, 20.40.18   #11
VanLag
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Originalmente inviato da Noor
Certo,perchè l'ateista da puro materialista ipersoggettivista qual è,vive solo dentro la caducità dell'esistenza mortale e,per pregiudizio mentale che gli sbarra la strada verso la "Fiducia Fondamentale" che è l'Apertura alla Vita tutta,non riesce a riconoscersi nell'Essere,sua vera Essenza,facendolo ricadere sotto il suo stesso peso,(quello del suo ego)senza scampo o sbocco.
Perché un ateo deve essere necessariamente materialista ed ipersoggettivista? SI può benissimo credere nell’immortalità dell’anima, nella sacralità della vita, senza scomodare nessun Dio, senza avere un assoluto al quale fare riferimento. E’ una stortura del cristianesimo o delle religioni monoteista, pensare che chi è spirituale deve necessariamente conoscere e riconoscere Dio. Si può essere spirituali pur essendo atei ed ignorando o negando l’esistenza di un essere superiore.

L’illusione di chi crede in Dio di non essere soggettivo è comunque un’illusione, perché quel Dio nel quale si crede, è comunque una nostra proiezione, una nostra emanazione. Vedi bene che prima che si possa parlare di qualsiasi cosa ci deve essere uno che ne parla. Prima di testimoniare qualsiasi cosa ci deve essere uno che testimonia. Quell’uno è sempre il soggetto, è sempre un “io”, o se vuoi un’anima, uno spirito, ma sempre e comunque un soggetto e mai un oggetto. Questo è un paradigma dal quale non si può uscire. La radice dell’esistenza è nell’uomo e non in Dio.

La spiritualità vera anzi è spesso atea e se hai confidenza con l’advaita vedanta, con il taoismo o altre espressioni della vera conoscenza, della “sapienza” come la chiamo io, avrai visto che in quegli ambiti Dio diventa irrilevante. La concessione di certi grandi maestri ai seguaci per la loro devozione a Dio, non deve trarre in inganno, ciò che insegnano è prettamente ateo, per quanto la parola ateo detta in occidente possa suscitare ribrezzo.

VanLag is offline  
Vecchio 16-05-2008, 01.03.16   #12
Noor
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Originalmente inviato da VanLag
Si può essere spirituali pur essendo atei ed ignorando o negando l’esistenza di un essere superiore.

La radice dell’esistenza è nell’uomo e non in Dio.

La spiritualità vera anzi è spesso atea e se hai confidenza con l’advaita vedanta, con il taoismo o altre espressioni della vera conoscenza, della “sapienza” come la chiamo io, avrai visto che in quegli ambiti Dio diventa irrilevante.
Non sono d'accordo Vanlag.
Non mi riferisco ad un essere superiore ,ad un Dio-persona che è chiara proiezione umana..sin qui ci siamo..
Mi riferisco a ciò che ho chiamato "Fiducia fondamentale" che permette quel "lasciarsi andare" che per il taoista Lao-tse era ciò che lui simboleggia come "Cielo" e per gli advaita l'arrendersi alla Sorgente,e che ha permesso a Nisargadatta,ad esempio,secondo le sue stesse parole,che accadesse la Grazia del Risveglio,(tra l'altro,ogni sera,recitava i bajan,dei canti devozionali)o a Shankara,come sai il più grande filosofo indiano,di comporre,in un impeto di devozione,un meraviglioso inno alla Dea-madre Baghavan.
Ramana Maharsi ,ad esempio,sempre per rimanere nell'ambito di ciò che citi,cioè alcune delle più grandi tradizioni,dice che bhakti (devozione) e conoscenza (jnana) vanno di pari passo:
La prima pratica è l'arrendersi,la seconda, accettare la comprensione dell'Uno senza secondo.
Cosa sia ,a questo punto uno spirituale ateista io non lo so..visto che comunque ha da essere riconosciuta una componente sacra nella vita che non può che spalancarsi necessariamente in una Essenza non legata all'esistenza corporale..comprendere l'atemporalità dell'Essere,non è che riconoscersi in quell'Uno Sorgente che non è la materiale esistenza umana.
Non hai citato invece il buddhismo,la tradizione di solito rappresentata come ateista,ove anche qui, la fiducia di cui parlo è ben presente e necessaria..
e che non è certo verso il se stessi impermanente..
C'è a proposito l'ultimo libro appena pubblicato di C. Pensa,famoso maestro di meditazione buddhista il cui titolo è:"Il silenzio tra due onde. Il Buddha, la meditazione, la fiducia".
Affermare ,come fai tu,che la radice dell'esistenza è nell'uomo,(piuttosto che riconoscersi nella Sorgente Uno) è creare un uomo superdio,alla maniera di Severino.
Altro che Uno senza secondo..qui si è al Secondo senza uno..
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Vecchio 16-05-2008, 01.34.14   #13
Noor
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Ho accennato,nel post sopra, al canto di Shankara alla dea Madre.
Ripeto che è considerato il più grande filosofo indiano,ed esponente dell'Advaita Vedanta.(La traduzione,dall'inglese-non conosco il sanscrito-è mia.Non ve ne sono di ufficiali in italiano)


"Né padre né madre,ne relativo né incondizionato ,nè figlio né figlia,né servitore né padrone,né stirpe, né conoscenza, e nulla che incrementi la mia età,ma, oh Bhavani!
In verità ,solo Tu conosci la rotta delle anime in metapsicosi.

Io-Chi è lascivo,chi avido,chi è furioso, e chi sempre legato ai lacci dell’esistenza terrena-
sono sgomento da immensa sofferenza nell’oceano della metapsicosi.
Oh Bhavani! In verità solo Tu conosci la rotta delle anime in metapsicosi.

Non conosco l’atto del donarsi, la meditazione e la penitenza;non conosco il tantra ,né elogi né canti;non conosco l’onore né l’abbandono nel servire.Oh Bhavani! In verità ,solo Tu conosci la rotta delle anime in metapsicosi.

O Madre! Non conosco buone azioni nè templi, nè salvezza ,piuttosto comprendo l’indifferenza spirituale; ma tuttavia oh Madre Bavhani! In verità solo Tu conosci la rotta delle anime in metapsicosi.

Mi sono sempre impegnato nelle cattive azioni, in cattive compagnie ,nei cattivi pensieri;sono un Tuo pessimo servitore e difetto nel condurre la mia stirpe; sono immerso nella cattiva condotta, ed ho una errata visione spirituale; Oh Bhavani! In verità ,solo Tu conosci la rotta delle anime in metapsicosi.

Non conosco Brahma,Visnu,Siva,Indra,Surya, Candra , od altri.Non conosco altri che Te,e oh Bhavani!,Tu sei il rifugio! In verità, solo Tu sei la rotta delle anime in metapsicosi.

Tu sei la mia incessante protezione nelle dispute, nei momenti infelici, nella rabbia e nella follia ,in terra straniera, nel diluvio, negli incendi,sui monti e nelle foreste. Oh Bhavani!Tu sei il rifugio!
In verità ,solo tu sai la rotta delle anime in metapsicosi."

ADI SHANKARA
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Vecchio 16-05-2008, 13.37.37   #14
epicurus
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Originalmente inviato da emmeci
se “assoluto” fosse definibile, non sarebbe assoluto.

In altri topic ho affermato e mostrato che dire che una parola è indefinibile coincide col dire che quella parole non ha significato, proprio come "x3$dc-2a;fa1".

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Originalmente inviato da emmeci
Assoluto, come ho detto già altre volte, a me richiama come prima cosa la verità assoluta, cioè quella che fa dire (a un religioso, un filosofo, uno scienziato): “Eureka!” anche se dopo qualche istante o qualche millennio, la sua teoria viene dimostrata falsa o si è dispersa nel vuoto.

Nella mia piccola esperienza, ho notato che "verità assoluta" si riferisce, a seconda dei contesti, a due cose ben distinte:
1) proposizione/teoria/credenza che è inconfutabile (concetto gnoseologico);
2) proposizione/teoria che descrive il mondo dal punto di vista noumenico.

Tu, qui, a che ti riferisci?
[Anche se fatico a interpretate il termine "dio" con un insieme di proposizioni...]

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Originalmente inviato da emmeci
Quanto all’altro punto (cioè che noi abbiamo prima l’idea della moralità e poi quella di dio) tu dici così perché non credi in dio, e quindi sottoponi le eventuali sue leggi al tuo criterio di giudizio, mentre per chi ha fede dio è un primum assoluto, cioè verità e legge assoluta - quel bagliore che ha incantato l’uomo della foresta quando per la prima volta ("Odissea nello spazio") ha guardato in alto e con un grugnito ha detto: Dio - anche se la sua legge non faceva che rafforzare la foga con cui quel primo credente scannava animali e uomini.

Ma la mia è una questione sia pratica che teorica.
Pratica perché dubito che se dio credesse veramente che sia giusto fare cose per noi mostruose (genocidi, stupri pedofili, etc. immotivati), noi lo seguiremmo in questa pazzia. O questo è almeno ciò che spero, altrimenti vivremmo in un mondo di fanatici fondamentalisti.

Dal punto di vista teorico, invece, l'unica differenza che c'è tra un demone e una divinità è il carattere etico. Quindi, mi ripeto, una divinità immensamente crudele sarebbe definita da noi "demone".

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Vecchio 16-05-2008, 16.27.32   #15
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Originalmente inviato da epicurus
Dal punto di vista teorico, invece, l'unica differenza che c'è tra un demone e una divinità è il carattere etico. Quindi, mi ripeto, una divinità immensamente crudele sarebbe definita da noi "demone".


Esatto. Il che significa che in ultima analisi è sempre l'uomo che "decide" cosa gli sembra eticamente giusto e cosa no. Difatti ai fedeli "piace" il Dio buono e amorevole perchè ritengono che le qualità di "bontà" e "amore" siano giuste, positive, degne di un Dio. Se così non si pensasse non si seguirebbe quel Dio o quella religione.

Voglio cioè farvi riflettere su un punto: come potrebbe il fedele distinguire Dio dal diavolo se non "giudicando" buoni o malvagi i fini dell'uno e dell'altro ?

Saluti
Andrea
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Vecchio 16-05-2008, 16.34.23   #16
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Epicurus, la tua richiesta – direi neopositivistica – di definibilità per ammettere la validità di un concetto va contro l’intera storia dell’umanità: nessuno comincia a parlare chiedendosi se i concetti che usa o userà sono definibili, così come nessuno incomincia a parlare chiedendosi se il suo discorso è grammaticalmente corretto: pensa, parla e risponde se trova interlocutori che stanno al gioco. E anche nella filosofia è così (perfino per i neopositivisti e gli analitici, se badiamo a ciò che fanno e non a ciò che dicono di fare). Il significato non viene dal vocabolario e l’intelligibilità viene da come un concetto è espresso e si usa. I puristi, come i dogmatici, hanno fatto il loro tempo. E tutti sanno – credo anche il greco Epicuro - che cosa può indicare un termine come assoluto, anche se si può riconoscere che nulla di ciò che i filosofi dicono – compreso Epicuro - ha validità universale e assoluta.
Che è poi quello che tu citi al punto 1) (mentre non capisco se con noumenico ti riferisci al noumenico kantiano o al metafisico tout court).
E che c’entra l’ “insieme di proposizioni” come definizione di dio, se ho sempre detto che l’unico concetto ammissibile di dio è quello di un’entità assolutamente trascendente e indefinibile? Che era la morale conclusiva dell’argomento iniziale, da cui ci siamo ormai allontanati, in quanto mi sembra rappresentare un concetto di Dio su cui tutti potrebbero sentirsi d’accordo.
Forse perfino Epicuro.
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Vecchio 16-05-2008, 17.14.08   #17
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Originalmente inviato da spirito!libero
come potrebbe il fedele distinguire Dio dal diavolo se non "giudicando" buoni o malvagi i fini dell'uno e dell'altro ?
E' chiaro che è così:le personificazioni divine sono proiezioni umane,ne più,ne meno..
Noor is offline  
Vecchio 16-05-2008, 21.40.01   #18
VanLag
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Probabilmente, come in tutte le discussioni su Dio, bisognerebbe forse definire cosa poniamo dietro a quella parola che altrimenti diventa il campo di tutte le possibilità. Credo che le tue definizioni di “Fiducia fondamentale” o “Uno-sorgente” non siano esattamente la stessa cosa che ha in mente, tanto per non fare nomi, Emanuelevero o qualsiasi altro credente cristiano quando parla di Dio.

Nisargadatta fa spesso riferimento al “supremo” ma ammonisce anche che Se lo chiami Dio o Parabrahman, sappi che sono nomi imposti dalla mente come in questo stralcio di dialogo e ammonisce che quel “supremo” al massimo è uno stato dell’Essere, uno stato di assoluta stabilità e silenzio.

(nei dialoghi I sta per interrogante ed M per Maharaj)

I.: L'uomo pienamente realizzato, che ha raggiunto lo stato supremo, sembra che mangi, beva e faccia tutto normalmente. Ne è consapevole o no?

M.: Ciò in cui la coscienza accade - la mente o coscienza universale - noi lo chiamiamo coscienza eterica. Tutti gli oggetti della coscienza fanno l'universo. Ma ciò che è al di là dell'universo e della coscienza, e che li sostiene, è il Supremo, uno stato di assoluta stabilità e silenzio. Chiunque lo raggiunga, in esso dilegua. Le parole, la mente non lo sfiorano. Se lo chiami Dio o Parabrahman, sappi che sono nomi imposti dalla mente. È il senza-nome, non ha contenuto, è spontaneo e senza sforzo, oltre l'essere, al di là del non-essere.


Ancora più chiaro, è nel dialogo seguente:

M.: Al livello della coscienza, sì; ma non nello stato supremo. Esso è un unico e compatto blocco di realtà. Per percepirlo e conoscerlo i sensi e la mente non servono.
I.: Questo è il modo in cui Dio governa.
M.: Dio non governa il mondo.
I.: E chi allora?
M.: Nessuno. Tutto accade da sé. Tu domandi e io rispondo. E mentre domandi, sai la risposta. È un gioco che si svolge nella coscienza. Tutte le divisioni sono illusorie. Puoi conoscere solo il falso. Il vero devi esserlo tu stesso.


L’affermazione di Nisargadatta “il vero” devi esserlo tu stesso” è un ritorno a quell’assunzione di responsabilità di cui parlavo nel post precedente. E’ un po’ come se il maestro dicesse: - non si può conoscere Dio, Dio si può solo esserlo – E qui mi rilego alla mia affermazione che - la radice dell'esistenza è nell'uomo –
L'“Uno Sorgente” è l’ennesima trasformazione dell’idea di Dio. Se fossi Nisargadatta ti direi: - Se lo chiami Dio o Parabrahman, o Uno-sorgente o “Fiducia fondamentale”, sappi che sono nomi imposti dalla mente.

Ancora Nisargadatta in questo dialogo un po’ articolato su Dio, afferma un po’ di cose:

I.: Tutto dipende dal potere di Dio. Anche queste conversazioni non potrebbero avvenire se Lui non volesse.
M.: Non c'è dubbio che tutto è opera di Dio, ma visto che non voglio nulla, che cosa può darmi o togliermi Dio? Ciò che è mio è mio, e mi apparteneva da prima che Dio fosse. Ovviamente è una cosa minima, giusto un puntolino: l'"io sono", il fatto che sono. Questo è il mio posto, che nessuno mi ha dato. La terra è mia; i raccolti, di Dio.
I.: Dio ha affittato la terra da voi?
M.: Dio è il mio devoto, ha fatto tutto questo per me.
I.: Non c'è alcun Dio fuori di voi?
M.: "Io sono" è la radice, Dio è l'albero. Chi sono io per adorarLo, e a che scopo?
I.: Siete allora sia il devoto che l'oggetto della devozione?
M.: Né l'uno né l'altro. Sono la devozione.

Questo è un dialogo bellissimo e Nisargadatta, come puoi vedere, non si fa remore ad asserire: - Ciò che è mio è mio, e mi apparteneva da prima che Dio fosse cioè ad asserire di essere addirittura precedente a Dio. Il rapporto tra il "Se stesso", e Dio è evidente anche dove asserisce: - Dio è il mio devoto, ha fatto tutto questo per me – Anche in questa frase il maestro mostra o una sfacciataggine terribile o una conoscenza alla quale nessuno di noi è ancora pervenuto, ma a cui può pervenire e comunque anche qui fa capire che l'uomo è antecedente a Dio e che Dio è solo una creazione dell'uomo.

Ancora un passaggio interessante in questo altro dialogo:

I.: Dio regge il mondo. Dio lo salverà.
M.: Questo lo pensi tu! È forse venuto Lui a dirti che il mondo è opera Sua, e oggetto della Sua cura e non della tua?
I.: Perché dovrebbe essere la mia unica cura?
M.: Vàluta. Chi altri conosce il mondo in cui vivi?


Questo è importante perché ci ricorda che tutto ciò che viviamo, sentiamo, sperimentiamo, pensiamo, comprese tutte le idee di Dio, sono in ultima analisi una nostra proiezione. Chi altri conosce il mondo in cui vivi?

Ancora più chiaro Nisargadatta è quando parla di se stesso come nei punti in cui getta sull'auditorio queste affermazioni la cui portata va compresa a fondo.

-Prima di tutti gli inizi, prima di tutte le fini “io sono” - ricordando come tutto principi dall’”io sono”, cioè da quell’intima certezza che ognuno di noi ha dentro.

O ancora:

- Sono il tutto, il niente, l’origine dei due e persino anche oltre –

Quel concetto di “tutto” di unità, tanto nominato anche nel forum di spiritualità come l’obbiettivo del nostro cercare, viene "ammazzato" da questa breve perifrasi nella quale il, maestro non solo si pone all’origine del “tutto” e del “niente” ma afferma di essere “persino anche oltre”.

Ancora una volta, però non c’è spazio per nessun Dio che non sia generato dal pensiero dell’uomo e questo, secondo mè, è quel prescindere da Dio del quale parlo.

Ramana Maharishi è più dolce e faceva concessioni ai devoti che gli parlavano di Dio, ma anche nel suo insegnamento è presente l’ateismo del quale parlo. In questo piccolo stralcio di dialogo il Maharishi lo spiega molto bene:

D: Dio è personale?

B: Si è sempre la prima persona, l’io, che vi sta sempre davanti. Siccome date precedenza alle cose del mondo, Dio sembra essersi relegato nello sfondo. Se rinuncerete a tutto il resto e cercherete lui solo Egli rimarrà come l’io, il Sé.


Cioè Dio - è sempre la prima persona, l’io, che vi sta sempre davanti - Ramana dice: - la prima persona - ossia il soggetto di ogni pensiero, parola, azione, sentimento , se poi ci fossero ancora dubbi aggiunge: - l’io che vi stà sempre davanti – e qui è chiaro che stà dicendo: - sei tu stesso Dio –

Siamo ovviamente all'esaltazione della soggettività, qualche cosa che si richiama ai Sofisti dell'antica Grecia e che è andata persa in occidente nel corso della storia. Ma l'oriente ha mantenuto il legame con la sapienza e questi saggi ce lo ripropongono oggi in chiave moderna ed è secondo me sbagliato leggerli senza mettere per un attimo da parte la nostra formazione occidentale. (Diamoci una possibilità) potrebbe essere la nostra fortuna.

Il Buddismo è la religione atea per eccellenza ed è proprio nel buddismo la conferma che si può essere spirituali senza riferire ad un essere superiore. Lasciando perdere il lamaismo che è infarcito di divinità il buddismo originario riferisce solo alla figura dell’illuminato che è un uomo che ha trasceso il piano umano. Eppure i buddisti hanno ordini monacali, hanno templi, hanno precetti ed insegnamenti come qualsiasi religione. La validità di questa flosofia/religione era già stata colta da Einstein che, da qualche parte, disse che, se c’era una religione che aveva possibilità di affermarsi nel prossimo futuro quella era il buddismo.

Ho messo assieme un po’ di idee ma credo che tutto l’equivoco nasca probabilmente da cosa intendi tu con la parola Dio e dal preconcetto che un ateo debba per forza di cose essere materialista. Quando io parlo del “Se”, sulla scia dei maestri orientali, non intendo, ovviamente, l’io nel quale l’uomo suole identificarsi. Intendo la parte vera dell’uomo, quella che nello stato presente stiamo per lo più ignorando. Ecco quel “Se”, secondo me e secondo la mia esperienza, non ha bisogno di nessun Dio, di nessun supporto, perché è egli stesso la radice dell’esistenza, l’uno sorgente di cui probabilmente anche tu parli.

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Vecchio 16-05-2008, 22.07.23   #19
Mirror
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Forse sarebbe meglio dire: senza io tutto è permesso.
Perchè senza io tutto è Dio.
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Vecchio 17-05-2008, 00.01.23   #20
VanLag
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Originalmente inviato da Noor
on sono d'accordo Vanlag.
Non mi riferisco ad un essere superiore ,ad un Dio-persona che è chiara proiezione umana..sin qui ci siamo..
Mi riferisco a ciò che ho chiamato "Fiducia fondamentale" che permette quel "lasciarsi andare" che per il taoista Lao-tse era ciò che lui simboleggia come "Cielo" e per gli advaita l'arrendersi alla Sorgente,e che ha
Scusa Noor, il mio post precedente era in risposta al tuo che iniziava con le parole quotate sopra. Ho dimenticato di mettere il quote. Approfito poi di questa precisazione per riportare la citazione di Albert Einstein sul buddismo di cui parlavo a fine dell'altra risposta.

"La religione del futuro dovrà essere una religione cosmica, che trascenda il Dio personale ed eviti dogmi e teologie. Dovrà abbracciare la sfera naturale e quella spirituale, basandosi su un senso religioso che nasca dal sentire tutte le cose naturali e spirituali come un'unità carica di senso. il buddhismo corrisponde a questa descrizione. (...) Se esiste una religione in grado di far fronte alle esigenze della scienza moderna, quella è il buddhismo."

Albert Einstein

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