Forum di Riflessioni.it
ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura
Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS

Torna indietro   Forum di Riflessioni.it > Forum > Filosofia

Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
>>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Tematiche Filosofiche



Vecchio 12-04-2012, 09.40.42   #21
CVC
Ospite abituale
 
Data registrazione: 30-01-2011
Messaggi: 747
Riferimento: Difesa filosofica del caso come necessità

Si può parlare di causalità solo in un contesto temporale, perchè è solo il concetto di tempo che permette di pensare ad un evento (la causa) che ne precede un altro (l'effetto).
Il concetto di caso è un'astrazione di cui non possiamo mai avere esperienza, perchè ciò di cui possiamo avere esperienza deve accadere nel tempo.

Immagino che:
-il giorno A le previsioni danno cattivo tempo, il cielo è nuvoloso, mi dimentico l'ombrello, piove, mi bagno
-il giorno B le previsioni danno cattivo tempo, il cielo è nuvoloso, prendo l'ombrello, non piove, mi rammarico di avere appresso un oggetto inutile

E' evidente che non vi è nessuna connessione causale fra i due eventi, eppure io penserò "quando dimentico l'ombrello piove, quando lo prendo non piove"
Sarà per me naturale trovare una causalità laddove non c'è, perchè solo astraendomi dall'esperienza posso pensare alla casualità.

Del resto il concetto di calcolo delle probabilità è una scoperta relativamente recente nella storia dell'uomo, proprio perchè ha necessitato di una progressiva astrazione.
Per molto tempo si è insistito nel consultare gli oracoli o cercare di interpretare i sogni piuttosto che ragionare su eventi possibili, favorevoli o contrari.
CVC is offline  
Vecchio 12-04-2012, 22.57.42   #22
paul11
Ospite abituale
 
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
Riferimento: Difesa filosofica del caso come necessità

caro Aggresor, mi pare di capire che sei un determinista che non riesce a capire la libertà nella contingenza per cui non esistendo etica non ha senso la colpa di un’azione: è così?
Ho già detto che non credo all’esistenza del caso, esistono le circostanze come l’impatto di un sasso lanciato da un cavalcavia che colpisce un automobile . Io dico invece che c’è un motivo per cui quell'automobile era lì ( non certo per il sasso) e c ‘è un motivo per cui il lanciatore del sasso ha compiuto il gesto a prescindere da chi fosse il destinatario. Sono i motivi o cause e la volontà,per me che credo alla libertà, a costruire la circostanza .
Il lanciatore di sassi o l’altra persona che scalda il letto della moglie altrui nel tuo esempio che motivazioni hanno del loro gesto? E’ dettato dai ribosomi, dai mitocondri, dai quark down o up…..? Se fosse solo così ( perché noi sicuramente abbiamo anche a che fare con la materialità e i biochimismi) io non trovo significati nella nostra esistenza.
Ho troppo rispetto per la vita umana per pensare che un colpevole non sia più umano, quindi anch’io sono del parere che l’allontanarlo da una comunità, imprigionarlo, debba significare preservare la comunità e cercare di recuperare il colpevole.
Se fossimo veramente predeterminati in un mondo deterministico saremmo solo degli esseri con delle facoltà “ strane” rispetto agli animali e soprattutto presuntuosi, perché non esiste verità da cercare: “ tiriamo a campà” .Non scarto nemmeno questa ipotesi perché anch’io viaggio a tentoni a cercare la verità
Ma è la nostra storia da antichi trogloditi fino ad esplorare Marte , il nostro progettarsi nella storia come umanità, la nostra capacità di astrazione, la nostra incessante inquietudine, il nostro domandarsi una teleologia, una escatologia oltre la nostra finitezza fisica. O addirittura l’estremo gesto di libertà nella disperazione: il suicidio; l’atto di volontà contro l’istinto di sopravvivenza.
Questo in breve è ciò che penso , ma le mie sono considerazione, non ho la presunzione di proferire verità.
paul11 is offline  
Vecchio 13-04-2012, 15.17.17   #23
Aggressor
Ospite abituale
 
Data registrazione: 16-07-2010
Messaggi: 405
Riferimento: Difesa filosofica del caso come necessità

Grazie ancora Paul11.

Vorrei continuare il dialogo

Tu chiedi: mi pare di capire che sei un determinista che non riesce a capire la libertà nella contingenza per cui non esistendo etica non ha senso la colpa di un’azione: è così?

No, non è così. Quando ho iniziato a occuparmi di filosofia (e faccio coincidere questo momento con la presa di posizione contro il libero arbitrio, che adesso rimetto in gioco) mi sono definito determinista, ma al contempo non potevo negare che per quanto mi sembrasse logico quel modo di vedere le cose potevo aver preso una cantonata. Oggi la mia posizione oscilla tra determinismo e indeterminismo ontologico, più che altro non escludo che questi due aspetti possano conciliarsi.
Ho anche scritto nel post prima di questo che tra qualche giorno tenterò di portare una dimostrazione metafisica dell'esistenza della contingenza, ma mi serve di riguardare alcune cose.

In base a questo e in base al fatto che, nella pratica, molte persone rifiuterebbero il determinismo o l'indeterminismo, o addirittura una teoria che li concilii schierandosi con una posizione o con l'altra, quello che mi stà interessando, soprattutto nel dialogo con te, è tentare di mostrare che a livello pratico (soprattutto nel senso di etico) le cose non cambierebbero.


Ora, il contrasto tra me e te è chiaro nel momento in cui fai derivare dal mio essere determinista (ammettiamo che lo sia) il fatto che non credo all'esistenza dell'etica e della colpa. Ciò che cerco di fare è tentare di mostrarti come quest'etica e il concetto di colpa possano predere forma all'interno di un'ontologia determinista, tanto che oggi, nonostante il mio oscillare tra determinismo e indeterminismo, non sono sottoposto a nessun oscillazione sul piano etico.
Una cosa importante che voglio farti notare, inoltre, è che pochi deterministi ammetteranno d'aver perso il senso del valore dell'esistenza o dell'etica se glielo chiedi (e su questo forum ce ne sono parecchi).


Intanto hai già ammesso questo: anch’io sono del parere che l’allontanarlo da una comunità, imprigionarlo, debba significare preservare la comunità e cercare di recuperare il colpevole.

Ciò era esattamente la conclusione pratica a cui ero arrivato anche io da determinista, ma voglio aggiungere qualcosa, qualcosa che avevo già accennato in un'altro post rispetto alla motivazione della nostra posizione. Tu dici: Ho troppo rispetto per la vita umana per pensare che un colpevole non sia più umano. Ora, se da un punto di vista emotivo quello che dici può essere accettato c'è bisogno che su un piano logico avvenga lo stesso. Cioè (mi spiego perché così non è abbastanza chiaro il rifermento al piano emotivo), il fatto che quel tizio sia effettivamente un essere umano ti porta ad avere per lui ancora un qualche tipo di rispetto, qualunque cosa abbia fatto. Ma avere rispetto di una persona, per qualsiasi motivo, vuol dire non poterla torturare (ad esempio)? Io da determinista direi: tutti gli uomini hanno pari dignità, qualsiasi cosa abbiano fatto, perché se l'anno fatto doveva esserci un motivo (se sei ricco o se sei povero, "malvagio" o "buono" eri "costretto" ad esserlo); questo esclude che io possa far male ad un'altra persona solo perché mi va (per esempio)?
Secondo me il fatto che siamo liberi, il fatto che siamo belli, il fatto che abbiamo una dignità, non sono motivazioni logiche tramite cui mostrare che è sbagliato fare ciò che si vuole nell'arco della propria vita, qualunque cosa si desideri.
Io sostengo che il motivo per cui, facendo riferimento alla parità di dignità delle persone, sei distolto dal fare del male agli altri senza buone motivazioni è il senso di compassione che te ne deriva, cioè una passione, un'emozione che ti blocca, ma che può non bloccare altre persone meno emotive.

Cosa risponderesti ad un imprenditore, per esempio, che dicesse: se abbasso lo stipendio ai miei dipendenti so di stare facendo il male di altre persone a vantaggio del mio, ma se questa è l'unica vita che posso vivere cosa me ne importa che gli altri soffrono e io no? è vero, magari io sono il male, so di stare facendo il male, ma se poi riesco lo stesso a non avere troppi senzi di colpa, a non soffrire per le mie cattiverie, perché dovrei fare diversamente? Per soffrire anche io? Cosa gliene frega alla natura alla fine? E sopratutto cosa me ne frega a me? è vero, non ho rispettato delle persone che meritavano di essere rispettate come me, e allora? L'unica cosa che si può dire è che allora sono infame e chiusa questione, poi se stò comunque bene con me stesso sono cavoli miei...


In vista a questo tipo di obiezione che porta al nichilismo, né la dottrina della libertà, né quella del determinismo possono qualcosa.

Mi fermo ancora, tra l'altro senza mostrare la personale soluzione al problema appena riportato, accenno solo che mi rifarei alla questione della vita dopo la morte e/o dell'unità della natura (come avevo accennato qualche post fa), sempre per non rendere la lettura troppo pesante.


Cosa ne pensi? E soprattutto se non reputi la discussione interessante dimmelo che chiudiamo qui, però a me sembra molto accattivante. Ciao
Aggressor is offline  
Vecchio 16-04-2012, 01.49.43   #24
paul11
Ospite abituale
 
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
Riferimento: Difesa filosofica del caso come necessità

Direi innanzitutto di non fare un dialogo a due, siamo in una Agorà , in un forum, dove forse qualcuno vorrebbe entrare nella discussione e giustamente dire la sua.
L’unica posizione che posso cambiare è sul determinismo fisico della materia.. La quantistica soprattutto ci dimostra che c’è anche nella materia indeterminazione.
Sull’aspetto di ciò che è umano dal pensiero all’etica, non so davvero cos’altro dirti.
Persino Kant nella trilogia della Critica ha iniziato dalla C, della ragion pura e poi C. della ragione pratica e C del giudizio. Il percorso è dalla teoretica alla pratica e deve avere un nesso, un senso.
Se l’etica non è legata a dei valori e a sua volta a delle scelte libere e a loro volta al pensiero che definisce i valori e i criteri, non se ne esce.
Un’etica all’interno del determinismo penso sia di carattere semplicemente giustificativa e senza colpe, perché non siamo liberi nella volontà di scelta: per me non è assolutamente così.
Il colpevole che sconta la pena ha giustamente una dignità . Ma ha ancora soprattutto dei diritti fondamentali sanciti sia a livello giurisdizionale locale (Stati)che ne diritto internazionale , ecc.
Non esiste nemmeno più il carcere a vita per le pene più gravi ed esistono sconti per buona condotta( mi riferisco all’Italia). Significa che il diritto contempla la possibilità di riscatto nella società di chi ha commesse crimini o colpe .
Ognuno di noi ha dei diritti per cui non è possibile fare quello che si vuole senza ledere i diritti altrui: questo è il presupposto della società civile.
L’imprenditore ha un ruolo sociale ed economico con suoi scopi come li ha il prestatore d’opera: entrambi hanno diritti e un rapporto contrattuale che li regola e non possono infischiarsene dei diritti altrui .

Di più non saprei dirti. E rischiamo di uscire dalla discussione che ci ospita.
paul11 is offline  
Vecchio 16-04-2012, 17.20.09   #25
epicurus
Moderatore
 
L'avatar di epicurus
 
Data registrazione: 18-05-2004
Messaggi: 2,725
Riferimento: Difesa filosofica del caso come necessità

Mi pare che la discussione sul libero arbitrio sia off-topic. Proseguite il discorso (estremamente interessante, detto tra parentesi ) in un topic apposito, ancora meglio se già iniziato.

Citazione:
Originalmente inviato da Marius
Ritengo che il titolo di questa discussione possa essere complementare a quello del 3d sulla difesa filosofica di un ente perfetto, quanto meno per la considerazione che se si rinuncia a una "volonta" come causa prima dell'esistenza occorra ammettere che il caso sia anche necessità.
No, se non si accetta come necessaria l'esistenza di tutto ciò che esiste, allora il tua argomento non è corretto.

Citazione:
Originalmente inviato da Marius
Poichè penso che il caso non possa essere considerato una causa, mi chiedo e domando se la filosofia, quando non individui nel caso la verità tanto agognata nella sua ricerca, quale altro senso possa dare all'esistenza, che non sia quello drammatico di stirpe nietshiana o quello inconsistente di perenne ricerca come fine ultimo del pensiero umano.
Il concetto di causa è molto complesso e fonte di molti problemi e nella filosofia della scienza contemporanea è stato di gran lunga rivalutato. Comunque, tralasciano momentaneamente questo aspetto, non ha molto senso dire "il caso non è da considerarsi una causa" (come sarebbe insensato dire "il caso è da considerarsi una causa"). Solo degli eventi si può dire che sono cause. Se proprio proprio si può dire che come si sviluppa un evento (da causa a effetto) siamo in presenza di caso o meno, a secondo che il processo sia deterministico o indeterministico.

Citazione:
Originalmente inviato da Marius
Tutto cio' che esiste oggettivamente o che almeno viene percepito soggettivamente è il frutto di eventi incausati il cui verificarsi è casuale.
Come qualcuno ha già detto, secondo lo stato dell'arte della fisica (della meccanica quantistica, in particolare) il mondo è indeterministico. Quindi il mondo procede in modo non prevedibile. Questo è quanto ci è dato sapere (e credere) ora.

Citazione:
Originalmente inviato da Marius
A questo punto l'unico approccio logico della filosofia alla realtà è la "sospensione del giudizio", ossia, in definitiva, la rinuncia alla filosofia stessa.
Tutto il resto sono solo chiacchiere e distintivo.
Perché una così radicale conclusione (che è tra l'altro autocontraddittoria)? Scusami, ma ho il dubbio di non aver compreso a pieno lo scopo di questo topic. Mi potresti spiegare meglio?

Grazie
epicurus is offline  
Vecchio 16-04-2012, 18.55.02   #26
Aggressor
Ospite abituale
 
Data registrazione: 16-07-2010
Messaggi: 405
Riferimento: Difesa filosofica del caso come necessità

Va bene signori io interrompo volentieri il dialogo, e mi dispiace un pò paul perché mi sembra che tu non capisca esattamente in cosa consista.
Io non ti chiedo di argomentare ancora ciò che hai già argomentato ampiamente, cioè non ti ho chiesto una dimostrazine dell'esistenza della libertà, ti ho semplicemente chiesto di dare un parere sul fatto che sembra che sul piano pratico determinismo e indeterminismo portino alle stesse conclusioni.

Ora sembra che tu non la pensi così, ma non hai portato nessuna argomentazione a proprosito, facci caso, il massimo dell'argomentazione sembra essere questa: Se l’etica non è legata a dei valori e a sua volta a delle scelte libere e a loro volta al pensiero che definisce i valori e i criteri, non se ne esce.
Un’etica all’interno del determinismo penso sia di carattere semplicemente giustificativa e senza colpe, perché non siamo liberi nella volontà di scelta: per me non è assolutamente così.
Da qui si evince semplicemente che il fatto che non siamo liberi nella volontà di scelta esclude la colpa in un modo che non è stato descritto, anche perché non è stato definito il concetto di colpa stesso. Tutto ciò non aggiunge nulla rispetto ai motivi della tua posizione, mentre hai risposto positivamente all'unico esempio che ho riportato a riguardo.

Si è anche detto che la fisica parla di indeterminismo (come se si trattasse di indeterminismo ontologico), ma questo è totalmente falso; solo alcune interpretazioni della meccanica quantistica parlano di indeterminismo ontologico e non sono nemmeno le più quotate, molte altre sono deterministe o comunque prevedono un indeterminismo della conoscenza e non degli oggetti. Questo è il grande dibattito odierno.

Vorrei spiegare ancora il motivo per cui non mi sento off topic, nonostante, ripeto, sarò io stesso ad escludermi da questo discorso a questo punto (mi rifarò vivo quando mi sentirò più sicuro sulla dimostrazione dell'esistenza della contingenza, e con ciò vorrei sottolineare che non sono un determinita, non posso più dire di esserlo almeno): una delle dimostrazioni dell'esistenza della contingenza, e secondo me è quasi la più potente (per il numero di persone che vi fanno riferimento), si fonda sulla dimostrazione dell'esistenza della libertà o libera volontà umana (per quelli un po cartesiani), concetti che sottostanno a quello cui sopra e dal quale si può facilmente ricavare quello di caso (poiché il caso potrebbe essere semplicemente l'effetto della libera volontà sulla natura). Secondo questa teoria si avrebbe uno svuotamento del valore dell'esistenza nel momento in cui la libertà non fosse reale. Vi sembra poco? A me no. La maggior parte della gente può convincersi a livello logico dell'inesistenza della libertà o della contingenza ma non accetterà di sottostarvi per una questione pratica, cioè etica, poiché crede di ricavare da quel concetto una serie di cose che, a mio parere (ma stavo solo iniziando a mostrare come ciò sia vero, l'ho detto che non scrivevo tutto nei post per non essere troppo pesante) non derivano da quello ma da altro. Ho pure chiesto una definizione di "valore dell'esistenza" e non è arrivata, si è solo continuato a dire che verrebbe meno (io non l'ho definito perché mi troverei in difficoltà, ma non sono stato io a mettere questo concetto all'interno della discussione e invece chi lo ha fatto potrebbe avere le idee chiare in proposito).


Detto ciò concludo mostrando un'altra cosa che non è da poco, ma è davvero off-topic. Se al mondo esistono deterministi e indeterministi che abitano sullo stesso suolo nazionale, come pensate che si possa vivere coerentemente? Visto che i primi potrebbero fare di tutto, non avendo un'etica, allora bisognerebbe scacciarli?


Ciao
Aggressor is offline  

 



Note Legali - Diritti d'autore - Privacy e Cookies
Forum attivo dal 1 aprile 2002 al 29 febbraio 2016 - Per i contenuti Copyright © Riflessioni.it