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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 09-06-2009, 14.05.35   #111
arsenio
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?

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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Attenzione alle trappole del linguaggio: "essere" in italiano vuol dire tre cose: come sostantivo, come copula, come verbo che significa "esistere".
Esistere "come" viene dopo: prima di qualsiasi "come" viene l'esistere e basta. E' questo che si intende.
Non devi pensare al non-essere, non puoi pensare al non-essere.
Il non-essere è (esiste) ma al tempo stesso non è (non è nulla di pensabile).
Ma se il non-essere esiste allora l'essere non esiste: e infatti è proprio così: l'essere è in perenne divenire. Nessuna cosa può essere descritta, se non per un istante che già non è più.
Il non essere è il motore del divenire.

Loris

L'Essere: da Parmenide all'esistenzialismo.

Essere: predicativo; natura di un soggetto; presenza ai sensi o alla coscienza.

Relazioni formali: attribuzione, identificazione, inclusione, identità, congiunzione, analisi, definizione.

Ma la relazione logica può indurre per errore a scambiare un nome per essenza. Esempio: “l'uomo è animale razionale”, nome che può essere interpretato come sostanza esistente.

“Essere” come sostanza che non cambia. Può divenire solo la sostanza della cosa che permane. Ma è il pensare che richiama l'Essere. Parmenide: “E' la stessa cosa pensare e pensare che è, perchè senza l'Essere, in ciò che è detto, non troverai il pensare”.
Da cui la prima condizione di verità del pensare è il permanere (che è) di soggetto e oggetto. M il problema è “se vogliamo parlare senza contraddizione dell'Essere questo permanere non può coesistere con il mondo sensibile, che è un continuo nascere e perire, un perpetuo mutare dall'Essere al non Essere.
Il mondo sensibile ( l'occhio che non vede e l'udito che s'illude non hanno verità).
Platone: se l'Essere è tutte le cose in un continuo divenire eracliteo (Pantha rei) tutto si può dire dire di tutto e il parlare diviene insensato, ma se l'Essere non è nessuna delle cose, allora non si può dire nulla di nulla. Non c'è verità se tutto si predica di tutto. Il parlare sensato richiede che l'Essere sia e non sia al tempo stesso. Così si legittima il diverso ( il non essere relativo) che elude il non Essere parmenideo. Platone demolisce Parmenide riconoscendo la molteplicità del mondo delle Idee, e giustifica le definizioni dialettiche.
Il mondo sensibile è mutevole; sostenuto dal nulla ma ancorato alle idee, e allora così è pensabile.
“Di Socrate non sappiamo nulla” (morrà) ma come uomo o filosofo posso dire qualcosa perchè le idee di “uomo” e “filosofo” permangono oltre la morte e sono perpetuate nei mortali.


L'”essere” come esistenza è una riflessione antica. Esiste indipendentemente dal soggetto che lo pensa, poi contraddetto dall'empirismo fenomenologico e relazioni contingenti e possibili..
“non c'è essere-esistente che la scienza non possa penetrare, ma ciò che può essere penetrato dalla scienza non è l'Essere” .Parole di Adorno in Dialettica dell'illuminismo, che riprende Kant.
In conclusione, della la totalità non si può avere esperienza, da cui l'empirismo logico e le chiarificazioni della logica del linguaggio. Fino alla metafisica del nichilismo e il nuovo fondamento esistenzialistico

Non mi è molto chiaro se intendi dire più o meno questo.
Sono discorsi di cui si è a lungo parlato, ma volendo ripeterli, credo che l'importante in sia evitare ogni fraintendimento e confrontare i vari filsofi che si sono susseguiti nel tempo . Fino al nichilismo dell'Occidente che è un argomento privilegiato da Severino

saluti
arsenio is offline  
Vecchio 09-06-2009, 23.16.57   #112
Spaitek
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?

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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Spaitek, trovo molto singolare questa posizione, secondo cui una "struttura organizzata" dovrebbe essere più probabile di "nessuna struttura". Seguendo tale ragionamento, dovremmo concludere che l'esistenza di una casa su un lotto edificabile è più probabile dello stesso lotto inedificato. La realtà che esperiamo insegna purtroppo ben altro: per vedere una casa occorre organizzare risorse e spendere tempo, cervello, materiali, energia. Ti sembra più probabile, tutto questo, rispetto a un nulla che non costa alcuna fatica perché è gia lì, basta non fare nulla?
Certamente. Il solo fatto che esiste qualcosa invece che nulla, è già una dimostrazione empirica del fatto che il qualcosa è più probabile del nulla.
Se fosse stato più probabile il nulla, probabilmente non ci sarebbe stato nulla.
Questo è un ragionamento logico perfettamente valido e razionale, e suppongo sia lo stesso che adotti la scienza.

Inoltre, a quale "struttura organizzata" ti riferisci? Chi ti ha detto che è organizzata?

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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Per quanto riguarda la tua convinzione che esista qualcosa perché non poteva andare diversamente, e che la scienza giunga a confermare ciò, io penso proprio che aspetteremo un bel pezzo. Non può giungere questa conferma. Qualunque gustificazione che la scienza potrà fornire, sarà del tipo: "esiste quel che esiste in virtù della legge fisica X". Ma io a quel punto obietterò: "perché è valida la legge X e non la Y, che avrebbe dato luogo ad una realtà differente"? La scienza potrà allora rispondere: "ma in virtù della legge Z". E io allora obietterò: "ma perché è valida la legge Z e non la..." eccetera eccetera. E' un po' come i bambini quando fanno a gara a chi riesce a contare più in alto: qualunque numero spari il primo, al secondo basta dire dire "più uno", ed è sicuro di vincere.

Loris
Sono sicuro anche io che la strada sarà molto lunga e tortuosa.
Non è un buon motivo per rinunciarvi. trovare una Grande Legge Unificata è una delle ambizioni ultime della Scienza. Ma non possiamo nemmeno escludere che questa non sia una legge che si auto-giustifichi da sè.
Spaitek is offline  
Vecchio 10-06-2009, 18.16.11   #113
Loris Bagnara
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
[…]Non mi è molto chiaro se intendi dire più o meno questo.
Sono discorsi di cui si è a lungo parlato, ma volendo ripeterli, credo che l'importante in sia evitare ogni fraintendimento e confrontare i vari filosofi che si sono susseguiti nel tempo. […]
Si Arsenio, le tue riflessioni sono congruenti con quel che intendevo dire.

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Originalmente inviato da Spaitek
Certamente. Il solo fatto che esiste qualcosa invece che nulla, è già una dimostrazione empirica del fatto che il qualcosa è più probabile del nulla.
Se fosse stato più probabile il nulla, probabilmente non ci sarebbe stato nulla.
Questo è un ragionamento logico perfettamente valido e razionale, e suppongo sia lo stesso che adotti la scienza.
A mio avviso (ma chiedo il conforto anche dell’opinione di altri) la scienza dice l’esatto contrario, e il principio dell’entropia ne è la più precisa formulazione. Ma volendo rimanere su un livello discorsivo, potrei ribattere come segue.
Tu affermi: “Se fosse stato più probabile il nulla, probabilmente non ci sarebbe stato nulla”. Prescindiamo dal fatto che la statistica ha un senso quando si tratta di numerosi eventi, mentre in questo caso ne abbiamo solo due (o c’è qualcosa o non c’è nulla: come si fa a parlare di probabilità?). E poi dici “probabilmente”: probabilmente, ma non necessariamente. Cioè, tu non puoi affermare la necessità di un evento basandoti sul fatto che si è realizzato, perché molto spesso si verificano eventi anche estremamente improbabili.
Se tu invece volessi addirittura affermare che si verificano solo e sempre gli eventi più probabili, allora non potresti spiegare ad esempio perché, lanciando due dadi, non si ottenga sempre la somma 7, che è appunto il risultato più probabile.
Comunque la mia posizione è questa: la contrapposizione fra l'eventualità che qualcosa esista oppure non esista, non si deve porre.
Mi spiego. Sono possibili quattro affermazioni:
1) l'essere è
2) il non-essere non-è
3) l'essere non-è
4) il non-essere è
Tutte e quattro sono vere.
Le prime due esprimono staticità, il che corrisponde al tentativo del pensiero di ingabbiare l'essere in una definizione immobile.
Le ultime due esprimono dinamicità, il che corrisponde alla realtà di cui abbiamo esperienza, inafferrabile perché in perenne divenire.

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Originalmente inviato da Spaitek
Inoltre, a quale "struttura organizzata" ti riferisci? Chi ti ha detto che è organizzata?
L’universo è una struttura organizzata, ha leggi fisiche che guidano l’evoluzione della materia: queste leggi sono appunto il principio organizzativo dell’universo, che altrimenti non sarebbe che hyle o apeiron.

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Originalmente inviato da Spaitek
Sono sicuro anche io che la strada sarà molto lunga e tortuosa.
Non è un buon motivo per rinunciarvi. trovare una Grande Legge Unificata è una delle ambizioni ultime della Scienza. Ma non possiamo nemmeno escludere che questa non sia una legge che si auto-giustifichi da sè.
Se cerchi una legge del genere, devi trovare non solo una legge che si giustifichi da sé, ma anche che dimostri di essere l’unica legge che si giustifica da sé, perché se ce ne fossero ipoteticamente anche solo due, io potrei sempre chiederti: perché l’una e non l’altra?
Io non perderei tempo in questa ricerca: una simile legge non c’è. La mia risposta al problema è sempre stata questa: esiste tutto, esistono infiniti universi che realizzano tutti i possibili principi organizzativi. E’ l’unico modo per non dover spiegare nulla.

Ultima modifica di Loris Bagnara : 11-06-2009 alle ore 11.55.53.
Loris Bagnara is offline  
Vecchio 10-06-2009, 18.51.13   #114
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?

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Originalmente inviato da Loris Bagnara
A mio avviso (ma chiedo il conforto anche dell’opinione di altri) la scienza dice l’esatto contrario, e il principio dell’entropia ne è la più precisa formulazione.
A mio avviso, ti stai sbagliando: la scienza non può non considerare l'esistenza di qualcosa come un dato di fatto, nudo e crudo.

E, sempre a mio avviso, il principio dell'entropia (suppongo ti riferisca al secondo principio della termodinamica) non ha davvero nulla a che fare in questo discorso (troppo spesso la termodinamica viene strumentalizzata in contesti non pertinenti: lasciamola stare per favore).


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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Ma volendo rimanere su un livello discorsivo, potrei ribattere come segue.
Tu affermi: “Se fosse stato più probabile il nulla, probabilmente non ci sarebbe stato nulla”. Prescindiamo dal fatto che la statistica ha un senso quando si tratta di numerosi eventi, mentre in questo caso ne abbiamo solo due (o c’è qualcosa o non c’è nulla: come si fa a parlare di probabilità?).
Ma per quale assurdo motivo dobbiamo ritenere che i casi siano solo due? Questo significa che tu stai assumendo a priori che di "qualcosa" ne può esistere uno e uno soltanto. fra infiniti !qualcosa" e un solo "niente", è ovvio che il qualcosa sia più probabile del niente. Mi sembra abbastanza chiaro, ovvio, logico,... scontato.


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Originalmente inviato da Loris Bagnara
E poi dici “probabilmente”: probabilmente, ma non necessariamente. Cioè, tu non puoi affermare la necessità di un evento basandoti sul fatto che si è realizzato, perché molto spesso si verificano eventi anche estremamente improbabili.
Quando i casi favorevoli sono molti (la maggior parte dei casi possibili) anche l'improbabile diventa probabile... anzi: da "probabile" diventa "realizzato". Vedi, ad esempio, la comparsa della vita su un pianeta.

Se tu invece volessi addirittura affermare che si verificano solo e sempre gli eventi più probabili, allora non potresti spiegare ad esempio perché, lanciando due dadi, non si ottenga sempre la somma 7, che è appunto il risultato più probabile.



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Originalmente inviato da Loris Bagnara
L’universo è una struttura organizzata, ha leggi fisiche che guidano l’evoluzione della materia: queste leggi sono appunto il principio organizzativo dell’universo, che altrimenti non sarebbe che hyle o apeiron.
Come ho già detto, può darsi che non esistano "leggi fisiche" ma un unico principio da cui scaturiscono le cosiddette leggi fisiche... che forse potevano anche essere diverse da quelle attualmente esistenti.


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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Se cerchi una legge del genere, devi trovare non solo una legge che si giustifichi da sé, ma anche che dimostri di essere l’unica legge che si giustifica da sé, perché se ce ne fossero ipoteticamente anche solo due, io potrei sempre chiederti: perché l’una e non l’altra?
E infatti è ciò che sta cercando di fare (e capire) l'ultima frontiera della Scienza.

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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Io non perderei tempo in questa ricerca: una simile legge non c’è.
Un'opinione alquanto dogmatica. Antiscientifica, soprattutto.
Non solo ritengo si debba fare questa ricerca, ma credo che sia la cosa più importante che l'uomo posa fare attualmente. E molti scienziati lo stanno facendo, infatti.


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Originalmente inviato da Loris Bagnara
La mia risposta al problema è sempre stata questa: esiste tutto, esistono infiniti universi che realizzano tutti i possibili principi organizzativi. E’ l’unico modo per non dover spiegare nulla.
Qui ti contraddici con quanto hai detto prima, e torni a dare acqua al mio mulino.
Se esistono infiniti universi (oppure, altra versione: sarebbero potuti esistere infiniti altri universi diversi da questo), allora perchè hai detto che le possibilità sono solo "due"?
La giusta analogia, per quanto mi riguarda, è la seguente:
il nulla è lo zero, il qualcosa è un numero qualsiasi. Nel lancio di due dadi quale è la cosa più probabile?
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Vecchio 12-06-2009, 11.27.35   #115
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?

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Originalmente inviato da Spaitek
A mio avviso, ti stai sbagliando: la scienza non può non considerare l'esistenza di qualcosa come un dato di fatto, nudo e crudo. E, sempre a mio avviso, il principio dell'entropia (suppongo ti riferisca al secondo principio della termodinamica) non ha davvero nulla a che fare in questo discorso (troppo spesso la termodinamica viene strumentalizzata in contesti non pertinenti: lasciamola stare per favore).
Spiego quel che intendevo dire chiamando in causa l’entropia. Il secondo principio della termodinamica rappresenta la condanna a morte dell’universo (lasciamo perdere la quantistica, che potrebbe modificare il quadro, ma ci porterebbe fuori tema), nel senso che inevitabilmente si arriverà ad una situazione di perfetto equilibrio termico, in cui non accadrà più nulla e che in qualche modo è ciò che di più “nullo” si possa ipotizzare in questo universo (ma non confondiamolo con il “nulla ontologico”). Questo intendevo dire: se l’evoluzione dell’universo porta a tale “nulla”, allora io interpreto che è il “nulla” la condizione più probabile.
Ma lasciamo pur stare l’entropia ed atteniamoci al discorso logico e metafisico; però, Spaitek, sei poi tu a dover spiegare che cosa hanno a che fare le leggi della statistica e il calcolo delle probabilità con la metafisica e con la questione ontologica posta in questa discussione. Infatti, come si può applicare la statistica all’alternativa “esiste qualcosa / non esiste nulla”? Solamente elevando la statistica stessa a principio che esiste ed è valido a prescindere dall’esistenza di qualcosa a cui possa applicarsi… Capisci bene quanto ciò sia incongruo.

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Ma per quale assurdo motivo dobbiamo ritenere che i casi siano solo due? Questo significa che tu stai assumendo a priori che di "qualcosa" ne può esistere uno e uno soltanto. fra infiniti !qualcosa" e un solo "niente", è ovvio che il qualcosa sia più probabile del niente. Mi sembra abbastanza chiaro, ovvio, logico,... scontato.
Vale quanto detto sopra: per me i casi non sono né uno, né due, né zero, né un qualsiasi numero. È un alternativa logica: punto. Non ho fatto che seguirti nel tuo ragionamento che chiamava in causa la statistica, ma come detto credo che questa sia inapplicabile al discorso. In ogni caso, mi sembra una semplificazione quasi puerile associare il “nulla ontologico” al numero zero e gli infiniti possibili universi ai numeri interi (e perché non ai numeri reali o complessi?).

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Quando i casi favorevoli sono molti (la maggior parte dei casi possibili) anche l'improbabile diventa probabile... anzi: da "probabile" diventa "realizzato". Vedi, ad esempio, la comparsa della vita su un pianeta.
Credo che qui tu voglia dire: quando getti i dadi un numero elevatissimo di volte, anche le combinazioni più improbabili devono uscire. Significa forse che l’esito dell’alternativa “esiste qualcosa / non esiste nulla” scaturisce da (metaforicamente) un lancio di dadi che pertanto deve logicamente precedere l’alternativa stessa? Si ricade nell’incongruità già evidenziata: c’è qualcosa che esiste (il lancio dei dadi) prima ancora (un “prima” logico) che sia stabilito che qualcosa esiste.

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Originalmente inviato da Spaitek
Come ho già detto, può darsi che non esistano "leggi fisiche" ma un unico principio da cui scaturiscono le cosiddette leggi fisiche... che forse potevano anche essere diverse da quelle attualmente esistenti.
[…]
E infatti è ciò che sta cercando di fare (e capire) l'ultima frontiera della Scienza.
[…]
Un'opinione alquanto dogmatica. Antiscientifica, soprattutto.
Non solo ritengo si debba fare questa ricerca, ma credo che sia la cosa più importante che l'uomo posa fare attualmente. E molti scienziati lo stanno facendo, infatti.
Non si tratta di dogmatismo, ma di pura logica. Un principio unico del genere secondo me non può esistere perché dovrebbe avere innanzitutto il requisito di negare la validità di qualsiasi altro principio immaginabile (se non lo facesse, esisterebbero altri principi validi e allora non sarebbe l’unico). Ma un principio del genere costituirebbe una teoria “completa e coerente”, e ciò mi pare in contrasto con il teorema di Godel e con i suoi numerosi corollari.
Poi c’è da dire questo: se un principio unico del genere esistesse, lo si dovrebbe poter costruire a tavolino. Infatti dovrà avere necessariamente determinate caratteristiche logiche che appunto possono essere assemblate a tavolino. La ricerca scientifica non potrebbe contribuire in nulla alla scoperta di questo principio, perché la scienza non fa che accertare quale, fra le infinite possibili leggi, si verifica realmente; ma, come detto, il principio unico non ha alternative, se esiste c’è solo lui. Che si va a cercare?

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Qui ti contraddici con quanto hai detto prima, e torni a dare acqua al mio mulino.
Se esistono infiniti universi (oppure, altra versione: sarebbero potuti esistere infiniti altri universi diversi da questo), allora perchè hai detto che le possibilità sono solo "due"?
La giusta analogia, per quanto mi riguarda, è la seguente:
il nulla è lo zero, il qualcosa è un numero qualsiasi. Nel lancio di due dadi quale è la cosa più probabile?
Nessuna contraddizione nelle mie affermazioni. Vedi sopra quanto detto sull’applicabilità della statistica.

Loris
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Vecchio 13-06-2009, 23.39.15   #116
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?

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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Spiego quel che intendevo dire chiamando in causa l’entropia. Il secondo principio della termodinamica rappresenta la condanna a morte dell’universo (lasciamo perdere la quantistica, che potrebbe modificare il quadro, ma ci porterebbe fuori tema), nel senso che inevitabilmente si arriverà ad una situazione di perfetto equilibrio termico, in cui non accadrà più nulla e che in qualche modo è ciò che di più “nullo” si possa ipotizzare in questo universo (ma non confondiamolo con il “nulla ontologico”). Questo intendevo dire: se l’evoluzione dell’universo porta a tale “nulla”, allora io interpreto che è il “nulla” la condizione più probabile.
Fammi capire: un universo vastissimo, dotato di spaziotempo, ricolmo di materia che, seppur molto fredda e molto diluita, sarebbe in quantità la stessa materia esistente oggi,... tu lo chiameresti "nulla"? Questo, ovviamente, non è il nulla, ma è un "qualcosa", e precisamente è il nostro universo. Che può evolvere come vuoi, ma di sicuro non può diventare un "nulla" (a meno che non sia valida la teoria del Big Crunch?).
Ti dico questo anche a dimostrazione del fatto che la termodinamica qui c'entra come i cavoli a merenda. Lo stesso dicasi per la quantistica. Stai facendo un uso improprio della scienza... e lo farai ancora con Godel più sotto.


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Ma lasciamo pur stare l’entropia ed atteniamoci al discorso logico e metafisico; però, Spaitek, sei poi tu a dover spiegare che cosa hanno a che fare le leggi della statistica e il calcolo delle probabilità con la metafisica e con la questione ontologica posta in questa discussione.

Infatti, come si può applicare la statistica all’alternativa “esiste qualcosa / non esiste nulla”? Solamente elevando la statistica stessa a principio che esiste ed è valido a prescindere dall’esistenza di qualcosa a cui possa applicarsi… Capisci bene quanto ciò sia incongruo.
Ma non c'è davvero niente di incongruo. Data la possibilità che possa esistere "qualcosa" (come effettivamente è), e presupposto (come tu stesso hai fatto) che possa esistere "tutto", allora possiamo benissimo fare uso del calcolo probabilistico... che tra l'altro deriva direttamente (e inevitabilmente)da un corretto uso della Logica.
Allora, allo stesso modo, ti potrei chiedere: per quale motivo elevi la Logica a a principio?




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Vale quanto detto sopra: per me i casi non sono né uno, né due, né zero, né un qualsiasi numero. È un alternativa logica: punto. Non ho fatto che seguirti nel tuo ragionamento che chiamava in causa la statistica, ma come detto credo che questa sia inapplicabile al discorso. In ogni caso, mi sembra una semplificazione quasi puerile associare il “nulla ontologico” al numero zero e gli infiniti possibili universi ai numeri interi (e perché non ai numeri reali o complessi?).
L'unica cosa veramente puerile, è assumere che per logica debbano esistere un "nulla" e un "qualcosa" come se questi fossero due (e solo due) casi possibili, come se dovessimo scegliere fra testa o croce, o fra bianco e nero.
Non abbiamo davvero nessun motivo di porre la questione in questi termini, che mi paiono fin troppo antropocentrici. "Nulla" e "qualcosa" è già una distinzione "privilegiata", del tutto "artificiale".


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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Credo che qui tu voglia dire: quando getti i dadi un numero elevatissimo di volte, anche le combinazioni più improbabili devono uscire. Significa forse che l’esito dell’alternativa “esiste qualcosa / non esiste nulla” scaturisce da (metaforicamente) un lancio di dadi che pertanto deve logicamente precedere l’alternativa stessa? Si ricade nell’incongruità già evidenziata: c’è qualcosa che esiste (il lancio dei dadi) prima ancora (un “prima” logico) che sia stabilito che qualcosa esiste.
Sì, presumevo l'esistenza di una Grande Teoria fisica Unificata. Da cui possa scaturire una infinità di mondi diversi e di leggi fisiche "emergenti" diverse... oppure il Nulla ontologico.
Ma forse per te il fatto che preesista una Legge fisica significa compromettere il nulla...





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Non si tratta di dogmatismo, ma di pura logica.
A parte il fatto che dovremmo pure chiederci per quale motivo la Logica dovrebbe continuare ad essere applicabile...

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Un principio unico del genere secondo me non può esistere perché dovrebbe avere innanzitutto il requisito di negare la validità di qualsiasi altro principio immaginabile (se non lo facesse, esisterebbero altri principi validi e allora non sarebbe l’unico). Ma un principio del genere costituirebbe una teoria “completa e coerente”, e ciò mi pare in contrasto con il teorema di Godel e con i suoi numerosi corollari.
Poi c’è da dire questo: se un principio unico del genere esistesse, lo si dovrebbe poter costruire a tavolino. Infatti dovrà avere necessariamente determinate caratteristiche logiche che appunto possono essere assemblate a tavolino. La ricerca scientifica non potrebbe contribuire in nulla alla scoperta di questo principio, perché la scienza non fa che accertare quale, fra le infinite possibili leggi, si verifica realmente; ma, come detto, il principio unico non ha alternative, se esiste c’è solo lui. Che si va a cercare?
Il principio stesso. E se esiste, e c'è solo lui, significa che è veramente così. Punto e fine della questione. Oltre a fare questo, non possiamo davvero fare niente, e tutto il resto resterà per sempre una pura speculazione filosofica.
Spaitek is offline  
Vecchio 14-06-2009, 14.16.18   #117
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Fammi capire: un universo vastissimo, dotato di spaziotempo, ricolmo di materia che, seppur molto fredda e molto diluita, sarebbe in quantità la stessa materia esistente oggi,... tu lo chiameresti "nulla"? Questo, ovviamente, non è il nulla, ma è un "qualcosa", e precisamente è il nostro universo. Che può evolvere come vuoi, ma di sicuro non può diventare un "nulla" (a meno che non sia valida la teoria del Big Crunch?).
Ti dico questo anche a dimostrazione del fatto che la termodinamica qui c'entra come i cavoli a merenda. Lo stesso dicasi per la quantistica. Stai facendo un uso improprio della scienza... e lo farai ancora con Godel più sotto.
Guarda che io non faccio nessun uso della scienza per affrontare questioni metafisiche; ma sei tu, mi pare, che ritieni di poter dare risposte a questioni metafisiche attraverso la scienza, ed è precisamente qui l'errore.
E poi mi pare d'esser stato ben chiaro quando ho detto che la situazione finale di equilibrio termico dell'universo non è "il nulla", ma quanto di più vicino ad esso si possa realizzare sul piano fisico: siffatto universo non sarebbe più nemmeno uno spazio-tempo, in verità, perché se nulla si muove non ha senso parlare di spazio e se nulla può accadere non ha senso parlare di tempo. Un universo del genere non può più evolvere: rimarrebbe immobile eternamente. Ecco allora il mio richiamo alla quantistica: sappiamo che la meccanica quantistica consente di immaginare oscillazioni del vuoto che potrebbero (ma non voglio addentrarmi in questo discorso) essere le uniche possibilità per rompere quell'immobile equilibrio termico che ho chiamato "nulla fisico". Tutto qui.

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Originalmente inviato da Spaitek
Ma non c'è davvero niente di incongruo. Data la possibilità che possa esistere "qualcosa" (come effettivamente è), e presupposto (come tu stesso hai fatto) che possa esistere "tutto", allora possiamo benissimo fare uso del calcolo probabilistico... che tra l'altro deriva direttamente (e inevitabilmente)da un corretto uso della Logica.
Allora, allo stesso modo, ti potrei chiedere: per quale motivo elevi la Logica a a principio?
Sulla necessità di usare la logica per affrontare qualunque discorso, credo di poter contare sul sostegno di molti, anche perché la logica è l'unico strumento di cui disponiamo. Se rinunciamo a quello, rinunciamo alla possibilità di qualsiasi discorso. Diversamente, credo che non troverai molti sostenitori all'idea di poter applicare la statistica alle questioni metafisiche.

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Sì, presumevo l'esistenza di una Grande Teoria fisica Unificata. Da cui possa scaturire una infinità di mondi diversi e di leggi fisiche "emergenti" diverse... oppure il Nulla ontologico.
Ma forse per te il fatto che preesista una Legge fisica significa compromettere il nulla...
[...]
Il principio stesso. E se esiste, e c'è solo lui, significa che è veramente così. Punto e fine della questione. Oltre a fare questo, non possiamo davvero fare niente, e tutto il resto resterà per sempre una pura speculazione filosofica.
Alla fin fine poi entrambi crediamo alla medesima cosa: all'esistenza di un'infinità di mondi differenti. Quello che non credo è che la Grande Teoria Fisica Unificata, che probabilmente prima o poi la scienza raggiungerà, sia il principio unico metafisico. Voglio dire che sarà sempre possibile costruire a tavolino altre (infinite) Grandi Teorie Fisiche Unificate, distinte da quella reale, in modo tale che la domanda "perché vale questa Grande Teoria e non l'altra?" resterà insoddisfatta. Quel che voglio dire, in definitiva, è che il Tutto che io immagino non si lascia descrivere da un principio: la somma di tutti i possibili principi non può costituire un principio (rifletti bene anche a quest'ultimo punto: c'entra Godel, c'entra).

Loris
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Vecchio 15-06-2009, 15.44.34   #118
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Guarda che io non faccio nessun uso della scienza per affrontare questioni metafisiche; ma sei tu, mi pare, che ritieni di poter dare risposte a questioni metafisiche attraverso la scienza, ed è precisamente qui l'errore.
E poi mi pare d'esser stato ben chiaro quando ho detto che la situazione finale di equilibrio termico dell'universo non è "il nulla", ma quanto di più vicino ad esso si possa realizzare sul piano fisico: siffatto universo non sarebbe più nemmeno uno spazio-tempo, in verità, perché se nulla si muove non ha senso parlare di spazio e se nulla può accadere non ha senso parlare di tempo. Un universo del genere non può più evolvere: rimarrebbe immobile eternamente. Ecco allora il mio richiamo alla quantistica: sappiamo che la meccanica quantistica consente di immaginare oscillazioni del vuoto che potrebbero (ma non voglio addentrarmi in questo discorso) essere le uniche possibilità per rompere quell'immobile equilibrio termico che ho chiamato "nulla fisico". Tutto qui.
Uno spazio-tempo freddo e ricolmo di materia diluita è comunque qualcosa, che non può essere catalogato come "nulla".
Per quanto riguarda il vero "nulla metafisico" invece è già un problema il chiedersi se abbia un senso chiedersi se esista oppure no. Il nulla non ha nè spazio nè tempo, nè tantomeno (ovviamente) materia od energia. Inoltre, una cosa è certa: non ha nulla a che fare con la termodinamica.




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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Sulla necessità di usare la logica per affrontare qualunque discorso, credo di poter contare sul sostegno di molti, anche perché la logica è l'unico strumento di cui disponiamo. Se rinunciamo a quello, rinunciamo alla possibilità di qualsiasi discorso. Diversamente, credo che non troverai molti sostenitori all'idea di poter applicare la statistica alle questioni metafisiche.
No no... stai tranquillo: io continuerò a fare uso della logica, come ho sempre fatto. Ciò che volevo farti capire è che comunque la statistica deriva dalla logica, in quanto branca della matematica. Quindi non vedo perchè non dovrebbe essere applicabile, al pari delle (altre) "leggi" della logica.



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Originalmente inviato da Loris Bagnara
Alla fin fine poi entrambi crediamo alla medesima cosa: all'esistenza di un'infinità di mondi differenti. Quello che non credo è che la Grande Teoria Fisica Unificata, che probabilmente prima o poi la scienza raggiungerà, sia il principio unico metafisico. Voglio dire che sarà sempre possibile costruire a tavolino altre (infinite) Grandi Teorie Fisiche Unificate, distinte da quella reale, in modo tale che la domanda "perché vale questa Grande Teoria e non l'altra?" resterà insoddisfatta. Quel che voglio dire, in definitiva, è che il Tutto che io immagino non si lascia descrivere da un principio: la somma di tutti i possibili principi non può costituire un principio (rifletti bene anche a quest'ultimo punto: c'entra Godel, c'entra).

Loris

Sì, penso anche io che in fondo crediamo alla stessa cosa. Con alcune sfumature diverse però. Ad esempio:
- io ho molta più "fiducia" nella scienza di quanta ne hai tu. Molti scienziati, infatti, sperano di trovare, insieme alla TOE (theory of everything) anche la spiegazione del fatto che la TOE sia quella e non un'altra.
- riguardo a quanto detto qui sopra, io ritengo che se la scienza dovesse fallire, allora sarebbe inutile qualsiasi altra discussione sull'argomento. La scienza, infatti, è l'unico strumento conoscitivo che abbiamo. L'unica cosa che mi resta da fare è sperare che alcune questioni che appaiono "metafisiche" siano in realtà questioni prettamente "scientifiche".
Spaitek is offline  
Vecchio 18-06-2009, 16.13.30   #119
Gaffiere
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Originalmente inviato da arsenio
Platone: se l'Essere è tutte le cose in un continuo divenire eracliteo (Pantha rei) tutto si può dire dire di tutto e il parlare diviene insensato, ma se l'Essere non è nessuna delle cose, allora non si può dire nulla di nulla. Non c'è verità se tutto si predica di tutto. Il parlare sensato richiede che l'Essere sia e non sia al tempo stesso. Così si legittima il diverso ( il non essere relativo) che elude il non Essere parmenideo. Platone demolisce Parmenide riconoscendo la molteplicità del mondo delle Idee, e giustifica le definizioni dialettiche.

Il parlare sensato richiede che siano gli essenti a non coincidere con l'Essere, dovendo partecipare (Sophista) anche del genere del diverso per giustificare la complessità semantica dell'esperienza, non che l'Essere sia e non sia, simpliciter, sè stesso: un dire questo che è immediatamente autocontradddittorio, negazione di una tautologia.
Da rilevare, inoltre, che Platone, pur concedendogli il successo nell'introduzione delle differenze nel discorso speculativo, non risolve, contrariamente alle attese, il problema di come si possa introdurre il nihil absolutum, l'assoluta negatività nel discorso e nel giudizio, anche se questa era inizialmente la sua intenzione. Non spiega cioè come si possa discutere positivamente del nulla, lo fa notare anche Severino, se non sbaglio, nel quarto capitolo della Struttura Originaria, relativo alle aporie sul nulla.
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Vecchio 19-06-2009, 11.39.26   #120
Loris Bagnara
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Originalmente inviato da Gaffiere
Il parlare sensato richiede che siano gli essenti a non coincidere con l'Essere, dovendo partecipare (Sophista) anche del genere del diverso per giustificare la complessità semantica dell'esperienza, non che l'Essere sia e non sia, simpliciter, sè stesso: un dire questo che è immediatamente autocontradddittorio, negazione di una tautologia.
[...]
Francamente questa affermazione non mi sembra meno autocontraddittoria dell'altra. Significa infatti che gli essenti sono o totalmente o parzialmente distinti dall'Essere; ma allora restano per me incomprensibili i significati di 'essente' e 'Essere'. Se l'essente è l'Essere che si manifesta, allora parte della manifestazione dell'Essere sarebbe distinta dall'Essere? Viceversa, se l'Essere è il fondamento di tutto ciò che esiste, come possono gli essenti non essere totalmente compresi nell'Essere?

Io credo che qualunque affermazione si faccia, o si cade nella tautologia oppure nell'autocontraddizione: essere consapevoli di questo è l'unico modo, a mio avviso, di penetrare il mistero (perché resta necessariamente un mistero per l'uomo) dell'Essere e del Divenire.

Loris
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