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Vecchio 16-08-2009, 01.10.06   #1
Sesbassar
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Data registrazione: 15-08-2009
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Aut fides aut ratio?

Recentemente, a causa dei miei studi in seminario mi sono trovato a leggere varie posizioni di autori atei, tra cui Paolo Flores D'Arcais, Michel Onfray, per citare i più recenti, e il pensiero di fondo che traspare (o che è più che esplicito) nei diversi autori è l'irrazionalità della fede.

Trovo che spesso si consideri la fede come un sentimento assurdo che non ha alcun fondamento, ma lavoriamo per analogia (che è l'unico modo per parlare del divino senza essere fanatici): se io mi fido di una persona è 1) per un motivo antropologico (l'essere umano non può non fidarsi del suo simile pena la schizofrenia paranoide) 2) perchè questa persona mi ha dato dei motivi per crederle.

Nel caso della fede religiosa cristiana il credente non fa altro che rispondere ad una chiamata; Dio si presenta alla persona che è libera di rifiutare la sua proposta, e risponderà in maniera affermativa solo se riterrà Dio un Dio credibile.
La fede non è quindi un mio moto irrazionale, ma la conseguenza della fiducia riposta in una persona (nel caso del Dio cristiano in una tri-persona);

La razionalità ha spazio in tutto questo? Una classica argomentazione è che la razionalità è un dono di Dio e quindi positiva in sè. Ma spingiamoci un po' oltre: la ragione, è la risorsa attraverso la quale il credente riesce a distinguere tra superstizione (il gatto nero porta male ecc. ecc.), e fede religiosa matura. L'indagine razionale serve inoltre a smascherare i processi viziosi che il credente compie, spesso per motivi tutt'altro che nobili.

Ragione e fede possono coesistere? La ragione è uno strumento molto potente in mano all'uomo, anche solo il computer dal quale scrivo è un trionfo della ragione, e può tranquillamente essere considerata autosufficiente. Un esempio di ragione autosufficiente sono per l'appunto le filosofie atee. Questo però non vuol dire che la fede sia irrazionale: la mia credenza poggia su una chiamata alla quale rispondo con tutto me stesso (quindi anche con la ragione) e che non può prescindere dall'analisi razionale (pena lo scadere nella superstizione). Quella ragione che io adopero però nasce dal bisogno di spiegare un'esperienza compiuta, non dal nulla, quindi se ho fatto l'esperienza dell'infinito amore, non potrò dire che non esiste: l'ho provato!

La fede religiosa può quindi essere considerata una risposta all'esperienza del Totalmente Altro, che richiede l'investimento di tutto me stesso. Rinunciare alla ragione sarebbe comodo, ma altrettanto dannoso, poichè ci si esporrebbe al rischio di credere veramente in assurdità...
Sesbassar is offline  
Vecchio 16-08-2009, 12.27.20   #2
Koli
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Messaggi: 405
Re: Aut fides aut ratio?

Ciao S. e benvenuto nel forum. Sono contento che tu sia uno studente di teologia: questo non può che arricchire questo spazio.

Citazione:
Originalmente inviato da Sesbassar
Trovo che spesso si consideri la fede come un sentimento assurdo che non ha alcun fondamento.
Da non credente (che è un modo carino per dire "ateo" ) non mi sento di appoggiare questa posizione (che ti limiti solo a riportare), ma mi voglio spiegare meglio.

Citazione:
Originalmente inviato da Sesbassar
Ragione e fede possono coesistere?
Penso che non solo possono coesistere ma di fatto coesistono. Secondo me bisognerebbe però distinguere "vari gradi di fede". La fede infatti non è certamente solo quel sentimento religioso ma coinvolge tutte (o quasi) gli aspetti della nostra vita quotidiana. Ad esempio, io ho fede che tu capisca il significato delle singole parole che sto scrivendo perché credo che tu conosca l'italiano (e non abbia subito un trauma che ti ha privato della tua facoltà intellettiva dopo che hai scritto la tua discussione). Ovviamente, strettamente parlando, non ho la certezza che tu, nel fra tempo, non abbia subito il suddetto trauma, ma mi fido (e ovviamente ti auguro) che ciò non sia avvenuto. Ora, mi sembra chiaro che io sia mosso dalla fede che tu capisca l'italiano, altrimenti non ti scriverei in italiano.
Alla tua domanda che ho quotato rispondo quindi con un'altra domanda: Possiamo equiparare la mia fede con la tua? La mia risposta, com'è intuibile, è "no". Ecco perché:

(Rispondo adesso alla prima frase che ho quotato). La mia fede - quella che da per scontato che tu capisca l'italiano - non ha un fondamento irrefutabile; è solo una credenza (belief) nel senso humeano, provocata dall'abitudine (custom): cioè dico che ad A seguirà B perché fino ad ora è sempre stato cosi. Allo stesso modo dico che tu capisci l'italiano solo perché hai precedentemente scritto una discussione in questo idioma.
Sebbene la mia credenza non abbia un solido fondamento, nel senso che non ho la certezza che tu capisca l'italiano, non direi che sia assurda perché ho buone motivazioni per credere che tu mi capisca.

Tutto questo per dire che secondo me, non sei filosoficamente giustificato a fare questa analogia:
Citazione:
Originalmente inviato da Sesbassarma
lavoriamo per analogia (che è l'unico modo per parlare del divino senza essere fanatici): se io mi fido di una persona è 1) per un motivo antropologico (l'essere umano non può non fidarsi del suo simile pena la schizofrenia paranoide) 2) perchè questa persona mi ha dato dei motivi per crederle.
Qui, secondo me, siamo a gradi diversi di fede. Fidarsi di una persona, come può essere un tuo amico o un tuo familiare, non può essere analogo, cioè non può avere lo stesso grado di giustificazione/razionalità della fiducia che riponi in Dio; e non certo perché Dio ha attributi "perfetti" rispetto a noi ma perché a livello gnoseolologico non lo esperisci come fai con un tuo amico. Non puoi dire "Eccolo lì Dio", come fosse un tuo amico.

Ciao
Koli is offline  
Vecchio 16-08-2009, 12.42.01   #3
Sesbassar
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Data registrazione: 15-08-2009
Messaggi: 55
Riferimento: Re: Aut fides aut ratio?

Citazione:
Originalmente inviato da Koli
Penso che non solo possono coesistere ma di fatto coesistono. Secondo me bisognerebbe però distinguere "vari gradi di fede". La fede infatti non è certamente solo quel sentimento religioso ma coinvolge tutte (o quasi) gli aspetti della nostra vita quotidiana. Ad esempio, io ho fede che tu capisca il significato delle singole parole che sto scrivendo perché credo che tu conosca l'italiano (e non abbia subito un trauma che ti ha privato della tua facoltà intellettiva dopo che hai scritto la tua discussione). Ovviamente, strettamente parlando, non ho la certezza che tu, nel fra tempo, non abbia subito il suddetto trauma, ma mi fido (e ovviamente ti auguro) che ciò non sia avvenuto. Ora, mi sembra chiaro che io sia mosso dalla fede che tu capisca l'italiano, altrimenti non ti scriverei in italiano.
Alla tua domanda che ho quotato rispondo quindi con un'altra domanda: Possiamo equiparare la mia fede con la tua? La mia risposta, com'è intuibile, è "no". Ecco perché:

(Rispondo adesso alla prima frase che ho quotato). La mia fede - quella che da per scontato che tu capisca l'italiano - non ha un fondamento irrefutabile; è solo una credenza (belief) nel senso humeano, provocata dall'abitudine (custom): cioè dico che ad A seguirà B perché fino ad ora è sempre stato cosi. Allo stesso modo dico che tu capisci l'italiano solo perché hai precedentemente scritto una discussione in questo idioma.
Sebbene la mia credenza non abbia un solido fondamento, nel senso che non ho la certezza che tu capisca l'italiano, non direi che sia assurda perché ho buone motivazioni per credere che tu mi capisca.


quando parlo di fiducia antropologica mi riferisco proprio a questo: una mia (o meglio nostra) apertura all'altro, data dalla esperienza diretta.

Citazione:
Originalmente inviato da Koli
Tutto questo per dire che secondo me, non sei filosoficamente giustificato a fare questa analogia:

Qui, secondo me, siamo a gradi diversi di fede. Fidarsi di una persona, come può essere un tuo amico o un tuo familiare, non può essere analogo, cioè non può avere lo stesso grado di giustificazione/razionalità della fiducia che riponi in Dio; e non certo perché Dio ha attributi "perfetti" rispetto a noi ma perché a livello gnoseolologico non lo esperisci come fai con un tuo amico. Non puoi dire "Eccolo lì Dio", come fosse un tuo amico.

A mio parere l'analogia può essere solo identificata da me: io ti testimonio che l'esperienza del divino è simile a quella della donazione di sè.
Certo l'esperienza del divino è irreferibile, ma non del tutto, essa è entrata nell'orizzonte della mia vita anche se in modo del tutto dissimile alle diverse esperienze sensoriali che ho fatto. Semplicemente l'esperienza umana che va più vicino all'esperienza di fede (cristiana) è quella della donazione di sè.

Il fedele basa il proprio processo razionale su un esperienza precedentemente fatta, che non può negare (altrimenti mentirebbe), il non credente parte dalla sola ragione.
Fino a quando comunque riusciamo a distinguere i due piani riusciamo ad evitare i vari fanatismi/fondamentalismi/integralismi.
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Vecchio 16-08-2009, 17.09.26   #4
devilmac
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Data registrazione: 08-08-2009
Messaggi: 52
Riferimento: Aut fides aut ratio?

richiamarsi all'irrazionalità della fede è solo un modo per dire che non si può convincere un ateo attraverso ragionamenti ad essere d'accordo con alcuni aspetti della religione, o a convertirsi. la ragione ci deve essere nella vita di un credente, è ovvio. ma accettare determinati dogmi, o anche solo accettare che i vangeli siano stati scritti non dico da dio ma sotto la sua ispirazione, non può essere argomento di ragione, ma di fede.
devilmac is offline  
Vecchio 16-08-2009, 20.56.30   #5
Franco
Ospite abituale
 
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Messaggi: 508
Riferimento: Aut fides aut ratio?

Sesbassar,

Il corsivo sarà tuo:

"Recentemente, a causa dei miei studi in seminario mi sono trovato a leggere varie posizioni di autori atei, tra cui Paolo Flores D'Arcais, Michel Onfray, per citare i più recenti, e il pensiero di fondo che traspare (o che è più che esplicito) nei diversi autori è l'irrazionalità della fede."-

- Bisognerebbe definire il concetto di autore ateo.
- Bisognerebbe definire il concetto di irrazionalitä della fede dopo aver accuratamente definito quelli di razionalità e fede.


"Trovo che spesso si consideri la fede come un sentimento assurdo che non ha alcun fondamento, ma lavoriamo per analogia (che è l'unico modo per parlare del divino senza essere fanatici): se io mi fido di una persona è 1) per un motivo antropologico (l'essere umano non può non fidarsi del suo simile pena la schizofrenia paranoide) 2) perchè questa persona mi ha dato dei motivi per crederle."


-Cosi intendi con la parolina "si"? E cosa con la parola fede? Perché imposti il tuo discorso dando per scontato che quando si parla di fede s'intende la fede religiosa?

- che una certe fede religiosa possa esseere irrazionale é qualcosa di facilmente discutibile ed individuabile concettualmente, ma che essa non abbia nessun fondamneto è una tesi difficilmete sostenibile.. Si puo' a tal proposito agilmente asserire che i fondamenti dell'assurdità di un certo sentimento religioso possono essere molteplici.

Qui aleggia di già lo spettro dell'identità di fede e fede religiosa, di fede religiosa e fede per antonomasia.

- il tuo interevento é centrato sulla nozione di analogia ed è tra l'altro un'analogia caratterizzante il poderoso movimento della teologia cristiana contemporanea tanto protestante quanto cattolica.

Trattasi di un'analogia scorretta giacchè fondata sull'identificazione altrettanto scorretta di fede come fiducia e fede come credenza nella realtà di un ente in quanto tale.

"se io mi fido di una persona è 1) per un motivo antropologico (l'essere umano non può non fidarsi del suo simile pena la schizofrenia paranoide) 2) perchè questa persona mi ha dato dei motivi per crederle."

No, se nella fiducia in una persona (ente umano) l'oggetto del sentimento è un ente reale, nella fiducia del credente in senso religioso l'oggetto del suo sentimento è tutt'altro che certamente reale.

Il fidarsi-di non equivale in alcun modo all'esser-credenti-in o all'esser-credenti-a. Il piano del secondo supera e comprende il piano del primo. Cio' di cui il credente in senso religioso non s'accorge é che il suo aver- fiducia-in , il suo eser-fiducioso- in puö essere un sentimento vuoto d'oggetto reale, una super-stizione.

"Nel caso della fede religiosa cristiana il credente non fa altro che rispondere ad una chiamata; Dio si presenta alla persona che è libera di rifiutare la sua proposta, e risponderà in maniera affermativa solo se riterrà Dio un Dio credibile.
La fede non è quindi un mio moto irrazionale, ma la conseguenza della fiducia riposta in una persona (nel caso del Dio cristiano in una tri-persona);"


Cio' che il credente asserisce- come nel tuo caso- è qualcosa di inammissibilie alla luce di una certa razionalità. Il credente non risponde ad una chiamata ma "semplicemente" crede di rispondervi. Tanto chiamata quanto chiamante e chiamato sono ii tre fenomeni dei quali solo il terzo è indiscutibilmente reale.

"La fede non è quindi un mio moto irrazionale, ma la conseguenza della fiducia riposta in una persona (nel caso del Dio cristiano in una tri-persona);"

La tua operazione analogica è viziosa in nuce giacchè si fonda sull'identificazione erronea di fede come fiducia e di fede come credenza in un oggetto solo probabilmente reale.

La domanda con la quale hai aperto la discussione cosi' come ogni discussione sulla razionalitä o meno del sentimento religioso vanno analizzate sulla base di questi rilievi.

Franco
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Vecchio 16-08-2009, 22.52.23   #6
Noor
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Riferimento: Aut fides aut ratio?

Citazione:
Originalmente inviato da Franco
se nella fiducia in una persona (ente umano) l'oggetto del sentimento è un ente reale, nella fiducia del credente in senso religioso l'oggetto del suo sentimento è tutt'altro che certamente reale.

Il fidarsi-di non equivale in alcun modo all'esser-credenti-in o all'esser-credenti-a. Il piano del secondo supera e comprende il piano del primo. Cio' di cui il credente in senso religioso non s'accorge é che il suo aver- fiducia-in , il suo eser-fiducioso- in puö essere un sentimento vuoto d'oggetto reale, una super-stizione

Il credente non risponde ad una chiamata ma "semplicemente" crede di rispondervi. Tanto chiamata quanto chiamante e chiamato sono ii tre fenomeni dei quali solo il terzo è indiscutibilmente reale.
Bisogna stabilire se s’intende fede per fiducia o per credenza:non è l’oggetto la differenza quanto la mente oggettivante quale movimento proiettivo compie verso il soggetto oggettivato:la fiducia ha più a che fare con l’amore,la credenza con la superstizione.
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Vecchio 17-08-2009, 00.13.29   #7
Sesbassar
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Riferimento: Aut fides aut ratio?

oh bene, tante risposte

cercherò di essere il più chiaro possibile

a me sembra ci sia un problema di linguaggio: credere in un Dio trascendente è il riporre la propria fiducia in una persona della quale si ritiene l'esistenza a causa di un esperienza spirituale; se io credente dico a chiccessia che l'esperienza di Dio è analoga all'esperienza umana dell'amore non dico che l'esperienza umana dell'amore è la stessa cosa dell'esperienza di Dio, ma affermo che hanno una determinata similitudine (in questo caso la donazione di sè);

la fede antropologica è di sicuro differente dalla fede religiosa, poichè la seconda si riferisce al Totalmente Altro, il quale non è conoscibile come le persone che ci stanno accanto, semplicemente esse indicano un'apertura del "credente" che è simile per tutt'e due i casi...

ricordo che analogia non significa uguaglianza; purtroppo, e questo vale per ogni esperienza umana, non è facile dare definizioni specifiche, e si incappa spesso in problemi relativi al linguaggio; per questo utilizziamo delle analogie: per sorpassare il problema linguistico riferendoci ad esperienze umane provate da tutti, e quindi facilmente comprensibili!
Sesbassar is offline  
Vecchio 17-08-2009, 10.35.42   #8
emmeci
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Riferimento: Aut fides aut ratio?

Penso, Sesbassar, che in quanto seminarista tu interpreti la fede come fede basata su una rivelazione particolare (quella cattolica, presumo). E sta qui il punto critico: che ad essa si oppone non la cosiddetta “ragione”, ma anche una fede che trascende quella richiesta da una singola chiesa, non avendo altra giustificazione o definizione possibile che di essere fede nell’assoluto o nell’assoluta verità, trascendendo ogni religione di questo o qualsiasi altro pianeta.
Due cose riempiono il mio spirito – potrei dire sulla scia della famosa dichiarazione kantiana: la certezza che una verità assoluta c’è e che noi possiamo cercarla. Nient’altro, ma è forse tutto ciò che serve per la nostra vita. Per vivere e per morire.
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Vecchio 17-08-2009, 11.10.22   #9
La_viandante
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Riferimento: Aut fides aut ratio?

Correggimi se ho inteso male quello che vuoi dire ma mi pare tu voglia dare dimostrazione di come in te la fede è nata attraverso un atto razionale, e dunque la ragione è il tramite per giungere alla fede. Dal mio punto di vista però quello di cui tu ci dici di aver avuto esperienza altro non è che una sensazione, un sentimento di amore assoluto? Piena felicità? Dici di aver incontrato questa persona, dio, il dio tripersonale, ma tutto quello che offri qui a dimostrazione è qualcosa che non è passato attraverso i 5 sensi non ne hai sentito odore, visto immagine udito suoni o parole, tutto quello che hai da mostrare è sensazione, sentimento, a differenza quindi di una persona reale che ci da attraverso tutti i 5 sensi la possibilità di scegliere se porre o meno la nostra fiducia in lui, nelle sue parole in quello che ci mostra di sé.
E il sentimento è irrazionalità, la ragione può arrivare solo al sento dunque esiste il mio sentire, e non l’oggetto che dici ti provochi questo sentire. L’amico invece esiste anche oggettivamente e tutti, a chiunque lo presentiamo potrà confermarci che esiste.
Dunque oltre alla esperienza del sentire bisogna fare quel salto di fede che ci fa dire che l’oggetto del nostro sentire esiste realmente. La ragione può ancora fare un passettino, può dire potrebbe anche esistere, ma non darlo per certo. Questo è l’ambito della fede. So che si può portare questo ragionamento al suo eccesso, e cioè che anche tutto quello che ci perviene attraverso i senso potrebbe essere solo frutto della creazione nostra personalissima mentale, e che il mondo intero che ci desse conferma dell’esistenza del nostro amico è petizione di principio, bisogna ancora dimostrare che questo mondo intero esista, e non sia anch’esso creazione mentale. Russell in i problemi della filosofia dice una cosa abbastanza emblematica ovvero che bisogna, in filosofia, tener conto anche che può portare a ragionare per assurdo, bene condivido che alla fine la filosofia, per certe sue cose rasenta l’assurdo, ed è proprio attraverso questo che Ratzinger ottiene che la ragione debba racchiudere la fede per ritenersi completa. In realtà io credo che là dove finisce la ragione inizia la fede, non solo religiosa.
La ragione può portare solo sulla soglia dell’inconoscibile, dopo di che ogni scelta è irrazionale, fede.
La_viandante is offline  
Vecchio 17-08-2009, 12.24.31   #10
epicurus
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Riferimento: Aut fides aut ratio?

Prendendo spunto dall'intervento di Franco per chiarire e precisare un po' più gli oggetti della nostra discussione, e quindi i significati dei termini adottati.
Da tutto ciò che Sesbassar ha scrisso, si deduce che il vero oggetto di questo topic non è la fede in senso ampio e generale, ma il concetto più preciso e delimitato della fede religiosa, più precisamente di quella cristiana.

Koli e Franco distinguono giustamente il concetto di fiducia (trust, in inglese) da quello di credenza (belief, in inglese). La fede religiosa è prima di tutto credenza/belief, solo successivamente può essere fiducia/trust, e questa è una semplice costatazione concettuale. Intendo dire che prima si deve credere/believe nell'esistenza di Dio e solamente dopo ci si può fidare/trust di lui (è evidente che non può essere il contrario per ragioni, mi ripeto, concettuali-grammaticali).

Quando tu dici di avere un'esperienza spirituale, cos'è che ti giustifica nel dire che tale esperienza è spirituale? Perché ritieni giustificato credere che tali sensazioni indichino che tu stia esperendo Dio?
Prova a cercare di rispondere a queste domande e scoprirai -- se ho colto correttamente la questione -- che passare da sensazione-strana a esperienza-di-dio non è giustificabile razionalmente, è un vero e proprio salto di fede, cioè ti formi una credenza non giustificata razionalmente.

Quindi l'analogia che riporti tra fede nell'amico e fede in Dio non può reggere (so che analogia non è uguaglianza, ma qui proprio l'analogia si inceppa); nel primo caso si tratta di fiducia/trust, mentre nel secondo di credenza/belief (almeno inizialmente, come dicevo). Tra l'altro bisognerebbe scegliersi gli amici con intelligenza, e con altrettanta intelligenza si può arrivare persino a terminare un'amicizia: la facoltà critica non dovrebbe mai spegnersi completamente.

Tu affermi che la razionalità è usata dal cristiano per distinguere la vera religione cristiana dalla superstizione (consideri superstizione anche qualsiasi altra religione diversa dal cristianesimo?). Ma, come ti ho già detto, lo stesso sistema di credenza (belief system in inglese) cristiano non è giustificato razionalmente, eventualmente il cristiano usa la propria intelligenza per distinguere quando una propria credenza si allontana significativamente dal sistema di credenze cristiano, ma questo è un dato di fatto pacifico, come è pacifico che il cristiano durante la vita di tutti i giorni usi la propria intelligenza e razionalità per risolvere svariati problemi (pratici, tecnici, matematici, etc.).

E fa bene Emmeci ad evidenziare che tu non parli di fede religiosa generale ma che ti riferisci precisamente a quella cristiana. Ritornando alle domane di sopra, ora non ti chiedo semplicemente come giustifichi razionalmente la tua credenza che quelle sensazioni indichi che tu stia esperendo Dio, ma ti chiedo come giustifichi il tuo intero sistema di credenze cristiano alla luce di quella tua sensazione. Come ben sai, il sistema di credenze cristiano include credenze riguardo l'unicità di Dio, la sua natura trinitaria, la natura divina di Gesù, gli attributi specifici di Dio, la creazione di Dio di tutto dal nulla, la provvidenza, il peccato, la grazia, i santi, i sacramenti, la sacralità della Bibbia, l'immortalità dell'anima, la resurrezione dei morti, etc. etc... Naturalmente tutto questo non può essere giustificato razionalmente dalla tua sensazione che chiami (per come ho spiegato sopra) irragionevolmente esperienza di Dio.

Concludo aggiungendo solo un'ultima osservazione. Se il sistema di credenze cristiano (cioè la dottrina cristiana) fosse giustificabile razionalmente, allora non si parlerebbe più di fede o di dogmi (che implicano l'accettazione acritica delle credenze).

epicurus is offline  

 



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