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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 01-05-2010, 18.00.03   #1
Philosophus
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Fenomeno e noumeno

Salve,
sono un nuovo membro di questo forum, appena iscritto.
Vorrei proporre un argomento prettamente filosofico che mi ha stimolato molto durante il mio iter filosofico di questi anni; un argomento forse complesso, forse mai chiarito del tutto, che mi ha lasciato dei dubbi che vorrei dissolvere, e se possibile, districare.
Molti filosofi osservando la realtà tangibile ed immanente, realtà intesa sia nel senso generico come una dimensione che racchiude tutti gli enti tangibili ed ontologici e quindi empirici, sia intesa come realtà dell'oggetto stesso, ovvero sua vera natura, hanno sempre sostenuto che ciò con cui entriamo in contatto non è l'ente in sé nella sua struttura ontologica, bensì il suo fenomeno, che si relativizza nel rapporto soggetto-oggetto tramite la contingenza e la dimensione temporale entro cui subisce una trasformazione visiva sempre in rapporto al soggetto.
Ciò che mi chiedo e su cui ragiono accuratamente da molto tempo è: cosa intendono questi filosofi per fenomeno e noumeno? Cos'è realmente il fenomeno dell'oggetto e il noumento dell'oggetto stesso? O forse, cos'è realmente l'oggetto fenomenizzato e l'oggetto noumenizzato? Vorrei chiarire che per alcuni si tratta semplicemente di una contestualizzazione temporale da cui è scaturita una teoria filosofica a causa delle poche conoscenze scientifiche di allora. Per altri si tratta invece di una vera e propria dissertazione in campo razionale e scientifico.

La Critica della ragion pura non chiarisce il concetto di fenomeno e di noumeno, a meno che questo non sia stato mai chiarito dai filosofi che ne hanno proposto la distinzione e la natura rapportativa al soggetto.

Grazie per l'attenzione.
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Vecchio 01-05-2010, 19.16.00   #2
Nikolaj Stavrogin
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Riferimento: Fenomeno e noumeno

Sto appunto leggendo un saggio di Hilary Putnam, un filosofo americano contemporaneo. In questo saggio — Il Pragmatismo: una questione aperta — ad un certo punto tratta del famoso "Ding an sich" (cosa in sè) di Kant, sostenendo che si tratta di un concetto vuoto.

Ecco cosa dice:

"Tuttavia Kant stesso andava soggetto a una confusione: quella di supporre che una descrizione modellata dalle nostre scelte concettuali in qualche modo non è, per questa stessa ragione, una descrizione del suo oggetto «come esso è in realtà». Non appena commettiamo questo errore, apriamo la porta al problema: se le nostre descrizioni sono solo le nostre descrizioni, descrizioni modellate dai nostri interessi e dalla nostra natura, qual è allora la descrizione delle cose come esse sono in sé?. Questo «in sé» è però effettivamente vuoto — domandare come siano le cose «in sé» equivale, in effetti, a domandare come deve essere descritto il mondo nel linguaggio proprio del mondo, e non esiste una cosa del genere: esistono soltanto i linguaggi che noi parlanti inventiamo per i nostri scopi disparati."

(Il Pragmatismo: una questione aperta, Hilary Putnam, Ed. Laterza, 1992)


Io sono d'accordo con Putnam. Il concetto di «cosa in sé» mi lascia interdetto, non riesco a darne un'interpretazione efficace — come tu stesso dici. Sono contro il dualismo noumeno/fenomeno. Che poi porterebbe ad una sorta di realismo «metafisico» — per dirla con lo stesso Putnam — cioè di un mondo visto dall'«occhio di Dio», un punto di vista esterno, neutrale, indipendente dall'uomo. Ma (1) tale punto di vista esiste?; (2) non è arbitrario? Perchè dovrebbe essere vero, mentre il nostro meno vero?

Infatti Putnam sosterrà un realismo «interno», per cui la verità dipende da una teoria e da un punto di vista. Dicendo che possono esserci più descrizioni «vere» del mondo. Ad esempio possiamo descrivere uno stesso fenomeno sia attraverso la teoria di gravitazione di Newton sia attraverso l'elettromagnetismo di Maxwell. In quest'ottica, scegliere un unico punto di vista — quello ipotetico della cosa «in sé» — ed elevarlo ad un assoluto non ha senso.
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Vecchio 01-05-2010, 22.14.14   #3
arsenio
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Riferimento: Fenomeno e noumeno

Citazione:
Originalmente inviato da Philosophus
Salve,
sono un nuovo membro di questo forum, appena iscritto.
Vorrei proporre un argomento prettamente filosofico che mi ha stimolato molto durante il mio iter filosofico di questi anni; un argomento forse complesso, forse mai chiarito del tutto, che mi ha lasciato dei dubbi che vorrei dissolvere, e se possibile, districare.
Molti filosofi osservando la realtà tangibile ed immanente, realtà intesa sia nel senso generico come una dimensione che racchiude tutti gli enti tangibili ed ontologici e quindi empirici, sia intesa come realtà dell'oggetto stesso, ovvero sua vera natura, hanno sempre sostenuto che ciò con cui entriamo in contatto non è l'ente in sé nella sua struttura ontologica, bensì il suo fenomeno, che si relativizza nel rapporto soggetto-oggetto tramite la contingenza e la dimensione temporale entro cui subisce una trasformazione visiva sempre in rapporto al soggetto.
Ciò che mi chiedo e su cui ragiono accuratamente da molto tempo è: cosa intendono questi filosofi per fenomeno e noumeno? Cos'è realmente il fenomeno dell'oggetto e il noumento dell'oggetto stesso? O forse, cos'è realmente l'oggetto fenomenizzato e l'oggetto noumenizzato? Vorrei chiarire che per alcuni si tratta semplicemente di una contestualizzazione temporale da cui è scaturita una teoria filosofica a causa delle poche conoscenze scientifiche di allora. Per altri si tratta invece di una vera e propria dissertazione in campo razionale e scientifico.

La Critica della ragion pura non chiarisce il concetto di fenomeno e di noumeno, a meno che questo non sia stato mai chiarito dai filosofi che ne hanno proposto la distinzione e la natura rapportativa al soggetto.

Grazie per l'attenzione.

Il pensiero non può cogliere l'essenza dell'essere, ma soltanto conoscere i fenomeni, cioè i fatti che appaiono :l'apparenza come realtà minore o manifestazione più o meno corrispondente alla realtà. Kant e gli illuministi giudicano positivamente tale limite conoscitivo perchè circoscrive l'ambito dove la scienza può produrre che conoscenza vera. Correlato al fenomeno oggetto della conoscenza sensibile è il noumeno o cosa in sé: realtà ignota, oggetto di intuizione divina oppure ciò coincide con il limite invalicabile della mente umana.
Per gl' idealisti l'essere è il pensiero di un Soggetto universale, per Schopenhauer è la volontà irrazionale di vivere. Heidegger è critico verso il problema falso del mondo esterno e ritiene uno scandalo volerlo cercare. In quanto per chi è nel mondo conta stabilire la natura delle cose presenti,come sono per noi.
Problema oggi correlato, ma credo diverso, è quel mondo che non si vede e non si tocca eppure esistente, indagato dalla microfisica, ecc.
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Vecchio 01-05-2010, 23.06.08   #4
Philosophus
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Riferimento: Fenomeno e noumeno

Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Sto appunto leggendo un saggio di Hilary Putnam, un filosofo americano contemporaneo. In questo saggio — Il Pragmatismo: una questione aperta — ad un certo punto tratta del famoso "Ding an sich" (cosa in sè) di Kant, sostenendo che si tratta di un concetto vuoto.

Innanzittutto La ringrazio per il suo contributo al mio post.
Personalmente non conosco Putnam, non l'ho mai sentito nominare e non l'ho mai studiato né avuto modo di leggerlo, in quanto ultimamente mi sono concentrato sull'Epistemologia scientifica.

Citazione:
Ecco cosa dice:

"Tuttavia Kant stesso andava soggetto a una confusione: quella di supporre che una descrizione modellata dalle nostre scelte concettuali in qualche modo non è, per questa stessa ragione, una descrizione del suo oggetto «come esso è in realtà». Non appena commettiamo questo errore, apriamo la porta al problema: se le nostre descrizioni sono solo le nostre descrizioni, descrizioni modellate dai nostri interessi e dalla nostra natura, qual è allora la descrizione delle cose come esse sono in sé?. Questo «in sé» è però effettivamente vuoto — domandare come siano le cose «in sé» equivale, in effetti, a domandare come deve essere descritto il mondo nel linguaggio proprio del mondo, e non esiste una cosa del genere: esistono soltanto i linguaggi che noi parlanti inventiamo per i nostri scopi disparati."

(Il Pragmatismo: una questione aperta, Hilary Putnam, Ed. Laterza, 1992)

Riferendomi al commento sopracitato di Putnam, ho, però, secondo il ragionamento condotto finora, da ribattere dei punti:
  1. Le descrizioni o i giudizi sintetico-proposizionali a posteriori che diamo noi di ciò che è in rapporto con la nostra idendità, sono esse riferite a ciò che vediamo, quindi il fenomeno. Non esprimiamo giudizi circa il noumeno (qualora esistesse).
  2. E' vero, come dice Putnam, che il soggetto non può, tramite il proprio repertorio linguistico-concettuale-logico esprimere dei giudizi sintetici circa il noumeno che non può cogliere, sia perché non lo può appunto conoscere e quindi sintetizzare tramite l'Io penso, sia perché i concetti che la mente umana acquisisce sono relativi all'oggetto fenomenizzato o al fenomeno dell'oggetto, pertanto non possono essere usati per il noumeno. Inoltre nella stessa descrizione Putnam sostiene che non esista un linguaggio del mondo con cui descrivere il noumeno. Non so da quale ragionamento/osservazione dei fatti sia giunto a questa conclusione, ma non sono d'accordo fin quando non si determina scientificamente cosa sia il noumeno.

Nel mio intervento precedente avevo accennato appunto alla determinazione, qualora possibile, del fenomeno e del noumeno secondo i filosofi, che io personalmente potrei interpretare così:
  1. Fenomeno: ciò che a noi appare in forma di qualità secondarie dell'oggetto e che subisce mutazioni visive in base all'angolazione da cui è stabilito il rapporto osservativo ed in base all'istante temporale entro cui evolve biologicamente l'oggetto stesso.
  2. Noumeno: ciò che sta sotto il fenomeno o alla sua base e che, come la sostanza, non può mutare in rapporto ad alcunché, ma solo trasformarsi parzialmente: ovvero costituendo più identità aggregandosi ad altre sostanze.

Ed effettivamente noi non possiamo coglierne la sinteticità perché qualcosa di troppo piccolo rispetto alla nostra capacità visiva.

Citazione:
Io sono d'accordo con Putnam. Il concetto di «cosa in sé» mi lascia interdetto, non riesco a darne un'interpretazione efficace — come tu stesso dici. Sono contro il dualismo noumeno/fenomeno. Che poi porterebbe ad una sorta di realismo «metafisico» — per dirla con lo stesso Putnam — cioè di un mondo visto dall'«occhio di Dio», un punto di vista esterno, neutrale, indipendente dall'uomo. Ma (1) tale punto di vista esiste?; (2) non è arbitrario? Perchè dovrebbe essere vero, mentre il nostro meno vero?

Infatti Putnam sosterrà un realismo «interno», per cui la verità dipende da una teoria e da un punto di vista. Dicendo che possono esserci più descrizioni «vere» del mondo. Ad esempio possiamo descrivere uno stesso fenomeno sia attraverso la teoria di gravitazione di Newton sia attraverso l'elettromagnetismo di Maxwell. In quest'ottica, scegliere un unico punto di vista — quello ipotetico della cosa «in sé» — ed elevarlo ad un assoluto non ha senso.

Io non sono d'accordo con Putnam fin quando non mi vengono fornite delle argomentazioni solide a favore della sua tesi.
Sebbene anche io non riesca a darne una interpretazione efficace preferisco ragionare ed appurare, considerando anche i vostri contributi, ma non voglio giungere alla conclusione non razionale che esso non esista.
Putnam, rileggendo quanto da Lei riportato, non si sofferma tanto sulla potenziale esistenza del noumeno, quanto alla possibilità di una sua descrizione con il linguaggio umano. Linguaggio che scaturisce dalla conoscenza empirica e scientifica degli enti che ci circondano.
Io, invece, desidererei, per condurre efficacemente il mio ragionamento, una argomentazione solida che possa o smentire o confermare l'esistenza del noumeno/fenomeno relativamente alla loro percezione e struttura fisico-ontologica.
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Vecchio 02-05-2010, 03.35.29   #5
Nikolaj Stavrogin
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Riferimento: Fenomeno e noumeno

Prima di tutto, secondo me, i tuoi post sono incredibilmente complessi e ricchi di espressioni ultraelaborate. Non credo che un linguaggio più complesso assolva meglio all'analisi del tuo problema. Infarcire il linguaggio il più possibile mi pare segno di confusione, quasi che chi parla non riesce più a controllare le sue stesse parole.

E questo è un problema perchè mal mi riesce di capirti. A tutta prima mi verrebbe da chiederti come speri di poter essere più chiaro dei filosofi che — come giustamente hai fatto notare tu stesso — non sono riusciti a spiegarsi adeguatamente.

Comunque:

Citazione:
1. Le descrizioni o i giudizi sintetico-proposizionali a posteriori che diamo noi di ciò che è in rapporto con la nostra idendità, sono esse riferite a ciò che vediamo, quindi il fenomeno. Non esprimiamo giudizi circa il noumeno (qualora esistesse).

1. Parti da premesse kantiane, che mi creano un po' di problemi. Prendi praticamente per assodato il dualismo fenomeno/noumeno, anche senza sapere cosa sia il «noumeno».

2. Mi chiedo, se non sai né che esiste il noumeno, né cosa sia, perchè sei convinto che esista il «fenomeno» (che è un concetto strettamente legato a quello di «noumeno», visto che quest'ultimo, secondo te, starebbe alla base del primo)?


Citazione:
2. E' vero, come dice Putnam, che il soggetto non può, tramite il proprio repertorio linguistico-concettuale-logico esprimere dei giudizi sintetici circa il noumeno che non può cogliere, sia perché non lo può appunto conoscere e quindi sintetizzare tramite l'Io penso, sia perché i concetti che la mente umana acquisisce sono relativi all'oggetto fenomenizzato o al fenomeno dell'oggetto, pertanto non possono essere usati per il noumeno. Inoltre nella stessa descrizione Putnam sostiene che non esista un linguaggio del mondo con cui descrivere il noumeno. Non so da quale ragionamento/osservazione dei fatti sia giunto a questa conclusione, ma non sono d'accordo fin quando non si determina scientificamente cosa sia il noumeno.


1. Non possiamo conoscere il noumeno? Per Kant no, per altri — Fichte, Schelling, Hegel, Schopenhauer — si.

2. Putnam non parla di io-penso.

3. Sono scettico che si possa "determinare scientificamente" cosa sia il «noumeno». Non lo fa e non ha bisogno di farlo. Per quel che ne so io, la scienza non fa — per fortuna — metafisica. Non si chiede com'è il mondo «in sé», sempre che dire così abbia qualche significato.

4. Ti ripeto: continui a prendere per assodato il dualismo fenomeno/noumeno. Non sai cosa significano i termini che usi, ma sei fermamente convinto che noi conosciamo quel che dici "oggetto fenomenizzato" (presupponendo l'idea di un «oggetto noumenizzato», o «in sé»).

5. Il linguaggio è uno strumento degli utenti, che lo utilizzato per gli scopi più disparati, fra i quali il principale è la comunicazione. Tu credi che i sassi parlino fra di loro, chiedendosi magari come sono «in se stessi»?


Citazione:
1. Fenomeno: ciò che a noi appare in forma di qualità secondarie dell'oggetto e che subisce mutazioni visive in base all'angolazione da cui è stabilito il rapporto osservativo ed in base all'istante temporale entro cui evolve biologicamente l'oggetto stesso.
2. Noumeno: ciò che sta sotto il fenomeno o alla sua base e che, come la sostanza, non può mutare in rapporto ad alcunché, ma solo trasformarsi parzialmente: ovvero costituendo più identità aggregandosi ad altre sostanze.

Sei sicuro di avere un'idea chiara di queste due definizioni? Soprattutto queste parti: "evolve biologicamente", "trasformarsi parzialmente", "costituendo più identità aggregandosi ad altre sostanze". Oltretutto dai una importanza incredibile al senso della vista. Non conosciamo anche con altri sensi? Dietro all'odore, mettiamo, del sapone, c'è un «noumeno»? E a questo punto, perchè non potrebbe esserci — sempre per il tuo modo di procedere — qualcos'altro alla base del «noumeno» stesso?
Nikolaj Stavrogin is offline  
Vecchio 02-05-2010, 11.38.31   #6
Giorgiosan
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Riferimento: Fenomeno e noumeno

Il noumeno indica una linea di confine fra la conoscenza scientifica e il suo oggetto che è il fenomeno. Noumeno è ciò che si sottrae alla conoscenza scientifica e rappresenta la cosa in sé, l’essenza che non si può conoscere perché l’essere umano non dispone di un intuizione intellettuale capace di conoscere le cose al di là di ogni riferimento empirico.
Questo modo di impostare la questione della conoscenza è superato?

Il pensiero di Kant è un tentativo di sintesi fra una concezione antica e una novità già presente al suo tempo il pensiero metafisico ed il pensiero antimetafisico…
E’ riuscito il tentativo?

L’intuizione sensibile ha ben poco a che fare con le “descrizioni quantistiche”, che si esprimono infatti unicamente come costrutto matematico La quantistica è un modo di conoscere contro intuitivo in cui le categorie spazio e tempo non sono necessarie…ma per Bachelard, che conosce bene microfisica e chimica queste sono scienze nuomeniche… anche lui sembra impegnato in un tentativo di sintesi..
C’è riuscito?

Per quanto mi riguarda non capisco cosa voglia dire porre dei limiti alla ragione e questo è senz’altro un mio limite.

Sono d’accordo con Nikolaj Stavrogin riguardo al modo di esporre di Philosophus, troppo denso, troppe categorie in una sola volta.

Ultima modifica di Giorgiosan : 02-05-2010 alle ore 18.11.12.
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Vecchio 02-05-2010, 13.42.22   #7
ulysse
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Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Prima di tutto, secondo me, i tuoi post sono incredibilmente complessi e ricchi di espressioni ultraelaborate. Non credo che un linguaggio più complesso assolva meglio all'analisi del tuo problema. Infarcire il linguaggio il più possibile mi pare segno di confusione, quasi che chi parla non riesce più a controllare le sue stesse parole.

E questo è un problema perchè mal mi riesce di capirti. A tutta prima mi verrebbe da chiederti come speri di poter essere più chiaro dei filosofi che — come giustamente hai fatto notare tu stesso — non sono riusciti a spiegarsi adeguatamente.

1............................. .......
3. Sono scettico che si possa "determinare scientificamente" cosa sia il «noumeno». Non lo fa e non ha bisogno di farlo. Per quel che ne so io, la scienza non fa — per fortuna — metafisica. Non si chiede com'è il mondo «in sé», sempre che dire così abbia qualche significato.

........................Sei sicuro di avere un'idea chiara di queste due definizioni? Soprattutto queste parti: "evolve biologicamente", "trasformarsi parzialmente", "costituendo più identità aggregandosi ad altre sostanze". Oltretutto dai una importanza incredibile al senso della vista. Non conosciamo anche con altri sensi? Dietro all'odore, mettiamo, del sapone, c'è un «noumeno»? E a questo punto, perchè non potrebbe esserci — sempre per il tuo modo di procedere — qualcos'altro alla base del «noumeno» stesso?

Non che io voglia bacchettare i colleghi propensi a lasciarsi trascinare nel gorgo di PHILOSOPHUS: mi sento però piu' a mi agio con le esressioni di Nikola.... piuttosto che mettermi a ragionare di indefinite entità a priori inconoscibili, di ipotetiche essenze oltre le nostre stesse capacità conoscitive.

Fortuna, appunto, che la scienza non fa metafisica...a parte che non potrebbe: sarebbe inconceibile e incongruente col concetto di scienza.

Oserei dire che il mondo/universo è semplicemente (magari se pure approssimativante) ciò che appare, o meglio cio' che noi percepiamo o che riusciremo a percepire ed esplicare sempre piu' coi nostri sensi...con le protesi, gli strumenti, i metodi di ricerca che la scienza mette e metterà a disposizione....si arriva alla microfisica...all'origine della materia/energia... alla particella di Dio...così detta.

Del resto i nostri cani e gatti percepiscono un mondo di odori, di rumori e di visioni che supera di molto il nostro mondo senza ricorrere ad entità metafisiche...siamo sempre nell'ambio del fenomeno...pur con la strordinaria acutezza della vista dell'aquila.

Ci sono poi illustri predecessori che mi confortano con le loro battute...e che mi pare si adattino straordinariamente con le osservazion di Nikolaj:

Ad esempio Voltaire:
Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla non sa cosa stia dicendo: questa è filosofia!

Ma non intendo essere sacrilego...anzi mi scuso della battuta...non ho saputo resistere!.

Vorrei però esprimere quella che ritengo una differenza sostanzale fra l'impostazione del significato di scienza e di quello di filosfia.

La scienza, che pure si sforza di mettere in atto metodi che garantiscano l'esattenza del trovato, la sua congruenza col fenomeno, ne ammette nel contempo una possibile caducità...almeno sul piano teorico.
Ma credo sia propro questa ammissione di caducità, insieme con l'idea che niente è inconoscibile, a costuire il potente motore del progresso nella conoscenza scientfica.

La filosofia che si autoproclama sapere superiore perchè con rigida logica ragiona e indaga sulla inconoscibile, assoluta essenza delle cose in sè: "noumeno".... continua da millenni a rivoltolarsi su se stessa.

Così' almeno mi pare, ma non vorrei essermi preclusa la possibilità di interloquire ancora su questo forum.

ulysse is offline  
Vecchio 02-05-2010, 14.57.35   #8
Philosophus
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Citazione:
Originalmente inviato da Nikolaj Stavrogin
Prima di tutto, secondo me, i tuoi post sono incredibilmente complessi e ricchi di espressioni ultraelaborate. Non credo che un linguaggio più complesso assolva meglio all'analisi del tuo problema. Infarcire il linguaggio il più possibile mi pare segno di confusione, quasi che chi parla non riesce più a controllare le sue stesse parole.

D'accordo, mi scuso per questo. Tenterò d'esser più chiaro.

Citazione:
Comunque:



1. Parti da premesse kantiane, che mi creano un po' di problemi. Prendi praticamente per assodato il dualismo fenomeno/noumeno, anche senza sapere cosa sia il «noumeno».


No no, forse non sono riuscito bene a comunicare il mio intento. Riferendomi a Kant, ed a tutti i filosofi che hanno stabilito un dialismo cosa in sé/ciò che ci appare, ho scritto che, qualora il noumeno esistesse, cosa si intenda precisamente per noumeno e fenomeno, ovvero per cosa in sé e fenomeno. Ma non dal punto di vista razionale o filosofico, bensì tangibile, scientifico.

Citazione:

2. Mi chiedo, se non sai né che esiste il noumeno, né cosa sia, perchè sei convinto che esista il «fenomeno» (che è un concetto strettamente legato a quello di «noumeno», visto che quest'ultimo, secondo te, starebbe alla base del primo)?


Ma dove ho scritto che sono fermamente convinto del noumeno? Sto supponendo la sua esistenza in vista di avere chiarimenti sul fronte tangibile.



Citazione:
1. Non possiamo conoscere il noumeno? Per Kant no, per altri — Fichte, Schelling, Hegel, Schopenhauer — si.

2. Putnam non parla di io-penso.

3. Sono scettico che si possa "determinare scientificamente" cosa sia il «noumeno». Non lo fa e non ha bisogno di farlo. Per quel che ne so io, la scienza non fa — per fortuna — metafisica. Non si chiede com'è il mondo «in sé», sempre che dire così abbia qualche significato.

Ma infatti so che alla scienza importa il come e non il perché o il mondo in sé. Alla base della mia analisi sta la volontà di voler chiarire o interpretare cosa significasse noumeno e fenomeno per Kant dal punto di vista "reale".

Citazione:
4. Ti ripeto: continui a prendere per assodato il dualismo fenomeno/noumeno. Non sai cosa significano i termini che usi, ma sei fermamente convinto che noi conosciamo quel che dici "oggetto fenomenizzato" (presupponendo l'idea di un «oggetto noumenizzato», o «in sé»).

Se ho dato questa impressione, ovvero la mia convinzione, mi scuso, ma non è così.
I termini che uso, quali?


Citazione:
Sei sicuro di avere un'idea chiara di queste due definizioni? Soprattutto queste parti: "evolve biologicamente", "trasformarsi parzialmente", "costituendo più identità aggregandosi ad altre sostanze".

Sì.
Evolve biologicamente: sappiamo che ogni ente esistente sul nostro pianeta evolve biologicamente, cioè si trasforma nello spazio e nel tempo biologicamente.

Citazione:
Oltretutto dai una importanza incredibile al senso della vista.

No, altrimenti mi sarei agganciato al pensiero Fichtiano secondo cui tutto ciò che esiste è nostra creazione. E da lì avrei attinto il noumeno.

Citazione:
Non conosciamo anche con altri sensi? Dietro all'odore, mettiamo, del sapone, c'è un «noumeno»? E a questo punto, perchè non potrebbe esserci — sempre per il tuo modo di procedere — qualcos'altro alla base del «noumeno» stesso?

Certamente conosciamo anche con altri sensi.

Spero di esser stato chiaro.
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Vecchio 02-05-2010, 17.26.57   #9
Philosophus
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Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
Non che io voglia bacchettare i colleghi propensi a lasciarsi trascinare nel gorgo di PHILOSOPHUS: mi sento però piu' a mi agio con le esressioni di Nikola.... piuttosto che mettermi a ragionare di indefinite entità a priori inconoscibili, di ipotetiche essenze oltre le nostre stesse capacità conoscitive.

La filosofia che si autoproclama sapere superiore perchè con rigida logica ragiona e indaga sulla inconoscibile, assoluta essenza delle cose in sè: "noumeno".... continua da millenni a rivoltolarsi su se stessa.


Da cosa riesci ad evincere che questa presunta entità sia inconoscibile?

La Filosofia non ragiona sull'inconoscibile, e non potrebbe ragionarci perché appunto inconoscibile e non intelligibile. La Filosofia ragiona, o meglio, i filosofi ragionano intorno all'essere che è ben diverso dall'essere idealista o essere "trascendentale", ma è un essere Parmenideo in quanto tale, in quanto è predicabile di "esistenza". Io volontariamente non riesco a ragionare su qualcosa che non conosco perché non avrei abbastanza materiale empirico per poterci ragionare e ri-osservare i fatti.
Mi chiedo solo, quantunque esista il dualismo fenomeno/noumeno (ed una mente geniale come quella Kantiana [come disse lo stesso Schopenhauer] ha avuto le sue ragioni {sicuramente discutibili, altrimenti sarebbero dogmi} per proporlo) cosa abbia voluto intendere lo stesso Kant per fenomeno e noumeno a livello tangibile. Solo questo. Poi naturalmente si può dibattere sull'esistenza del noumeno, nessuno lo vieta, perché è giusto mettere tutto in discussione al fine di non staticizzare una teoria.

Però capite anche che non posso a priori rifiutare il noumeno se questo con argomentazioni fondate e solide non mi viene smentito.
Perché il fenomeno potrebbe essere ciò che ci appare come disse lo stesso Kant e su questo nessuno ha difficoltà. Il noumeno potrebbe essere la sostanza, sostanza intesa come unione di più particelle, per esempio gli atomi, che aggregati danno forma ad un ente composto da qualità secondarie oltre che primarie.
Il noumeno potrebbe essere la struttura in sé dell'ente stesso che produce un fenomeno dell'oggetto diverso in base all'angolazione del rapporto osservativo (in poche parole all'angolazione da cui si osserva l'oggetto) ed in base all'istante temporale.
Il noumeno potrebbe anche non esistere. Ma prima di rifiutarlo a priori ritengo giusto ragionare sulla sua potenziale esistenza, non limitandoci a ciò che vediamo, non limitandoci alla vista, né agli altri sensi. Perché se noi non riusciamo a percepire il noumeno, non è detto che altri enti, biologicamente diversi da noi, non riescano a percepirlo sempre qualora esistesse. Su quest'ultima proposizione faccio riferimento a Jean Piaget che teorizzò con convinzione la natura delle forme mentali-logiche-proposizionali kantiane, ovvero di un impianto logico nel nostro cervello che ci consente di incapsulare la sinteticità del molteplice e di organizzarlo secondo quelle che sono le nostre strutture di conoscenza.
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Vecchio 02-05-2010, 21.57.11   #10
Noor
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Citazione:
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Il noumeno potrebbe essere la sostanza, sostanza intesa come unione di più particelle, per esempio gli atomi, che aggregati danno forma ad un ente composto da qualità secondarie oltre che primarie.
Il noumeno potrebbe essere la struttura in sé dell'ente stesso che produce un fenomeno dell'oggetto diverso in base all'angolazione del rapporto osservativo (in poche parole all'angolazione da cui si osserva l'oggetto) ed in base all'istante temporale.
Il noumeno potrebbe anche non esistere. Ma prima di rifiutarlo a priori ritengo giusto ragionare sulla sua potenziale esistenza, non limitandoci a ciò che vediamo, non limitandoci alla vista, né agli altri sensi. Perché se noi non riusciamo a percepire il noumeno, non è detto che altri enti, biologicamente diversi da noi, non riescano a percepirlo sempre qualora esistesse. Su quest'ultima proposizione faccio riferimento a Jean Piaget che teorizzò con convinzione la natura delle forme mentali-logiche-proposizionali kantiane, ovvero di un impianto logico nel nostro cervello che ci consente di incapsulare la sinteticità del molteplice e di organizzarlo secondo quelle che sono le nostre strutture di conoscenza.
Il noumeno non sarebbe indagabile dai 5 sensi poiché non rientra nel campo delle percezioni fisiche.
Non è oggettivabile perché sarebbe comunque un a priori e costituente dello stesso ente che vorrebbe indagarlo.
Dunque non mi pare possibile farlo con questi strumenti,tra cui la ragione come enunci..
Noor is offline  

 



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