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Vecchio 01-06-2010, 13.29.10   #21
Fallen06
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Riferimento: La "cultura" al tempo di Internet

Per chlobbygarl

Gli antropologi sono fra gli scienziati che possono dirci qualcosa sulle dinamiche della conoscenza in Rete, perché possono fare il paragone con ciò che è successo in molti altri casi in cui soggetti culturali diversi si sono incontrati. I fenomeni sincretici, quelli che consistono, cioè, nei processi acculturativi e transculturativi, spesso sono esempio di straordinaria vitalità culturale. Si dà anche il caso, però, in cui questi processi portano alla sopraffazione di una cultura rispetto all'altra e appiattiscono il quadro generale, omologando le diversità. E' quello che, in grande scala, succede con alcune forme (non tutte) di globalizzazione. La tv italiana è un altro esempio. Non sono pochi coloro che riconducono ad essa l'impoverimento culturale degli italiani. In effetti, dai programmi di intrattenimento alle telecronache sportive, è tutto un ripetersi di eventi simili, parole simili, pensieri simili. Internet può essere questo in quanto anche in essa ci sono gruppi di potere, anche se i singoli utenti, specialmente nel cosiddetto web 2.0, contano di più e hanno maggior risalto. Ma vorrei far presente questo, per calare il discorso nel concreto: il web 2.0 non è solo il forum di Riflessioni o altri simili posti "virtuosi". E' anche blog, facebook ecc., che spesso e volentieri non trasmettono niente di davvero stimolante a livello culturale, non elaborano novità (ci sono, ovviamente, delle eccezioni). Perché ciò accade? Io credo che possiamo spiegarcelo facendo una critica del "navigatore", dell'user. E' vero che quest'ultimo può esprimere la propria individualità, ma sarebbe utopico pensare che questo significhi, automaticamente, arricchire la scena culturale. Infatti se Internet è usata dall'individuo omologato dalla televisione, quale allargamento della base dialogica, se non uno meramente quantitativo, potremmo ricavarne? Se il forum è frequentato da gente ignorante e arrogante, non vogliosa di mettersi veramente a dialogare, io user che ho a che fare con essa cosa ne ricavo? E quella, cosa ricava di "culturale" dal forum? Come cresce la sua conoscenza?
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Vecchio 02-06-2010, 19.41.06   #22
chlobbygarl
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Riferimento: La "cultura" al tempo di Internet

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Per chlobbygarl
[...] Si dà anche il caso, però, in cui questi processi portano alla sopraffazione di una cultura rispetto all'altra e appiattiscono il quadro generale, omologando le diversità. E' quello che, in grande scala, succede con alcune forme (non tutte) di globalizzazione. La tv italiana è un altro esempio. Non sono pochi coloro che riconducono ad essa l'impoverimento culturale degli italiani. In effetti, dai programmi di intrattenimento alle telecronache sportive, è tutto un ripetersi di eventi simili, parole simili, pensieri simili. Internet può essere questo in quanto anche in essa ci sono gruppi di potere, anche se i singoli utenti, specialmente nel cosiddetto web 2.0, contano di più e hanno maggior risalto.
Io credo che l'analisi sociale non possa mai prescindere non solo dalla tesi interpretativa ma anche e soprattutto da quella propositiva; ora, se noi siamo in grado di cogliere il continuum storico per il quale il grado di entropia dei flussi comunicativi cresce esponenzialmente nei secoli al crescere di quantità e qualità dei mezzi di comunicazione, ci rendiamo forse conto che internet rappresenta il culmine fin qui raggiunto di tale processo, il quale se è esistito ed esiste è semplicemente inarrestabile.Per questo motivo considero abbastanze oziose le questioni sollevate da alcuni sociologi o da certi antropologi sul pericolo di omologazione culturale.E' pacifico che le analisi necessitino di una scala temporale che ne costituisca il focus, parimenti ritengo che lo stesso non possa mai isolare elementi componenti un processo preesistente, tendenziale, trans-epocale.Appare ragionevole pensare a mio avviso che discutere su di un fenomeno verosimilmente ineluttabile abbia senso solo a particolari condizioni, o che comunque tale ineluttabilità cambi le premesse dell'analisi in modo netto.Nel post precedente ho scritto i termini 'democratico' e 'rivoluzionario' riferendoli alla rete, accennando poi al senso in cui ho scritto il secondo, vorrei ribadire che nessuno dei 2 esprime caratteri necessariamente positivi, la democrazia è tradizionalmente un 'male minore' e la rivoluzione lascia spesso i rivoltosi in balia dei rivoltanti, nondimeno considero la rete un evento fisiologico nello sviluppo della comunicazione umana, come tale insopprimibile e inutilmente regolabile oltre le norme che già regolano il vivere civile.

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Ma vorrei far presente questo, per calare il discorso nel concreto: il web 2.0 non è solo il forum di Riflessioni o altri simili posti "virtuosi". E' anche blog, facebook ecc., che spesso e volentieri non trasmettono niente di davvero stimolante a livello culturale, non elaborano novità (ci sono, ovviamente, delle eccezioni).
Ma il web non è solo forum, blog o social network (eppure ci sono blog splendidi che valgono ampiamente il prezzo di quelli che lo sono meno), è almeno anche un'enorme banca dati continuamente aggiornata e liberamente consultabile.Dopodichè tu capisci, nuovamente, quanto possa essere soggettivo il carattere di 'stimolante a livello culturale'.

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Perché ciò accade? Io credo che possiamo spiegarcelo facendo una critica del "navigatore", dell'user. E' vero che quest'ultimo può esprimere la propria individualità, ma sarebbe utopico pensare che questo significhi, automaticamente, arricchire la scena culturale. Infatti se Internet è usata dall'individuo omologato dalla televisione, quale allargamento della base dialogica, se non uno meramente quantitativo, potremmo ricavarne? Se il forum è frequentato da gente ignorante e arrogante, non vogliosa di mettersi veramente a dialogare, io user che ho a che fare con essa cosa ne ricavo? E quella, cosa ricava di "culturale" dal forum? Come cresce la sua conoscenza?
Noi non possiamo pregiudicare quale sarà l'effetto sul secondo dell'interazione tra una persona colta e il peggiore degli ignoranti (ma è logico pensare che a valle di tale interazione qualche seme nel cervello del presunto ignorante possa germogliare), non possiamo nemmeno negare a prescindere che da quella interazione possa discendere in assoluto una qualche illuminante realizzazione concettuale, casuale forse, ma sempre possibile.Non possiamo soprattutto fare riserve di caccia per soli colti o erigere steccati contro gli ignoranti: esistono norme dei codici che a mio avviso tutelano a sufficienza contro altre categorie di rei, gli ignoranti si possono eludere o magari conoscere per scoprire se davvero lo sono così tanto, di più, di meno.Il fatto poi che tramite il web si allarghi il bacino di utenti che attingono alla fonte della 'conoscenza' e la modificano non può, statisticamente, riguardare solo effetti quantitativi, mentre invece aumenteranno percentualmente anche quelli qualitativi, dobbiamo infine ricordare che la sacrosanta biodiversità culturale è importante non più di quella cerebrale e intellettiva.In generale, Feyerabend ancora, se noi vogliamo conoscere cose nuove e al momento sconosciute, non possiamo sapere, al momento, quale sarà il metodo migliore per conoscerle o escluderne alcuno a priori.
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Vecchio 07-06-2010, 15.41.37   #23
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In generale, Feyerabend ancora, se noi vogliamo conoscere cose nuove e al momento sconosciute, non possiamo sapere, al momento, quale sarà il metodo migliore per conoscerle o escluderne alcuno a priori.

E' vero ma, realisticamente, tu frequenti forum, che so, di ammiratori di Gigi d'Alessio perché non puoi escludere che ciò ti arricchisca? Non parlo soltanto di avere fatto esperienza almeno una volta di forum (o in generale di luoghi virtuali) del genere, o di aver provato per qualche tempo a frequentarli tanto per vedere succedesse. Parlo di frequentarli con continuità. E' questo che dovresti fare, mi pare, stando a ciò che dici. Lo fai? E se non lo fai, perché no?
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Vecchio 07-06-2010, 20.58.12   #24
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E' vero ma, realisticamente, tu frequenti forum, che so, di ammiratori di Gigi d'Alessio perché non puoi escludere che ciò ti arricchisca? Non parlo soltanto di avere fatto esperienza almeno una volta di forum (o in generale di luoghi virtuali) del genere, o di aver provato per qualche tempo a frequentarli tanto per vedere succedesse. Parlo di frequentarli con continuità. E' questo che dovresti fare, mi pare, stando a ciò che dici. Lo fai? E se non lo fai, perché no?

....ma credo di concordare: i grandi fenomeni di difusione di massa non possono che implodere nella "medietà". Le punte di eccellenza hanno altri mezzi di acculturazione e autoacculturazioine...magari in solitario.
le masse tendono all'aggregazione dietro un leader...o supposto tale.

Il destino dell'uomo medio è quello di seguire piuttosto che di condurre...abbiamo bisogno di attingere alle idee dei leader (magari di chi strilla di più) e anche partecipare alle pulsioni delle masse...tutti insieme: ecco, quindi, il fenomeno dei fan e degli amici su facebook, degli entusiasmi da stadio...allo stadio...e anche fuori, della adorazione per certe trasmissioni trash in TV, o delle grandi adunanze per concerti di canzonette sulle piazze.

Sembra, oltretutto, che quando si è in piu' (fenomeni di masa) si abbia anche ragione, si sia dalla parte del bene, dell'amore, si sappia cosa si vuole e le cose diventino piu belle ...anche sè medesimi...vedi tutti gli album di fotografie su facebook,...scorpacciate di foto di sè stessi in tutti i luoghi...in tutte le pose ...data anche la odierna faciltà di esecuzione. Una volta la foto era un'arte...si facevano mostre persino.
comunque tutto diventa come una specie di grande cervello interagente globalmete...che pensa e sente all'unisono... autoincensandosi...si è più sicuri insomma...vicini vicini.....
incoraggiati dall'era dei test e delle indagini demoscopiche: se soddisfi le masse, se le affascini, sei grande!...ed hai sempre ragione..certo che ci vuole un'arte!

Forse i curatori del Grande Fratello non ci avevano pensato, infatti "GRANDE CERVELLO" sarebbe piu' adeguato..comprenderebbe tutti: attori e spettatori uniti negli SMS...rete neuronale globale.
Tutte cose da cui i piu' acculturati (dotati di un maggior senso critico di sè e del mondo), si estraniano...magari aggregandosi a livelli più elvati...anche senza pretesa di leadership.

Ma non è che i grandi mezzi diffusivi non abbiano la loro funzione acculturante: noi li sfottiamo, ma la medietà si eleva continuamente..per loro merito...partecipa!...anche nella piu globale e brutale omologazione: che farebbero, che saprebbbero altrimenti le masse?...e le ragazzine? ... conoscebbero l'ultima canzone di Gigi d'Alessio..o di quel tal Carta di Amici?....ne dubito!

Senza miti a cui attingere..da sostenere e incensare? si abbrutirebbero sempre piu' implodendo nella ignoranza del passato!...Magari nella superstizione metafisica.... e forse non solo le masse.
Certo che se la scuola funzionasse come luogo di formazione alla vita, di preparazione alla "lettura" , la TV fosse meno apiattita sulla pubblicità (di per sè spendidaa), piu' orientata al culturale ed all'artistico, internet meno coperta da chat e socialnetwork, gli sportivi fossero un pò meno sportivi..oso dire ..ecc...forse le cose andrebbero un po' meglio...ma occorrono generazioni..e mica tutti possono scrivere sui forum intanto..mica si puo' partire da Popper...o Khun...o dalla filosofia greca ..o idealista...saltando la metafisica...

Magari, piuttoso che miti da inseguire per l'autografo, come insegna la pubblicità, occorrono piu' maestri... e alunni che "vogliano" imparare e allora anche Internt sarebbe un mezzo di acculturazione...ma, ripeto..occorrono generazioni ..e intanto? ...restano i forum... i blog?...e i libri no?..ma forse spesso non sono, non siamo, un pò troppo narcisisti?
Meglio interpellare l'antropologo!
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Vecchio 08-06-2010, 16.08.11   #25
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E' vero ma, realisticamente, tu frequenti forum, che so, di ammiratori di Gigi d'Alessio perché non puoi escludere che ciò ti arricchisca? Non parlo soltanto di avere fatto esperienza almeno una volta di forum (o in generale di luoghi virtuali) del genere, o di aver provato per qualche tempo a frequentarli tanto per vedere succedesse. Parlo di frequentarli con continuità. E' questo che dovresti fare, mi pare, stando a ciò che dici. Lo fai? E se non lo fai, perché no?
Sollevi la questione tutt'altro che scontata di come rapportarsi al diverso da noi nella società civile, non potendo considerare noi la rete ancora solo come un mezzo in grado di mettere in comunicazione persone, a meno di non considerare quindi alla stessa maniera anche i luoghi fisici in cui si dispiega l'azione sociale a qualunque livello.Esistono certo differenze fenomenologiche tra virtuale e reale, ma rispetto al rapporto con l'alterità la rete è luogo di interazione al pari e nel modo di una comunità fisica ricca di fermenti diversi in cui nessuno è vincolato agli uni piuttosto che agli altri, e sarebbe curioso a mio avviso sostenere che la realtà materiale ci appare confusa o male esperibile perchè esistono fan club di Gigi d'Alessio.Nella molteplicità degli input presenti ognuno sceglie i propri e non vedo possibile escludere che a determinati livelli di coscienza e consapevolezza la frequentazione di siti dedicati al cantante napoletano possa veicolare stimoli in grado di arricchire.Che per me, se, non valga altrettanto non può contare ai fini del nostro discorso.Il problema, io credo, sia definire la fisiologia della conoscenza, il processo più globale e collettivo grazie al quale e nel quale essa si dà.Penso che la relazione che intercorre tra Newton e i "giganti" sulle cui spalle egli ammette di essere 'salito' sia la stessa che lega l'"ultimo" di noi al "penultimo": in questo senso considero la conoscenza un meta-processo di elaborazione corale nel quale a fasi alterne e mutevoli ognuno occupa un posto preciso, secondo il modello fisico dello scambio energetico tra livelli diversi di potenziale (in questo caso culturale).Nessuno potrebbe 'salire sulle spalle' di nessun altro mancando tale differenziale, nessuno evolverebbe verso realizzazioni ulteriori nell'ipotesi di un livello culturale indifferenziato fisso, anche alto.Chiaro che questa concezione 'evolutiva' della genesi culturale va correlata al fatto che senza giudizi critici anche negativi, come i tuoi del tutto plausibili, la cultura non nasce mancando la scintilla che sfrutta e incendia il differenziale intersoggettivo.Però è forse interessante notare come in questa lettura cultura e biologia si sovrappongano: l'evoluzione del sapere, anche coltivato in via telematica, non avviene da parte di qualcuno a scapito o malgrado altri, e quindi darwinianamente, ma con il concorso imprescindibile di tutti, soprattutto la massima elaborazione conoscitiva possibile coincide con l'intervento di quanti più attori possibili.E' la stessa teoria che in biologia sta ponendo quesiti pesanti su quella darwiniana, primo fra tutti quello per cui le diverse specie ( a partire dai virus e dai batteri) interagiscano fra sè collaborando all'evoluzione e non invece competendo per sopravvivenze alternative.
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Vecchio 10-06-2010, 10.13.11   #26
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....ma credo di concordare: i grandi fenomeni di difusione di massa non possono che implodere nella "medietà". Le punte di eccellenza hanno altri mezzi di acculturazione e autoacculturazioine...magari in solitario.
le masse tendono all'aggregazione dietro un leader...o supposto tale.

Questa è forse un'estremizzazione di quel che penso, ma all'incirca sono concorde. Le "punte di eccellenza" hanno spesso, se non sempre, altri mezzi. A partire da quelli economici, perché è anche un discorso economico: le elites culturali, storicamente, sono state composte e sono composte da coloro che godono di una posizione economica e talvolta anche sociale favorita rispetto a quella delle classi meno abbienti. L'università purtroppo sembra confermare questa tendenza: forse tradendo la sua missione, essa non è davvero aperta a tutti, nonostante "formalmente" lo sia. Il risultato è che la cultura di alto livello e anche la socialità virtuale di "alto" livello (intendo NON quella da blog su cantanti neomelodici, forum dove si urla, si offende e si chatta più che dialogare ecc...) sono prerogativa di pochi.
Non desidero, banalmente, sentirmi migliore di altri. Siano prova delle mie intenzioni le parole che ho speso sul lato economico e sociale della questione: se appartieni o non appartieni (o meglio: in che grado appartieni o non appartieni) alla massa dipende in buona parte dal caso. A questo proposito io, "noi", "voi" non ho/abbiamo/avete meriti. Mi si conceda però l'orgoglio per ciò che sono diventato, frutto di fatica, del lavoro che mi unisce a qualsiasi altro cittadino onesto.

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Certo che se la scuola funzionasse come luogo di formazione alla vita, di preparazione alla "lettura" , la TV fosse meno apiattita sulla pubblicità (di per sè spendidaa), piu' orientata al culturale ed all'artistico, internet meno coperta da chat e socialnetwork, gli sportivi fossero un pò meno sportivi..oso dire ..ecc...forse le cose andrebbero un po' meglio...ma occorrono generazioni..e mica tutti possono scrivere sui forum intanto..mica si puo' partire da Popper...o Khun...o dalla filosofia greca ..o idealista...saltando la metafisica...

Magari, piuttoso che miti da inseguire per l'autografo, come insegna la pubblicità, occorrono piu' maestri... e alunni che "vogliano" imparare e allora anche Internt sarebbe un mezzo di acculturazione...ma, ripeto..occorrono generazioni ..e intanto? ...restano i forum... i blog?...e i libri no?

Credo che la situazione attuale dipenda anche da come è strutturata la società e dall'economia. A chi converrebbero i cambiamenti di cui parli? A chi converrebbe una televisione decente quando "La pupa e il secchione" ha ascolti da record? Quando le pubblicità sono davvero l'anima del commercio, quando avere un popolo non troppo sveglio aiuta i nostri capi politici vecchi e corrotti a fare i propri comodi? Sarò pessimista (anche qui..!) ma non credo che, a oggi, la nostra protesta possa raccogliere molti consensi. La battaglia è di nicchia.

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..ma forse spesso non sono, non siamo, un pò troppo narcisisti?

Che intendi?
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Vecchio 10-06-2010, 10.37.02   #27
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Feyerabend e faraoni, per chlobbygarl

Se parliamo di "determinati livelli di coscienza" è un altro conto, prima non l'avevi specificato. Né avevi specificato che possiamo e ci è utile scegliere fra stimoli diversi. Infatti l'anything goes feyerabendiano vale non tanto nel suo senso più provocatorio, ma in quello, specificato da Feyerabend stesso, secondo il quale esso sta a indicare semplicemente che ogni buona metodologia ha i suoi limiti e che non dovremmo aver paura di varcare quei limiti, di provare cose nuove, di aprirci a nuovi stimoli. In questo senso sono d'accordo con te (e con Feyerabend) che si possa imparare da tutto. Ma ciò non basta. Feyerabend, come molti altri post-popperiani, non credeva semplicemente che tutto andasse bene. Noi infatti discriminiamo, quando possiamo farlo selezioniamo. Con le tue parole, potrei dire che se qualcosa "va bene" per noi o meno dipende dal livello di coscienza sviluppato fino a quel momento. Dunque non tutto (ci) va bene.
Ora chiediamoci: è davvero necessario che esistano livelli di coscienza ai quali Gigi d'Alessio, i talkshows della De Filippi, le smutandate dell'intrattenimento serale risultino utili e stimolanti? Tu dici di sì, mi pare, sostenendo che chi sta più "in alto" ha bisogno di salire sulle spalle altrui. Non sono d'accordo. Ecco, prendi proprio Newton: egli diceva di stare sulle spalle dei giganti, ma era anche convinto che questi giganti conoscessero tutto quello che egli conosceva. Lui non si sentiva superiore a loro, semmai in continuità con loro. Per quanto discutibile sia quest'idea newtoniana, la uso per proporti quanto segue: e se la nostra società fosse composta da primi inter pares e non da schiavi e faraoni egizi della cultura? Perché, al di là delle affermazioni sull'organicità, è questo che poni come necessario: che alcuni stiano sotto e altri sopra. A meno che tu non intenda non porre alcuna differenza qualitativa fra un Enrico Papi e un Ludwig Wittgenstein (il che sarebbe anche legittimo, almeno in un'ottica relativistica; potremmo discuterne).
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Vecchio 13-06-2010, 17.13.21   #28
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Se parliamo di "determinati livelli di coscienza" è un altro conto, prima non l'avevi specificato. Né avevi specificato che possiamo e ci è utile scegliere fra stimoli diversi. Infatti l'anything goes feyerabendiano vale non tanto nel suo senso più provocatorio, ma in quello, specificato da Feyerabend stesso, secondo il quale esso sta a indicare semplicemente che ogni buona metodologia ha i suoi limiti e che non dovremmo aver paura di varcare quei limiti, di provare cose nuove, di aprirci a nuovi stimoli. In questo senso sono d'accordo con te (e con Feyerabend) che si possa imparare da tutto. Ma ciò non basta. Feyerabend, come molti altri post-popperiani, non credeva semplicemente che tutto andasse bene. Noi infatti discriminiamo, quando possiamo farlo selezioniamo. Con le tue parole, potrei dire che se qualcosa "va bene" per noi o meno dipende dal livello di coscienza sviluppato fino a quel momento. Dunque non tutto (ci) va bene.
Il singolo deve ovviamente scegliere, ma non può, banalmente, pretendere che la sua specifica scelta assurga a scelta universale, men che meno che con tale metodo si possano erigere epistemologie possenti:
(citazioni da P.Feyerabend "Contro il metodo")
[..]Dopo aver ascoltato uno dei miei sermoni anarchici il professor Wigner replicò: "Sicuramente lei non legge tutti i manoscritti che le mandano, ma ne getta la maggior parte nel cestino.."
E' proprio così."Qualsiasi cosa può andar bene" non significa che io debba leggere tutti gli articoli che sono stati scritti - Dio ne guardi! -, ma significa che io opero la mia scelta in modo molto personale e lasciandomi guidare dalle mie idiosincrasie, in parte è perchè non ho nessuna voglia di leggere quello che non mi interessa - e i miei interessi cambiano da una settimana all'altra e da un giorno all'altro - e in parte perchè sono convinto che l'umanità, e anche la scienza, ne avrà profitto se ognuno farà quel che gli pare"


Dunque il fatto che parti di quel "tutto va bene" non vadano bene a taluno non significa che siano improvvide anche per tutti gli altri: se cultura e conoscenza sono meta-processi ad elaborazione collettiva, in cui ognuno occupa una certa posizione in ogni dato istante, noi non possiamo sapere quale uso e con quali risultati farà di un certo dato una mente diversa dalla nostra, se non a processazione avvenuta.E non possiamo sapere se la volta successiva a "parità" di condizioni il risultato sarà lo stesso.

Feyerabend era un pluralista radicale, concepiva dunque una gnoseologia di questo tipo:
"[..]Inoltre antiche dottrine e miti "primitivi" appaiono strani e assurdi solo perchè il loro contenuto scientifico o non è noto oppure è distorto da filologi o antropologi che non hanno familiarità con le più semplici nozioni fisiche, mediche o astronomiche.Il vodù è un esempio tipico.Nessuno lo conosce e tutti lo usano come un paradigma di arretratezza e di confusione.Eppure il vodù ha una base materiale solida anche se non ancora compresa a sufficienza, e uno studio delle sue manifestazioni potrebbe essere usato per arricchire, e forse anche rivedere, la nostra conoscenza della fisiologia."

o anche:
"[..] Esistono miti, esistono i dogmi della teologia, esiste la metafisica, e ci sono molti altri modi di costruire una concezione del mondo.E' chiaro che uno scambio fecondo tra la scienza e tali concezioni del mondo "non scientifiche" avrà bisogno dell'anarchismo ancora più di quanto ne ha bisogno la scienza.L'anarchismo è quindi non soltanto possibile ma necessario tanto per lo sviluppo della scienza quanto per lo sviluppo della nostra cultura nel suo complesso."

La tua posizione, Fallen, potrebbe inoltre essere assimilata a quella di Lakatos sull'"inquinamento intellettuale", alla quale F. risponde alla fine così:
"[..]I ciarlatani sono sempre esistiti, anche nelle professioni più compatte.Alcuni fra gli esempi menzionati da Lakatos sembrano indicare che il problema sia creato da un eccesso di controllo e non da un controllo troppo piccolo.Ciò vale particolarmente per i nuovi rivoluzionari e la loro riforma delle università.Il loro difetto consiste nel fatto che sono puritani e non nel fatto che sono libertini [..]Dobbiamo anche ricordare che quei rari casi in cui metologie liberali incoraggiano vuoti sproloqui e forme di pensiero vaghe (vaghe da un punto di vista anche se non forse da un altro) possono essere inevitabili, nel senso che anche il liberalismo colpevole è una condizione di progresso"



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Originalmente inviato da Fallen06
Ora chiediamoci: è davvero necessario che esistano livelli di coscienza ai quali Gigi d'Alessio, i talkshows della De Filippi, le smutandate dell'intrattenimento serale risultino utili e stimolanti? Tu dici di sì, mi pare,
Non è necessario ma inevitabile.Nel senso che qualunque "filtro" avrebbe sempre maglie allo stesso tempo troppo larghe (carattere specifico) per impedire ogni analogo a quelli da te citati e troppo strette (carattere generico) per garantire un buon grado di libertà espressiva.

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sostenendo che chi sta più "in alto" ha bisogno di salire sulle spalle altrui. Non sono d'accordo. Ecco, prendi proprio Newton: egli diceva di stare sulle spalle dei giganti, ma era anche convinto che questi giganti conoscessero tutto quello che egli conosceva. Lui non si sentiva superiore a loro, semmai in continuità con loro. Per quanto discutibile sia quest'idea newtoniana, la uso per proporti quanto segue: e se la nostra società fosse composta da primi inter pares e non da schiavi e faraoni egizi della cultura? Perché, al di là delle affermazioni sull'organicità, è questo che poni come necessario: che alcuni stiano sotto e altri sopra. A meno che tu non intenda non porre alcuna differenza qualitativa fra un Enrico Papi e un Ludwig Wittgenstein (il che sarebbe anche legittimo, almeno in un'ottica relativistica; potremmo discuterne).
Non sostengo un tipo di progresso conoscitivo suddiviso in classi culturali di produzione qualitativamente diversa, l'immagine "faraoni e schiavi" non mi corrisponde.Io credo ad un modello massimamente aperto e flessibile, nel quale d'altra parte in ogni istante di osservazione esistano tante posizioni occupate (ma non fisse) per tanti attori sociali esistenti.L'insieme di tutti costoro andarà a costruire un arco di conoscenza che non ha soluzione di continuità nei presupposti reciproci tra elementi diversi e, così come nel paradosso di 'Achille e la tartaruga' la molteplicità tendente a infinito e la prossimità estrema di ogni momento temporale impedirebbero in teoria al primo di superare la seconda mentre sappiamo che ciò avviene in un tempo misurabile a partire da dati certi, allo stesso modo in tale modello l'alto numero di singoli elaboratori presenti nel meta-processo di costruzione di conoscenza agisce in prossimità reciproca estrema, una virtuale parità quindi, o un'uguaglianza percepita di cui solo le risultanti complessive esprimono il movimento, il progresso culturale.'Salire sulle spalle' è quindi una metafora ri-presa in modo fedele e non enucleata per esprimere 'determinismo classista'.

Se noi riduciamo internet agli sproloqui presenti nei blog, alle parole dei ciarlatani, alla mutuazione reciproca quanto greve con i media, a mio avviso ci perdiamo nel dualismo autoreferenziale tv sì tv no, quale tv, internet sì, no come quale etc.Mentre credo ci dovremmo concentrare di più sul definire una teoria della conoscenza, solo rispetto alla quale capire cosa siano i media e cosa sia la rete e non invece affrettarci a dire cosa gli stessi tolgano alla cultura.Poichè la cultura presuntamente depauperata che nel secondo caso andiamo a definire potrebbe essere solo una funzione di quegli aspetti che abbiamo già deciso deteriori di tv e internet.Allo stesso modo in cui sommare 15% a 100 è diverso che togliere 15% a 115.
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Vecchio 13-06-2010, 20.56.57   #29
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Il singolo deve ovviamente scegliere,
.............................. .....
Se noi riduciamo internet agli sproloqui presenti nei blog, alle parole dei ciarlatani, alla mutuazione reciproca quanto greve con i media, a mio avviso ci perdiamo nel dualismo autoreferenziale tv sì tv no, quale tv, internet sì, no come quale etc.Mentre credo ci dovremmo concentrare di più sul definire una teoria della conoscenza, solo rispetto alla quale capire cosa siano i media e cosa sia la rete e non invece affrettarci a dire cosa gli stessi tolgano alla cultura...................

...........la discussione è estremamente interessante…ma è solo teorica…oppure, per quanto sia coinvolgente discuterne…e ci starei giornate…. il problema è piu’ grande di noi…come tutti i problemi del resto.

Non potendo fare altro, per limiti di tempo, colgo questa frase:

"….Mentre credo ci dovremmo concentrare di più sul definire una teoria della conoscenza, solo rispetto alla quale capire cosa siano i media e cosa sia la rete e non invece affrettarci a dire cosa gli stessi tolgano alla cultura."

Sarebbe giusto definire una teoria della conoscenza…che poi ne sono state definite tante rispetto ai piu’ svariati problemi: per la TV ricordo, ed es., di aver letto di una famosa intromissione di Popper.
Comunque ora, e non so per quale concatenazione di idee, mi viene alla mente anche uno scritto di Umberto Eco: “Fenomenologia di Mike Bongiorno”.
Per arrivare a dire che poi il personaggio “Mike” si rivelò negli anni (per lo meno a mio parere) per caso o per progetto, assai superiore e migliore di quanto l’ironia di Umberto Eco lasciasse presagire…non eccelso in nassoluto…ma ecccelso nella sua medietà....anche apprezzabile.
Forse sarà così anche per internet e relativi siti, nonostante il nostro pessimismo.

Comunque ritorno ancora allo stesso concetto: è la “medietà” che deve crescere…e, in parte almeno, cresce da sola…solo che ne abbia l’occasione…ma se non cresce siamo fregati ...poiche è essa che comanda, che vota, che invia SMS, ad essa la la pubblicià si rivolge, ecc...!
Certo che occorre anche introdurre e coltivare da parte di tutti una idea di migliore futuro….proprio ora, in questi tempi bui, in cui tutti intravediamo un futuro assai peggiore di quello che abbiamo fin qui vissuto.

Ma non è detto esista solo un futuro economico…probabilmente assai gramo!
Esiste anche un futuro di idee…di creatori di idee… che oggi si sprecano nell’antico sport paesano del “dai a quel cane!"...sui media, su internet…nei blog, in specie sui social-network!

Io auspicherei, piuttosto incentiverei, l’avvento di esperti in futuro…come trascinatori di folle…ma di un livello superiore a quanto non abbiamo già sperimentato.…
Infatti, oggi, con la democrazia, solo le folle possono… magari nel farsi fregare….se si astengono dall’essere protagoniste…se rinuciano proprio nelle idee.

Riporto, in proposito, un trafiletto di giornale di alcuni anni fa: mi piacque..anche per la sua ingenuità.... e lo conservai in archivio:

"IL FUTURO NON ESISTE: OCCORRE CREARLO

I creativi, in genere, possono nascere ovunque…anche al di fuori di specifici acculturamenti. Sono essi i leader in ogni qualunque o specifica attività: sono essenzialmente esperti in futuro non perchè siano profeti e vedano il futuro nella personale sfera di cristallo o ne percepiscano il trend e le risposte, ma per qualcosa di assai più grande: sono esperti in futuro perchè lo creano!

Il futuro non esiste oggi…accadrà domani!

….e non è qualcosa che succede per conto suo…per caso o per destino…diciamo.

Siamo noi, le persone, che lo creiamo, che ne invertiamo la tendenza…con l’esplicazione delle nostre idee…un profluvio di idee in relazione al mondo futuro…non sono i meteoriti o altro che possa accadere!
Per lo meno, a grandi linee, per ciò che riguarda l’umanità… per cambiarla…sono in specie le idee di coloro che, proprio per questo, chiamiamo “leader”...e tutti possiamo esserlo...nel nostro piccolo.

Se un leader non è capace di “creare il futuro”…un futuro che elevi il nostro spirito, che assolva alle nostre esigenze, che ci dia speranza, che ci induca a partecipare...almeno nel campo economico, sociale, politico…o artistico e culturale…attingendo a piene mani nel pensiero divergente anche nostro..ecc…non è un leader…per lo meno …non lo è ancora.

La capacità di creare il futuro è un valore sociale emergente…è di tutti! Tutti lo possediamo nella nostra vision, nelle nostre idee, nei nostri comportamenti...se il focus è un futuro migliore.

Solo che pochi esercitano questa capacità: chi è nato schiavo difficilmente diventa uomo libero: gli manca l’esercizio…quell’esercizi o in cui già eravamo esperti e famosi in secolo passati...nel rinascinento...ad esempio...ma anche in tempi recenti come il dopoguerra.
Che cosa ci trattiene dal creare ora? Basta mollare i freni e farlo!
…Impariamo a farlo!...entriamo nella creatività: forse è questo che fanno i cinesi.

Magari un intervento originale sul forum, potrebbe essere sufficiente…prodromo e trascinatore di altri interventi…
Basta cambiare il vento e siamo protagonisti col nostro attimo…divergente…se ci crediamo!"


Ma non è che io ci creda tanto...non nella realizazione per lo meno: forse, quello di crearlo, il futuro, e non solo globalmente subirlo, è solo un espediente ideale…un'idea-forza...oltre che ingenua....come in genere lo sono le idee-forza...
Pragmaticamente, invece, occorre creare insegnanti che siano leader e scuole attrezzate ai vari livelli e andarci o farci andare i fanciulli …per anni e anni...e anni… e forse domani anche il nostro futuro sarà cinese...almeno.

Ultima modifica di ulysse : 14-06-2010 alle ore 13.27.34.
ulysse is offline  
Vecchio 20-06-2010, 11.04.28   #30
Fallen06
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Riferimento: La "cultura" al tempo di Internet

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Originalmente inviato da chlobbygarl
Il singolo deve ovviamente scegliere, ma non può, banalmente, pretendere che la sua specifica scelta assurga a scelta universale, men che meno che con tale metodo si possano erigere epistemologie possenti

Ma può pretendere che, talvolta, la sua specifica scelta assurga a scelta intersoggettivamente condivisibile.

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Originalmente inviato da chlobbygarl
Dunque il fatto che parti di quel "tutto va bene" non vadano bene a taluno non significa che siano improvvide anche per tutti gli altri: se cultura e conoscenza sono meta-processi ad elaborazione collettiva, in cui ognuno occupa una certa posizione in ogni dato istante, noi non possiamo sapere quale uso e con quali risultati farà di un certo dato una mente diversa dalla nostra, se non a processazione avvenuta.E non possiamo sapere se la volta successiva a "parità" di condizioni il risultato sarà lo stesso.

Possiamo però ipotizzarlo e, in definitiva, le scienze sociali si occupano anche di questo. Dunque possiamo anche pretendere di guidare il processo se esso non persegue i nostri desiderata.

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Originalmente inviato da chlobbygarl
La tua posizione, Fallen, potrebbe inoltre essere assimilata a quella di Lakatos sull'"inquinamento intellettuale", alla quale F. risponde alla fine così:
"[..]I ciarlatani sono sempre esistiti, anche nelle professioni più compatte.Alcuni fra gli esempi menzionati da Lakatos sembrano indicare che il problema sia creato da un eccesso di controllo e non da un controllo troppo piccolo.Ciò vale particolarmente per i nuovi rivoluzionari e la loro riforma delle università.Il loro difetto consiste nel fatto che sono puritani e non nel fatto che sono libertini [..]Dobbiamo anche ricordare che quei rari casi in cui metologie liberali incoraggiano vuoti sproloqui e forme di pensiero vaghe (vaghe da un punto di vista anche se non forse da un altro) possono essere inevitabili, nel senso che anche il liberalismo colpevole è una condizione di progresso"

Sottolineo quel "possono (essere inevitabili)". Feyerabend dà molto per scontato, non meno di quanto faccia io e non meno di quanto debba fare chiunque. Dici bene, infatti, che per fare certi discorsi andrebbero studiati i media, il loro effetto, la Rete ecc... Ma se volessimo studiare tutti i nostri presupposti prima di parlare, non parleremmo o parleremmo d'altro. Fra l'altro non credo sia possibile sapere di aver studiato davvero tutti i nostri presupposti. Nella misura in cui ci è possibile e non procrastina indefinitamente la discussione e l'azione, però, dobbiamo farlo. Dobbiamo studiare. Il che vuol dire anche discriminare. Se tu e Feyerabend vi ponete dietro quel "possono", allora a me pare che non discriminate. Ti accorgerai che bisogna fare qualcosa di più dell'indicare una possibilità.

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Originalmente inviato da chlobbygarl
Non è necessario ma inevitabile.Nel senso che qualunque "filtro" avrebbe sempre maglie allo stesso tempo troppo larghe (carattere specifico) per impedire ogni analogo a quelli da te citati e troppo strette (carattere generico) per garantire un buon grado di libertà espressiva.

Forse su questo punto non ci siamo capiti. Io non credo nell'utilità di negare alla gente il diritto di esprimersi. Credo invece nell'utilità di insegnare a pensare ed esprimersi in alcuni modi piuttosto che altri. Credo in una cosa molto semplice, cioè: il valore dell'insegnamento. So che Feyerabend ci credeva un pò meno (e questo è un punto della sua "filosofia" che mi attrae e respinge allo stesso tempo).

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Originalmente inviato da chlobbygarl
così come nel paradosso di 'Achille e la tartaruga' la molteplicità tendente a infinito e la prossimità estrema di ogni momento temporale impedirebbero in teoria al primo di superare la seconda mentre sappiamo che ciò avviene in un tempo misurabile a partire da dati certi, allo stesso modo in tale modello l'alto numero di singoli elaboratori presenti nel meta-processo di costruzione di conoscenza agisce in prossimità reciproca estrema, una virtuale parità quindi, o un'uguaglianza percepita di cui solo le risultanti complessive esprimono il movimento, il progresso culturale.'Salire sulle spalle' è quindi una metafora ri-presa in modo fedele e non enucleata per esprimere 'determinismo classista'.

Questo movimento, mi pare, si traduce spesso nel primato della tartaruga su Achille. Parlo della situazione italiana. Riconosciamoli dai loro frutti: l'uniformità, l'appiattimento di molti su un modello che è poi quello proposto da tanta parte delle televisioni stride con l'esistenza di una società veramente pluralistica. La società è sempre relativamente pluralistica, poiché essa esprime, si basa e mantiene nel tempo modelli intersoggettivamente condivisi. Da tempo, poi, in Italia è attiva una propaganda che batte sempre sugli stessi tasti: soldi e del potere, mercificazione del corpo e della bellezza e che si esprime attraverso l'endiadi veline/calciatori o quella politici/prostitute di lusso e simili. Gli intellettuali sono tacciati da questa cultura, più o meno velatamente a seconda che essi si pieghino al regime o meno, di essere gente fuori dal mondo, snob e presuntuosi. Vogliono insegnare qualcosa??! Ma come si permettono, chi si credono d'essere? Non sia mai..! Al massimo possiamo metterli ne "La pupa e il secchione", dipingerli tutti come grassi, con gli occhiali, sentimentalmente e sessualmente imbranati ma intelligenti. O meglio, acculturati.
Così si rimane asini e felici di esserlo, schiavi e felici di esserlo. E gli ideali della prima filosofia vanno a farsi benedire, mi pare.
Dal mio punto di vista, contro il pluralismo sarebbe il non intervenire in questa situazione, non l'intervenirvi.

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Originalmente inviato da chlobbygarl
Se noi riduciamo internet agli sproloqui presenti nei blog, alle parole dei ciarlatani, alla mutuazione reciproca quanto greve con i media, a mio avviso ci perdiamo nel dualismo autoreferenziale tv sì tv no, quale tv, internet sì, no come quale etc.

Perché rifiutare questo presunto dualismo, se non puoi pretendere l'universalità o l'epistemologia normativa?
Esso infatti potrebbe avere la sua utilità.
Fallen06 is offline  

 



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