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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 14-06-2011, 12.33.21   #151
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da and1972rea
...mah...la cosa piu' difficile e' spiegare concetti banali ...: con l'esempio delle rette parallele intendevo dimostrare come gli assiomi alla base della logica deduttiva non contengano alcun elemento di quest'ultima , eppure la generano, semmai sono quegli stessi assiomi che sono figli di una "logica induttiva" per cui si crea dal nulla , e si fonda su una vera e propria fede, un intero linguaggio formale; chiamiamo parallele due rette che non si incontrano all'infinito, ma senza poter verificare questa proposizione, non vale la deduzione che la confermerebbe, ovvero...senza tirare in ballo "l'astrazione" di dubbio o meglio ...l'induzione di un salto noetico del nostro intelletto, non potremmo chiamare ,logicamente, parallela alcuna retta rispetto ad un'altra, l'assioma parrebbe contraddittorio agli occhi della logica formale , ma non agli occhi della fede ( quindi :non e' possibile dire logicamente: "consideriamo due rette parallele..." nemmeno per definizione, se non per pura fede, perche' ,se affermassimo questo, sarebbe come affermare :" consideriamo due rette che non si incontrano all'infinito"...ma come si possono logicamente considerare vere proposizioni non verificabili? potrebbe essere che nell'insieme di tutte le rette , all'infinito si incontrino tutte, e allora cosa varrebbe la nostra considerazione...se non la si basasse soltanto sull'induzione della fede? )


Questi sono assiomi non-logici. Non scaturiscono da una logica deduttiva (credo almeno, potrei sbagliare ).
Infatti proprio l'assioma delle due rette parallele non è nemmeno dimostrabile all'interno della struttura assiomatica creata per detta geometria. Questo approccio ha fatto si che nascessero altre geometrie, per esempio quella ellittica e iperbolica in cui si nega l'esistenza di rette parallele. Ma il fatto che siano nate altre geometrie non significa che la geometria Euclidea è incoerente e le altre siano coerenti. Anzi è vero il contrario, sembra che la coerenza delle altre geometria dipenda dalla coerenza della geometria euclidea.
Quindi quando scegliamo il postulato delle parallele non stiamo (e non stava Euclide) commettendo un errore. Non era prima un errore quando si lo si è scelto e non lo è stato nemmeno dopo quando sono nate, da essa, altre geometrie.

Il fatto che si è scelto proprio quelle senza che fossero dedotte logicamente (infatti sono assiomi non-logici) e che rimangano coerenti anche quando su di esse si siano create altre strutture assiomatiche di geometrie differenti, ci fa pensare che la giusta scelta degli assiomi o postulati non è una questione di tecnica conoscitiva. Per tecnica conoscitiva intendo una struttura (interna alla mente) che regola (tecnicamente) il modo di scegliere i postulati e gli assiomi. Non c'è verso di comprendere come fa la mente sceglie gli assiomi e i postulati.
Il punto è un concetto primitivo (ho già discusso in questo forum dei concetti primitivi) ed è un'entità adimesionale.
Ora la questione è: siamo tutti in grado di comprendere cos'è un punto?
La comprensione della definizione di punto non è una questione di tecnica conoscitiva. Non posso mettermi a "descrivere" un punto. Nonostante ciò lo comprendiamo. Quindi comprendere quali assiomi scegliere non è una questione logica, ma di comprensione che io aggiungo essere autoreferente. E' quella cosa li che va solo compresa, non può essere descritta, nemmeno dimostrata... ma è tuttavia conoscibile anche se differisce dalla tecnica dettata dalla migliore teoria della conoscenza che oggi è stata mai battuta.

Questa è secondo me una questione profonda.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 15-06-2011, 09.28.55   #152
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da aristotele87
Se non ti aggrada pensare che la linea retta nasca dal nulla, puoi pensare che la linea retta sia la rappresentazione schematizzata di un filo... Ma non credo sia questo il problema.

Penso che il problema sia dato dal fatto che una retta qualsiasi non puo' essere prolungata all'infinito, E dal momento che la retta non è prolungabile allì'infinito, usando la stessa logica rigorosa che tutto vuole dimostrare si conclude che la logica è indimostrabile già dalla base delle sue affermazioni .Personalmente però la vedo diversamente .

Una parte delle definizioni matematiche sono semplicemente irrazionali e da sostituire con altre definizioni.

Per esempio sostituire il concetto di infinito con il concetto di indefinito.

Due rette parallelle possono essere prolungate indefinitamente e non si incontrano indefinitamente. In questo modo si evita il gap irrazionale e chiunque puo' autoconfutare l'affermazione.

Spero il discorso cominci ad essere più chiaro ....

Non credo sia così semplice.

Pensare che la linea retta sia la rappresentazione schematizzata di un filo
non è il miglior modo per comprendere il significato di retta. Quello semmai è un modo di trasportare l'idea astratta verso qualcosa di concreto. Ma o che nasca subito o che nasca dopo l'esempio concreto, la comprensione di retta è unica e sola.

Quello che vuole dire Andrea invece non l'ho comprendo bene. Sarà che sbaglio, ma lui fa combaciare il concetto di fede con quello di comprensione di concetti assiomatici. Secondo me non è la stessa cosa.
Noi non dobbiamo per forza credere che le parallele non si incontrino mai per comprenderle. Possiamo comprendere il concetto di parallele ma non avere fiducia che esse davvero non si incontrino mai.
E diverso (altro esempio) dire che qualcosa accadrà domani e avere fiducia che qualcosa accada domani. Quando io affermo che qualcosa accadrà domani do' per scontato che io domani vivrò ancora o che l'universo non scompaia sotto il mio naso. E' una linea immaginaria la prima, concreta e pratica la seconda. Gli assiomi assomigliano molto di più alle prime ( immaginarie ) e molto meno alle seconde (concrete).

Nel punto di interruzione tra le linee immaginarie e le linee concrete abbiamo i fatti che vanno verificati di volta in volta.
E' come se ci fosse un mondo immaginario che contiene i fatti. Un mondo immaginario di infiniti universi e il fatto concreto di questo universo. Un mondo immaginario dove il tempo scorre e... la morte. Un mondo immaginario di linee e di punti, e la materia che sembra muoversi molto più goffamente.

Se per esempio immaginassimo una linea immaginaria del tempo e lo facessimo diventare un assioma, un postulato assomigliante ad una retta, il tempo sarebbe infinito e i vari istanti di tempo sarebbero i punti che compongono la retta-tempo. Non dobbiamo per forza credere, avere fede che il tempo sia davvero infinito per immaginarci un tempo infinito e istanti di tempo adimensionali (in questo caso senza la dimensione del tempo).

La questione della finitezza dell'uomo (materiale) e la sua capacità di immaginazione è la questione principale. Mentre sarà vero che si possa fare calcoli statistici per predire ciò che accadrà nel futuro (della probabilità), è vero anche che noi, assieme a questo calcolo, ne facciamo un altro... tutto immaginario.
La questione è che partendo da cose immaginarie (come per la geometria euclidea o ellittica) poi ricaviamo precisi insegnamenti sulle cose che davvero accadono. Quindi non è vero che tutto quello che è immaginario non serve a nulla. Serve ad avere un'immagine astratta di ogni cosa. Anche una partita di calcio diventa un'entità astratta su cui noi poi puntiamo i nostri soldi reali.
Ma anche il denaro è un'entità astratta, che serve in pratica anche per puntare sulle partite.
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Vecchio 16-06-2011, 21.32.06   #153
and1972rea
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
.

Quello che vuole dire Andrea invece non l'ho comprendo bene. Sarà che sbaglio, ma lui fa combaciare il concetto di fede con quello di comprensione di concetti assiomatici. Secondo me non è la stessa cosa.
Noi non dobbiamo per forza credere che le parallele non si incontrino mai per comprenderle. Possiamo comprendere il concetto di parallele ma non avere fiducia che esse davvero non si incontrino mai.

...ehm... non credo nemmeno io che fede e comprensione di alcunche' coincidano , tutt'altro, credo che la fondazione di qualsiasi tipo di comprensione razionale poggi sulla fede in qualche cosa; cosi' come le leggi della morale si fondano su principi religiosi o ideali che presuppongono la fede , anche le leggi della logica matematica hanno il loro principio nelle incomprensibili ragioni del cuore; riguardo alle parallele o all'assioma che prevede che le leggi della fisica siano uguali in tutti i riferimenti inerziali, ribadisco soltanto che questi arrivano prima di qualunque tipo di congettura razionale, la quale non puo' certo essere tirata in ballo per chiarire l'evidenza o la presunta "comprensibilita'" di un assioma; un assioma non lo si puo' comprendere in alcun insieme di deduzioni razioanali, semmai lo si puo' ritenere evidente, ma di un'evidenza del tutto inesplicabile alla ragione.

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Vecchio 16-06-2011, 23.34.54   #154
aristotele87
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Non credo sia così semplice.

Pensare che la linea retta sia la rappresentazione schematizzata di un filo
non è il miglior modo per comprendere il significato di retta. Quello semmai è un modo di trasportare l'idea astratta verso qualcosa di concreto. Ma o che nasca subito o che nasca dopo l'esempio concreto, la comprensione di retta è unica e sola.

Quello che vuole dire Andrea invece non l'ho comprendo bene. Sarà che sbaglio, ma lui fa combaciare il concetto di fede con quello di comprensione di concetti assiomatici. Secondo me non è la stessa cosa.
Noi non dobbiamo per forza credere che le parallele non si incontrino mai per comprenderle. Possiamo comprendere il concetto di parallele ma non avere fiducia che esse davvero non si incontrino mai.
E diverso (altro esempio) dire che qualcosa accadrà domani e avere fiducia che qualcosa accada domani. Quando io affermo che qualcosa accadrà domani do' per scontato che io domani vivrò ancora o che l'universo non scompaia sotto il mio naso. E' una linea immaginaria la prima, concreta e pratica la seconda. Gli assiomi assomigliano molto di più alle prime ( immaginarie ) e molto meno alle seconde (concrete).

Nel punto di interruzione tra le linee immaginarie e le linee concrete abbiamo i fatti che vanno verificati di volta in volta.
E' come se ci fosse un mondo immaginario che contiene i fatti. Un mondo immaginario di infiniti universi e il fatto concreto di questo universo. Un mondo immaginario dove il tempo scorre e... la morte. Un mondo immaginario di linee e di punti, e la materia che sembra muoversi molto più goffamente.

Se per esempio immaginassimo una linea immaginaria del tempo e lo facessimo diventare un assioma, un postulato assomigliante ad una retta, il tempo sarebbe infinito e i vari istanti di tempo sarebbero i punti che compongono la retta-tempo. Non dobbiamo per forza credere, avere fede che il tempo sia davvero infinito per immaginarci un tempo infinito e istanti di tempo adimensionali (in questo caso senza la dimensione del tempo).

La questione della finitezza dell'uomo (materiale) e la sua capacità di immaginazione è la questione principale. Mentre sarà vero che si possa fare calcoli statistici per predire ciò che accadrà nel futuro (della probabilità), è vero anche che noi, assieme a questo calcolo, ne facciamo un altro... tutto immaginario.
La questione è che partendo da cose immaginarie (come per la geometria euclidea o ellittica) poi ricaviamo precisi insegnamenti sulle cose che davvero accadono. Quindi non è vero che tutto quello che è immaginario non serve a nulla. Serve ad avere un'immagine astratta di ogni cosa. Anche una partita di calcio diventa un'entità astratta su cui noi poi puntiamo i nostri soldi reali.
Ma anche il denaro è un'entità astratta, che serve in pratica anche per puntare sulle partite.
Io come più volte ho detto, credo che la matematica sia un linguaggio relazionale che esprime, quantitativamente, le manifestazione dell'essere. E di conseguenza penso la matematica come un rimando, un ragionamento, che deriva dall'esperienza hit et nunc e termina con una rappresentazione schematica, deduttiva e razionale a cui noi attribuiamo un significato

Diversamente come si potrebbe spiegare concetti primitivi quali il punto, la retta, lo spazio, il tempo senza cadere in paradossi autoreferenziali?
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Vecchio 17-06-2011, 08.50.29   #155
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da aristotele87
Diversamente come si potrebbe spiegare concetti primitivi quali il punto, la retta, lo spazio, il tempo senza cadere in paradossi autoreferenziali?

Perchè li ritieni "paradossi"?


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Originalmente inviato da aristotele87
Io come più volte ho detto, credo che la matematica sia un linguaggio relazionale che esprime, quantitativamente, le manifestazione dell'essere. E di conseguenza penso la matematica come un rimando, un ragionamento, che deriva dall'esperienza hit et nunc e termina con una rappresentazione schematica, deduttiva e razionale a cui noi attribuiamo un significato

Un tempo (ma ancora oggi non è ancora scomparsa questa credenza) si riteneva che i fondamenti della materia fossero palline dure chiamate poi atomi (penso agli atomisti).
Potremmo chiederci per quale motivo si riteneva che ci fossero queste entità fondamentali. Oggi magari il concetto è stato spostato a quello di "stringa".

Un famoso fisico scriveva che oggi noi conosciamo molto bene i campi (che in realtà non vediamo) e molto meno le particelle, che invece, vediamo.
Non ho presente bene in testa la storia (ed anche la geografia) sui filosofi antichi ma presumo che l'idea di atomi indivisibili e l'idea di "punto" fossero concetti del tutto differenti.
L'atomo aveva la caratteristica di essere indivisibile ma non quella di non avere dimensione.
Come ho detto non ricordo bene la storia, ma l'atomo doveva essere, se non ricordo male, oltre che indivisibile anche anche "invisibile". Il concetto di invisibilità però non ci fa comprendere se esso avesse (per gli atomisti) una dimensione. Ma se fosse davvero invisibile non potremmo nemmeno sostenere che esso abbia una dimensione o no.

Quindi, il concetto di "punto" non poteva partire da considerazioni empiriste. Da ragionamenti derivanti dalle esperienze. In pratica non possiamo (e credo non lo facessero nemmeno loro) fare confusione tra il concetto di "atomo" (indivisibile e invisibile componente della materia) con il concetto di "punto".
Il punto non è una schematizzazione del concetto di atomo (almeno credo...), sono due concetti differenti che nascono in modo differente.
Infatti se il concetto di atomo lo abbiamo, nel tempo, effettivamente confutato, in quanto frutto di un ragionamento, non possiamo confutare il concetto di punto.

L'astrattezza di tale concetto quindi non può essere il frutto di un ragionamento o di relazioni fra quantità (come tu dici).
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Vecchio 17-06-2011, 12.19.35   #156
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Perchè li ritieni "paradossi"?
Non li ritengo paradossi, ritengo che la spiegazione di questi concetti assiomatici (il punto, lo spazio, il numero, la retta, il tempo, i simbolismi matematici, le forne geometriche ecc) se non li si pensa come significato, cioè come espressioni linguistiche che rappresentano almeno in parte la manifestazione dell'essere, diventa poi difficile affermarne l'esistenza, proprio come succede in questa discussione. Se poi volessimo complicare ulteriormente il discorso si potrebbe parlare dei teoremi di completezza e incompletezza di Godel.... Però quì non saprei spiegare cosa dicono in maniera approfondita

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Un tempo (ma ancora oggi non è ancora scomparsa questa credenza) si riteneva che i fondamenti della materia fossero palline dure chiamate poi atomi (penso agli atomisti).
Potremmo chiederci per quale motivo si riteneva che ci fossero queste entità fondamentali. Oggi magari il concetto è stato spostato a quello di "stringa".

Un famoso fisico scriveva che oggi noi conosciamo molto bene i campi (che in realtà non vediamo) e molto meno le particelle, che invece, vediamo.
Non ho presente bene in testa la storia (ed anche la geografia) sui filosofi antichi ma presumo che l'idea di atomi indivisibili e l'idea di "punto" fossero concetti del tutto differenti.
L'atomo aveva la caratteristica di essere indivisibile ma non quella di non avere dimensione.
Come ho detto non ricordo bene la storia, ma l'atomo doveva essere, se non ricordo male, oltre che indivisibile anche anche "invisibile". Il concetto di invisibilità però non ci fa comprendere se esso avesse (per gli atomisti) una dimensione. Ma se fosse davvero invisibile non potremmo nemmeno sostenere che esso abbia una dimensione o no.

Quindi, il concetto di "punto" non poteva partire da considerazioni empiriste. Da ragionamenti derivanti dalle esperienze. In pratica non possiamo (e credo non lo facessero nemmeno loro) fare confusione tra il concetto di "atomo" (indivisibile e invisibile componente della materia) con il concetto di "punto".
Il punto non è una schematizzazione del concetto di atomo (almeno credo...), sono due concetti differenti che nascono in modo differente.
Infatti se il concetto di atomo lo abbiamo, nel tempo, effettivamente confutato, in quanto frutto di un ragionamento, non possiamo confutare il concetto di punto.

L'astrattezza di tale concetto quindi non può essere il frutto di un ragionamento o di relazioni fra quantità (come tu dici).
Beh ad esempio in fisica possiamo arbitrariamente rappresentare qualcosa che abbia forma circolare con la forma geometrica del punto che convenzionalmente occupa una porzione molto ridotta di uno spazio qualsiasi...

Ora te la faccio io una domanda : come definiresti un punto se non come una forma geometrica ?
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Vecchio 17-06-2011, 22.51.13   #157
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da aristotele87

Ora te la faccio io una domanda : come definiresti un punto se non come una forma geometrica ?

La definizione di punto è: entità adimensionale

Per sua stessa definizione quindi non ha una forma.


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Originalmente inviato da and1972rea
...ehm... non credo nemmeno io che fede e comprensione di alcunche' coincidano , tutt'altro, credo che la fondazione di qualsiasi tipo di comprensione razionale poggi sulla fede in qualche cosa; cosi' come le leggi della morale si fondano su principi religiosi o ideali che presuppongono la fede , anche le leggi della logica matematica hanno il loro principio nelle incomprensibili ragioni del cuore; riguardo alle parallele o all'assioma che prevede che le leggi della fisica siano uguali in tutti i riferimenti inerziali, ribadisco soltanto che questi arrivano prima di qualunque tipo di congettura razionale, la quale non puo' certo essere tirata in ballo per chiarire l'evidenza o la presunta "comprensibilita'" di un assioma; un assioma non lo si puo' comprendere in alcun insieme di deduzioni razioanali, semmai lo si puo' ritenere evidente, ma di un'evidenza del tutto inesplicabile alla ragione.

D'accordo quasi su tutto tranne in particolare ciò che ho segnato in rosso.

per ritornare in tema, riprendiamo la frase che ha usato Albert:
Bruno de Finetti, “la probabilità di un evento è il prezzo che un individuo ritiene equo pagare per ricevere 1 se l'evento si verifica, 0 se l'evento non si verifica”.

Io distinguo la "comprensione razionale" dalla comprensione di assiomi, o concetti come "amore", "amicizia" ecc.

Mentre per la comprensione di assiomi non c'è alcun ragionamento da fare, per comprendere i concetti di natura razionale bisogna prima di tutto comprendere gli assiomi (e quindi sceglierli appropriatamente) e poi seguire il modello (o programma) prescelto.

Quindi la fede (o se vogliamo la fiducia) non è un punto di arrivo a cui si giunge con un ragionamento razionale, ma è un punto di partenza.

La domanda sorge spontanea: la frase di Finetti è figlia di un ragionamento o di una fiducia?

Questo bisogna chiederlo a Finetti

Io penso che se fosse figlia di un ragionamento, la scommessa l'avrebbe persa in partenza anche se la vincesse, perchè in questo ultimo caso sarebbe solo frutto del caso. Mentre se ne avesse fiducia la scommessa non la perderebbe mai.

Ti faccio un esempio scemissimo. Io sono tifoso di una squadra di calcio e scommetterò sempre sulla vittoria della mia squadra perchè ho fiducia che possa vincere sempre (i tifosi sono così ).
Se perdo me la prendo con l'arbitro o con il calcio scommesse

Ultima modifica di Il_Dubbio : 18-06-2011 alle ore 00.06.11.
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Vecchio 18-06-2011, 02.09.16   #158
aristotele87
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
La definizione di punto è: entità adimensionale

Per sua stessa definizione quindi non ha una forma.
Definizione che non condivido: un entità adimensionale come puo' generare un entità dimensionale?
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Vecchio 18-06-2011, 10.44.23   #159
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da aristotele87
Definizione che non condivido: un entità adimensionale come puo' generare un entità dimensionale?

"generare"? Please?

Si può anche non condividere, ma l'intera "geometria" (con tutte le sue forme apparentemente dimensionali) è interamente un'astrazione.
Quando tu tracci su di un foglio tre segmenti che si incontrano in tre punti così da formare un triangolo, quel disegno che vedi sotto il tuo naso non è lo stesso concetto di "astrazione di un triangolo". La geometria non "genera" entità dimensionali. Non vorrei che si confondesse la matematica (in questo caso la geometria) con la fisica.
Le forme che noi vediamo non sono le stesse di cui parla la geometria.

Avevo dei dubbi che tutti gli uomini avessero capacità di "astrazione". Tu me li stai confermando
Anche se io credo che, più che altro, stiamo perdendo questa capacità. In effetti il diventare "troppo razionali" porta proprio a questo. L'amore diventa sesso, la politica diventa potere ecc.
In epistemologia (come ho imparato qui ) si chiama (forse con altri termini, non so) giustificazionismo. Ma in matematica, o in questo caso in geometria, la giustificazione potrebbe essere rappresentata da un teorema. Che ti devo dire, il teorema di Pitagora è un esempio. Da una dimostrazione; ma anche queste si fondano su ipotesi, postulati ed assiomi. Quindi, gira e volta (come ricordato tu con lo stesso Godel), siamo sempre la.
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Vecchio 18-06-2011, 21.26.55   #160
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Originalmente inviato da aristotele87
Se non ti aggrada pensare che la linea retta nasca dal nulla, puoi pensare che la linea retta sia la rappresentazione schematizzata di un filo... Ma non credo sia questo il problema.

Penso che il problema sia dato dal fatto che una retta qualsiasi non puo' essere prolungata all'infinito, E dal momento che la retta non è prolungabile allì'infinito, usando la stessa logica rigorosa che tutto vuole dimostrare si conclude che la logica è indimostrabile già dalla base delle sue affermazioni .Personalmente però la vedo diversamente .

Una parte delle definizioni matematiche sono semplicemente irrazionali e da sostituire con altre definizioni.

Per esempio sostituire il concetto di infinito con il concetto di indefinito.

Due rette parallelle possono essere prolungate indefinitamente e non si incontrano indefinitamente. In questo modo si evita il gap irrazionale e chiunque puo' autoconfutare l'affermazione.

Spero il discorso cominci ad essere più chiaro ....

...per nulla chiaro, poiche' , mentre il concetto di infinito e' irrazionalizzabile, quello di indefinito puo' benissimo essere compreso logicamente; inoltre, prolungare due rette indefinitamente non vuol sicuramente dire prolungarle all'infinito, vuol semplicemente dire non sapere di quanto si voglia prolungarle, quindi , il concetto di "indefinito" e' del tutto inadeguato per descrivere l'assioma delle parallele.

Ultima modifica di and1972rea : 18-06-2011 alle ore 23.04.15.
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