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Vecchio 29-12-2011, 18.10.13   #11
leibnick1
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Riferimento: L' uomo non pensa

"... homo non intelligit, nisi sicut coelum intelligit, quia motor coeli intelligit. (...)". Significa, in termini semplici, che l'uomo non possiede la facoltà "attiva" dell'intelletto, cioè quella che gli aristotelici medievali intendevano come operante nel mondo. Quella che Kant definiva "intuizione intellettuale" liquidandola in poche righe in KrV. L'uomo possiede, secondo Averroè (e molti altri) la funzione "passiva" dell'intelletto, la quale si subordina alla sensibilità.
Quindi l'uomo non ha la facoltà creatrice dell'intelletto, ossia dell'operare mentale, la quale gli permetterebbe, ove la possedesse, di dettare legge alla natura. Ha, tuttavia, la facoltà passiva dell'intelletto, quella che gli permette di interpretare e comprendere le leggi stesse. Quindi l'intelletto umano è "comprensione", "capire". E, in realtà, l'uso del termine latino "intelligere" rimarca questa accezione, poichè in latino intelligere significa capire, non pensare. Il pensiero è lo sfondo e la premessa dell'intelligere ed è, ovviamente, dato per scontato da ogni intellettuale medievale.
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Vecchio 29-12-2011, 19.17.03   #12
Tempo2011
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Aristippo di Cirene
L'opportunità di una definizione così stretta di "pensiero" è discutibile.
La nozione di pensiero come attività mentale è ampia, sì, ma è giusto così, è internamente complessa, nel senso che ci sono comunque sottocategorie che comprendono diversi tipi di pensiero.. In questo modo abbiamo denominato le diverse entità che conosciamo: c'è il pensiero e poi ci sono i vari tipi di pensiero. Invece la definizione qui data comporta che il pensiero sia soltanto uno dei tipi di pensiero precedentemente categorizzati.. Perché adottare una definizione così sconvolgente?

Accettiamo provvisoriamente la definizione.
Se ne può discutere senz'altro, ma rimane il fatto che qualsiasi tipo di pensiero, sottocategorie o meno, devono sottostare alla memoria, poiché senza di essa loro non esisterebbero. E' a tale motivo che ho definito il pensiero: metodo veicolativo della memoria, poiché è lei che comanda tutto il resto come, appunto: il pensiero, quella che chiamiamo intelligenza e altre peculiarità umane ecc.
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Vecchio 30-12-2011, 00.57.10   #13
ulysse
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Originalmente inviato da Tempo2011
Se ne può discutere senz'altro, ma rimane il fatto che qualsiasi tipo di pensiero, sottocategorie o meno, devono sottostare alla memoria, poiché senza di essa loro non esisterebbero. E' a tale motivo che ho definito il pensiero: metodo veicolativo della memoria, poiché è lei che comanda tutto il resto come, appunto: il pensiero, quella che chiamiamo intelligenza e altre peculiarità umane ecc.
E' una fissazione! e forse lo è anche la mia di ribattere su questo punto.
Quando andavo a scuola mi si raccomandava di non ripetere mnemonicamente quanto avevo letto, ma di esprimerlo con parole mie...a significare che avevo capito.
Supponngo che tali parole mie dovessi pensarle al momento...percorrendo nuovi sentieri.
Ed anche il capire è una indagine e interpretazione che esula dalla memoria...per lo meno ove deve prevalere la logica: che ragionamento puoi fare senza logica?

Un ragionamento logico non deve per forza pescare nella memoria...anzi un pensiero avanzato relativo ad un nuovo concetto o ad una nuova scoperta o teoria, non pesca nella memoria...intraprende una nuova avventura solecitata forse dall'osservazione e dal pensiero laterale...intuitivo.

Bisognerebbe anche definire cosa sia e di dove venga il pensiero laterale: a Newton cade in testa la leggendaria mela ed emerge il lampo della gravitazione universale!

Quindi non non si puo' parlare di prevalenze: ogni entità e facoltà cerebrale concorre al pensare...alla produzione di pensieri...magari anche percorendo strade diverse o inusitate...ove pensare è l'attività cerebrale e il pensiero è l'oggetto prodotto...magari spesso non eccelso come quelo di Newton, ma sempre pensiero è.

Tuttavia se dovessi dare la palma della indispensabiltà ad una delle facoltà concorrenti al pensiero la darei proprio alla capacità di pensare e capire...cioè all'intelligenza...motore del processo.

Per entrare nel tema mi chiedo come si possa dire che l'uomo "NON PENSA".
Il titolo del topic è provocatorio!
Oppure si attribuisce al significante "PENSARE" un significato che attualmente non ha...o che avrebbe in un ambito teologico...ove forse si confonde pensiero con creazione: il "pensiero attivo" sarebbe il pensiero creativo di Dio (!?)...da cui derivano i mari e le montagne, il moto rotatorio dei pianeti o il fuoco eterno delle stelle.
Mah!!!

Credo, comunque, che l'uomo non possa fare a meno di pensare... sia pure nel suo solito infimo modo "PASSIVO! ... ove il pensiero anche se mal pensato o anche se, a volte, soprapensiero, l'uomo non se ne rende conto.

Ultima modifica di ulysse : 30-12-2011 alle ore 11.48.14.
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Vecchio 30-12-2011, 09.34.42   #14
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Riferimento: L' uomo non pensa

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leibnick1
"... homo non intelligit, nisi sicut coelum intelligit, quia motor coeli intelligit. (...)". Significa, in termini semplici, che l'uomo non possiede la facoltà "attiva" dell'intelletto, cioè quella che gli aristotelici medievali intendevano come operante nel mondo. Quella che Kant definiva "intuizione intellettuale" liquidandola in poche righe in KrV. L'uomo possiede, secondo Averroè (e molti altri) la funzione "passiva" dell'intelletto, la quale si subordina alla sensibilità.
Quindi l'uomo non ha la facoltà creatrice dell'intelletto, ossia dell'operare mentale, la quale gli permetterebbe, ove la possedesse, di dettare legge alla natura. Ha, tuttavia, la facoltà passiva dell'intelletto, quella che gli permette di interpretare e comprendere le leggi stesse. Quindi l'intelletto umano è "comprensione", "capire". E, in realtà, l'uso del termine latino "intelligere" rimarca questa accezione, poichè in latino intelligere significa capire, non pensare. Il pensiero è lo sfondo e la premessa dell'intelligere ed è, ovviamente, dato per scontato da ogni intellettuale medievale.
Tra tutte le interessanti e autorevoli citazioni che hai proposto, delle quali si apprezza e s’invidia la logica linearità, non hai scoperto mai nessuno ad affermare che il pensiero senza memoria non esisterebbe, come nemmeno tutto il resto? Ho partecipato a tanti forum tematici, nei quali si parlava del pensiero, dell'intelligenza, coscienza ecc. ma, alla fine, non si è mai riusciti a cavare un ragno dal buco, proprio perché il pensiero, come ho già affermato, non è una peculiarità autonoma ma, bensì, l'appendice di un'altra, rappresentata dalla memoria. A che cosa serve questa precisazione, ti domanderai? A mio modo di vedere, serve a inquadrare l'attività di tutta la mente, in un ambiente unitario, al fine di attribuire le esatte funzioni a ogni sua parte. Perciò, se noi affermiamo che il pensiero non è altro che il metodo veicolativo della memoria, e che senza di essa non esisterebbe, perché attribuire allo stesso delle funzioni che non gli appartengono? E' a tale motivo che stento a comprendere certi assunti sul pensiero, poiché è trattato singolarmente come fosse il motore di tutto. Per altro, le citazioni che si fanno, per la stragrande maggioranza, sono datate, e non potevano contenere o avvalersi delle nuove scoperte scientifiche. Per finire, secondo me, quello che tu e altri attribuite al pensiero, io lo demando alla memoria. Che poi il pensiero svolge un compito fondamentale nello scegliere le esperienze necessarie a risolvere i problemi, in uno scambio continuo, lo sottoscriverei in qualsiasi momento.
Per altro, se per nostra comodità vogliamo parlare solo della funzione del pensiero, dobbiamo dare per sottointeso quello che ho appena affermato; ovvero: la dipendenza dello stesso dalla memoria, senza la quale non potrebbe esistere: né lui né noi.
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Vecchio 30-12-2011, 09.56.04   #15
Tempo2011
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Riferimento: L' uomo non pensa

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ulysse
E' una fissazione! E forse lo è anche la mia di ribattere su questo punto.
Quando andavo a scuola mi si raccomandava di non ripetere mnemonicamente quanto avevo letto, ma di esprimerlo con parole mie...a significare che avevo capito.
Supponngo che tali parole mie dovessi pensarle al momento.
Ed anche il capire è una indagine e interpretazione che esula dalla memoria...per lo meno ove deve prevalere la logica: che ragionamento puoi fare senza logica?

Un ragionamento logico non deve per forza pescare nella memoria...anzi un pensiero avanzato relativo ad un nuovo concetto o ad una nuova scoperta o teoria, non pesca nella memoria.
Quindi non non si puo' parlare di prevalenze: ogni entità e facoltà cerebrale concorre al pensare...alla produzione di pensieri...ove pensare è l'attività cerebrale e il pensiero è l'oggetto prodotto...magari spesso non eccelso, ma sempre pensiero è.

Tuttavia se dovessi dare la palma della indispensabiltà ad una delle facoltà concorrenti al pensiero la darei proprio alla capacità di pensare e capire...cioè all'intelligenza.
Caro ulysse, se avessi scommesso su questo tuo intervento, avrei vinto. Non vorrei sbagliare, ma è quasi un anno che ribatti sempre gli stessi argomenti senza renderti conto che, la memoria cui mi riferisco non è soltanto quella di cui ti hanno parlato alle elementari, ma quella che comanda l'evoluzione. L'osservazione che faceva il maestro era giusta, poiché voleva che aggiungessi qualcosa delle tue esperienze, e che saresti andato ad attingere in quelle esistenti nella memoria. Mi domando: è possibile che non ti renda conto che senza di essa noi non esisteremmo, e se ci dovesse venire a mancare, ritorneremmo a non esistere? La memoria di cui parlo è quella che ha portato avanti la prima forma di vita fino ad arrivare a noi. Rifletti un attimo sulla funzione di questa parte del cervello che ti propongo, poi ne possiamo riparlare; ma non con le solite limitazioni che tu poni a essa.

Ultima modifica di Tempo2011 : 31-12-2011 alle ore 01.13.37.
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Vecchio 30-12-2011, 12.23.05   #16
leibnick1
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Pensiero e memoria

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Originalmente inviato da Tempo2011
Tra tutte le interessanti e autorevoli citazioni che hai proposto, delle quali si apprezza e s’invidia la logica linearità, non hai scoperto mai nessuno ad affermare che il pensiero senza memoria non esisterebbe, come nemmeno tutto il resto? Ho partecipato a tanti forum tematici, nei quali si parlava del pensiero, dell'intelligenza, coscienza ecc. ma, alla fine, non si è mai riusciti a cavare un ragno dal buco, proprio perché il pensiero, come ho già affermato, non è una peculiarità autonoma ma, bensì, l'appendice di un'altra, rappresentata dalla memoria. A che cosa serve questa precisazione, ti domanderai? A mio modo di vedere, serve a inquadrare l'attività di tutta la mente, in un ambiente unitario, al fine di attribuire le esatte funzioni a ogni sua parte. Perciò, se noi affermiamo che il pensiero non è altro che il metodo veicolativo della memoria, e che senza di essa non esisterebbe, perché attribuire allo stesso delle funzioni che non gli appartengono? E' a tale motivo che stento a comprendere certi assunti sul pensiero, poiché è trattato singolarmente come fosse il motore di tutto. Per altro, le citazioni che si fanno, per la stragrande maggioranza, sono datate, e non potevano contenere o avvalersi delle nuove scoperte scientifiche. Per finire, secondo me, quello che tu e altri attribuite al pensiero, io lo demando alla memoria. Che poi il pensiero svolge un compito fondamentale nello scegliere le esperienze necessarie a risolvere i problemi, in uno scambio continuo, lo sottoscriverei in qualsiasi momento.
Per altro, se per nostra comodità vogliamo parlare solo della funzione del pensiero, dobbiamo dare per sottointeso quello che ho appena affermato; ovvero: la dipendenza dello stesso dalla memoria, senza la quale non potrebbe esistere: né lui né noi.
E' l'analisi dello psichismo che conduce a scindere il pensiero dalla memoria, in quanto qualsiasi espressione del pensiero non può, evidentemente, prescindere sempre e del tutto dalla memoria. Però, a quanto mi consta, nessun filosofo ha mai subordinato la funzione del pensiero a quelle mnestiche, salvo Platone (e, comunque, in un senso diverso). In generale tutti i grandi del passato, ed anche Platone, hanno considerato la memoria come strumento "ancillare" del pensiero. L'anamnesi platonica, infatti, pur essendo pertinente al dominio della memoria (mnesis, greco, sta per memoria) è un'attività conoscitiva. Quindi, anche per Platone, è l'attività del pensiero che conduce a "ripescare" dalla memoria le Idee e restituirle alla luce della conoscenza.
Al giorno d'oggi questi temi non possono più essere trattati prescindendo dalla neurobiologia: acquisizioni neurofisiologiche e neurochimiche. Temo che il discorso diventerebbe troppo, troppo lungo. Sintetizziamo.
Occorre distinguere una memoria "dichiarativa" da quella "procedurale": quest'ultima riguarda le attività automatiche (guidare, andare in bicicletta, rispondere con frasi fatte) ed è quindi inconscia o semiconscia. L'altra, invece, riguarda l'attiva rievocazione di fatti, notizie, eventi e la loro esposizione in un contesto: essa è, per definizione, un'attività conscia.
Sul piano biochimico, invece, si distingue meglio una memoria "a breve termine" ed una "a lungo termine". Quest'ultima è stabile nel tempo, meno influenzata dall'invecchiamento, strutturale: è mediata dall'intervento del nucleo neuronale, attraverso la produzione di RNA e la conseguente gemmazione" dendritica che comporta la realizzazione di nuovi contatti e la costruzione di gruppi funzionali nel cervello. Essa ha, quindi, anche un'espressione microanatomica. L'altra, quella "a breve termine", sfuma rapidamente, è soggetta agli stati di attenzione ed è correlata strettamente all'azione di due neuromediatori:la noradrenalina e l'acetilcolina. Essa crea una sorta di flash che illumina contatti anatomici preesistenti e subito, come un lampo nel buio, si dilegua, lasciando una traccia debole che, con l'invecchiamento, si indebolisce sempre di più. I dati sperimentali mostrano che quest'ultima specie di memoria è strettamente connessa con l'intelligenza ed è chiaro che il pensiero e la memoria a breve termine sono intimamente connessi. Talmente connessi che, forse, è inopportuno distinguerli: sicchè, forse, la questione se sia il pensiero espressione di questa memoria oppure questa memoria un servomeccanismo del pensiero... Beh, forse è una questione mal posta e mal formulata. Il pensiero, in quanto "facoltà del giudicare", non potrebbe operare senza essere anche questo tipo di memoria. Ma la memoria a breve termine non avrebbe modo di esistere se non fosse, essa stessa, pensiero. Quindi, ecco: la mia opinione è che nè il pensiero è veicolo di questa memoria, nè la memoria a breve termine può essere fatta coincidere con tutta la "facoltà del giudicare". Essi sono, semplicemente, la stessa cosa relativamente al formularsi, compiuto e completo, di un "atto di coscienza". Ma il pensiero può essere anche "autocoscienza" e, come tale, privo di un contenuto rappresentativo, come quello che Gentile definiva "atto puro", oppure Kant "metodo dialettico trascendentale". Infine il pensiero può essere anche semplice rappresentazione mentale, senza riferimenti mnestici precisi e senza coscienza vigile come, ad esempio, i sogni.
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Vecchio 30-12-2011, 12.47.29   #17
Alexis Honlon
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Riferimento: L' uomo non pensa

Vedo che le risposte, con mia grande sorpresa, si sono accumulate. Cercherò di andare con ordine; segnerò il nome del nick e il numero del post cui rispondo.

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Tempo2011, post n. 9

Ammetto di aver sottovalutato il rapporto memoria/pensiero. Ciò non di meno, non sono sicuro che si possa parlare di un legame simile ad un cordone ombellicale. Naturalmente per il pensiero, definito sempre come capacità di fare triadi semiotiche, è di fondamentale importanza che le triadi costruite siano a sua disposizione, ma è proprio qui che ho dei dubbi: so di sicuro che ad alcuni uomini che hanno avuto problemi per lesioni alle parti del cervello responsabili delle varie memorie, non risulta che abbiano perso però la capacità sopra detta di fare triadi semiotiche. Ciò non di meno, ovviamente, una volta fatte queste triadi, non potevano più essere trovate dai soggetti in questione. Questo sembrerebbe far pensare che la memoria, intesa come archiviamento dell' informazione e capacità di recuperare l' informazione, sia differente dalla capacità di costruire l'informazione.

Ho affermato poi "gli altri animali per gran parte non pensano" proprio perchè sono conscio che ancora molto è sconosciuto su questo fronte. Intendevo lasciare la porta aperta in vista di nuove possibili scoperte (l' unica cosa che so a tal proposito, è che si era riusciti ad insegnare qualche rudimento del linguaggio dei segni ad una scimmia). In senso lato, comunque, anche i bingo citati potrebbero pensare, se la complessità delle loro tattiche non si potesse spiegare che adducendo il pensiero, oltre al senso (con senso definisco la progettualità; il senso di qualcosa è il progetto di quel qualcosa - se si preferisce, un insieme di passi il cui ultimo passo è definito fine)

Non posso negare che di fatto io stia considerando la capacità di costruire triadi semiotiche tralasciando il problema che queste poi vengano catalogate e poi ritrovate. Nel post precedente forse sono stato troppo ottimista: la probabilità che possiamo avere la costruzione di informazione pur sensa il loro stoccaggio e/o la possibilità di poterle ritrovare è buona (triste situazione).

Comunque ammetto che io stesso non sono del tutto convinto di alcune posizioni riguardo quello che ho detto: sono necessarie da parte mia migliori chiarificazioni sul rapporto fra costruzione dell' informazione e mantenimento e ritrovamento della medesima. Da questo punto di vista concordo con lei nel dire che ho sottovalutato la memoria.

Spero in sue ulteriori considerazioni sul problema e rapporto costruzione dell' informazione e suo mantenimento e ricerca.

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Aristippo di Cirene, post n. 10

Riconosco anche io che ci sono vari tipi di attività mentali, e che quella che definisco come pensiero è una delle tante. Il motivo che mi spinge ad una scelta così ristretta per il termine "pensiero" è che questo potrebbe riuscire a delimitare una delle attività mentali che abbiamo a differenza di molti altri animali (valido sempre quello che ho detto su questo punto).

L' espressione "l' uomo non pensa" ha come derivazione primaria che "il pensiero pensa", e perciò "non solo l' uomo può pensare". Ciò non dimeno, è vero che da "l' uomo non pensa" derivi " "non solo l' uomo può pensare", per la regola di introduzione del condizionale e della derivazione da me usata:

(A |- B) <-> (A->B) - (A deriva da B, se e solo se, se A allora B)

Il fatto da lei fatto notare, ovvero che da l' uomo non pensa si derivi che anche l' uomo pensa è una contraddizione; ma giustificata a livello di parole: ho usato l' espressione "l' uomo non pensa" perchè qui da noi, in effetti, significa una ben determinata cosa, ed essa vuol significare che 1) non è proprio lui a pensare, bensì il pensiero e 2) che quindi non solo lui pensa. La proposizione da un punto di vista logico è effettivamente poco felice - ma da questo punto di vista si può far notare che non era solo il problema logico a starmi a cuore.

L' obiezione alla prima argomentazione da me posta è corretta, in quanto non risultano ancora con certezza altri animali che pensano. Tuttavia siamo in un tempo in cui ormai l' antropocentrismo del pensiero è ormai da considerarsi come non più certo, e quindi è meglio affermare che "il pensiero pensa" nel caso in cui trovassimo altre forme di vita che pensano - onde evitare fraintendimenti, per così dire, ed abituandoci all' evenienza, che rimane possibile.

La seconda obiezione alla mia seconda argomentazione, secondo cui quando si parla di uomo si dovrebbe parlare di uomo in società, è corretta. Proprio per questo, se l' uomo non è vissuto in una società che pensa, esso non pensa (pur avendo la capacità di farlo).

E' però necessario far notare che è importante far notare che l' uomo ha in sè la capacità di pensare, seppur latente, altresì non penserebbe (non possiamo addestrare un animale a pensare, se non ha già la capacità per poterlo fare). La società è definita, e vado molto sul generico, pur potendo essere molto più specifico, come flussi di comunicazione. Anche qui, la società non è fatta di uomini in senso stretto, ma di comunicazione (sono luhmanniano). Il sistema razionale, oltre che con noi, è in interpenetrazione anche con quello sociale (ed ecco perchè il sistema razionale gode di una relativa immortalità - ma questo è un' altro problema).

La sua obiezione secondo cui dalla mia proposizione "l'essere umano, se non stimolato dall'esterno, non pensa. Quindi, l'uomo non stimolato dall'esterno non pensa" è scorretta è scorretta. In quanto si sta affermando di fatto la legge di identità "se a allora a", che è derivabile da qualsiasi sistema di calcolo proposizionale, e tautologica. Ciò non di meno, riconosco che è necessaria una formulazione più chiara:

"l' uomo, che pur ha in sè la capacità di pensare, se non viene stimolato dall' esterno, dalla società umana nei suoi sistemi umani (la comunicazione dei sistemi individuali), non pensa, lasciando in latenza, per sempre il più delle volte, la capacità di pensare"

La seconda interpretazione del mio argomento, ovvero "L'essere umano, se non stimolato dall'esterno, non è il solo a pensare. Quindi non solo l'uomo pensa", come lei stesso ha notato, non era nelle mie intenzioni. Ed anzi è anche falsa, visto che come ho detto non è possibile pensare se non si ha già la capacità di pensare. Lei notava un' accavallamento di due proposizioni in una; credo di aver risolto il problema nell' argomento ripresentato qui sopra, la invito a dirmi la sua anche su questo.

Lei nota inoltre che l' espressione "il pensiero pensa", significhi che "la capacità di creare triadi semiotiche crea la capacità di creare triadi semiotiche". E' proprio così. Diretta conseguenza di tutte le tesi che sto sostenendo. Naturalmente non nego l' interpenetrazione, ma rimango comunque della posizone che l' espressione (tecnica) "l' uomo non pensa, è il pensiero che pensa, e l' uomo pensa nella misura in cui fa parte del pensiero" sia corretta e vera. Anche gli altri esempi da lei portati sono corretti: "La capacità di correre è capace di correre. La capacità di ingrassare è capace di ingrassare.. la capacità di amare è capace di amare.. ecc..". Questa è la chiusura operativa del sistema. Ovviamente come facciamo a correre, amare ecc.? Il nostro sistema individuale ha come sottosistemi anche quelli citati.

Premetto che non considero la distinzione "soggetto/predicato" come logicamente rigorosa: prendiamo la proposizione "I greci sconfissero i persiani a salamina" e la proposizione "I persiani furono sconfitti dai greci a salamina". Secondo la distinzione soggetto predicato, esse dovrebbero essere differenti, dato che differente è sia il soggetto che il predicato. Ma così non è. Frege aveva ragione. Quindi sostituisco, sempre seguendo Frege, alla nozione di "Soggetto" e "Predicato" quella di "Funzione" ed "Argomento", definendo "funzione" una relazione, ed "argomento" dove la funzione si applica. Ogni funzione può applicarsi ad un numero variabile di elementi: 1, 2 ecc. Si definiscono funzioni monadiche, diadiche, ed, in generale, n-adiche. Qualsiasi funzione che non abbia un argomento è definita insatura, mentre satura qualsiasi funzione che li abbia. La stessa relazione crea gli elementi, intesi come ciò che è in grado di saturare la relazione: gli elementi non hanno realtà ontologica. Ecco perchè a saturare la relazione può di fatto esserci solo la stessa relazione, intesa però come elemento, ovvero come saturazione della relazione. La capacità di fare traidi semiotiche fa proprio per questo triadi semiotiche: e questo risolve pure l' annoso problema del "costruiamo quello che pensiamo oppure scopriamo quello che pensiamo"? Tutte e due: si tratta di costruire unità a partire dalle proprie unità - in pratica quella che si definisce autopoiesi.

Per questo la capacità di costruire triadi semiotiche ha la capacità di costruire triadi semiotiche: l' unico argomento che può saturare la capacità di creare triadi semiotiche è la medesima capacità di creare triadi semiotiche.

Più propriamente: la costruzione di triadi semiotiche è saturata solo dalla costruzione di triadi semiotiche. Quindi fra una triade semiotica ed un' altra triade semiotica c'è ancora solo una triade semiotica, ed in linea di principio, fino all' infinito (semiosi illimitata).
Alexis Honlon is offline  
Vecchio 30-12-2011, 12.48.52   #18
Alexis Honlon
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Riferimento: L' uomo non pensa

Il post precedente non era completo, avevo scritto più di quanto poteva contenere il singolo post, ecco come terminava:


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leibnick1, post n. 11

Quello che lei dice è corretto riguardo l' intelletto attivo e passivo - ma si ricordi che Averroè (e Sigieri poi) nella distruzione della distruzione dei filosofi intenderà l' intelletto passivo e l' intelletto attivo come due nomi diversi per la stessa cosa, ovvero l' intelletto che recepisce da noi il pensiero (intelletto passivo), ed intelletto che riattiva il materiale ricevuto (intelletto attivo). Solo l' intelletto l' intelletto acquisito è mortale, ovvero l' intelletto che si sviluppa in noi. Come lei stesso fa notare con la sua citazione (da Sigieri? oppure traduzione di Michele scoto dei commentari sull' anima di Averroè?). poi, il già citato intelletto (sia quello attivo che passivo, dato che sono la stessa cosa), coincideva col primo cielo, quindi era pure un' entità divina, almeno in seconda battuta.

Non posso essere d' accordo con Averroè su questo punto: il sistema razionale non è un' entità divina, questo perchè è un sistema aperto, e Dio (ma preferisco parlare di "mondo"") è definito come unità della differenza sistema ambiente. Il reale non è razionale.

Definisco sistema aperto qualsiasi sistema per cui si possa parlare di ambiente.
Definisco ambiente tutto ciò che non è sistema.

Il sistema razionale è interpretabile come il mondo che si pensa - se intendiamo che il mondo generi al suo interno la differenza sistema/ambiente.

A vostra disposizione per ogni critica, che spero arriveranno come adesso.

saluti

alexis honlon

Grazie a tutti, ancora, spero in altre critiche.
Alexis Honlon is offline  
Vecchio 30-12-2011, 18.16.45   #19
Alexis Honlon
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Riferimento: L' uomo non pensa

Nel post precedente mi sono fatto prendere la mano. Ho detto che una funzione ha come elemento sè stessa, ma l' espressione è scorretta ed infelice.

Se prendiamo una relazione insatura, ciò che può saturarla è deciso da lei stessa, e quando ciò accade, si parla di funzione. Ciò che lega una relazione satura e una relazione satura è a sua volta una relazione satura (ciò che lega due funzioni è una funzione). Così credo che sia molto più chiaro e corretto.

Un' ultima considerazione a Tempo 2011: se con memoria intendiamo sia la raccolta dell' informazione, che la codifica dell' informazione, che il suo stoccaggio e recupero, allora si può dire che certamente la memoria è pensiero.

Credo che abbia ragione. Una migliore definizione di "pensiero" potrebbe essere la seguente: "Definisco pensiero la decodificazione, codificazione, stoccaggio e ritrovamento di triadi semiotiche".

La chiusura sistemica, ancora una volta, rimane la triade semiotica, perciò tutta l' informazione che circola sono di nuovo le triadi semiotiche.

Al massimo potremo togliere per sicurezza la decodificazione per via del fatto che si prevede un' alter sistemico. Il che ovviamente si può fare. Intendo dire:

Pensiero:

- Codificazione
- stoccaggio del codice
- recupero dell' informazione stoccata

Comunicazione

- Decodificazione
- codificazione (prima codificazione)
(- stoccaggio del codice)
(- recupero dell' informazione)
- doppia codificazione

La doppia codificazione è la codificazione di una codificazione, in pratica come dire l' informazione codificata. All' alter sistemico, ovviamente, arriva solo la seconda codificazione. L' alter sistemico poi a partire da ciò ricodifica la prima codificazione

Se quanto sto dicendo è poco chiaro posso spiegarmi meglio. Segnalatemelo.

saluti

alexis honlon
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Vecchio 30-12-2011, 21.39.06   #20
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Riferimento: Pensiero e memoria

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leibnick1
E' l'analisi dello psichismo che conduce a scindere il pensiero dalla memoria, perché qualsiasi espressione del pensiero non può, evidentemente, prescindere sempre e del tutto dalla memoria.
"qualsiasi espressione del pensiero non può, evidentemente, prescindere sempre e del tutto dalla memoria". Se facciamo la disamina dei collegamenti, io mi azzarderei nell'affermare che, mai il pensiero può fare a meno della memoria, poiché anche quando sceglie le esperienze necessarie alla soluzione dei problemi, è strettamente correlato alla stessa.
Citazione:
Però, a quanto mi consta, nessun filosofo ha mai subordinato la funzione del pensiero a quelle mnestiche, salvo Platone (e, comunque, in un senso diverso). In generale tutti i grandi del passato, ed anche Platone, hanno considerato la memoria come strumento "ancillare" del pensiero. L'anamnesi platonica, infatti, pur essendo pertinente al dominio della memoria (mnesis, greco, sta per memoria) è un'attività conoscitiva. Quindi, anche per Platone, è l'attività del pensiero che conduce a "ripescare" dalla memoria le Idee e restituirle alla luce della conoscenza.
Anche Platone, se si fosse domandato se il pensiero poteva esistere senza memoria, in una classifica immaginaria avrebbe posto prima la memoria poi il pensiero. Comunque, sembra che una cosa esatta l'abbia detta, poiché afferma che è l'attività del pensiero che conduce a "ripescare dalla memoria le idee" (esperienze immagazzinate), per restituirle alla luce della conoscenza. Nella pratica è lo stesso meccanismo che sto sostenendo io. Il pensiero, come metodo "trasmettitore" delle esperienze immagazzinate.
Citazione:
I dati sperimentali mostrano che quest'ultima specie di memoria è strettamente connessa con l'intelligenza ed è chiaro che il pensiero e la memoria a breve termine sono intimamente connessi. Talmente connessi che, forse, è inopportuno distinguerli: sicché, forse, la questione se sia il pensiero espressione di questa memoria, oppure questa sia un servomeccanismo del pensiero... Beh, forse è una questione mal posta e mal formulata. Il pensiero, in quanto "facoltà del giudicare", non potrebbe operare senza essere anche questo tipo di memoria. Ma la memoria a breve termine non avrebbe modo di esistere se non fosse, essa stessa, pensiero. Quindi, ecco: la mia opinione è che, né il pensiero è veicolo di questa memoria, né quella a breve termine può essere fatta coincidere con tutta la "facoltà del giudicare". Essi sono, semplicemente, la stessa cosa relativamente al formularsi, compiuto e completo, di un "atto di coscienza". Ma il pensiero può essere anche "autocoscienza" e, come tale, privo di un contenuto rappresentativo, come quello che Gentile definiva "atto puro", oppure Kant "metodo dialettico trascendentale". Infine il pensiero può essere anche semplice rappresentazione mentale, senza riferimenti mnestici precisi e senza coscienza vigile come, ad esempio, i sogni.
Davanti alle tue affermazioni sull'unicità della memoria/pensiero, che condivido pienamente, e tenendo conto che stiamo parlando di concetti laici scientifici, riguardanti anche la nascita della vita su questa terra, ti rivolgo questa domanda: secondo te, tra memoria e pensiero, esiste una priorità di nascita o si sono presentate alla luce tutte e due contemporaneamente? A mio modo di vedere è importante questa priorità, poiché se fosse stata prima la memoria a nascere (io ne sono convinto), allora quell’unicità di cui parlavi non può avere che un solo significato: che sia stata la memoria a creare il pensiero, l'intelligenza, la coscienza, la sensibilità, l'amore e odio, il perdono, la spiritualità, la solidarietà, il sesso ecc., e anche l'involucro che la contiene. Involucro che possiamo trovare in varie forme e grandezze a causa dell'influenza della casualità. La controprova di questa ipotesi potrebbe essere rappresentata dal fatto che, se togli lei scompare tutto quello elencato. Bada bene però, quando parlo di "togliere" lo intendo in senso completo e non parziale.
Per i sogni, mi sembra che sia scientificamente risaputo che provengono dalla memoria: breve o lunga che sia.

Ultima modifica di Tempo2011 : 31-12-2011 alle ore 11.10.07.
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