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Vecchio 01-01-2012, 22.35.37   #31
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Alexis Honlon @Tempo2011
Vedo poi che lei ha citato ancora il post da me scritto, ma che non ha scritto nulla. Probabilmente si riserva di scriverlo dopo.
Ho citato il resto del suo post perché, secondo me, completava tutto quello che si era detto.
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Vecchio 02-01-2012, 04.20.53   #32
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Alexis Honlon
Ecco le mie risposte a quanto mi dite:

Tempo2011, post n. 21.

Se accettiamo la definizione che pensiero è la codificazione, immagazzinamento e ricerca dei codici, probabilmente si sono sviluppati assieme: non avrebbe senso sviluppare l' uno senza l' altro. Perchè sviluppare la codificazione (la ormai citata capacità di fare triadi semiotiche), se non possiamo poi manterle e trovarle? Possiamo ripetere la domanda per ognuno dei termini proposti che caratterizzano il pensiero. Necessario però far notare che:
1) Se probabilmente la codificazione è un modulo dominio generale, gli altri elementi citati, ovvero immagazinamento e ritrovamento, sono moduli dominio specifici, e questo lo si sa per sicuro: come ho detto, ci sono persone con lesioni cerebrali che hanno perso una particolare parte del materiale immagazzinato, oppure non avevano più accesso alle informazioni che pure avevano.
In questa sua riflessione bisognerebbe tenere in considerazione, però, che la prima forma di vita possedeva una memoria, semplicemente "fisica" e non mnemonica. Anche in quel caso, secondo lei, pensa che già esistesse il pensiero? Se così fosse, anche le esistenti forme di vita unicellulari, come l'ameba, avrebbero un pensiero? Personalmente, non riesco a collegare la memoria fisica con il pensiero, ma tutto è possibile, poiché si sta cercando di comprendere un problema che, anche per la scienza è ancora un qualcosa di veramente misterioso e insoluto.
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Vecchio 02-01-2012, 18.42.37   #33
Alexis Honlon
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@Tempo2011:

No, non penso: qui ovviamente si parla di memoria per il pensiero (la citata capacità di creare triadi semiotiche). Negli altri piani esiste una memoria paragonabile con la relativa chiusura sistemica. Vale la pena di dire i risultati da me ottenuti sul concetto di informazioni e fonderli con la sua posizione sulla memoria. Dunque anzitutto il concetto di informazione. Che cos' è un' informazione? La risposta a questa domanda è la seguente nella mia elaborazione: l' output di un processamento di un input. Può essere utile e comprensibile introdurre il concetto di modulo: per modulo intendo un processore che trasforma un input in un output. Si distinguono due tipi di moduli: moduli dominio generale e moduli dominio specifico. La differenza sta nella selezione che fa il processore degli input ambientali: si parla di modulo dominio generale quando il processore processa qualsiasi input in entrata, e di modulo dominio specifico quando il processore seleziona e processa solo unp specifico input ambientale. L' informazione costituirebbe la chiusura operativa del sistema: cosa entra dentro il sistema, o meglio, cosa il sistema recepisce. Ovvio dire che, con una definizione del genere, ci sono differenti tipi di informazioni: termica, biologica, culturale, ecc.
Se parliamo a livello di evoluzione naturale, le specie (e quindi gli individui) sono essenzialmente un monte di recupero, processamento e stoccaggio di informazioni - veri e propri monti-informativi che ricorsivamente perpetuano se stessi. L' evoluzione poi ci spiega come altre tipologie di informazioni si aggiungano al monte base.

Forse più che di memoria varrebbe la pena parlare di "autopoiesi dell' informazione". Lei che ne dice?
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Vecchio 03-01-2012, 02.01.01   #34
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Alexis Honlon
Ecco le mie risposte a quanto mi dite:

Tempo2011, post n. 21.

Se accettiamo la definizione che pensiero è la codificazione, immagazzinamento e ricerca dei codici, probabilmente si sono sviluppati assieme: non avrebbe senso sviluppare l' uno senza l' altro. Perchè sviluppare la codificazione (la ormai citata capacità di fare triadi semiotiche), se non possiamo poi manterle e trovarle? Possiamo ripetere la domanda per ognuno dei termini proposti che caratterizzano il pensiero. Necessario però far notare che:
1) Se probabilmente la codificazione è un modulo dominio generale, gli altri elementi citati, ovvero immagazinamento e ritrovamento, sono moduli dominio specifici, e questo lo si sa per sicuro: come ho detto, ci sono persone con lesioni cerebrali che hanno perso una particolare parte del materiale immagazzinato, oppure non avevano più accesso alle informazioni che pure avevano.
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Tempo2011
In questa sua riflessione bisognerebbe tenere in considerazione, però, che la prima forma di vita possedeva una memoria, semplicemente "fisica" e non mnemonica. Anche in quel caso, secondo lei, pensa che già esistesse il pensiero? Se così fosse, anche le esistenti forme di vita unicellulari, come l'ameba, avrebbero un pensiero? Personalmente, non riesco a collegare la memoria fisica con il pensiero, ma tutto è possibile, poiché si sta cercando di comprendere un problema che, anche per la scienza è ancora un qualcosa di veramente misterioso e insoluto.
Citazione:
Alexis Honlon @Tempo2011:

No, non penso: qui ovviamente si parla di memoria per il pensiero (la citata capacità di creare triadi semiotiche). Negli altri piani esiste una memoria paragonabile con la relativa chiusura sistemica. Vale la pena di dire i risultati da me ottenuti sul concetto di informazioni e fonderli con la sua posizione sulla memoria. Dunque anzitutto il concetto di informazione. Che cos' è un' informazione? La risposta a questa domanda è la seguente nella mia elaborazione: l' output di un processamento di un input. Può essere utile e comprensibile introdurre il concetto di modulo: per modulo intendo un processore che trasforma un input in un output. Si distinguono due tipi di moduli: moduli dominio generale e moduli dominio specifico. La differenza sta nella selezione che fa il processore degli input ambientali: si parla di modulo dominio generale quando il processore processa qualsiasi input in entrata, e di modulo dominio specifico quando il processore seleziona e processa solo unp specifico input ambientale. L' informazione costituirebbe la chiusura operativa del sistema: cosa entra dentro il sistema, o meglio, cosa il sistema recepisce. Ovvio dire che, con una definizione del genere, ci sono differenti tipi di informazioni: termica, biologica, culturale, ecc.
Se parliamo a livello di evoluzione naturale, le specie (e quindi gli individui) sono essenzialmente un monte di recupero, processamento e stoccaggio di informazioni - veri e propri monti-informativi che ricorsivamente perpetuano se stessi. L' evoluzione poi ci spiega come altre tipologie di informazioni si aggiungano al monte base.
Forse più che di memoria varrebbe la pena parlare di "autopoiesi dell' informazione". Lei che ne dice?
Il criterio distintivo della vita, per il principio auto poietico, è il mantenimento della sua stessa organizzazione. Qualunque sistema che abbia tale caratteristica può a tutti gli effetti essere detto vivente. Questo, però, secondo me, non ci aiuta nel distinguere l'importanza primaria che stiamo cercando e che ha formato il principio e la base di partenza del tutto.
Per esempio, se condividiamo che la prima necessita, per la neonata forma di vita, sia stata una memoria fisica che le permetteva di distinguere i paletti termici a lei adatti per la sopravvivenza, per forza di cose dobbiamo ammettere che tutto è partito da questa peculiarità acquisita, probabilmente, tramite uno imprinting. Peculiarità ereditata dalla stessa materia o, se vogliamo chiamarla, secondo Fritjof Capra, energia primaria.
Secondo me, il problema può essere definito ostico o semplice, in base alla complessità neurale di chi lo analizza. Poiché io da sempre reputo carente la trasmissione delle mie sinapsi, per schemi generali e a grandi linee, il quesito lo definirei semplice. A tale motivo, una volta accettata la teoria che la vita sia nata per causalità dalla materia. Una volta che ci siamo posti la domanda su che cosa dovesse aver avuto bisogno questa prima forma di vita per mantenersi tale. Oppure, una volta stabilito che il possesso di una memoria fisica doveva essergli indispensabile, per riconoscere i paletti termici a lei congeniali, a questo punto: come non possiamo arguire che da questa prima forma "embrionale" di cervello, sia scaturito tutto il resto? Affermo questo perché, chi aveva avuto la possibilità di apprendere quella prima informazione, a quella se ne saranno aggiunte altre, fino a formare un vero e proprio magazzino dove, probabilmente, potevano interagire chimicamente tra di loro; ovvero: senza il bisogno di quel metodo veicolare chiamato pensiero. Sicuramente, questo tipo d’interpretazione intuitiva non può scendere nei particolari, ma finché non si troverà un'altra strada da percorrere, per spiegare quel primo momento in cui è scoccata la scintilla (Fino a ora non ne conosco altre), secondo me questa via è meritevole di attenzione per arrivare e spiegare la presenza di tutte le altre peculiarità che troviamo nel cervello. Oggi le vediamo belle e pronte: ma non è stato sempre così.

Ultima modifica di Tempo2011 : 03-01-2012 alle ore 10.30.38.
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Vecchio 03-01-2012, 10.01.51   #35
Alexis Honlon
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Originalmente inviato da Tempo2011
Il criterio distintivo della vita, per il principio auto poietico, è il mantenimento della sua stessa organizzazione. Qualunque sistema che abbia tale caratteristica può a tutti gli effetti essere detto vivente; ma questo, a mio modo di vedere, non ci aiuta nel distinguere l'importanza primaria che stiamo cercando e che ha formato il principio e la base di partenza del tutto.
Per esempio, se condividiamo che la prima necessita per la neonata forma di vita, sia stata una memoria fisica che le permetteva di distinguere i paletti termici a lei adatti, per la sopravvivenza, per forza di cose dobbiamo ammettere che tutto è partito da questa peculiarità, acquisita, probabilmente, tramite uno imprinting. Peculiarità ereditata dalla stessa materia o, se vogliamo chiamarla, secondo Fritjof Capra, energia primaria.
Secondo me, il problema può essere definito ostico o semplice, in base alla complessità neurale di chi lo analizza. Poiché io mi reputo un carente nelle sinapsi, per schemi generali e a grandi linee, il quesito lo definirei semplice. A tale motivo, una volta accettata la teoria che la vita sia nata per causalità dalla materia. Una volta che ci siamo posti la domanda su che cosa dovesse aver avuto bisogno questa prima forma di vita per mantenersi tale. Oppure, una volta stabilito che il possesso di una memoria fisica doveva essergli indispensabile, per riconoscere i paletti termici a lei congeniali, a questo punto: come non possiamo arguire che da questa prima forma "embrionale" di cervello, sia scaturito tutto il resto? Affermo questo perché, chi aveva avuto la possibilità di apprendere quella prima informazione, a quella se ne saranno aggiunte altre, fino a formare un vero e proprio magazzino dove, probabilmente, potevano interagire chimicamente tra di loro. Ovvero: senza ancora il bisogno di quel metodo veicolare chiamato pensiero. Sicuramente, questo tipo d’interpretazione intuitiva, non può scendere nei particolari, ma finché non si troverà un'altra strada da percorrere, per spiegare quel primo momento in cui è scoccata la scintilla (Fino a ora non ne conosco altre), secondo me, questa via è meritevole di attenzione, per arrivare e spiegare la presenza di tutte le altre peculiarità che troviamo nel cervello. Oggi le vediamo belle e pronte: ma non è stato sempre così.

Sono d'accordo con lei; tuttavia, l'immagine del magazzino non ci induca in tentazione: meglio pensare a qualcosa tipo un' archivio. Se stiamo parlando di sistemi, per definizione un sistema non è la somma delle parti. Si scordano le relazioni fra di esse. L' immagine del magazzino sembra invece far pensare a un insieme di cose buttate lì, senza prendere in cosiderazione le relazioni.

Va fatto notare che, con una definizione di memoria come questa, non c'è niente che non sia memoria: in pratica lo stesso cosmo è un'immenso monte-informazioni di varia natura.
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Vecchio 03-01-2012, 12.04.05   #36
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Riferimento: L' uomo non pensa

In teoria secondo i neuroscienziati darwinisti anche l'ameba pensa e il conatus (omeostasi) è una segreta forma di saggezza di cui la natura dota ogni forma di vita. Secondo Darwin (che lavorò per capire come si generasse la vita dal mondo inanimato, soffermandosi moltissimo sui coralli detti "animali di roccia") un insetto può mostrarsi più intelligente di un matematico.

Tutti i processi corporei collaborano al pensiero: emozioni, sensazioni, memoria (la quale è solo parzialmente localizzata, in realtà essa si concentra in tutte le aree del cervello che sono state coinvolte in un processo e consiste fondamentalmente in facilitazioni durevoli della trasmissione sinaptica nelle reti neurali).


Allora, per come la vedo io, e introduco una teleologia, ogni elemento dell'universo si conforma al fine di rendere possibile l'esistenza del tutto; per realizzare questa prospettiva c'è bisogno di armonia tra le parti, la stessa armonia del fine dell'esistenza che dimostrano le forme più animate di materia palesando il conatus e quelle meno animate tramite aspetti meno evidenti.
Il pensiero è il processo tramite cui questa omeostasi si realizza, la sensazione ci permette di coglierlo.
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Vecchio 03-01-2012, 20.09.31   #37
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Tempo2011
Il criterio distintivo della vita, per il principio auto poietico, è il mantenimento della sua stessa organizzazione. Qualunque sistema che abbia tale caratteristica può a tutti gli effetti essere detto vivente; ma questo, a mio modo di vedere, non ci aiuta nel distinguere l'importanza primaria che stiamo cercando e che ha formato il principio e la base di partenza del tutto.
Per esempio, se condividiamo che la prima necessita per la neonata forma di vita, sia stata una memoria fisica che le permetteva di distinguere i paletti termici a lei adatti, per la sopravvivenza, per forza di cose dobbiamo ammettere che tutto è partito da questa peculiarità, acquisita, probabilmente, tramite uno imprinting. Peculiarità ereditata dalla stessa materia o, se vogliamo chiamarla, secondo Fritjof Capra, energia primaria.
Secondo me, il problema può essere definito ostico o semplice, in base alla complessità neurale di chi lo analizza. Poiché io mi reputo un carente nelle sinapsi, per schemi generali e a grandi linee, il quesito lo definirei semplice. A tale motivo, una volta accettata la teoria che la vita sia nata per causalità dalla materia. Una volta che ci siamo posti la domanda su che cosa dovesse aver avuto bisogno questa prima forma di vita per mantenersi tale. Oppure, una volta stabilito che il possesso di una memoria fisica doveva essergli indispensabile, per riconoscere i paletti termici a lei congeniali, a questo punto: come non possiamo arguire che da questa prima forma "embrionale" di cervello, sia scaturito tutto il resto? Affermo questo perché, chi aveva avuto la possibilità di apprendere quella prima informazione, a quella se ne saranno aggiunte altre, fino a formare un vero e proprio magazzino dove, probabilmente, potevano interagire chimicamente tra di loro. Ovvero: senza ancora il bisogno di quel metodo veicolare chiamato pensiero. Sicuramente, questo tipo d’interpretazione intuitiva, non può scendere nei particolari, ma finché non si troverà un'altra strada da percorrere, per spiegare quel primo momento in cui è scoccata la scintilla (Fino a ora non ne conosco altre), secondo me, questa via è meritevole di attenzione, per arrivare e spiegare la presenza di tutte le altre peculiarità che troviamo nel cervello. Oggi le vediamo belle e pronte: ma non è stato sempre così.
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Sono d'accordo con lei; tuttavia, l'immagine del magazzino non ci induca in tentazione: meglio pensare a qualcosa tipo un' archivio. Se stiamo parlando di sistemi, per definizione un sistema non è la somma delle parti. Si scordano le relazioni fra di esse. L' immagine del magazzino sembra invece far pensare a un insieme di cose buttate lì, senza prendere in cosiderazione le relazioni.

Va fatto notare che, con una definizione di memoria come questa, non c'è niente che non sia memoria: in pratica lo stesso cosmo è un'immenso monte-informazioni di varia natura.
Nel caso del magazzino la mia è stata solo sciatteria descrittiva; archivio è senz'altro più appropriato. Per altro, una materia che, tramite l'uomo, ha creato il pensiero, tanto inerme non dovrebbe essere. Per finire, non ha specificato, o non ho compreso, se anche lei è dell'idea che l'universo sia tutta memoria o, come da lei definito, un immenso monte informazioni di varia natura.
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Vecchio 04-01-2012, 10.21.34   #38
Il_Dubbio
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Originalmente inviato da Alexis Honlon
Per essere più chiari, definisco come "pensiero", di sicuro la capacità di creare triadi semiotiche peirceane (questo sta a questo per questo). Il che significa: polo razionale (logica matematica ecc.), polo "poetico" (metafora e metonimia). Non sono sicuro per il polo emotivo.
Citazione:
Originalmente inviato da Alexis Honlon
Il dubbio, post n. 22

Mi chiede la definizione di triade semiotica, che comunque ho dato nelle pagine precedenti: per triade semiotica intendo semplicemente "una cosa che sta per un' altra cosa attraverso un' altra cosa", se preferisce, i concetti di relato, interrelato ed interpretante di Peirce. Dove per cosa si può intendere davvero praticamente di tutto. Ciò non di meno, il materiale che giostriamo a livello di sistema individuale è relativamente finito, eccone una lista non esaustiva:

- materiale elaborato dalle periferiche dei cinque sensi
- il nostro ricordo di esso
- definizioni concettuali

Pensiamo all' ormai celebre esempio stoico-desaussuriano-peirceano: che roba è la "penna"? La penna è una triade semiotica costituita da due triadi semiotiche. Anzitutto creiamo la triade semiotica del concetto di penna ("oggetto per scirvere"), con quella della sua immagine mentale (quando chiudiamo gli occhi e ricordiamo l' immagine della penna - chiudete gli occhi e ricordate che forma ha una penna) attraverso una convenzione, in questo caso dovuta all' uso che ne facciamo, ma potrebbe essere per altri motivi pure.

Ed abbiamo la prima triade semiotica penna def./immagine penna/convenzione uso (metterò l' interpretante, ciò che lega i due oggetti alla fine di questa lista)

Poi prendiamo la penna che vediamo grazie ai 5 sensi (e alla ricostruzione che il nostro cervello fa) ed il suono "penna", e li uniamo attraverso una pura convenzione.

Così otteniamo una seconda triade semiotica, caratterizzata da oggetto penna/suono penna/convenzione fra i due.

Ed infine uniamo le due triadi semiotiche precedenti attraverso il fatto che l' immagine mentale "penna" e l' oggetto reale penna sono derivate la prima dalla seconda, ottenendo un' altra triade semiotica, con elementi le due traidi semiotiche precedentemente create, ed interpretante il fatto (di fatto convenzionale) che la penna oggetto e l' immagine penna siano collegate fra di loro. Di fatto affermiamo che, poichè l'immagine penna è derivata dal fatto che abbiamo prima visto l' oggetto penna, stipuliamo che l' immagine penna e la sua triade semiotica, e l' oggetto penna e la sua triade semiotica, formino una terza triade semiotica.

Un' po' arzigogolato, e nenache io forse direi che i passi sono questi, modificherei l' ordine di alcuni di essi. Ma credo che renda l' idea.

Grazie per risposta estesa.

Tento di sintetizzare:
1) il pensiero è una "capacità"
2) formare triadi semiotiche è un pensiero
3) la formazione di una triade semiotica è una capacità

Ho formato involontariamente una triade, anche se no semiotica. Cosa manca?
Il pensiero è una capacità di chi o di cosa? Questo è quel che manca.

Ora dovremmo formare una triade che preceda, che giustifichi, il termine "capacità".

Non ne sono capace, ho paura di sbagliare... quindi demando tale costruzione a qualcu altro. La cosa che però mi sembra scaturire dal tuo discorso sul pensiero, è che ogni termine scaturisce da una triade. La prima triade deve però essere una triade, altrimenti, secondo il tuo ragionamento, non avrebbe luogo il pensiero.

Ciò che invece io vorrei far notare è questo: il pensiero, se fosse davvero un succedersi di triadi (mi dirai se ho compreso o meno questo punto), dovremmo poterlo giustificare (altrimenti quel che diciamo rimarebbe soltanto un'ipotesi senza fondamento); perciò tra la prima triade e l'ultima dovremmo poter verificare che ci sia un qualche meccanismo comprensibile, che appunto giustificherebbe la sucessione.

Tempo fa feci l'esempio della geometria euclidea (la ripropongo, visto che nessuno ancora mi ha dato una risposta).
In questa geometria sono noti alcuni termini (che giustificano la geometria stessa) che vengono definiti come "concetti primitivi". Per essere un concetto primitivo bisognerebbe che esso non scaturisca da una triade.

Prendiamo ad esempio il concetto di "punto" di "retta" ecc.
Questi sono concetti ben noti, ma se tentassimo di costruire una triade precedente, il concetto (noto) non sarebbe giustificabile.
Per esempio, prendiamo la penna. Essa ha un inchiostro che se viene a contatto con una foglio aderisce, formando segni che possiamo chiamare "convenzionalmente" punti, virgole, parole, disegni ecc.
Prendiamo il "segno" (che visualizziamo con uno dei 5 sensi) del "punto".
Ora ritorniamo ad Euclide. Egli prende questo segno e lo concettualizza in un segno "adimensionale". La corrispondenza tra segno visivo (o in genere dedotto dai 5 sensi) e quello concettuale "adimensionale", non ci restituisce il concetto di punto geometrico. La triade a questo punto non chiarisce in che modo avvenga tale pensiero, ovvero manca qualche pezzo...

Per questo motivo la definizione di pensiero come "capacità" (di chi o di cosa?) di formare triadi, mi andrebbe anche bene, ma ovviamente rimarrò scettico sul fatto che esso "descriva" completamente proprio il pensiero.

Cerco di essere ancora più chiaro: ammettiamo che il pensiero sia la capacità del cervello (uno tra tanti) di formare triadi semiotiche. Così che, andando a ritroso, ogni pensiero scaturisce da una triade precedente in modo che io possa ricostruire, compiutamente, il processo e la successione dei pensieri.
Se fosse vero non avremmo mai ottenuto la geometria euclidea, in quanto, anche se è pur vero che il punto di inchiostro ottenuto dalla penna (o da altro materiale scrivente) è un "punto", questo è però dimensionale, mentre quello ottenuto dal pensiero di Euclide è adimensionale. Allora se riesci a formare una triade che giustifichi la nascita di un pensiero adimensionale da uno dimensionale, allora sarò il primo ad ammettere che il pensiero è la capacità (probabilmente del cervello, o di qualche componente di esso) di formare triadi semiotiche.
Vorrei che si notasse che tali concetti primitivi (punto, retta ecc.) non sono della stessa "qualità" dell'immagine che noi abbiamo per esempio di inchiostro di penna. La relazione tra l'oggetto e l'immagine di questi ultimi è direi diretto, e forma (o formerebbe) la triade per esempio con l'uso che con quell'immagine ne faccio. La relazione invece tra punto di inchiostro e punto euclideo è invece abissale e, come direbbe Di Pietro, non ci azzeccherebbe nulla. Siamo quindi testimoni della nascita di un pensiero avulso da triadi semiotiche o, quanto meno, che con le triadi riusciamo a descrivere in maniera molto parziale.

Il_Dubbio is offline  
Vecchio 04-01-2012, 15.32.30   #39
paul11
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Il mio pensiero è che esistano due pre-condizioni insite all’atto del big bang: la libertà e la necessità.
In quel famoso attimo in cui avviene questa scintilla vi si trova tutta l’energia dell’universo ( nulla si crea e nulla si distrugge) e le quattro forze che la governano.
Ogni forza è un potenziale in essere che necessita di condizioni affinché possano manifestarsi dinamicamente .
Ad esempio ritornando al punto zero del big bang , le due forze, elettromagnetica e gravitazionale, non sono ancora manifeste, in quanto ogni forza ha un suo raggio d’azione e a quel momento vinceva sulle altre la forte che agisce a cortissimo raggio (energia nucleare).
Nel momento in cui l’energia si espande avviene il famoso bagliore e non prima perchè appare l’energia elettromagnetica con il fotone e quindi il manifestarsi della luce. Altra espansione dell’energia e si manifesta la forza gravitazionale che addensa l’energia e costituisce i primi fondamenti della materia.

L’evoluzione del ciclo di vita delle stelle ci indica che i processi nucleari di fusione liberano come formazioni secondarie durante l’attività di fusione nucleare degli elementi chimici, man mano con peso atomico più elevato: l’idrogeno, l’elio, ossigeno, carbonio , azoto , ecc.

La comparsa del materiale organico deve partire necessariamente dagli elementi su menzionati.
Il carbonio è caratteristico del materiale organico, l’acqua è una molecola formata da 2 atomi di idrogeno e 1 di ossigeno, l’azoto è fondamentale per i costituenti delle proteine, gli acidi nucleici che portano al DNA .

La scienza paleoantropologica ci dice che nell’evoluzione degli ominidi fino ad arrivare a noi compaiono nella parte sinistra del cervello l’ area di Wernicke per la comprensione e più tardi l’area di Broca per la comunicazione che comanda gli organi della fonazione, tra cui laringe e lingua.
Entrambe le funzioni segnalano la comparsa dell’ “homo sapiens”.

Ritengo che la necessità di comunicare ai propri simili fin dall’uomo primitivo abbia potuto far evolutivamente sviluppare degli organi appropriati alla funzione a scapito di altre perse durante l’evoluzione umana.

La necessità di comunicare ad un certo punto deve aver fatto comparire un segno o simbolo che rappresentasse un significato e fosse compreso. Prima appare con la gestualità, poi apparirà come segno di rappresentazione che ha bisogno della ripetitività per essere codificato e diciamo così tramandato : segno(simbolo) , significato e interpretante.

La casualità per me non esiste , sempre per le due precondizioni di necessità che le forze agiscono e della libertà di agire e delle condizioni che possano inibire o far deviare il percorso.
Se ogni forza è un vettore che quindi ha un verso, una direzione nello spazio tempo, l’insieme di queste forze vettoriali che danno una risultante la definisco una coincidenza del diagramma delle forze piuttosto che una casualità.


Le scienze neurobiologiche e il cognitivismo stanno cercando di capire cosa avviene fisicamente nel cervello .
Il mio pensiero è che la corteccia cerebrale veicola tutti i biochimismi delle singole funzioni del cervello. La difficoltà delle scienze ,penso, è data dal fatto che nell’input e output tutto il cervello e le funzioni sono coinvolte e a più livelli. Lo studio durante il sonno delle emissioni elettromagnetiche del nostro cervello suddiviso in quattro tipologie di onde (alfa, delta, beta, teta) potrebbe servire a dimostrareil tipo di attività corrispondente ( attivo, meditativo, emotivo,ecc)
Ad esempio il semplice osservare un tavolo dà un’immagine visiva agli organi sensoriali preposti, ma ha anche nello stesso tempo capacità evocativa (necessità quindi di una memoria storica) a livello più alto, cioè nel pensiero.
Noi tendiamo poi a selezionare attraverso la nostra volontà i segnali che il cervello invia in funzione dello scopo (utilità, morale, ecc).
Penso che esistano più memorie proprio come avviene nei computer (la rom la paragonerei al DNA, ram(memoria volatile), memoria fissa(hard disk), buffer per le periferiche ecc.), con una grande differenza , il computer lavora in seriale, il nostro cervello lavora in parallelo, come nell’esempio precedente .
paul11 is offline  
Vecchio 04-01-2012, 17.01.27   #40
Alexis Honlon
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@ Il dubbio:

il pensiero = "capacità" (triade semiotica)
formare triadi semiotiche = un pensiero (triade semiotica)
formazione di triade semiotica = capacità (altra triade semiotica, ottenuta dalle precedenti)

Ecco le triadi costruite da lei nella elencazione dei 3 punti.

Lei mi chiede chi pensa. Dal ragionamento fatto precedentemente, secondo cui pensare è costruire triadi semiotiche, e fra una prima triade semiotica ed una seconda altra triade semiotica c'è solo ancora una terza triade semiotica, è piuttosto evidente che solo il pensiero pensa. La risposta alla sua domanda è, pertanto, la seguente: il pensiero pensa.

Lei porta l'esempio della geometria euclidea. Ecco la mia risposta all'argomento.

Essenzialmente, un punto non è quello che posso disegnare, ma quello che definisco per tale (sul rapporto col disegno tornerò). In pratica, un punto è quando dico "un punto è X". E questa è evidentemente una triade semiotica, che noi sfruttiamo per semplificarci la vita: "punto" è un modo più veloce per dire X. Porto un esempio più comprensibile.

"Triangolo è il poligono la cui somma degli angoli interni è 180 gradi"

questa è una triade semiotica fra "triangolo" e "poligono la cui somma degli angoli interni è 180 gradi", collegati fra loro da una convenzione linguistica stipulata da noi per semplificarci la vita ("triangolo" è molto più breve di "poligono..."). Il triangolo non è quello che disegno, ma proprio la definizione, ovvero "poligono la cui somma degli angoli interni è 180 gradi".

Simile ragionamento per punto, linea, retta e piano. Come lei sa (mi pare di aver letto il suo post sul problema), potremo parlare di bottiglie, bicchieri pini e case, per ricordare Hilbert - l'importante è che le definizioni rimangono le stesse. Come negli scacchi: gli scacchi non sono le figure che abbiamo davanti, ma le regole. Il pedone è quello che definisco come pedone, e via dicendo.

Quindi volendolo, potremo parlare direttamente di "poligono la cui somma degli angoli interni è 180 gradi", senza parlare di triangolo e toglieremo la triade semiotica. Lasceremo una serie di definizioni e basta. Il problema è che le triadi ritornano: servono dei patterns trasformazionali che mi trasformino i succitati elementi in altri elementi (ecco le triadi di nuovo). I così detti assiomi. E questa si chiama assiomatizzazione, ovvero costruire dei patterns che rendano delle definizioni in altre definizioni.

I concetti primitivi sono tali non perchè non sono triadi semiotiche, ma perchè non sono riportabili ad altro nella loro derivazione. In pratica:è prendiamo tale concetto, che è una triade semiotica - Ha che cosa è riconducibile? Se non è riconducibile che ha sè stesso, allora è un concetto primitivo. Come si fa allora col disegno di un punto, ed in generale, perchè le nostre definizioni tornano con la realtà? Semplice: ce le facciamo tornare. Cerchiamo di rendere queste definizioni in cose differenti da loro (come un disegno, oppure delle cose materiali). In pratica si costruiscono altre triadi semiotiche che fanno da trasduttori.

I numeri? Qualcosa di simile. Partendo dai numeri naturali, vengono definiti come insiemi di tutti gli insiemi aventi quel numero di elementi: quindi 0 è l' insieme vuoto (insieme senza elementi), 1 è l' insieme di tutti gli insiemi aventi 1 elemento, 2 è l' insieme di tutti gli insiemi aventi 2 elementi ecc. L' addizione, o più propriamente aumento cardinale, è definata come l' aumento di una cardinalità a piacere a partire da un numero a piacere fra i numeri naturali. In senso lato, poichè ogni numero naturale è interpretabile in pratica come il numero precedente aumentato di una cardinalità, ecco definita e dimostrata l' operazione.

4 è interpretabile come 3 aumentato di una cardinalità (3 + 1), 2 è interpretabile come 2 aumentato di una cardinalità (2+1), ed otteniamo (2+1+1). 1+1 è interpretabile come 2, quindi 3+1 è interpretabile come 2+2, che ha sua volta è interpretabile come 4, per come ho detto sopra. Quindi 2+2->4.

4 è interpretabile come 3+1. 3 è interpretabile come 2+1. Quindi 2+1+1, che ha sua volta è interpretabile come 2+2. E perciò 4 è interpretabile come 2+2. Quindi 4->2+2.

Definisco l' espressione uguale ("=") come interderivabilità e l' operazione di interderivabilità è considerabile intercambiabile con l' implicazione.

(A<->B) <-> (A-||-B)

Perciò 2+2=4

Come mai ogni 4 che penso in testa corrisponde con 4 di qualsiasi cosa io ho davanti (4 sassi, 4 papere ecc.)? Si è definito i numeri come insiemi di tutti gli insiemi aventi un numero di elementi: quindi in loro ci sono tutti gli insiemi aventi 4 elementi. Quando prendo 4 papere, o 4 sassi ecc, sono passato ad un sottinsieme proprio dell' insieme di partenza. Perchè 3+1 fa 4 e quando prendo 3 pietre e 1 pietra ho 4 pietre? Per lo stesso motivo! Lavoriamo su insiemi che hanno tutti i possibili insiemi, e poi passiamo ad un sott' insieme specifico.

In attesa di sue risposte.

alexis honlon
Alexis Honlon is offline  

 



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