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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 21-12-2012, 22.27.00   #61
0xdeadbeef
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

@ Sgiombo
Il problema è quando si equipara la psicologia alla medicina legale, non credi? Voglio dire: uno dei maggiori
problemi è l'avere esteso la scienza anche ad ambiti in cui essa risulta non dico di impossibile (certamente
esiste un "metodo" scientifico quasi universalmente proponibile), ma sicuramente di problematica applicazione.
Si chiama (mi pare tu sia d'accordo): "scientismo", e va di gran moda in un mondo che cerca disperatamente le
certezze perdute...
Sulla seconda parte della tua risposta, devo francamente dirti di non aver ben capito. Perchè nella tua precedente
risposta affermavi che i condizionamenti interni, in ultima istanza, non sono che condizionamenti esterni più o
meno remoti. A tal proposito, io ti ribattevo (forse non era molto chiaro) che ove si assumesse un tale punto
di vista verrebbe a cadere proprio quel concetto di libertà "da" (il concetto della libertà come mancanza di
coercizione o impedimento) che tu poni a fondamento del valore morale.
Ora, a parte che, diciamo, non sono d'accordissimo nel fondare il valore morale su una base come questa (ma
ci interessa, in questo contesto, solo relativamente); il problema dirimente diventa, a questo punto, la non
chiara definizione di "colpevolezza giuridica". Ovvero, come dicevo, l'indistinzione fra azione costretta e
azione volontaria (una distinzione, concorderai, fondamentale per una seria filosofia del diritto).
In realtà, come appena accennavo, quell'aporia che sta drammaticamente emergendo riguarda proprio il concetto
di "volontà"; un concetto che, giuridicamente, si esplica nel concetto di "colpa".
Ciò che sta, appunto, emergendo è una concezione di volontà che non rispecchia più la forma-mentis della
contemporaneità. E questo perchè la concezione di volontà è legata ad un pensiero che considera centrali le
nozioni di facoltà e poteri originari dell'anima (come potrai ben comprendere, non è più questo il fondamento
che si dà all'interpretazione della condotta umana).
con affetto
mauro
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 23-12-2012, 11.26.58   #62
sgiombo
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Sgiombo
Il problema è quando si equipara la psicologia alla medicina legale, non credi? Voglio dire: uno dei maggiori
problemi è l'avere esteso la scienza anche ad ambiti in cui essa risulta non dico di impossibile (certamente
esiste un "metodo" scientifico quasi universalmente proponibile), ma sicuramente di problematica applicazione.
Si chiama (mi pare tu sia d'accordo): "scientismo", e va di gran moda in un mondo che cerca disperatamente le
certezze perdute...
Sulla seconda parte della tua risposta, devo francamente dirti di non aver ben capito. Perchè nella tua precedente
risposta affermavi che i condizionamenti interni, in ultima istanza, non sono che condizionamenti esterni più o
meno remoti. A tal proposito, io ti ribattevo (forse non era molto chiaro) che ove si assumesse un tale punto
di vista verrebbe a cadere proprio quel concetto di libertà "da" (il concetto della libertà come mancanza di
coercizione o impedimento) che tu poni a fondamento del valore morale.
Ora, a parte che, diciamo, non sono d'accordissimo nel fondare il valore morale su una base come questa (ma
ci interessa, in questo contesto, solo relativamente); il problema dirimente diventa, a questo punto, la non
chiara definizione di "colpevolezza giuridica". Ovvero, come dicevo, l'indistinzione fra azione costretta e
azione volontaria (una distinzione, concorderai, fondamentale per una seria filosofia del diritto).
In realtà, come appena accennavo, quell'aporia che sta drammaticamente emergendo riguarda proprio il concetto
di "volontà"; un concetto che, giuridicamente, si esplica nel concetto di "colpa".
Ciò che sta, appunto, emergendo è una concezione di volontà che non rispecchia più la forma-mentis della
contemporaneità. E questo perchè la concezione di volontà è legata ad un pensiero che considera centrali le
nozioni di facoltà e poteri originari dell'anima (come potrai ben comprendere, non è più questo il fondamento
che si dà all'interpretazione della condotta umana).
con affetto
mauro

Carissimo Mauro, sono perfettamente d' accordo con le tue considerazioni sullo scientismo, che vorrei sottolineare trattarsi (a mio avviso) di una forma di irrazionalismo, in quanto non riconosce i limiti della conoscenza scientifica (e delle sue possibili applicazioni tecniche pratiche; e nei casi peggiori diventa vero e proprio delirio di onnipotenza o vi si avvicina comunque molto), mentre il razionalismo é innanzitutto "senso del limite".

Secondo me le azioni umane sono condizionate dall' interazione fra genoma (interno) e ambiente (esterno); sono inoltre convinto che (tranne casi decisamente patologici) i condizionamenti del genoma siano sostanzialmente uguali per tutti (riguardano le tendenze comportamentali comuni universalisticamente ai membri di una specie, come i desideri di mangiare e riprodursi) mentre le circostanze ambientali determinano, particolarmente nell' uomo che ha un comportamento incomparabilmente più complesso, imprevedibile, "creativo" di qualsiasi altro animale, le differenze di comportamento individuali e di gruppo. Quindi in ultima analisi ritengo che (come inevitabilmente deve accadere se si dà determinismo) il comportamento umano individuale (in ciò che differenzia le scelte di ciascuno ed é moralmente e giuridicamente rilevante) sia determinato estrinsecamente, come giustamente da te rilevato.
Però si tratta di un condizionamento molto indiretto: le circostanze precedenti hanno fatto di ciascuno di noi una persona più o meno onesta, generosa, altruista o egoista, ecc. (generalissimamente: più o meno buona o cattiva), e da questo dipende ogni nostra scelta in un determinato momento. Per questo ogni nostra scelta é espressione, conseguenza e dimostrazione delle nostre qualità morali nel momento in cui viene compiuta; le quali sono espressione, conseguenza e dimostrazione di ciò che l' ambiente (le nostre esperienze di vita pratiche e teoriche) ha fatto di noi.
Questo consente a mio avviso di dare valutazioni morali circa le persone e i loro comportamenti e anche di comminare eventuali sanzioni giuridiche (o encomi e riconoscimenti di vario genere) sensatamente e fondatamente (mentre ciò non sarebbe possibile in caso di libero arbitrio, id est: indeterminismo, casualità, aleatorietà del nostro agire, che consentirebbe di darne valutazioni unicamente in termini di fortuna/sfortuna, non di bontà/malvagità).
Mi rendo ben conto che questo significa che il modo in cui si agisce (più o meno bene) é (in ultima istanza) necessario o necessitato, dipende dalle circostanze vissute, ma questo non ha alcun effetto sul mio atteggiamento verso gli altri e sullle mie valutazioni in campo etico.
Per esempio il fatto che tutto ciò sia accaduto inevitabilmente, deterministicamente non mi impedisce affatto di (anzi, deterministicamente mi spinge a) vergognarmi profondamente come appartenente a una nazionalità della quale sono tutto sommato orgoglioso del fatto che il mio governo (oltre ad aver perpetrato tanti altri gravi misfatti) sia riuscito ad ottenere che due miei connazionali assassini di onesti lavoratori inermi (con una notevole aggravante derivante dalla condizione professionale degli assassini stessi!) la facciano franca e che li accolga in patria come eroi ingiustamente perseguitati (se ciò fosse accaduto per libero arbitrio -cioé casualmente- non potrei che considerarlo un fatto moralmente irrilevante, che mi lascerebbe del tutto indifferente, come -che ne so?- il fatto che domani piova o faccia bel tempo ...a parte il fatto che preferirei il bel tempo per farmi un giro in bici).

Ciao!

Giulio
sgiombo is offline  
Vecchio 23-12-2012, 19.36.35   #63
ulysse
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Carissimo Mauro, sono perfettamente d' accordo con le tue considerazioni sullo scientismo, che vorrei sottolineare trattarsi (a mio avviso) di una forma di irrazionalismo, in quanto non riconosce i limiti della conoscenza scientifica (e delle sue possibili applicazioni tecniche pratiche; e nei casi peggiori diventa vero e proprio delirio di onnipotenza o vi si avvicina comunque molto), mentre il razionalismo é innanzitutto "senso del limite".
Ma mi pareva che il cosddetto "scientismo" non avesse più ragione d'essere...fosse fuori campo per le correnti linee di pensiero pseudo...filosofico...scientif ico...religioso, ecc...magari sceso al livello di "setta".
Ma ora che qui ancora ne trovo il "significante" mi sovviene che certi adepti a concezioni religiose antiscientifiche fanno ancora confusione fra scientifico e scientismo ed anche, pare...(lo cito come fatto per me stranissimo)... che un noto attore USA vi aderisca e ne sia promotore. Ma certo anche altri!
Citazione:
Secondo me le azioni umane sono condizionate dall' interazione fra genoma (interno) e ambiente (esterno); sono inoltre convinto che (tranne casi decisamente patologici) i condizionamenti del genoma siano sostanzialmente uguali per tutti
Ma la parola condizionamento mi stupisce un poco...io direi che il genoma costituisce il substrato fondamentale, le cosiddette pulsioni, su cui innestiamo il nostro sentire ed il nostro pensiero che porta all'agire e che l'ambiente sollecita: io direi piuttosto che è l'ambiente che ci condiziona.

Comunque il genoma, pur diverso per ogni specie vivente e caratteristico, entro certo range, della nostra specie, è anche specifico e unico per ciascuno di noi tanto da diversificare i nostri caratteri di fondo che si vanno ulteriormente formando e diversificando in continua interazione con l'ambiente.

Comunque, forse, è solo questione di intreperetazione e modo di esprimersi...magari di preferenza!

Comunque, non avendo seguito appieno la particolare linea di discorso sviluppatasi per il thread, mi limito a intervenire brevenmente in merito al paragarofo seguente.
Citazione:
.....Per esempio il fatto che tutto ciò sia accaduto inevitabilmente, deterministicamente non mi impedisce affatto di (anzi, deterministicamente mi spinge a) vergognarmi profondamente come appartenente a una nazionalità della quale sono tutto sommato orgoglioso del fatto che il mio governo (oltre ad aver perpetrato tanti altri gravi misfatti) sia riuscito ad ottenere che due miei connazionali assassini di onesti lavoratori inermi (con una notevole aggravante derivante dalla condizione professionale degli assassini stessi!) la facciano franca e che li accolga in patria come eroi ingiustamente perseguitati
Commento:
1)- Non mi vergogno affatto dell'operato, in generale, del nostro governo e neppure me ne inorgoglisco: con esso non sento alcun rapporto di partecipazione: forse esiste maggior comunanza fra il mio genoma e quello degli Inuit del Canada...che non con il genoma dei componenti il governo! ...Piuttosto mi dispiaccio di certe risultanze che spero non saranno troppo gravose per me personalmente e per la comunità di questo paese.
2)- Se con la parola "assassini" alludi alla vicenda dei due marò in India, mi pare che stravalichi l'accertamento dei fatti...che non paiono per niente accertati...anzi le cose mi paiono sempre abbastanza confuse...nonostante ciò che dicono gli indiani.
Daltra parte i marò erano comandati in una missione e se, pur senza esatta cognizione e con incertezza sui fatti, dovessi scegliere chi salvare sceglierai i marò!...che ci sia comunanza di genoma?
Citazione:
... (se ciò fosse accaduto per libero arbitrio -cioé casualmente- non potrei che considerarlo un fatto moralmente irrilevante, che mi lascerebbe del tutto indifferente, come -che ne so?- il fatto che domani piova o faccia bel tempo...

Non riesco a capire quali relazioni poni fra libero arbitrio, casualità e determinismo.
In sostanza io mi spiego così le cose: mi pare che il cosiddetto "libero arbitrio" sia solo una invenzione teologica per poter attribuire la responsabilità di colpa e di peccato o di merito. Infatti per spedire qualcuno all'inferno, o per premiarlo in cielo, occorre vi sia libera intenzionalità e consapevolezza nel compiere il crimine o, in alternativa, la buona azione.

Se fosse Dio che ci determina non ci sarebbe libera intenzionalità con responsabilità e colpa... e nessuno potrebbe essere giustamente punito o premiato...da cui l'invenzione del libero arbitrio teistico promosso dai Santi Padri nei primi secoli del cristianesimo.
Dio, pur sapendo, ci lascerebbe liberi di scegliere il bene dal male...nella cui scelta saremmo completamente liberi da condizionmenti...la qual cosa non mi pare poi sia completamente vera...anche se è vero che Dio non ci determina.

Lo stesso sarebbe, per la giustizia umana, se le cose avvenissero casualmente o secondo un rigido determinismo consequenziale insito nella fisica dell'universo e/o nel nostro genoma...nel nosto istinto: non saremmo liberi di scegliere secondo morale e quindi irresponsabili e incapaci di scegliere e di volere...come fossimo pazzi...insomma.
Per fortuna il determinismo, sia esso fisico che genetico, non è rigido...una qualche apertura esiste!...magari si potrebbe anche parlare di indeterminismo...a livello micro....

Per quanto sia anche vero che il cosiddetto senso morale, introitato per condizionamento sociale fin da piccoli, pure ci condiziona e ci rende parzialmente incapaci di derogare dalla morale corrente.

Se ne deduce che tanto più avrebbe ragione la "giustizia umana" nel punire e ostracizzare chi deroga...ma se ne deduce anche il possibile recupero cui avrebbero diritto di accedere i deroganti.

Inaspettamente qui entra in ballo il nostro io, la nostra coscienza di essere noi, pur in parte condizionati da agenti esterni fra cui la stessa morale...intrinsecamente "coscienza... che il nostro io è esteso a... e che trae ragion d'essere da...l'esterno...dalla comunità e ambiente.
A voler essere più chiaro potrei dire (mi pare scientificamente acquisito) che il nostro io, la nostra coscienza d'essere (mente) qui ed ora...ieri, oggi e domani... non è tutta rinserrata nel nostro organo cerebrale che pure la elabora, ma è estesa al nostro corpo ed all'ambiente in cui siamo immersi e con cui interagiamo.
Citazione:
...a parte il fatto che preferirei il bel tempo per farmi un giro in bici).
Spero che il tuo giro in bici sia stato piacevole.

Ultima modifica di ulysse : 23-12-2012 alle ore 20.14.42.
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Vecchio 23-12-2012, 22.38.43   #64
bobgo
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Citazione:
Originalmente inviato da ulysse

In sostanza io mi spiego così le cose: mi pare che il cosiddetto "libero arbitrio" sia solo una invenzione teologica per poter attribuire la responsabilità di colpa e di peccato o di merito. Infatti per spedire qualcuno all'inferno, o per premiarlo in cielo, occorre vi sia libera intenzionalità e consapevolezza nel compiere il crimine o, in alternativa, la buona azione.

Se fosse Dio che ci determina non ci sarebbe libera intenzionalità con responsabilità e colpa... e nessuno potrebbe essere giustamente punito o premiato...da cui l'invenzione del libero arbitrio teistico promosso dai Santi Padri nei primi secoli del cristianesimo.
Dio, pur sapendo, ci lascerebbe liberi di scegliere il bene dal male...nella cui scelta saremmo completamente liberi da condizionmenti...la qual cosa non mi pare poi sia completamente vera...anche se è vero che Dio non ci determina.

Lo stesso sarebbe, per la giustizia umana, se le cose avvenissero casualmente o secondo un rigido determinismo consequenziale insito nella fisica dell'universo e/o nel nostro genoma...nel nosto istinto: non saremmo liberi di scegliere secondo morale e quindi irresponsabili e incapaci di scegliere e di volere...come fossimo pazzi...insomma.
Per fortuna il determinismo, sia esso fisico che genetico, non è rigido...una qualche apertura esiste!...magari si potrebbe anche parlare di indeterminismo...a livello micro....

Per quanto sia anche vero che il cosiddetto senso morale, introitato per condizionamento sociale fin da piccoli, pure ci condiziona e ci rende parzialmente incapaci di derogare dalla morale corrente.

Se ne deduce che tanto più avrebbe ragione la "giustizia umana" nel punire e ostracizzare chi deroga...ma se ne deduce anche il possibile recupero cui avrebbero diritto di accedere i deroganti.

Inaspettamente qui entra in ballo il nostro io, la nostra coscienza di essere noi, pur in parte condizionati da agenti esterni fra cui la stessa morale...intrinsecamente "coscienza... che il nostro io è esteso a... e che trae ragion d'essere da...l'esterno...dalla comunità e ambiente.
A voler essere più chiaro potrei dire (mi pare scientificamente acquisito) che il nostro io, la nostra coscienza d'essere (mente) qui ed ora...ieri, oggi e domani... non è tutta rinserrata nel nostro organo cerebrale che pure la elabora, ma è estesa al nostro corpo ed all'ambiente in cui siamo immersi e con cui interagiamo.
Ulysse, mi sembra che il tuo discorso inizi con il negare il “libero arbitrio” per poi finire con l’ammetterlo…
Magari facendo appello a ciò che se ne sta fuori dal cervello…
Ti sforzi, ma razionalmente non troverai mai una risposta, perché la libertà nell’esserci non c’è.

Solo l’Esistenza è conscia della propria libertà. Libertà ed Esistenza sono infatti il medesimo.

La libertà è questione prettamente esistenziale, perché ne va della nostra essenza! Non la troverai mai fuori di te stesso, perché è una pura questione di fede.
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Vecchio 24-12-2012, 10.53.57   #65
sgiombo
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

[quote=ulysse]Ma mi pareva che il cosddetto "scientismo" non avesse più ragione d'essere...fosse fuori campo per le correnti linee di pensiero pseudo...filosofico...scientif ico...religioso, ecc
Ma ora che qui ancora ne trovo il "significante" mi sovviene che certi adepti a concezioni religiose antiscientifiche fanno ancora confusione fra scientifico e scientismo

[Sgiombo]
Non riesco a capire questa affermazione e ti chiederei di spiegarti meglio (se ritieni che io sia un adepto di "concezioni religiose antiscientifiche" che "fanno ancora confusione fra scientifico e scientismo" ti sbagli di grosso); ripeto che ritengo lo scientismo (cioé l' ignorare i limiti teorici e pratici -per quel che riguarda le sue applicazioni tecniche- della conoscenza scientifica) una forma di irrazionalismo. E penso che purtroppo sia decisamente vivo e vegeto, anche se forse un po' meno di altri irrazionalismi più sbracati, antiscientifici.
Razionalismo (conseguente) é per me (anche) considerare criticamente significato, condizioni, e limiti della conoscenza scientifica.

[Ulysse]
Ma la parola condizionamento mi stupisce un poco...io direi che il genoma costituisce il substrato fondamentale, le cosiddette pulsioni, su cui innestiamo il nostro sentire ed il nostro pensiero che porta all'agire e che l'ambiente sollecita: io direi piuttosto che è l'ambiente che ci condiziona.

[Sgiombo]
Se ho ben capito non mi sembra diverso da quanto affermato da me

[Ulysse]
Comunque il genoma, pur diverso per ogni specie vivente e caratteristico, entro certo range, della nostra specie, è anche specifico e unico per ciascuno di noi tanto da diversificare i nostri caratteri di fondo che si vanno ulteriormente formando e diversificando in continua interazione con l'ambiente.
Comunque, forse, è solo questione di intreperetazione e modo di esprimersi...magari di preferenza!

[Sgiombo]
Quello che sostengo io (puoi non essere d' accordo con me e seguire il mainstream e non credo che allora si potrebbe andare oltre una constatazione di questa divergenza, per lo meno nell' ambito di un forum come questo, in quanto la questione richiederebbe anni di studio e confronto serrato di osservazioni e argomenti) é che mentre colore degli occhi e dei capelli, gruppi sanguigni e tante altre caratteristiche somatiche sono determinati sostanzialmente dal genoma, così come le tendenze comportamentali comuni a tutti gli uomini, invece (a parte casi decisamente patologici) attitudini, capacità, scelte e comportamenti individuali e di gruppo (non universalmente presenti in tutti i membri della nostra specie) sono determinati sostanzialmente dall' ambiente (fisico e soprattutto sociale, culturale).
Credo anch' io che almeno in parte si tratta di interpretazioni e preferenze extrascientifiche su una questione complessa e non risolvibile "con un si o un no".

[Ulysse]

Commento:
1)- Non mi vergogno affatto dell'operato, in generale, del nostro governo e neppure me ne inorgoglisco: con esso non sento alcun rapporto di partecipazione: forse esiste maggior comunanza fra il mio genoma e quello degli Inuit del Canada...che non con il genoma dei componenti il governo! ...Piuttosto mi dispiaccio di certe risultanze che spero non saranno troppo gravose per me personalmente e per la comunità di questo paese.
2)- Se con la parola "assassini" alludi alla vicenda dei due marò in India, mi pare che stravalichi l'accertamento dei fatti...che non paiono per niente accertati...anzi le cose mi paiono sempre abbastanza confuse...nonostante ciò che dicono gli indiani.

[Sgiombo]
A me paiono chiarissime, purtroppo, ma non credo che sia una questione sulla quale discutere in questo forum, essendo decisamente scottante e tale da far corre il rischio di deprecabili risse verbali che credo i moderatori vogliano giustamente evitare ad ogni costo (personalmente sono indignatissimo, oltre a vergognarmi profondamente come italiano! Se tu invece sei orgoglioso, in questa sede mi limito a constatarlo, come invito te a limitarti a constatare il mio ben diverso atteggiamento).

[Ulysse]
D' altra parte i marò erano comandati in una missione e se, pur senza esatta cognizione e con incertezza sui fatti, dovessi scegliere chi salvare sceglierai i marò!...che ci sia comunanza di genoma?

[Sgiombo]
Vedi sopra.

[Ulysse]
mi pare che il cosiddetto "libero arbitrio" sia solo una invenzione teologica per poter attribuire la responsabilità di colpa e di peccato o di merito. Infatti per spedire qualcuno all'inferno, o per premiarlo in cielo, occorre vi sia libera intenzionalità e consapevolezza nel compiere il crimine o, in alternativa, la buona azione.

[Sgiombo]
Mi sembra un' eccessiva semplificazione della questione, che ne coglie solo una piccola parte (non interessa certo soltanto i preti; non solo i preti -ammesso e non concesso da parte mia, almeno per buona parte di essi!- e i seguaci di religioni possiedono una moralità).

[Ulysse]
l'invenzione del libero arbitrio teistico promosso dai Santi Padri nei primi secoli del cristianesimo.
Dio, pur sapendo, ci lascerebbe liberi di scegliere il bene dal male...nella cui scelta saremmo completamente liberi da condizionmenti...la qual cosa non mi pare poi sia completamente vera...anche se è vero che Dio non ci determina.

[Sgiombo]
Ritengo autocontraddittoria l' affermazione che enti in grado di agire creati da altri enti possano essere responsabili delle loro azioni: o sono creati tali da agire deterministicamente in un certo modo, e allora la responsabilità é tutta del loro creatore che li ha fatti tali da agire così come agiscono e non altrimenti); oppure sono stati creati indeterministicamente e agiscono a casaccio, come se prima di ogni scelta lanciassero una moneta e decidessero in base al risultato del lancio: in questo caso non potrebbero essere considerati buoni o malvagi ma solo forunati o sfortunati e non meriterebbero alcun premio o punizione.

[Ulysse]
Lo stesso sarebbe, per la giustizia umana, se le cose avvenissero casualmente o secondo un rigido determinismo consequenziale insito nella fisica dell'universo e/o nel nostro genoma
Per fortuna il determinismo, sia esso fisico che genetico, non è rigido...una qualche apertura esiste!...magari si potrebbe anche parlare di indeterminismo...a livello micro....

[Sgiombo]
Ritengo che non vi siano logicamente alternative fra divenire ordinato e mutamento caotico e disordinato: tertium non datur (qualsiasi "eccezione" all' ordine del divenire immediatamente lo inficierebbe in toto: sarebbe come se si osservassero trenta lanci di una moneta non truccata e si rilevassero 29 risultati "testa" e uno "croce": il lancio delle monete non truccate non é ordinato secondo la regola "sempre testa", con un' "eccezione" ogni tanto, bensì é disordinato o caotico nei singoli casi, ordinato secondo la regola "50% teste e 50% croci" in caso di insiemi sufficientemente numerosi di lanci, che consente la possibilità teorica, sebbene remota e praticamente pressocché impossibile di 30 lanci con 29 teste).
Il divenire ordinato può a sua volta essere meccanicistico: ogni singolo evento é teoricamente, in linea di principio prevedibile, calcolabile a partire dalle leggi -meccanicistiche- del divenire e dalla situazione universale in un qualsiasi determinato istante); oppure statistico (non i singoli eventi, ma le proporzioni fra eventi alternativamente possibili in insiemi sufficientemente numerosi di casi sono in linea di principio prevedibili, calcolabili a partire dalle leggi -probabilistiche- del divenire e dalla situazione universale in un qualsiasi determinato istante. Chamare il secondo di questi casi di divenire ordinato "determinismo debole" o "indeterminismo debole" (e il primo "determinismo forte"; e il caos "indeterminismo forte") mi sembra una questione puramente terminolgica, risolvibile arbitrariamente, per pura convenzione.
Ma se il divenire naturale fosse probabilistico, allora il libero arbitrio (=casualità) riguarderebbe solo le singole azioni e non il comportamento complessivo: sarebbe ancora possibile una valutazione etica del comportamento umano considerandolo buono o malvagio complessivamente, nella sua totalità, mentre fortunate o sfortunate sarebbero le singole azioni.
Non mi sembra cambi la sostanza della questione del fondamento dell' etica, che, come quello della conoscenza scientifica, resterebbe a mio avviso possibile unicamente in caso di divenire ordinato (sia pure statisticamente) e non caotico (= esistenza del libero arbitrio).

[Ulysse]
Inaspettamente qui entra in ballo il nostro io, la nostra coscienza di essere noi, pur in parte condizionati da agenti esterni fra cui la stessa morale...intrinsecamente "coscienza... che il nostro io è esteso a... e che trae ragion d'essere da...l'esterno...dalla comunità e ambiente.
A voler essere più chiaro potrei dire (mi pare scientificamente acquisito) che il nostro io, la nostra coscienza d'essere (mente) qui ed ora...ieri, oggi e domani... non è tutta rinserrata nel nostro organo cerebrale che pure la elabora, ma è estesa al nostro corpo ed all'ambiente in cui siamo immersi e con cui interagiamo.

[Sgiombo]
Su questo io ritengo che la mente (coscienza) non sia né prodotta, né si identifichi con il nostro cervello (e men che meno estesa all' ambiente naturale, come dicono alcuni seguaci della fenomenologia), ma solo vi corrisponda "puntualmente ed univocamente" (non posso esprimere in poche parole queste mie convinzioni; forse cercherò di illustrarle il più sinteticamente possibile iniziando una nuova discussione nel forum).


[Ulysse]
Spero che il tuo giro in bici sia stato piacevole.


[Sgiombo]
Grazie (dell' augurio, non degi applausi: corro per mio diletto e per la mia salute e non ho ridicole pretese di performances da ragazzino)!
sgiombo is offline  
Vecchio 24-12-2012, 10.58.23   #66
Aggressor
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Per quanto riguarda la libertà mi pare che spesso si faccia un errore: si crede che ciò che vediamo sia definito o anche esattamente causato da qualcosa, mentre mi sembra che non riguardi la nostra esperienza l'ente perfettamente determinato e la sua causa precisa.

Soprattutto si contrappone ciò che è assolutamente determinato a ciò che assolutamente non lo è (sotto mi spiegherò meglio), e così pure l'ente necessariamente causato e quello che emerge dal caso assoluto. E allora visto che sia nella necessità che nel caso non troviamo la libertà, ne emerge una grande difficoltà di comprnsione.


Tuttavia la liberà non è pensata come qualcosa di assolutamente sciolto da altri eventi determinati e/o necessari, come pure qualcosa di casuale, cioè come qualcosa che non trae dalle altri enti i suoi effetti (mettiamo un elettrone che ha una fascia di possibilità di trovarsi in un certo luogo, anche se è prima condizionata in un range, all'interno di quel rang la particella non subisce alcuna coazione, cioè sembra sciolta dal resto dell'esserci per porsi, ma non diremo che è libera, nel senso in cui lo sarebbe la nostra volontà, diremo invece che si muove a caso).
Se ho fame e mi dico libero di mangiare è perché da una parte sono condizionato e "ristretto in un range di azione", dall'altro posso eludere le restrizioni dettate dalla necessità. Ovviamente se il mio scegliere di non magiare fosse l'effetto del caso (mettiamo pure il lancio un dado, anche se il risultato del lancio potrebbe essere pensato come deterministico è un buon esempio) non lo attribuirei alla mia libera scelta. Ma se sia la determinazione assoluta che il caso assoluto fossero abbagli di un linguaggio sempre volto a spezzettare e sistemattizzare, allora potrei dire che la mia essenza è sempre in uno stato ambiguo tra determinazione e caso (che queste 2 cose sono unite e non separate, sono la medesima sostanza), cioè nello stato della libertà che è condizionata ma anche indipendente e non=> in parte assolutamente determinata e in parte assolutamente casuale.


La liberà è un misto di questi 2 aspetti della realtà, allora deve essere concepita così: non mettendo insieme 2 oggetti diversi (necessità + caso, determinazione + indeterminazione, come si fa, forse, in alcune interpretazioni della meccanica quantistica), perché nessuno dei due per sé rappresenta il vero statuto ontologico della libertà, piuttosto amalgamandoli in un unico oggetto, la nostra sostanza appunto, che è pensata, tra l'altro, come una e semplice.


Mi pare che la difficoltà di pensare un oggetto non totalmente determinato sia un questione più di linguaggio che un vero problema gnoseologico, perché tutte le volte che mi guardo introno non riconosco esattamente i confini degli oggetti per esempio (che effettivamente non sussistono a causa degli scambi di particelle con l'esterno, particelle che a loro volta sono in realtà anche onde, qundi senza precisi confini ecc.); ma questo è solo un aspetto particolare della questione e non sono neanche troppo sicuro.


Un saluto, spero di esservi stato di aiuto, poché sulla questione della libertà anche io ci ragionato a lungo (molti anni ormai...).
Aggressor is offline  
Vecchio 24-12-2012, 11.35.04   #67
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Innanzitutto sono perfettamente d' accordo che interrogarsi costantemente sulla moralità sia quanto di più nobile un uomo possa fare.

Credo che non si possa stabilire oggettivamente (cioé dimostrare) ciò che é bene e ciò che é male (si può dimostrare cosa c'é o non c'é, quali mezzi si devono usare per raggiungere determinatii fini, non quali fini perseguire: questi li si sente, irrazionalmente).
Però credo che di fatto esistano tendenze comportamentali (e tendenze a valutare il comportamento umano, proprio ed entro certi limiti altrui) con vario grado di universalità, se così si può dire:
Alcune sono universalissime perché determinate dall' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale relativa (per esempio: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te); altre sono più relativamente universali in quanto "storicamente modulate", generalizzate nell' ambito di determinate epoche storiche, contesti geografici, gruppi sociali (per esempio in certe culture l' uccisione di figli o schiavi, almeno a certe condizioni, non sono considerate immorali, in talune perfino l' infanticidio; certe categorie sentono l' obbligo di segreto professionale, cosa ben più seria della cosiddetta "tutela della privacy"); altre ancora sono condizionate dalle esperienze individuali (per esempio c' é chi é poligamo -anche di fatto nelle società in cui la poligamia é teoricamente vietata- e chi monogamo, chi ritiene perfino di non dovere avere altri rapporti di coppia nel caso rimanga vedovo).

Quel che volevo chiarire nel mio precedente intervento era però un' altra questione.
Cioé il fatto che secondo me una qualche forma di determinismo (sia pure debole: eventualmente statistico anziché meccanicistico) é una conditio sine qua non, oltre che della possibilità di conoscenza scientifica, anche della possibilità di valutazione morale delle scelte e comportamenti umani, che é invece incompatibile con il libero arbitrio (inteso non come mancanza di impedimenti o costrizioni estrinseche ma come incondizionatezza intrinseca, id est: indeterminismo): solo se uno fa qualcosa di buono perché é buono o di cattivo perché cattivo (essendo determinato nelle sue scelte dal suo modo di essere, conseguente la genetica -essenzialmente in quanto é comune a tutti, generalizzato nell' umanità- ma soprattutto le esperienze vissute, particolarmente in quanto é singolarmente, personalmente caratteristico) può essere considerato rispettivamente buono o mlavagio.
Se si fa quel che si fa per libero arbitrio (id est: indeterministicamente; id est: per puro caso, esattamente come se ogni volta che si dovesse compiere una scelta si gettasse una moneta), allora le nostre azioni non proverebbero nulla circa la nostra bontà o malvagità (ma casomai circa la nostra fortuna o sfortuna).
Io credo, in sintonia col pensiero stoico, che la questione morale sia essenzialmente legata alla ragione, credo che un uomo diventi tanto più morale quanto più si applichi per incrementare la ragione. Incrementare la ragione significa essere virtuosi, ossia sviluppare la capacità di agire conformemente ad uno scopo. E' facendo luce nella propria coscienza e comprendendo che il male non ha nessuno scopo razionale che si diventa più buoni ( la concomitanza del Natale fa assumere alla parola "buono" un significato dolciastro, sa un pò di panettone).
Essendo razionali si dovrebbe capire che tutto ciò che di maligno si compie o si pensa inevitabilmente si ritorce su chi lo fa e lo pensa. Il bene più grande è la serenità dell'animo e non può esserci serenità in un animo maligno perchè è sempre agitato da malevolenze, bramosie e sfrenatezze.
Non credo si possa diventare migliori partendo dall'esterno, se prima non ci si è curati di mettere ordine nel proprio animo. Per questo come nel titolo della discussione metto in dubbio l'importanza di tutto ciò che è esterno all'animo, perchè se non si parte da qui a mettere ordine tutto mi sembra inutile.
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Vecchio 24-12-2012, 11.37.35   #68
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ CVC
Certo che il problema è lo stabilire cosa si intende per "esistere": è proprio questo il punto dirimente.
Il problema però, per così dire, è che quando tu affermi: "la luna esiste anche quando non la guardiamo"
affermi un'esistenza di fatto. Quindi un modo particolare di esistenza (un altro è, ad esempio, quello riguardante
l'esistenza delle idee. Non a caso nella Scolastica medievale si parlava di esistenza reale ed esistenza nell'
intelletto).
Tuttavia un'esistenza "reale", nel senso cartesiano della "res extensa", non è plausibile. Perchè, come Kant
insegna, ciò che possiamo conoscere non è la "cosa in sè" (la cosa esterna a sè, come il termine "ex- sistentia"
suggerisce), ma solo il "fenomeno", ossia quella cosa filtrata dal soggetto - diciamo così per brevità.
Quindi, traducendo il tutto in termini semiotici (come ad. es. in Peirce) il problema dell'interpretante rimane.
Perchè non è possibile nemmeno pensare ad una cosa esterna a sè, ovvero ad una cosa in sè.
Non so se ti è capitato di leggere qualcosa sul recente dibattito circa il Nuovo Realismo. Nell'ambito di
questo dibattito, il filosofo tedesco Markus Gabriel ha affermato: "una volta ammesso che noi produciamo
qualcosa, non produciamo però il fatto consistente nell'essere produttori di qualcosa" (mi sembra che questo
possa, in qualche modo, richiamarsi al tuo: "la realtà dell'esistenza sarebbe l'atto del pensare, e non il
prodotto del pensiero" - che poi, io trovo, è assai simile al "cogito ergo sum").
All'affermazione di Gabriel, Severino ha risposto chiedendogli chiarimenti sul significato di quel "noi"; un
"noi" che, secondo Severino, richiama direttamente all'esistenza.
A tale richiesta, Gabriel ha risposto che il "noi" è un qualcosa che acquisisce senso solo all'interno di un
"campo di senso", e che l'esistenza stessa è definibile solo come: "apparizione in un mondo", ove con il termine
"apparizione" si intenda l'appartenenza di un oggetto ad un campo di senso.
Con questo voglio dire: se con "campo di senso" si intende un contesto (anche Severino è di questo avviso),
allora non ci siamo mossi di un solo millimetro dal "segno" semiotico. Perchè per il materialista Gabriel
"oggetto", o "fatto", è quel qualcosa che un certo contesto assume come tale. E il contesto, o campo di senso
che dir si voglia, è null'altro che ciò che una specifica cultura esprime, cioè un segno linguistico.
E dunque: come se ne esce? Se ne esce alla maniera delineata da Severino (con il quale sono assai raramente
d'accordo...). Ovvero recuperando il concetto di "trascendentalità" (da non confondersi, beninteso, con la
"trascendenza") che espresse Kant, e che è ripresa sotto un certo punto di vista anche da Heidegger.
ciao
Il dibattito sul nuovo realismo mi pare più che altro una scissione fra senso comune e pensiero concettuale filosofico. Non mi immedesimo in questa scissione fra ragione ed esperienza, appunto Kant sosteneva che la filosofia deve essere l'applicazione della ragione all'esperienza. Senso comune e filosofia non vanno scissi, o forse andrebbero analizzati singolarmente per poi giungere ad una sintesi conciliatrice della ragione. Ma non una sintesi assoluta in senso hegeliano, ma una sintesi sempre aperta a possibilità di revisioni.
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Vecchio 24-12-2012, 20.15.29   #69
ulysse
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Nella tua concezione materialistica dovresti spiegare una cosa.
Trovo "apriori" un poco spregiativo definire la mia come “concezione materialistica”…non si potrebbe dire che è una concezione e basta?
Forse che la tua concezione che immagino “spiritualista” potrebbe essere, proprio per questo,più vera?...non tanto “degradante” quanto quella materialista? …oppure, come sarebbe giusto, non attribuisci alle parole “materialista vs spiritualista” alcun intrinseco significato morale?
Comunque…..…
Citazione:
Se tutto ciò che è materia e che è prodotto dalla materia non si disperde ma muta, e se la coscienza è prodotta dalla materia, che fine fa la coscienza dopo la morte?
Ma nessuno dice che la coscienza, comunque il pensiero, sia una trasformazione della materia: è solo una tua illazione.
Oppure si potrebbe un dì scoprire che il pensiero è una forma di energia…e allora dove potrebbe finire..un volta emesso e trasmesso?...in entropia ..immagino, ma è solo una ipotesi strampalata!...per quanto corra voce che l’anima pesi 15 grammi!...ma è una bufala… ritengo!

Comunque, in sostanza, Il senso di coscienza “emerge” dal processo cerebrale sovente meccanicisticamente descritto…a meno che sia un venticello (farfalla) che lo porta a ciascuno di noi!!!.

Uso ancora il verbo “emergere” perché non sappiamo come. E nemmeno sappiamo a cosa, fisicamente, si potrebbe equiparare un tale emergere…Direi che non lo si può equiparare a niente altro in questo universo, ma non credo che questo ci autorizzi a porlo al di fuori dell’universo.

Il fatto è che in assenza di una organizzazione funzionale a monte (cioè a livello cerebrale interagente con il corpo e l’ambiente) non c’è pensiero…così come (banalmente) una lampadina priva di filamento non emette luce…
La luce esiste nel momento in cui è emessa…quando l’emissione cessa anche la luce cessa! Il vantaggio della luce sul pensiero è che si trasmette in assenza di ogni supporto..mentre il crearsi, sussistere e trasmettersi del pensiero necessita di concreto supporto.

La metafora non è invero perfetta: la luce è energia, fotoni, forma d’onda… ed ha una velocità luminale: infatti se il sole d’improvviso scompare…ancora per otto minuti noi ne vediamo la luce…iderm per le trasmissioni elettromagnetiche.
Per il pensiero la velocità non è concepibile al di fuori di un supporto: nel vecchio West la velocità massima era quella del pony-express…prima che arrivasse il “filo” che parla.

Una metafora forse più adeguata potrebbe essere il suono, la musica che “emerge” dalle vibrazioni della materia: senza strumento non c’è musica!..ed anche senza supporto (mezzo concreto o aria) il suono non si trasmette.
Ma non è che la materia si trasformi in suono! Tuttavia anche qui, quando la materia non è eccitata il suono cessa…ma non subito… si disperde…via via:…dove andrà a finire?
E’ energia che si disperde…e forse finisce in entropia!

Non così è per il pensiero!

Infatti in caso di morte del cervello, anche il pensiero “immediatamente” scompare…anzi la sua scomparsa è segno certo della morte: elettroencefalogramma piatto! Manco entropia diventa!

Quindi pensiero e coscienza, dopo la morte, scompaiono…non ci sono più…proprio più da nessuna parte…per lo meno non abbiamo indizio di appositi contenitori che conservino la coscienza di chi è passato a “miglior” vita!!!

Magari un credente crede che con l’anima… la coscienza salga in cielo o scenda all’inferno…ma non ne ha indizio concreto: è solo fede!
E’ pur vero che la fede smuove le montagne… si dice …ma concretamente niente c’è di evidente: qualcuno ha mai visto smuovere le montagne?

Lo stesso Maometto, forse dotato di una certo pragmatismo, avvedendosi che mai la montagna sarebbe andata da lui …si premurò lui stesso di andare alla montagna e non ne fece un dramma.

Ecco mi chiedo..e chiedo: che la “coscienza” sparisca è per te, e per altri, solo una questione filosofica o veramente ne senti come un depauperamento della tua personalità?…del tuo esistere attuale? Del tuo fantomatico “io”?...la cosa è per te un dramma?
E’ veramente così “spiacevole” che dopo la morte più niente resti…se non una tomba più o meno vuota o disadorna?...o solo cenere…per chi opta per la cremazione?

A dir la verità non hai tutti i torti …cioè non sei solo in questo tuo sentire: le religioni, anche oggi, e tutte le antiche civiltà prevedevano, in qualche modo, un prolungamento della vita, anche cosciente, dopo la morte…per quanto e nonostante, mai nessuno, di un tale prolungamento, abbia avuto, in questa vita, un qualche indizio.

Per questo, credo, la sola scienza non prevede oggi alcun prolungamento o, per lo meno, ne prescinde. La scienza considera che la cosa non rientri nel suo campo di ricerca. Del resto nulla di concreto cui aggrapparsi…da misurare, intendo.
Citazione:
O se, in alternativa, il pensiero è un epifenomeno, cosa sono questi messaggi che ci scambiamo qui?
Epifenomeni? Qualche manciata di pixel buttati su uno schermo a cristalli liquidi? Impronte lasciate dal ticchettare delle nostre dita?
Non starei a classificare o distinguere in fenomeni od epifenomeni: la cosa accade ed il pensiero si esplica e trasmette anche in messaggi costituenti stimolo ad altri messaggi.

In tutti noi esistono “quanti” di pensiero che si sono trasmessi e giunti a noi fin dall’antichità… ancora da prima che il nostro vivere sia diventato storia nel suo divenire civiltà, cultura, comune sentire e immaginario collettivo, ecc… cui tutti, chi più chi meno, i nostri predecessori, ab antico, hanno contribuito e noi contribuiamo per ora e per il futuro.
Magari dentro ci mettiamo anche il ticchettare dei tasti sul nostro PC che si evidenziano in pixel, parole, pensieri, messaggi, concetti, in modo sempre più esteso ed onnicomprensivo.
Questo forum non ha forse una sua coscienza?…un personale “io” comunitario, che resta ed evolve anche quando qualcuno, in qualche modo, se ne diparte?

Mi pare, questo, un concetto più efficace, costruttivo e sensato che non un personale rimasuglio di coscienza dispersa per l’etere a testimoniare davanti a Dio i nostri meriti e demeriti di una lontana vita…di un singolo pretenzioso “io”.

Citazione:
Per come la penso io la scienza può occuparsi solo dei fenomeni, ossia di ciò che si manifesta.
Infatti il pensiero emerge da un processo fenomenico conseguente a cause e si manifesta pure nel nostro comportarci, recepire e reagire agli stimoli, elucubrare, scegliere, decidere e volere, ecc…

Solo non è noto il come emerga e questo non è motivo per cui la scienza se ne disinteressi…anzi è proprio questo l’oggetto “principe” della ricerca.
Non è invece oggetto di ricerca scientifica il persistere della “coscienza” (che identifico col senso dell’io ) dopo la morte… dato che è proprio la scomparsa della coscienza che certifica la morte!
La ricerca se mai si sposta sulla identificazione del preciso momento di scomparsa di detta coscienza.
Sappiamo quanto la cosa sia fondamentale per i trapianti di organi.

Durante la vita del soggetto, il pensiero si manifesta sotto varie forme (comportamento, parola, scrittura, ecc…) sia nell’ambito personale che nell’ambito sociale e storico. La scienza se ne occupa attraverso branche scientifiche dedicate (psichiatria, neuroscienza, psicologia, ecc…) ...sia sul piano fisico che sul piano dell’astrazione (affettività, empatia, razionalità o irrazionalità, ecc..) e degli effetti che volitivamente provoca…sia allo stato di sanità mentale che allo stato patologico.
Citazione:
Il pensiero non è ne un epifenomeno ne un fenomeno, il pensiero è un qualcosa di oscuro che si manifesta unicamente attraverso ciò che produce.
Che sia fenomeno o epifenomeno non saprei, ma, come più volte espresso, dalla complessità della materia cerebrale organizzata ad hoc, energeticamente alimentata, il pensiero si attiva, magari in interazione in/out, con un processo da cui emerge memoria, pensiero, coscienza, coscienza della coscienza ecc….

E’ qualcosa di oscuro?...Forse!...infatti ancora molto chiaro non è!...ma niente paura, non c’è niente di tenebroso o extramondo…almeno non ce ne sono indizi..ed anche credo che, prima o poi, 10 o 1000 anni, si scoprirà il come…e il robot diventerà umano…o simil-umano. .

Solo che, al momento, il “come non“sappiamo”…non ne abbiamo il “clic”, ma il processo, oramai ampiamente descritto nella sua fisicità, è fenomenico: deriva ed è causato da…, accade e produce effetti.

Non ci sono dubbi… dalle evidenze e risultanze non potrebbe essere diversamente. Infatti ne seguiamo strumentalmente il manifestarsi e lo svolgersi con ogni sofisticazione (Risonanza Magnetica, Tomografia, Ecg, ecc…) anche se, in tali stati non lo sappiamo strumentalmente interpretare: il pensiero c’è e si svolge, solo che, dalla osservazione degli “stati” solo vagamente ne intuiamo il significato…per ora.

Il fenomeno strano tuttavia è che mentre in vita non ne vorremo accettare la fenomenicità concreta …ne vogliamo intravedere l’esistenza e l’esserci dopo la morte! Non è una ben strana contraddizione!?
ulysse is offline  
Vecchio 25-12-2012, 16.49.47   #70
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Originalmente inviato da ulysse
Trovo "apriori" un poco spregiativo definire la mia come “concezione materialistica”…non si potrebbe dire che è una concezione e basta?
Forse che la tua concezione che immagino “spiritualista” potrebbe essere, proprio per questo,più vera?...non tanto “degradante” quanto quella materialista? …oppure, come sarebbe giusto, non attribuisci alle parole “materialista vs spiritualista” alcun intrinseco significato morale?
Comunque…..…

Ma nessuno dice che la coscienza, comunque il pensiero, sia una trasformazione della materia: è solo una tua illazione.
Oppure si potrebbe un dì scoprire che il pensiero è una forma di energia…e allora dove potrebbe finire..un volta emesso e trasmesso?...in entropia ..immagino, ma è solo una ipotesi strampalata!...per quanto corra voce che l’anima pesi 15 grammi!...ma è una bufala… ritengo!

Comunque, in sostanza, Il senso di coscienza “emerge” dal processo cerebrale sovente meccanicisticamente descritto…a meno che sia un venticello (farfalla) che lo porta a ciascuno di noi!!!.

Uso ancora il verbo “emergere” perché non sappiamo come. E nemmeno sappiamo a cosa, fisicamente, si potrebbe equiparare un tale emergere…Direi che non lo si può equiparare a niente altro in questo universo, ma non credo che questo ci autorizzi a porlo al di fuori dell’universo.

Il fatto è che in assenza di una organizzazione funzionale a monte (cioè a livello cerebrale interagente con il corpo e l’ambiente) non c’è pensiero…così come (banalmente) una lampadina priva di filamento non emette luce…
La luce esiste nel momento in cui è emessa…quando l’emissione cessa anche la luce cessa! Il vantaggio della luce sul pensiero è che si trasmette in assenza di ogni supporto..mentre il crearsi, sussistere e trasmettersi del pensiero necessita di concreto supporto.

La metafora non è invero perfetta: la luce è energia, fotoni, forma d’onda… ed ha una velocità luminale: infatti se il sole d’improvviso scompare…ancora per otto minuti noi ne vediamo la luce…iderm per le trasmissioni elettromagnetiche.
Per il pensiero la velocità non è concepibile al di fuori di un supporto: nel vecchio West la velocità massima era quella del pony-express…prima che arrivasse il “filo” che parla.

Una metafora forse più adeguata potrebbe essere il suono, la musica che “emerge” dalle vibrazioni della materia: senza strumento non c’è musica!..ed anche senza supporto (mezzo concreto o aria) il suono non si trasmette.
Ma non è che la materia si trasformi in suono! Tuttavia anche qui, quando la materia non è eccitata il suono cessa…ma non subito… si disperde…via via:…dove andrà a finire?
E’ energia che si disperde…e forse finisce in entropia!

Non così è per il pensiero!

Infatti in caso di morte del cervello, anche il pensiero “immediatamente” scompare…anzi la sua scomparsa è segno certo della morte: elettroencefalogramma piatto! Manco entropia diventa!

Quindi pensiero e coscienza, dopo la morte, scompaiono…non ci sono più…proprio più da nessuna parte…per lo meno non abbiamo indizio di appositi contenitori che conservino la coscienza di chi è passato a “miglior” vita!!!

Magari un credente crede che con l’anima… la coscienza salga in cielo o scenda all’inferno…ma non ne ha indizio concreto: è solo fede!
E’ pur vero che la fede smuove le montagne… si dice …ma concretamente niente c’è di evidente: qualcuno ha mai visto smuovere le montagne?

Lo stesso Maometto, forse dotato di una certo pragmatismo, avvedendosi che mai la montagna sarebbe andata da lui …si premurò lui stesso di andare alla montagna e non ne fece un dramma.

Ecco mi chiedo..e chiedo: che la “coscienza” sparisca è per te, e per altri, solo una questione filosofica o veramente ne senti come un depauperamento della tua personalità?…del tuo esistere attuale? Del tuo fantomatico “io”?...la cosa è per te un dramma?
E’ veramente così “spiacevole” che dopo la morte più niente resti…se non una tomba più o meno vuota o disadorna?...o solo cenere…per chi opta per la cremazione?

A dir la verità non hai tutti i torti …cioè non sei solo in questo tuo sentire: le religioni, anche oggi, e tutte le antiche civiltà prevedevano, in qualche modo, un prolungamento della vita, anche cosciente, dopo la morte…per quanto e nonostante, mai nessuno, di un tale prolungamento, abbia avuto, in questa vita, un qualche indizio.

Per questo, credo, la sola scienza non prevede oggi alcun prolungamento o, per lo meno, ne prescinde. La scienza considera che la cosa non rientri nel suo campo di ricerca. Del resto nulla di concreto cui aggrapparsi…da misurare, intendo.

Non starei a classificare o distinguere in fenomeni od epifenomeni: la cosa accade ed il pensiero si esplica e trasmette anche in messaggi costituenti stimolo ad altri messaggi.

In tutti noi esistono “quanti” di pensiero che si sono trasmessi e giunti a noi fin dall’antichità… ancora da prima che il nostro vivere sia diventato storia nel suo divenire civiltà, cultura, comune sentire e immaginario collettivo, ecc… cui tutti, chi più chi meno, i nostri predecessori, ab antico, hanno contribuito e noi contribuiamo per ora e per il futuro.
Magari dentro ci mettiamo anche il ticchettare dei tasti sul nostro PC che si evidenziano in pixel, parole, pensieri, messaggi, concetti, in modo sempre più esteso ed onnicomprensivo.
Questo forum non ha forse una sua coscienza?…un personale “io” comunitario, che resta ed evolve anche quando qualcuno, in qualche modo, se ne diparte?

Mi pare, questo, un concetto più efficace, costruttivo e sensato che non un personale rimasuglio di coscienza dispersa per l’etere a testimoniare davanti a Dio i nostri meriti e demeriti di una lontana vita…di un singolo pretenzioso “io”.


Infatti il pensiero emerge da un processo fenomenico conseguente a cause e si manifesta pure nel nostro comportarci, recepire e reagire agli stimoli, elucubrare, scegliere, decidere e volere, ecc…

Solo non è noto il come emerga e questo non è motivo per cui la scienza se ne disinteressi…anzi è proprio questo l’oggetto “principe” della ricerca.
Non è invece oggetto di ricerca scientifica il persistere della “coscienza” (che identifico col senso dell’io ) dopo la morte… dato che è proprio la scomparsa della coscienza che certifica la morte!
La ricerca se mai si sposta sulla identificazione del preciso momento di scomparsa di detta coscienza.
Sappiamo quanto la cosa sia fondamentale per i trapianti di organi.

Durante la vita del soggetto, il pensiero si manifesta sotto varie forme (comportamento, parola, scrittura, ecc…) sia nell’ambito personale che nell’ambito sociale e storico. La scienza se ne occupa attraverso branche scientifiche dedicate (psichiatria, neuroscienza, psicologia, ecc…) ...sia sul piano fisico che sul piano dell’astrazione (affettività, empatia, razionalità o irrazionalità, ecc..) e degli effetti che volitivamente provoca…sia allo stato di sanità mentale che allo stato patologico.

Che sia fenomeno o epifenomeno non saprei, ma, come più volte espresso, dalla complessità della materia cerebrale organizzata ad hoc, energeticamente alimentata, il pensiero si attiva, magari in interazione in/out, con un processo da cui emerge memoria, pensiero, coscienza, coscienza della coscienza ecc….

E’ qualcosa di oscuro?...Forse!...infatti ancora molto chiaro non è!...ma niente paura, non c’è niente di tenebroso o extramondo…almeno non ce ne sono indizi..ed anche credo che, prima o poi, 10 o 1000 anni, si scoprirà il come…e il robot diventerà umano…o simil-umano. .

Solo che, al momento, il “come non“sappiamo”…non ne abbiamo il “clic”, ma il processo, oramai ampiamente descritto nella sua fisicità, è fenomenico: deriva ed è causato da…, accade e produce effetti.

Non ci sono dubbi… dalle evidenze e risultanze non potrebbe essere diversamente. Infatti ne seguiamo strumentalmente il manifestarsi e lo svolgersi con ogni sofisticazione (Risonanza Magnetica, Tomografia, Ecg, ecc…) anche se, in tali stati non lo sappiamo strumentalmente interpretare: il pensiero c’è e si svolge, solo che, dalla osservazione degli “stati” solo vagamente ne intuiamo il significato…per ora.

Il fenomeno strano tuttavia è che mentre in vita non ne vorremo accettare la fenomenicità concreta …ne vogliamo intravedere l’esistenza e l’esserci dopo la morte! Non è una ben strana contraddizione!?
In tutta franchezza faccio fatica a credere che tu ti possa sentire disprezzato o denigrato perchè ti si da del materialista, cozza troppo con la tua illimitata fede nella scienza. Piuttosto credo dovresti sintonizzarti un pò meglio sui temi delle discussioni, questa discussione in particolare voleva vertere sulla difficoltà di poter trattare allo stesso modo il mondo della materia e il mondo del pensiero, e la stretta dipendenza fra la realtà percepita dall'individuo ed il proprio io. Ora sembra che i tuoi interventi siano volti a farmi passare per uno che sta cercando un qualche appiglio trascendente riguardo ad un possibile prolungamento della vita dopo la morte. Ho già precisato due volte che non è questa la mia posizione, precisarlo una terza mi sembra inutile
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