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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 24-11-2012, 22.53.57   #1
CVC
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Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Appare evidente che la luna esiste anche quando non la guardiamo e che se cade un albero nella foresta fa rumore anche se non c'è nessuno ad ascoltare. Appare evidente, secondo la concezione realistica, che esiste una realtà esterna ed indipendente dalla mente. Posso astrarmi totalmente nel mio pensiero, ma poi mi guardo intorno e vedo che mentre prima era giorno ora imbrunisce, i negozi che erano aperti ora abbassano le saracinesche, il film che prima era appena iniziato ora è ai titoli di coda. Non posso negare che ci sia un qualcosa che esiste indipendentemente dalla mia coscienza.
Eppure nella precedente astrazione del mio pensiero riflettevo sulle montagne, sui libri, sui monumenti, su tutte quelle cose che esistevano prima di me e che continueranno ad esistere quando io non ci sarò più. Mi è sorta quindi una domanda: se sono reali quelle cose che erano prima e che continueranno ad essere dopo di me mentre il mio ego si spegnerà un giorno alla realtà di esse , allora che rapporto c'è fra tali cose ed il mio ego, quale implicazione, quale comune identità?
Non potrò mai sapere il destino del mio ego quando il mio organismo non sarà più animato dalla vita, è più facile immaginare il destino delle montagne, dei libri, dei monumenti che muteranno nella forma disperdendo senza distruggere la materia-energia di cui sono composti.
Ma non si può immaginare il destino della coscienza, che è pura forma, dopo che si separerà dalla vita. Qual'è il rapporto fra la mia coscienza che è pura forma ed il mondo materiale che può continuare ad esistere pur mutando forma?
Non mi pongo queste domande per uno scopo escatologico, quello che intendo indagare è se ciò che ha una sua esistenza indipendentemente dal mutare della forma e del tempo (la materia-energia) possa essere considerata reale alla stessa stregua di ciò la cui esistenza è indissolubilmente legata alla propria forma ed al proprio tempo (la coscienza).
Un sasso è reale e me ne accorgo perchè ci inciampo, un pensiero è reale perchè emerge dalla coscienza. Ma sono due cose reali allo stesso modo? Per non impazzire, credo, dobbiamo far coincidere in una realtà tanto la res extensa che la res cogitans, ma è veramente così?
Siamo veramente, come congetturava Leibniz, due orologi (la nostra coscienza e la materia) sincronizzati per scandire lo stesso tempo? Cos'altro avremmo se no in comune?

Se devo dire con Cartesio "penso, dunque sono"; allora in questo "io sono" non c'è spazio per alcuna realtà esterna, che sarà reale solo in quanto percepita dai sensi, ma che non ha alcuna realtà affine a quella del "io sono".
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Vecchio 26-11-2012, 14.10.26   #2
ulysse
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Appare evidente che la luna esiste anche quando non la guardiamo e che se cade un albero nella foresta fa rumore anche se non c'è nessuno ad ascoltare. Appare evidente, secondo la concezione realistica, che esiste una realtà esterna ed indipendente dalla mente. Posso astrarmi totalmente nel mio pensiero, ma poi mi guardo intorno e vedo che mentre prima era giorno ora imbrunisce, i negozi che erano aperti ora abbassano le saracinesche, il film che prima era appena iniziato ora è ai titoli di coda. Non posso negare che ci sia un qualcosa che esiste indipendentemente dalla mia coscienza.
Appare evidente: il vivente è arrivato circa 10 miliardi di anni dopo il big-bang….e intanto l’universo si è formato ed evoluto per conto sua: manco gli abbiamo dato una mano!
Esistono, comunque, teorie attendibili nelle linee generali (relatività, cosmologia , ecc…) di come l’universo si sia evoluto a partire dai pochi attimi dopo il big-bang.
Citazione:
Eppure nella precedente astrazione del mio pensiero riflettevo sulle montagne, sui libri, sui monumenti, su tutte quelle cose che esistevano prima di me e che continueranno ad esistere quando io non ci sarò più. Mi è sorta quindi una domanda: se sono reali quelle cose che erano prima e che continueranno ad essere dopo di me mentre il mio ego si spegnerà un giorno alla realtà di esse , allora che rapporto c'è fra tali cose ed il mio ego, quale implicazione, quale comune identità?
Ma niente!...ovviamente! …ma che sia questione di troppa filosofia?
Se un boscaiolo abbatte un albero in Canada magari l’universo è poi diverso di un albero in meno, ma io sono sempre quello…è lapalissiano!
Certo che se mi abbattono (come stanno facendo) tutta la foresta amazzonica l’ecosistema va in balla e non so come la mettiamo!
Citazione:
Non potrò mai sapere il destino del mio ego quando il mio organismo non sarà più animato dalla vita, è più facile immaginare il destino delle montagne, dei libri, dei monumenti che muteranno nella forma disperdendo senza distruggere la materia-energia di cui sono composti.
E’ questione di entropia: la vita è energia ed i picchi di energia tendono a livellarsi nel tempo! Quindi anche i nostri...e noi con loro!
Come per le altre entità anche la nostra energia (il calore emesso) andrà in crescita della entropia dell'universo!
Quando il nostro organismo non sarà più animato dalla vita (coscienza sparita!) in qualche modo degraderà: nutrimento di vermi od altro…

Comunque, alla fine, (esplosione della Supernova–Sole), anche i nostri atomi si disperderanno nell’universo: provengono dalle stelle ed alle stelle ritorneranno…finchè anche l’universo sarà finito e freddo.
Questa almeno è una delle ipotesi!
Citazione:
Ma non si può immaginare il destino della coscienza, che è pura forma, dopo che si separerà dalla vita. Qual'è il rapporto fra la mia coscienza che è pura forma ed il mondo materiale che può continuare ad esistere pur mutando forma?
Nssun destino e nessuna separazione!
Ma che significa “pura forma”?
Chi ha detto (dimostrato) che la coscienza è pura forma?

Direi che anche la coscienza è un prodotto biologico (cosiddetto “materiale”) come tutto il resto, in noi: carne, ossa muscoli, neuroni, pensieri, sentimenti, sensazioni, affettività, vision, ecc…tutto è risultanza del processo biologico! Se non ci nutrissimo (alimentazione energetica)...nulla risulterebbe!

Quando si stacca la spina e la vita finisce non c’è più interazione fra neuroni e sinapsi, più niente si trasmette, gli assoni si svuotano, ecc…: tutto è allo stesso potenziale ed anche la nostra "coscienza" sparisce...nel nulla!

E’ un ben triste destino!... ma anche se la coscienza permanesse non ne avremmo coscienza…quindi è come se…
Comunque la coscienza non permane…se non per credenza!
Sarebbe una ben labile garanzia...la credenza!

Mi pare che anche il teologo Mancuso parli di coscienza (anima) incarnata: si evolve col corpo e con la vita…e con la vita sparisce.

Cartesio cercò una soluzione meno triste e pur plausibile.
Ma, per quanto fosse già molto per quei tempi… non poteva sapere… e immaginò la soluzione delle due “res” concorrenti a dividere dal concreto materiale della carne l’ineffabile spirito.

Oggi qualcosa sappiamo e l’attuale concetto scientifico del vivente è che siamo un “tutt’uno biologico”…materia e ipotetico “spirito” insieme!

Certo non è roba per credenti… scambiare un’anima immortale con una qualche sorta di anima biologica non sembra conveniente, ma tant’è!
Citazione:
Non mi pongo queste domande per uno scopo escatologico, quello che intendo indagare è se ciò che ha una sua esistenza indipendentemente dal mutare della forma e del tempo (la materia-energia) possa essere considerata reale alla stessa stregua di ciò la cui esistenza è indissolubilmente legata alla propria forma ed al proprio tempo (la coscienza).
Campi elettromagnetici ci pervadono alimentati dal metabolismo che trasforma il cibo in energia. Quando l’energia elettromagnetica viene meno resta un mucchietto di atomi! che altro?

Ciò che provoca il dubbio, penso, è una concezione atavica errata di ciò che denominiamo coscienza (come fosse un’anima) …o, comunque, è una ipotesi ereditata dalla filosofia-teologia antica che bombardò i nostri avi e che bombarda tutt’ora noi….in parte…, ma che tuttavia manca di un supporto dimostrativo oggettivo...almeno per questo caso...di coscienza!.

Forse troppo spesso studiamo e vecchi filosofi (ma anche non tanto vecchi) senza valutarli da un punto di vista scientifico.

Comunque la coscienza, che io intendo come una componente della mia “Vision”, è legata al tempo in cui vivo…ma nient’altro: finito il tempo di vita…è finita la coscienza: realtà che scompare…come l’energia… reale finchè scorre nei cavi elettrici! Diventa invece irreale…scomparente…quando giro l’interruttore.
Forse per qulcosa c’entra l’equivalenza massa/energia: l’energia non è men reale della massa!
...Vedi il sasso/pensiero che segue.
Citazione:
Un sasso è reale e me ne accorgo perchè ci inciampo, un pensiero è reale perchè emerge dalla coscienza. Ma sono due cose reali allo stesso modo? Per non impazzire, credo, dobbiamo far coincidere in una realtà tanto la res extensa che la res cogitans, ma è veramente così?
Forse ci sono delle gerarchie, ma anche la “coscienza” è “pensiero”…energia…massa….
Credo che non ci sia bisogno di impazzire!
Già lo dissi:le due "res" cartesiane non hanno supporto dimostrativo...sono semplicemente invenzioni del grande scienziato-filosofo tese a giustificare le sue teorie. Si sono sostenute e accettate grazie all’autorità del filosofo, per altri versi geniale.
Tuttavia, dopo aver fatto scuola per tanto tempo, sono oramai fuori tempo: Per la scienza siamo oggi un tutt’uno bilogico ed anche la coscienza emerge “dai processi biologici” del nostro organo cerebrale nella sua interazione col mondo percepito!

Tuttavia, per ora, si può dire che la coscienza emerge da un processo un pò speciale cui il nostro organo cerebrale partecipa, ma che non ha sede in esso esclusivamente.
Comunque, la coscienza deriva, finchè ci siamo, dal processo che svolgiamo continuamente in interazione con l’ambiente cerebro-fisico-sociale in cui ci troviamo: è la nostra interazione col mondo che la definisce.
(E' tuttavia vero che questo aspetto della "sede", e di dove sia il "processore" non mi è ben chiaro)

Ovvio che l’enunciazione scientifica non è mai vera in assoluto: domani, forse basandoci su di una più evoluta “teoria della mente”, si potrà dire qualcosa di più vero e congeniale.

Purtroppo è un fatto che la res extensa e la res cogitans di Cartesio, fino ad ora, ci hanno portato fuori strada…ma è così che si costruisce il sapere: da una prima ipotesi creduta vera…si arriva, procedendo con la ricerca, a più veridiche affermazioni…in un processo continuo, che anche se, a volte, non sconfessa il passato, lo rende più preciso.
Citazione:
Siamo veramente, come congetturava Leibniz, due orologi (la nostra coscienza e la materia) sincronizzati per scandire lo stesso tempo? Cos'altro avremmo se no in comune?
Forse Leibniz ancora supponeva la coscienza come anima o spirito non di derivazione umana…per lo meno non della stessa origine del corpo e doveva sincronizzare le due entità.
Del resto, l’equivalenza materia-energia (che già sarebbe un primo passo) non gli era nota e, quindi, era lontano mille miglia dal concepire il “pensare” come prodotto emergente dal processo biologico cerebrale.

Infatti qusta esposta è una concezione relativamente recente della scienza: noi siamo un tutt’uno e non c’è bisogno di alcun orologio!
Citazione:
Se devo dire con Cartesio "penso, dunque sono"; allora in questo "io sono" non c'è spazio per alcuna realtà esterna, che sarà reale solo in quanto percepita dai sensi, ma che non ha alcuna realtà affine a quella del "io sono".
Ma mi pare una conclusione “tutta fuori”!
La cosa più semplice è dimenticare Cartesio con le sue “res”: noi “siamo” perchè siamo immersi nel mondo, lo percepiamo, con esso interagiamo psicofisicamente…e in esso lasciamo pure tracce e segni,.…a volte, purtroppo, troppo,….finchè ci siamo!

Ma come si può dubitare della esistenza di chi abbatte la foresta amazzonica?
Nessun dubbio: esiste!
…per quanto, per dimostrarlo, non sia necessario arrivare a tanto.
ulysse is offline  
Vecchio 26-11-2012, 17.05.13   #3
Il_Dubbio
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

I ragiono per ipotesi.
Tu hai già posto come ipotesi che la coscienza sia pura forma. Andrebbe chiarito cosa intendi, ma lasciamo stare, ipotizziamo che la pura forma sia il fondamento della realtà. Se eliminassimo il fondamento (lo facessimo scomparire) anche la realtà sparirebbe. Ovvio quindi che se pensi che ci sia stata una realtà che ti ha preceduto o che ti seguirà, questa è una deduzione poco plausibile con l'ipotesi iniziale.
Ci sono delle possibilità alternative. La pura forma non scompare, ma ovviamente di questo è impossibile averne esperienza, dovremmo ipotizzare una specie di reincarnazione. Il problema però non lo facciamo sparire introducendo l'ipotesi della reincarnazione (che potrebbe essere un'ipotesi che soddisfa almeno nel breve tempo della esistenza della vita nell'universo), noi vogliamo capire se la "pura forma", in tutta la vita dell'universo, scompare oppure no. Se è comparsa con la vita, quando scompare la vita scompare anche la pura forma. A quel punto però non sarà più una pura forma, ma una forma impura che sorge e scompare con la vita.

Se volessi quindi preservare la pura forma dalle intemperie del tempo dovremmo ipotizzare che essa sia stata presente sempre nell'universo anche quando la vita non aveva preso ancora forma e che quindi non scomparirà quando essa morirà.
Si tratta però di "pura forma", lo hai scritto anche tu. Nella pura forma non c'è il tuo particolare ego. La forma del tuo ego è costruito dal tempo (quello delle tue esperienze), mentre la pura forma non si costruisce con il tempo ma nemmeno si distrugge con il tempo (altrimenti non sarebbe più pura forma).
La conclusione è questa: anche il tuo particolare ego si situa al di fuori della pura forma. E come direbbe Lucio Dalla... è questa la novità!
La domanda iniziale è perciò ribaltabile, esiste qualcosa al di dentro dell'IO? Se rispondessimo che c'è la pura forma, allora evidentemente anche l'IO è fuori, e come per le montagne e per il mare, esso diventa un comune oggetto della realtà.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 26-11-2012, 23.30.31   #4
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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Originalmente inviato da ulysse
Appare evidente: il vivente è arrivato circa 10 miliardi di anni dopo il big-bang….e intanto l’universo si è formato ed evoluto per conto sua: manco gli abbiamo dato una mano!
Esistono, comunque, teorie attendibili nelle linee generali (relatività, cosmologia , ecc…) di come l’universo si sia evoluto a partire dai pochi attimi dopo il big-bang.

Ma niente!...ovviamente! …ma che sia questione di troppa filosofia?
Se un boscaiolo abbatte un albero in Canada magari l’universo è poi diverso di un albero in meno, ma io sono sempre quello…è lapalissiano!
Certo che se mi abbattono (come stanno facendo) tutta la foresta amazzonica l’ecosistema va in balla e non so come la mettiamo!

E’ questione di entropia: la vita è energia ed i picchi di energia tendono a livellarsi nel tempo! Quindi anche i nostri...e noi con loro!
Come per le altre entità anche la nostra energia (il calore emesso) andrà in crescita della entropia dell'universo!
Quando il nostro organismo non sarà più animato dalla vita (coscienza sparita!) in qualche modo degraderà: nutrimento di vermi od altro…

Comunque, alla fine, (esplosione della Supernova–Sole), anche i nostri atomi si disperderanno nell’universo: provengono dalle stelle ed alle stelle ritorneranno…finchè anche l’universo sarà finito e freddo.
Questa almeno è una delle ipotesi!

Nssun destino e nessuna separazione!
Ma che significa “pura forma”?
Chi ha detto (dimostrato) che la coscienza è pura forma?

Direi che anche la coscienza è un prodotto biologico (cosiddetto “materiale”) come tutto il resto, in noi: carne, ossa muscoli, neuroni, pensieri, sentimenti, sensazioni, affettività, vision, ecc…tutto è risultanza del processo biologico! Se non ci nutrissimo (alimentazione energetica)...nulla risulterebbe!

Quando si stacca la spina e la vita finisce non c’è più interazione fra neuroni e sinapsi, più niente si trasmette, gli assoni si svuotano, ecc…: tutto è allo stesso potenziale ed anche la nostra "coscienza" sparisce...nel nulla!

E’ un ben triste destino!... ma anche se la coscienza permanesse non ne avremmo coscienza…quindi è come se…
Comunque la coscienza non permane…se non per credenza!
Sarebbe una ben labile garanzia...la credenza!

Mi pare che anche il teologo Mancuso parli di coscienza (anima) incarnata: si evolve col corpo e con la vita…e con la vita sparisce.

Cartesio cercò una soluzione meno triste e pur plausibile.
Ma, per quanto fosse già molto per quei tempi… non poteva sapere… e immaginò la soluzione delle due “res” concorrenti a dividere dal concreto materiale della carne l’ineffabile spirito.

Oggi qualcosa sappiamo e l’attuale concetto scientifico del vivente è che siamo un “tutt’uno biologico”…materia e ipotetico “spirito” insieme!

Certo non è roba per credenti… scambiare un’anima immortale con una qualche sorta di anima biologica non sembra conveniente, ma tant’è!

Campi elettromagnetici ci pervadono alimentati dal metabolismo che trasforma il cibo in energia. Quando l’energia elettromagnetica viene meno resta un mucchietto di atomi! che altro?

Ciò che provoca il dubbio, penso, è una concezione atavica errata di ciò che denominiamo coscienza (come fosse un’anima) …o, comunque, è una ipotesi ereditata dalla filosofia-teologia antica che bombardò i nostri avi e che bombarda tutt’ora noi….in parte…, ma che tuttavia manca di un supporto dimostrativo oggettivo...almeno per questo caso...di coscienza!.

Forse troppo spesso studiamo e vecchi filosofi (ma anche non tanto vecchi) senza valutarli da un punto di vista scientifico.

Comunque la coscienza, che io intendo come una componente della mia “Vision”, è legata al tempo in cui vivo…ma nient’altro: finito il tempo di vita…è finita la coscienza: realtà che scompare…come l’energia… reale finchè scorre nei cavi elettrici! Diventa invece irreale…scomparente…quando giro l’interruttore.
Forse per qulcosa c’entra l’equivalenza massa/energia: l’energia non è men reale della massa!
...Vedi il sasso/pensiero che segue.

Forse ci sono delle gerarchie, ma anche la “coscienza” è “pensiero”…energia…massa….
Credo che non ci sia bisogno di impazzire!
Già lo dissi:le due "res" cartesiane non hanno supporto dimostrativo...sono semplicemente invenzioni del grande scienziato-filosofo tese a giustificare le sue teorie. Si sono sostenute e accettate grazie all’autorità del filosofo, per altri versi geniale.
Tuttavia, dopo aver fatto scuola per tanto tempo, sono oramai fuori tempo: Per la scienza siamo oggi un tutt’uno bilogico ed anche la coscienza emerge “dai processi biologici” del nostro organo cerebrale nella sua interazione col mondo percepito!

Tuttavia, per ora, si può dire che la coscienza emerge da un processo un pò speciale cui il nostro organo cerebrale partecipa, ma che non ha sede in esso esclusivamente.
Comunque, la coscienza deriva, finchè ci siamo, dal processo che svolgiamo continuamente in interazione con l’ambiente cerebro-fisico-sociale in cui ci troviamo: è la nostra interazione col mondo che la definisce.
(E' tuttavia vero che questo aspetto della "sede", e di dove sia il "processore" non mi è ben chiaro)

Ovvio che l’enunciazione scientifica non è mai vera in assoluto: domani, forse basandoci su di una più evoluta “teoria della mente”, si potrà dire qualcosa di più vero e congeniale.

Purtroppo è un fatto che la res extensa e la res cogitans di Cartesio, fino ad ora, ci hanno portato fuori strada…ma è così che si costruisce il sapere: da una prima ipotesi creduta vera…si arriva, procedendo con la ricerca, a più veridiche affermazioni…in un processo continuo, che anche se, a volte, non sconfessa il passato, lo rende più preciso.

Forse Leibniz ancora supponeva la coscienza come anima o spirito non di derivazione umana…per lo meno non della stessa origine del corpo e doveva sincronizzare le due entità.
Del resto, l’equivalenza materia-energia (che già sarebbe un primo passo) non gli era nota e, quindi, era lontano mille miglia dal concepire il “pensare” come prodotto emergente dal processo biologico cerebrale.

Infatti qusta esposta è una concezione relativamente recente della scienza: noi siamo un tutt’uno e non c’è bisogno di alcun orologio!

Ma mi pare una conclusione “tutta fuori”!
La cosa più semplice è dimenticare Cartesio con le sue “res”: noi “siamo” perchè siamo immersi nel mondo, lo percepiamo, con esso interagiamo psicofisicamente…e in esso lasciamo pure tracce e segni,.…a volte, purtroppo, troppo,….finchè ci siamo!

Ma come si può dubitare della esistenza di chi abbatte la foresta amazzonica?
Nessun dubbio: esiste!
…per quanto, per dimostrarlo, non sia necessario arrivare a tanto.
Quando io sostengo che coscienza e materia non hanno in comune il fatto di avere un destino, un'estensione se preferisci, nota o supponibile (la materia ce l'ha perchè cambia forma e può ancora esistere, mentre il cambiar forma della coscienza è la morte di cui non si sa cosa c'è dopo), dici sia questione di troppa filosofia? A me sembra puro senso comune.
Con pura forma intendo che la coscienza ha un'esistenza solo concettuale, tu mi pare sostenga che possa avere un'esistenza fisica. Dato che non mi risulta che alcuno abbia mai osservato la coscienza da un microscopio, nè che gli psicologi più attuali abbiano ipotizzato che sia possibile leggere il pensiero di una persona (una coscienza fisica renderebbe osservabile e leggibile il pensiero di una persona), sarebbe interessante sentirti motivare questa tua convinzione

A me sembra che la tua ipotesi di una coscienza materiale sia in contraddizione con quando dici in sostanza " vita finita, coscienza sparita", perchè l'energia-materia non sparisce, quindi se la coscienza sparisce non può essere fatta di materia-energia.
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Vecchio 26-11-2012, 23.32.54   #5
CVC
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
I ragiono per ipotesi.
Tu hai già posto come ipotesi che la coscienza sia pura forma. Andrebbe chiarito cosa intendi, ma lasciamo stare, ipotizziamo che la pura forma sia il fondamento della realtà. Se eliminassimo il fondamento (lo facessimo scomparire) anche la realtà sparirebbe. Ovvio quindi che se pensi che ci sia stata una realtà che ti ha preceduto o che ti seguirà, questa è una deduzione poco plausibile con l'ipotesi iniziale.
Ci sono delle possibilità alternative. La pura forma non scompare, ma ovviamente di questo è impossibile averne esperienza, dovremmo ipotizzare una specie di reincarnazione. Il problema però non lo facciamo sparire introducendo l'ipotesi della reincarnazione (che potrebbe essere un'ipotesi che soddisfa almeno nel breve tempo della esistenza della vita nell'universo), noi vogliamo capire se la "pura forma", in tutta la vita dell'universo, scompare oppure no. Se è comparsa con la vita, quando scompare la vita scompare anche la pura forma. A quel punto però non sarà più una pura forma, ma una forma impura che sorge e scompare con la vita.

Se volessi quindi preservare la pura forma dalle intemperie del tempo dovremmo ipotizzare che essa sia stata presente sempre nell'universo anche quando la vita non aveva preso ancora forma e che quindi non scomparirà quando essa morirà.
Si tratta però di "pura forma", lo hai scritto anche tu. Nella pura forma non c'è il tuo particolare ego. La forma del tuo ego è costruito dal tempo (quello delle tue esperienze), mentre la pura forma non si costruisce con il tempo ma nemmeno si distrugge con il tempo (altrimenti non sarebbe più pura forma).
La conclusione è questa: anche il tuo particolare ego si situa al di fuori della pura forma. E come direbbe Lucio Dalla... è questa la novità!
La domanda iniziale è perciò ribaltabile, esiste qualcosa al di dentro dell'IO? Se rispondessimo che c'è la pura forma, allora evidentemente anche l'IO è fuori, e come per le montagne e per il mare, esso diventa un comune oggetto della realtà.

Per pura forma intendo la struttura puramente concettuale, intendo che la coscienza sia un qualcosa di puramente concettuale. Ora si dice che la scienza ha oramai abbandonato il dualismo cartesiano, ma mentre questa coscienza si crea in qualche modo e poi sparisce con la morte, l'energia-materia non si crea ne si distrugge. Se davvero corpo e coscienza fossero un tutt'uno, che bisogno avremmo allora di riferirci ancora alla coscienza in modo particolare e distinto rispetto al resto del corpo?
Ci riferiremmo alla coscienza come ad un organo qualsiasi, ma la coscienza non è una cosa tra le tante, è il presupposto del nostro intendere e volere.
Il problema penso che non sia tanto il fatto che la coscienza sparisca dall'universo, ma che l'universo stesso sia concepibile in quanto abbiamo una coscienza. Se è così, allora al di fuori della coscienza non può esistere niente, perchè tutto ciò che concepiamo lo concepiamo grazie alla e nella coscienza.
Se riesco a spiegarti bene la domanda iniziale, allora vedi che la coscienza è il contenitore di tutto, del tempo e delle esperienze che non sono loro a creare la coscienza ma che semplicemente vi si trovano dentro.
Quindi io non mi pongo il problema se la coscienza scompaia o no (con la morte), poichè ciò che esiste esiste grazie alla coscienza e se scompare la coscienza scompaie tutto e tutta la fenomenologia dell'esistenza avviene unicamente all'interno della coscienza.
Ragiono anch'io per ipotesi: potrebbe essere che la coscienza scompaia dall'universo, potrebbe essere che l'universo scompaia dalla coscienza. Chi può dirlo? Non sono due eventi equiprobabili?
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Vecchio 27-11-2012, 20.53.34   #6
bobgo
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

La domanda “Esiste qualcosa al di fuori dell’io?” sembrava anche a me davvero radicale. Nei momenti più impensati mi si ripresentava in testa suscitando la mia perplessità.
Finché ho compreso che lo stupore era dovuto al fatto di ritrovarmi in una situazione-limite!
Situazione-limite a cui giungevo intellettualmente privilegiando un polo della mia condizione originaria.
Nella mia condizione, che è esserci, ossia scissione originaria soggetto-oggetto, mi ritrovavo cioè a ipotizzare la realtà del solo soggetto a scapito dell’oggetto.
Non ero però allora conscio di quell’effettiva situazione-limite perché me la nascondeva un preconcetto che mi sviava.

Il preconcetto era di dar per scontato cosa intendere con “io”. Lo facevo infatti coincidere con i miei pensieri, i miei sentimenti. Inoltre, presumevo di poterlo oggettivare come cosa tra le cose.

Solo quando mi sono finalmente reso conto che “ho” dei pensieri e dei sentimenti, ma non “sono” quei pensieri e quei sentimenti, e che potevo cercarmi quanto volevo, ma mai riuscivo ad aggettivarmi, che ho compreso come l’io non potesse essere un “qualcosa”.
E per noi (esserci), ciò che non è qualcosa è Nulla…

L’esserci è la concomitanza di soggetto e oggetto, presupporre uno senza l’altro è un non senso. Questa è la nostra insuperabile situazione.

Non è perciò tanto vero che “Penso, dunque sono”, ma che: “Penso, dunque ci sono”. Perché è la compresenza del soggetto e del pensiero (oggetto) a far in modo che io ci sia.
Il pensiero non è però indispensabile, perché ci sono ogni volta che qualsiasi altro (oggetto) mi viene incontro. Come urtare una sedia: ci sono!, senza bisogno del pensiero.
Al punto, che è l’altro che fa si che io ci sia. Se l’altro non ci fosse… io non ci sarei.

Che io possa “essere” senza esserci (soggetto-oggetto) è un’ipotesi nella quale “essere” non può avere un significato.

Ultima modifica di bobgo : 28-11-2012 alle ore 09.45.26.
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Vecchio 28-11-2012, 07.34.32   #7
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Originalmente inviato da bobgo
La domanda “Esiste qualcosa al di fuori dell’io?” sembrava anche a me davvero radicale. Nei momenti più impensati mi si ripresentava in testa suscitando la mia perplessità.
Finché ho compreso che lo stupore era dovuto al fatto di ritrovarmi in una situazione-limite!
Situazione-limite a cui giungevo intellettualmente privilegiando un polo della mia condizione originaria.
Nella mia condizione, che è esserci, ossia scissione originaria soggetto-oggetto, mi ritrovavo cioè a ipotizzare la realtà del solo soggetto a scapito dell’oggetto.
Non ero però allora conscio di quell’effettiva situazione-limite perché me la nascondeva un preconcetto che mi sviava.

Il preconcetto era di dar per scontato cosa intendere con “io”. Lo facevo infatti coincidere con i miei pensieri, i miei sentimenti. Inoltre, presumevo di poterlo oggettivare come cosa tra le cose.

Solo quando mi sono finalmente reso conto che “ho” dei pensieri e dei sentimenti, ma non “sono” quei pensieri e quei sentimenti, e che potevo cercarmi quanto volevo, ma mai riuscivo ad aggettivarmi, che ho compreso come l’io non potesse essere un “qualcosa”.
E per noi (esserci), ciò che non è qualcosa è Nulla…

L’esserci è la concomitanza di soggetto e oggetto, presupporre uno senza l’altro è un non senso. Questa è la nostra ineliminabile situazione.

Non è perciò tanto vero che “Penso, dunque sono”, ma che: “Penso, dunque ci sono”. Perché è la compresenza del soggetto e del pensiero (oggetto) a far in modo che io ci sia.
Il pensiero non è però indispensabile, perché ci sono ogni volta che qualsiasi altro (oggetto) mi viene incontro. Come urtare una sedia: ci sono!, senza bisogno del pensiero.
Al punto, che è l’altro che fa si che io ci sia. Se l’altro non ci fosse… io non ci sarei.

Che io possa “essere” senza esserci (soggetto-oggetto) è un’ipotesi nella quale “essere” non può avere un significato.
Non ho perfettamente chiaro il concetto di situazione limite, nel gergo di Jaspers dovrebbe rappresentare il baluardo insuperabile della realtà, ma poi questa realtà è intesa come naufragio di ogni punto fermo dell'esistenza, io compreso. Ma questa realtà allora cos'è: un muro o un naufragio?Perchè se esiste il naufragio allora io lo intendo come parte di un percorso e non come un muro.

Ovviamente esistono il soggetto e l'oggetto, ma sono entrambi compresi nell'io. Il fatto di uscire dall'io non è che una parte del processo di formazione dell'io, l'autocoscienza esce da sè per conoscere l'altro da sè, ma poi deve per forza rientrarvi perchè non ha alcun altro scopo
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Vecchio 28-11-2012, 16.24.56   #8
bobgo
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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Originalmente inviato da CVC
Non ho perfettamente chiaro il concetto di situazione limite, nel gergo di Jaspers dovrebbe rappresentare il baluardo insuperabile della realtà, ma poi questa realtà è intesa come naufragio di ogni punto fermo dell'esistenza, io compreso. Ma questa realtà allora cos'è: un muro o un naufragio?Perchè se esiste il naufragio allora io lo intendo come parte di un percorso e non come un muro.
Sì, la situazione-limite non è possibile com-prenderla. Perché possiamo comprendere solo ciò che appare essere in qualche misura oggettivabile.
Il limite non è invece oggettivabile, perché c’è, ma anche non c’è. Non lo possiamo indagare come qualcosa che c’è, eppure è proprio ciò che sostiene questo nostro esserci.

La situazione-limite non è esprimibile come concetto razionale. Perché la razionalità è incapace di coglierla. In grado di coglierla è l’Esistenza, che si manifesta proprio quando scossa dalla situazione-limite.

Il “baluardo insuperabile della realtà” può essere infatti visto da due angolazioni ben differenti.
Dal punto di vista della razionalità esso non è che un muro da accettare così com’è, perché non ha senso problematizzarlo.
Viceversa, l’Esistenza ne è scossa perché quel “baluardo” risveglia in lei la propria origine trascendente. L’Esistenza inevitabilmente si mette allora alla ricerca di se stessa.

In questa ricerca l’Esistenza è costretta a stare in sospensione, niente può aiutarla se non la propria fede nella Verità. Perché disponibile ha solo l’esserci (l’esserci è tutto quello che c’è), ma lei vuol andare oltre al “baluardo insuperabile”.
Questa mancanza di certezze, per cui vale solo la propria fede, è difficile, se non impossibile, da mantenere. Per cui, è pressoché inevitabile finire con l’aggrapparsi a contenuti dell’esserci da considerare Verità assoluta.

Ed è proprio questo appiglio, che in un primo momento può molto soddisfare, a essere poi la causa dell’inevitabile naufragio.

Un esempio dell’aggrapparsi a “verità” nell’esserci può essere, a mio avviso, quanto da te scritto:

Citazione:
Ovviamente esistono il soggetto e l'oggetto, ma sono entrambi compresi nell'io. Il fatto di uscire dall'io non è che una parte del processo di formazione dell'io, l'autocoscienza esce da sè per conoscere l'altro da sè, ma poi deve per forza rientrarvi perchè non ha alcun altro scopo
Questa è metafisica che proclama la Verità.
E’ sicuramente un pensiero profondo, che nella brama di definire il Vero cerca di oggettivarlo.
Il risultato può apparire grandioso e appagare intimamente. Tuttavia il suo destino non potrà che essere il naufragio.

In quanto non vi è Verità nell’esserci.
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Vecchio 28-11-2012, 21.17.17   #9
ulysse
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Quando io sostengo che coscienza e materia non hanno in comune il fatto di avere un destino, un'estensione se preferisci, nota o supponibile (la materia ce l'ha perchè cambia forma e può ancora esistere, mentre il cambiar forma della coscienza è la morte di cui non si sa cosa c'è dopo), dici sia questione di troppa filosofia? A me sembra puro senso comune.
Ancora stiamo qui a raccontarcele ed a sperare: ma dopo la morte non c’è piu' niente, ovviamente, comunque niente cui potremmo essere sensibili.
La materia (mucchietto di atomi) certo esiste ancora disperso per l'universo, ma con noi, con ciò che eravamo, con la nostra coscienza svanita, nulla ha a che fare.

Credo che la difficoltà di reciproca comprensione derivi da presupposti diversi.
Forse pensi che il nostro vivere e pensare non sia possibile senza un intervento extraumano o divino…comunque metafisico .

Io penso invece che l’intervento superiore ed extra umano non ci sia, oppure ne prescindo…

Del resto questa è la posizione della scienza….che, in mancanza di dimostrazione in contrario...prescinde.

Al momento, tuttavia, scientificamente non sappiamo come scaturiscano la vita ed il pensiero dalla “organizzazione” ad hoc della materia…
Credo comunque che siano fenomeni immanenti dell’universo!
Con tale posizione e convinzione le ricerche continuano…finche non si dimostri il contrario!

Diversamente i laboratori e le università dovrebbero licenziare caterve di ricercatori e scienziati: biologi, genetisti, antropologi, neuroscienziati, ecc… Verrebbe, infatti, a mancare il presupposto della ricerca… e mi pare, come minimo, che quello attuale non sia il momento buono.

Sembra una battuta, ma è pur vero che, attribuendo tranquillamente al divino (al metafisico?) l’insorgere dei fenomeni fondamentali come sarebbero: il big-bang, le leggi fisiche che reggono l’universo micro e macro, l’insorgere della vita e del pensiero nell’umano, la sua escatologia o la sua evoluzione per adattamento, ecc….accadrebbe che molti dei nostri saperi verrebbero meno…saremmo ancora al medio-evo.

Forse il grande merito delle religioni è proprio questo: sollevare discussioni e ricerche alternative al vecchio modello dell’universo. Così è emersa e si è evoluta la scienza!

Comunque anch’io sono alternativo ed ogni mio discorso i proposito è basato sul fatto che tutto avvenga nell’ambito di quel “sistema chiuso” magari in espansione, che chiamiamo universo o multiverso che sia!

Se qualcosa non sappiamo…e molto invero non sappiamo…allora cerchiamo: troveremo…prima o poi...senza ricorrere al trascendente.

Un principio è quello di non sperare nel… di non ricorrere al deus ex machina!
Forse ci aiuterebbe (!?)…ma la speranza nell’intervento extra ci impedirebbe di cercare e molto ci perderemmo…come del resto molto, per questo, abbiamo perduto da sempre.

Il primo punto che premetto è che escludo (o ragiono come se…) che la vita o un qualche suo corollario, sia di provenienza extraumana o trascendente: la vita è un fenomeno immanente…solo che, al momento, non sappiamo come emerga…pur conoscendo molto di questo emergere.

Come la vita anche il pensiero, il sentimento, l’affettività, l’empatia…la coscienza tout court, ecc…che ne fanno parte e la caratterizzano, sono fenomeni che emergono dai nostri processi biologici cui, metabolizzando il cibo, forniamo energia.

Non siamo quindi, materia inerte, semplici atomi e molecole, ma materia sapientemente “organizzata” .

Da tale organizzazione, con programma genetico (DNA) interagente con l’ambiente socio-fisico… emerge la vita, il pensiero, la coscienza, ecc…
Tutte cose che, pur emergendone, nulla hanno a che fare coi diversi, specifici caratteri della materia primordiale…come sarebbero particelle, atomi, molecole, ecc… pur partecipanti al metabolismo che fornisce energia al processo vitale…ma in sè materia comunque priva della necessaria organizzazione che il DNA definisce e trasmette per ogni specifica specie.
Citazione:
Con pura forma intendo che la coscienza ha un'esistenza solo concettuale, tu mi pare sostenga che possa avere un'esistenza fisica.
Bisognerebbe definire cosa significhino esistenza concettuale ed esistenza fisica.
E’ chiaro comunque che ciò che chiamiamo “coscienza” (capacità di rendersi conto)…è essenzialmente una modalità di pensiero… e non è un pezzo di carne o di cervello…e nemmeno è avvertibile al tatto…o visibile in diretta o strumentalmente (sic!)….nulla di fisico, insomma,…nel senso che intendiamo!

Essa emerge però come pensiero, sensazione, vision…weltanschauung… dai nostri processi cerebrali (fisici) nella loro interazione interno/esterno…dentro/fuori… la calotta cranica
Citazione:
Dato che non mi risulta che alcuno abbia mai osservato la coscienza da un microscopio, nè che gli psicologi più attuali abbiano ipotizzato che sia possibile leggere il pensiero di una persona (una coscienza fisica renderebbe osservabile e leggibile il pensiero di una persona), sarebbe interessante sentirti motivare questa tua convinzione.
Questa che mi attribuisci è ovviamente una ipotesi surreale: puoi tranquillizzarti circa il mio stato psichico rileggendo quanto precede e segue.
Citazione:
A me sembra che la tua ipotesi di una coscienza materiale sia in contraddizione con quando dici in sostanza " vita finita, coscienza sparita", perchè l'energia-materia non sparisce, quindi se la coscienza sparisce non può essere fatta di materia-energia.
Mai detto che la coscienza sia “materia”…accade però che la coscienza (il pensiero, la vita, ecc..) emerga da processi che avvengono per effetto di materia-energia "organizzata" ad hoc: vedi, ad esempio, l’organo cerebrale composto di miliardi di miliardi di neuroni fra loro interagenti (per via elettrochimica e per connessioni di sinapsi, dendriti, assoni estendentisi per tutto il corpo ecc….).

Il processo è di ordine fisico, ma la risultanza è pensiero e coscienza!...Come avvenga, ovviamente, è per ora ignoto!

Facciamo, banalmente, l’analogia con la lampadina: l’energia elettrica alimenta la lampadina (materia organizzata) che emette luce.
Quando la lampadina brucia (morta) non emette più luce (finito!).
E’ plausibile chiedersi dove sia finita la luce emessa?
Chiedersi quale destino abbia la luce emessa dalle lampadine?
Non mi pare!...è tutto avvenuto!

Invero la luce è costituita da fotoni…e forse da qualche parte sono finiti …assorbiti dai corpi circostanti!

Ma la coscienza non ha consistenza…è impalpabile pensiero che si auto percepisce!
Esaurito il processo che la genera…anch’essa è finita! Non c’è più!
…se non nella mente di parenti e amici…che presto dimenticano.
ulysse is offline  
Vecchio 29-11-2012, 08.55.28   #10
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da bobgo
Sì, la situazione-limite non è possibile com-prenderla. Perché possiamo comprendere solo ciò che appare essere in qualche misura oggettivabile.
Il limite non è invece oggettivabile, perché c’è, ma anche non c’è. Non lo possiamo indagare come qualcosa che c’è, eppure è proprio ciò che sostiene questo nostro esserci.

La situazione-limite non è esprimibile come concetto razionale. Perché la razionalità è incapace di coglierla. In grado di coglierla è l’Esistenza, che si manifesta proprio quando scossa dalla situazione-limite.

Il “baluardo insuperabile della realtà” può essere infatti visto da due angolazioni ben differenti.
Dal punto di vista della razionalità esso non è che un muro da accettare così com’è, perché non ha senso problematizzarlo.
Viceversa, l’Esistenza ne è scossa perché quel “baluardo” risveglia in lei la propria origine trascendente. L’Esistenza inevitabilmente si mette allora alla ricerca di se stessa.

In questa ricerca l’Esistenza è costretta a stare in sospensione, niente può aiutarla se non la propria fede nella Verità. Perché disponibile ha solo l’esserci (l’esserci è tutto quello che c’è), ma lei vuol andare oltre al “baluardo insuperabile”.
Questa mancanza di certezze, per cui vale solo la propria fede, è difficile, se non impossibile, da mantenere. Per cui, è pressoché inevitabile finire con l’aggrapparsi a contenuti dell’esserci da considerare Verità assoluta.

Ed è proprio questo appiglio, che in un primo momento può molto soddisfare, a essere poi la causa dell’inevitabile naufragio.

Un esempio dell’aggrapparsi a “verità” nell’esserci può essere, a mio avviso, quanto da te scritto:


Questa è metafisica che proclama la Verità.
E’ sicuramente un pensiero profondo, che nella brama di definire il Vero cerca di oggettivarlo.
Il risultato può apparire grandioso e appagare intimamente. Tuttavia il suo destino non potrà che essere il naufragio.

In quanto non vi è Verità nell’esserci.
Mi interessa approfondire questo discorso perchè io rispetto ogni struttura di pensiero, ma oltre che rispettarla a prescindere, trovo sia più interessante averne una comprensione sufficientemente chiara.


Nel post #6, esordisci dicendo di essere uscito dall'inghippo della questione "se esiste qualcosa al di fuori dell'io" comprendendo che "lo stupore era dovuto al fatto di ritrovarmi in una situazione-limite! ", tue testuali parole. Benissimo, allora, dico io, cerchiamo di definire cosa sia questa situazione-limite. Sia chiaro che non sto cercando di invalidare o mettere in ombra ciò che dici, sto solo cercando di fare chiarezza nella mia mente con il tuo aiuto confidando che tu me lo conceda gentilmente. Quindi la comprensione della situazione limite ci chiarirebbe la questione se 'esiste o meno qualcosa al di fuori dell'io', ma nel momento in cui mi sarei aspettato che tu mi spiegassi in cosa consiste questa benedetta situazione limite, esordisci nel post # 8 dicendo che "la situazione-limite non è possibile com-prenderla".
Ti chiedo perdono, ma inizio a sentire scricchiolare il pavimento sul quale stiamo camminando.
Per andare avanti ho bisogno di essere rassicurato che questa situazione-limite sia o meno comprensibile, con ciò intendo intelleggibile.
Ammetto la mia ignoranza, non riesco a concepire un trascendere la realtà con altre parole che a loro volta rivendicano di appartenere alla categoria di realtà. Quante realtà esistono, e perchè una realtà è più reale di un'altra? Ti faccio notare che i miei pensieri si stanno ingarbugliando, ti sto mandando un SOS, sto cercando il tuo aiuto per comprendere una questione filosoficamente importante come quella dell'esistenzialismo.
Forse un esempio potrebbe aiutare a far luce. Per esempio, infatti, Jaspers dice che quando ammiriamo una perla dovremmo pensare che ciò che ci appare tanto prezioso non è che la cicatrice maturata sulla ferita della conchiglia. Ecco ti offro questo esempio che dovrebbe esserti familiare. Secondo il caso citato dall'esempio, dov'è la situazione limite? Dov'è la sua non razionalità? Dov'è la non verità dell'esserci? Dov'è il senso di questa filosofia?

Mi rendo conto di costringerti ad una risposta impegnativa, ma se consentirai a tale sforzo almeno potremo avere entrambi coscienza di ciò di cui stiamo parlando.

Ritornando al tema della discussione ti faccio presente che ogni filosofia che persegui è un aggrapparsi alla realtà, perchè il senso che dai alla realtà è una simbiosi di ciò che hai appreso razionalmente. Quindi l'operare al di fuori della ragione e perciò dell'io è, a mio avviso, incomprensibile; così come incomprensibile è un pensiero al di fuori di una qualsiasi forma di filosofia.
CVC is offline  

 



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