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Vecchio 29-11-2012, 11.01.58   #1
La_viandante
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L'uomo e la tecnica

Umberto Galimberti, in Cristianesimo, la religione dal cielo vuoto, sostiene che la religione cristiana , nell'incarnazione del Dio ha lasciato il Cielo, dimora del Sacro, per occuparsi solo delle cose umane, etica, leggi, economia, lasciando l'uomo da solo alle prese con la sua follia. Ma di questo vorrei più in là occuparmene in un'altra discussione. Qui vorrei invece trattare uno dei suoi altri temi.
Scienza e tecnica, inserite in un mercato globalizzato, non hanno un fine, semplicemente funzionano e l'uomo è sua funzione, trattato come un mezzo, non un fine, come auspicherebbe Kant, in Fondazione della metafisica dei costumi.
Questa la sua tesi, dalla quale però vorrei dissentire. E' mia opinione, in linea col pensiero di McLuhan, che la tecnica sia un'estensione dell'uomo stesso, una sua protesi (McLuhan spiega che, in quanto tale, attraverso un meccanismo di iperstimolazione del sistema nervoso, non viene riconosciuta come tale, provoca una narcosi,adoperando come metafora il mito di Narciso che non riconosce se stesso).
La tecnica è in sé neutra, può essere vista positivamente, nel suo semplificare sempre più la nostra vita, nel suo utilizzo nelle macchine sempre più complesse per prevenzione, diagosi e cura delle malattie, previsione di eventi meteorologici, e prevenzione di eventuali disastri naturali, e l'elenco potrebbe non finire mai. O può essere vista dal suo potenziale terrificante, di distruzione, un solo pulsante potrebbe far saltare per aria il pianeta. Ma possiamo imputare tutto ciò alla tecnica o al potere che la utilizza? Non credo che possiamo davvero pensare che sia la tecnica a renderci mezzi, ma il potere che la utilizza e che oggi è quello finanziario e economico. In definitiva è sempre la scelta dell'uomo che ha il potere di usare altri uomini come mezzi cnsiderando se stesso il fine. Spostare le responsabilità su qualcosa di astratto e neutro come la tecnica deresponsabilizza chi detiene davvero il potere decisionale e rende insolubile un problema dal quale ne discendono tanti altri, il nichilismo, l'odio fine a se stesso nell'incapacità di governare le ansie per un futuro imprevedibile, la riflessione resa impossibile per la velocità e la quantità di informazione di cui siamo bombardati.
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Vecchio 01-12-2012, 01.01.27   #2
paul11
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Originalmente inviato da La_viandante
Umberto Galimberti, in Cristianesimo, la religione dal cielo vuoto, sostiene che la religione cristiana , nell'incarnazione del Dio ha lasciato il Cielo, dimora del Sacro, per occuparsi solo delle cose umane, etica, leggi, economia, lasciando l'uomo da solo alle prese con la sua follia. Ma di questo vorrei più in là occuparmene in un'altra discussione. Qui vorrei invece trattare uno dei suoi altri temi.
Scienza e tecnica, inserite in un mercato globalizzato, non hanno un fine, semplicemente funzionano e l'uomo è sua funzione, trattato come un mezzo, non un fine, come auspicherebbe Kant, in Fondazione della metafisica dei costumi.
Questa la sua tesi, dalla quale però vorrei dissentire. E' mia opinione, in linea col pensiero di McLuhan, che la tecnica sia un'estensione dell'uomo stesso, una sua protesi (McLuhan spiega che, in quanto tale, attraverso un meccanismo di iperstimolazione del sistema nervoso, non viene riconosciuta come tale, provoca una narcosi,adoperando come metafora il mito di Narciso che non riconosce se stesso).
La tecnica è in sé neutra, può essere vista positivamente, nel suo semplificare sempre più la nostra vita, nel suo utilizzo nelle macchine sempre più complesse per prevenzione, diagosi e cura delle malattie, previsione di eventi meteorologici, e prevenzione di eventuali disastri naturali, e l'elenco potrebbe non finire mai. O può essere vista dal suo potenziale terrificante, di distruzione, un solo pulsante potrebbe far saltare per aria il pianeta. Ma possiamo imputare tutto ciò alla tecnica o al potere che la utilizza? Non credo che possiamo davvero pensare che sia la tecnica a renderci mezzi, ma il potere che la utilizza e che oggi è quello finanziario e economico. In definitiva è sempre la scelta dell'uomo che ha il potere di usare altri uomini come mezzi cnsiderando se stesso il fine. Spostare le responsabilità su qualcosa di astratto e neutro come la tecnica deresponsabilizza chi detiene davvero il potere decisionale e rende insolubile un problema dal quale ne discendono tanti altri, il nichilismo, l'odio fine a se stesso nell'incapacità di governare le ansie per un futuro imprevedibile, la riflessione resa impossibile per la velocità e la quantità di informazione di cui siamo bombardati.

La penso come te.
Il vero problema, negli studi che ho compiuto anche sulle civiltà antiche, è che la saggezza antica non è diversa da quella moderna, anzi forse è peggiorata.
Se il saggio antico conviveva con l'epoca della spada, oggi il pensatore, il grande filosofo convive con al tecnica dell'atomo.
E' accaduto che la tecnica si è evoluta ,soprattutto negli ultimi secoli, a livelli esponenziali, con un essere umano che ha le stesse contraddizioni della antichità: egemonia, potere , avidità.
Noi abbiamo più fiducia oggi nella tecnica che non in noi stessi, nell'umanità: questo è il vero problema.
L'uomo un tempo per egemonia, si confrontava su un campo di battaglie e chi vinceva si prendeva tutto dell'altro: la regola era chiara.
Oggi l'egemonia è molto più sottile e ipocrita, si veste di populismi e demagogie per prendersi gioco di una conquista che è stata la democrazia. Semplicemente "aggira" l'ostacolo con i poteri invisibili, con la non trasparenza.

L'uomo non si è così evoluto in consapevolezza quanto il prodotto della sua ragione, la tecnica, ha compiuto. Ciò può portare a pensare che quella stessa cosa che l'uomo ha creato ora viva di vita propria, non essendo governata si irride dello stesso artefice e autocostruisce meccanismi fuori dalla portata umana. In realtà ciò che penso è che una parte dell'umanità , quella dei privilegiati, finge questo perchè i libero mercato nella teoria economica è un meccanismo che a parole si autogoverna. Non è così.

Noi siamo in un mondo tecnologico che ha le stesse regole della giungla, hanno solo inserito alcuni semafori, per fingere che sia possibile un controllo delle regole.
Ma è sempre l'uomo che decide, e anche non decidere è decidere una scelta.
Ma se in un tempo in cui l"umanità era "bambina" la crudeltà umana finiva in eccidio di una battaglia, ora l'uomo con la sua crudeltà grazie alla tecnica può autodistruggersi. Ha persino giustificato la crudeltà con il cinismo della politica e lo ha vestito di ideologia sopprimendo nei lager e nei gulag suoi simili trattandoli come bestie, tipico di un uomo divenuto bestia.

Abbiamo presente la democrazia greca in Atene ai tempi di Pericle, l'Agorà dove si incontravano i pensatori? Ditemi se quel mondo si è evoluto sul piano umano? Ditemi se la democrazia è oggi trasparenza e partecipazione del popolo? Sul piano tecnico invece moltissimo, e la tecnica invece di togliere le sofferenze e il dolore nel mondo, far morire per sete, denutrizione, carestie, mancanza id medicinali...perchè tutto è funzionale alle leggi di mercato, alle egemonie, alle sopravvivenze di caste che dai tempi della monarchia alle democrazie non hanno di fatto cambiato gli atteggiamenti, corrompendo, pagando politici, invitandoli al convitto dei potenti per dargli le briciole e far creder loro che "contavano" nel delirio di onnipotenza umana. Coloro che nella storia hanno cercato di smascherare l’ipocrisia delle egemonie è finito male
Siamo noi il problema ,non la tecnica. L'energia atomica può essere utilizzata a fin di bene e non per testate missilistiche. Sono convinto che grazie ai progressi delle scienze e della tecnica, oggi l'uomo potrebbe convivere felicemente se avesse un minimo di comprendonio.
Ma è troppo bello "essere là in alto" sullo scranno del potere e decidere i destini degli altri, sembra di essere "dio".
C'è qualcosa nella nostra natura che è ben peggio di quella animale, che "non va".
E francamente o cambia in fretta e si emancipa, educa quelle pulsioni di dominio , o prima o poi spariremo grazie alla tecnica da questo bel pianeta azzurro.
paul11 is offline  
Vecchio 01-12-2012, 11.25.59   #3
jodorosso
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

L'idea espressa di tecnica come protesi
"positiva" dell'uomo è davvero affascinante,
ed i risultati , se applicati ad altre scienze
umane come la sociologia, imprevedibili.
Basti pensare al superamento del numero
di Dunber, grazie alla protesi rappresentata
In questo caso da un social network come
Facebook. Ora il limite dei 150 individui
con cui avere rapporti stabili sembra
davvero troppo piccolo in un mondo resso
infinito a livello di relazioni umane possibili.
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Vecchio 05-12-2012, 11.24.59   #4
La_viandante
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

A Jodorosso
In teoria i social network metterebbero a serio rischio le nostre facoltà cognitive permettendoci l'interazione con un numero di persone superiorie alle capacità, in pratica però non interagiamo realmente con tutti i nostri contatti virtuali, anche se con alcuni di essi condividiamo realmente parti della giornata, perché amici con cui trascorriamo le serate, parenti, conoscenti stretti, colleghi di lavoro, la maggior parte delle interazioni virtuali si fermano ad uno stato molto superficiale, ad un commento ad una foto, una condivisione istantanea di battute veloci ed estemporanee che, succedendosi in maniera rapida, rimpiazzano le precedenti e passano velocemente nel dimenticatoio. Non credo quindi si possa davvero spostare più in là il numero di Dunbar. Oltretutto ho la sensazione che quando ci si mette al pc si ha a che fare con un oggetto e, che lo si voglia o no, la proprietà di cosa si trasferisce sulla persona che è al di là del monitor, senza attivare tante di quelle sollecitazioni che ci vengono dalle interazioni reali, lettura di eventuali espressioni del viso, ascolto del tono della voce, osservazione di gestualità ed altre comunicazioni non verbali. Tutte sollecitazioni del nostro apparato cognitivo che restano inattive e che ci permetterebbero una reale interazione con l'altro.
A Paul
Citazione:
Ciò può portare a pensare che quella stessa cosa che l'uomo ha creato ora viva di vita propria, non essendo governata si irride dello stesso artefice e autocostruisce meccanismi fuori dalla portata umana. In realtà ciò che penso è che una parte dell'umanità , quella dei privilegiati, finge questo perchè i libero mercato nella teoria economica è un meccanismo che a parole si autogoverna. Non è così.
Ecco, se proprio vogliamo dire che nella sua umanizzazione Dio scompare dal cielo e che nel nostro bisogno del sacro cerchiam qualcosa che lo sostituisca, forse al posto di un dio che è morto abbiamo messo il mercato. Quello che dovrebbe essere talmente onnisciente e autocosciente da regolarsi da sè. La tecnica non va al di là del suo utilizzo umano, il mercato viene proposto come qualcosa di totalmente autonomo, e così buono da regolarsi anche meglio di come potrebbe farlo un uomo attraverso leggi che lo controllino.
Sempre nel suo libro Galimberti richiama il concetto secondo il quale scienza e tecnica in Psiche e Techne dice essere una deriva teologica, forse la vera deriva è il neoliberismo, ai suoi esordi individuati da Weber proprio nell'etica protestante
La_viandante is offline  
Vecchio 06-12-2012, 22.27.00   #5
bobgo
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Originalmente inviato da La_viandante
Umberto Galimberti, in Cristianesimo, la religione dal cielo vuoto, sostiene che la religione cristiana , nell'incarnazione del Dio ha lasciato il Cielo, dimora del Sacro, per occuparsi solo delle cose umane, etica, leggi, economia, lasciando l'uomo da solo alle prese con la sua follia. Ma di questo vorrei più in là occuparmene in un'altra discussione. Qui vorrei invece trattare uno dei suoi altri temi.
Scienza e tecnica, inserite in un mercato globalizzato, non hanno un fine, semplicemente funzionano e l'uomo è sua funzione, trattato come un mezzo, non un fine, come auspicherebbe Kant, in Fondazione della metafisica dei costumi.
Questa la sua tesi, dalla quale però vorrei dissentire. E' mia opinione, in linea col pensiero di McLuhan, che la tecnica sia un'estensione dell'uomo stesso, una sua protesi (McLuhan spiega che, in quanto tale, attraverso un meccanismo di iperstimolazione del sistema nervoso, non viene riconosciuta come tale, provoca una narcosi,adoperando come metafora il mito di Narciso che non riconosce se stesso).
La tecnica è in sé neutra, può essere vista positivamente, nel suo semplificare sempre più la nostra vita, nel suo utilizzo nelle macchine sempre più complesse per prevenzione, diagosi e cura delle malattie, previsione di eventi meteorologici, e prevenzione di eventuali disastri naturali, e l'elenco potrebbe non finire mai. O può essere vista dal suo potenziale terrificante, di distruzione, un solo pulsante potrebbe far saltare per aria il pianeta. Ma possiamo imputare tutto ciò alla tecnica o al potere che la utilizza? Non credo che possiamo davvero pensare che sia la tecnica a renderci mezzi, ma il potere che la utilizza e che oggi è quello finanziario e economico. In definitiva è sempre la scelta dell'uomo che ha il potere di usare altri uomini come mezzi cnsiderando se stesso il fine. Spostare le responsabilità su qualcosa di astratto e neutro come la tecnica deresponsabilizza chi detiene davvero il potere decisionale e rende insolubile un problema dal quale ne discendono tanti altri, il nichilismo, l'odio fine a se stesso nell'incapacità di governare le ansie per un futuro imprevedibile, la riflessione resa impossibile per la velocità e la quantità di informazione di cui siamo bombardati.
Concordo con la tua analisi.
La tecnica è uno strumento, così com’è uno strumento la razionalità che l’ha generata.
La razionalità è uno strumento molto utile, ma non è fonte di Verità.

Ho avuto modo di confrontarmi con Galimberti, che stimo oltre a provar affetto per lui, per contestare questa sua idea dell’isola della razionalità circondata dal mare del sacro (ossia dell’irrazionalità).
Ritengo infatti che il suo pensiero sia condizionato dal considerare la Ragione coincidente con la stessa Razionalità.
Contrariamente al suo maestro Karl Jaspers, che distingueva tra Ragione e Intelletto (Razionalità) attribuendo all’Intelletto la funzione di strumento a disposizione della Ragione, Galimberti considera Ragione = Razionalità mentre tutto il resto lo attribuisce all’Irrazionale, istinti compresi.

Anni fa, stavo per andarmene deluso alla fine di una sua conferenza, mentre rispondeva a una domanda ripetendo il mantra dell’isola circondata dal sacro tra cui v’erano gli istinti, quando il demone mi ha colto… è ho preso a contestarlo a gran voce dal fondo della sala.
Mi ha chiesto di avvicinarmi, e così da sotto il palco gli ho detto ciò che da tempo dovevo dirgli.

Ossia che la Ragione è molto più ampia della Razionalità, che gli istinti altro non sono che un prodotto della Razionalità stessa, un prodotto ormai consolidato al punto da essere svolto automaticamente senza il controllo della Razionalità cosciente. Che la Razionalità altro non è che uno strumento, senz’altro utile, ma solo uno strumento, non fonte di verità. Che la tecnica è anch’essa un prodotto razionale, né buona né cattiva in sé. Perché la vera minaccia non risiede nell’irrazionalità, ma, viceversa, nel considerare l’interpretazione razionale del mondo “verità assoluta”!
E’ infatti il considerare Vera l’oggettività in sé e il suo divenire (architravi del pensiero razionale) la causa del Nichilismo che alligna nei nostri cuori.
Tutte cose, che lui stesso ha scritto traducendo i testi del suo maestro Jaspers. E mentre glielo facevo notare ho notato in lui della perplessità.
La sua risposta è stata solo formale, ma chissà, nel tempo la goccia può continuare a scavare…
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Vecchio 07-12-2012, 10.01.31   #6
CVC
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

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Originalmente inviato da La_viandante
Umberto Galimberti, in Cristianesimo, la religione dal cielo vuoto, sostiene che la religione cristiana , nell'incarnazione del Dio ha lasciato il Cielo, dimora del Sacro, per occuparsi solo delle cose umane, etica, leggi, economia, lasciando l'uomo da solo alle prese con la sua follia. Ma di questo vorrei più in là occuparmene in un'altra discussione. Qui vorrei invece trattare uno dei suoi altri temi.
Scienza e tecnica, inserite in un mercato globalizzato, non hanno un fine, semplicemente funzionano e l'uomo è sua funzione, trattato come un mezzo, non un fine, come auspicherebbe Kant, in Fondazione della metafisica dei costumi.
Questa la sua tesi, dalla quale però vorrei dissentire. E' mia opinione, in linea col pensiero di McLuhan, che la tecnica sia un'estensione dell'uomo stesso, una sua protesi (McLuhan spiega che, in quanto tale, attraverso un meccanismo di iperstimolazione del sistema nervoso, non viene riconosciuta come tale, provoca una narcosi,adoperando come metafora il mito di Narciso che non riconosce se stesso).
La tecnica è in sé neutra, può essere vista positivamente, nel suo semplificare sempre più la nostra vita, nel suo utilizzo nelle macchine sempre più complesse per prevenzione, diagosi e cura delle malattie, previsione di eventi meteorologici, e prevenzione di eventuali disastri naturali, e l'elenco potrebbe non finire mai. O può essere vista dal suo potenziale terrificante, di distruzione, un solo pulsante potrebbe far saltare per aria il pianeta. Ma possiamo imputare tutto ciò alla tecnica o al potere che la utilizza? Non credo che possiamo davvero pensare che sia la tecnica a renderci mezzi, ma il potere che la utilizza e che oggi è quello finanziario e economico. In definitiva è sempre la scelta dell'uomo che ha il potere di usare altri uomini come mezzi cnsiderando se stesso il fine. Spostare le responsabilità su qualcosa di astratto e neutro come la tecnica deresponsabilizza chi detiene davvero il potere decisionale e rende insolubile un problema dal quale ne discendono tanti altri, il nichilismo, l'odio fine a se stesso nell'incapacità di governare le ansie per un futuro imprevedibile, la riflessione resa impossibile per la velocità e la quantità di informazione di cui siamo bombardati.
Credo che Galimberti, psicologo junghiano, abbia identificato nella tecnica un nuovo archetipo: quello dell'efficienza. L'uomo nell'età della tecnica si vede costretto a correre dietro a standard di efficienza che lo portano al di fuori della propria umanità. Corollario di tale teoria sono l'esagerata centralità che l'importanza del lavoro assume nella vita della persona (lavoriamo per vivere o viviamo per lavorare?) e l'assurdità dell'identificazione della persona nella propria professione (sono quello che faccio?)
Non ho niente in contrario riguardo alla tecnologia, anzi è l'unica risorsa che ci rimane quando i bisogni del pianeta aumentano e le risorse scarseggiano. Come tutte le cose però la tecnologia ha un suo buon uso ed un suo cattivo uso, e, se i benefici del suo buon uso sono evidenti, devono esserlo altrettanto i disastri derivanti dal cattivo uso.
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Vecchio 07-12-2012, 13.54.28   #7
La_viandante
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Molto interessante quello che dici, onestamente non conosco a fondo il pensiero di Galimberti, aspetto di leggere almeno un paio di suoi altri testi prima di proninciarmi con sicurezza, Psiche e Techne subito dopo questo. Grazie per l'approfondimento, dunque Bobgo. Molto interessante anche questo che dici
Citazione:
gli istinti altro non sono che un prodotto della Razionalità stessa, un prodotto ormai consolidato al punto da essere svolto automaticamente senza il controllo della Razionalità cosciente.
Mi fa rimettere in discussione la mia idea di dare tutta quell'importanza all'inconscio e ad automatismi che da questo traggono origine ( Libet per chiarire). In ogni cosa che impariamo per la prima volta ci mettiamo impegno attenzione fino a che l'azione non si automatizza, e non ne scorgiamo più l'azione cosciente divenuta inconscia .. ci penso ancora un po' su ma ancora grazie, è un modo diverso di guardare alla cosa.
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Vecchio 06-01-2013, 01.42.16   #8
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

@ La Viandante
Io invece, e mi pare a differenza degli interventi su questo post, non concordo con le tue affermazioni (più
interessante, no?).
La tecnica è certamente in sè neutra, ci mancherebbe. Ma affermare che il "fine", cui il mezzo della tecnica
dovrebbe condurci, è in mano al potere finanziario ed economico mi pare una forzatura.
E mi pare una forzatura in questo senso: non è, a mio avviso, ben individuabile come invece affermi l'"ente"
che opera la scelta. Visto che, come Severino, io penso che la tecnica sia essenzialmente un rimedio contro
l'angoscia suscitata dal divenire delle cose.
La visione di Severino, d'altronde, ha radici molto ben salde nella filosofia, visto che da Spengler a Camus,
da Husserl a Schmitt, come da Scheler ad Heidegger, molti sono stati i pensatori che hanno individuato nell'
avvento della "macchina", unita alla decadenza spirituale dell'uomo, un elemento decisivo nella trasformazione
dell'umanità in un corpo indistinto e senz'"anima", nel quale il culto dei valori dello spirito è stato
sostituito dal culto di valori strumentali ed utilitaristici.
Molto interessante, a tal proposito e giusto per fare un esempio, la riflessione di Max Weber in ambito
sociologico. Secondo Weber la società moderna è l'esito di un processo di "razionalizzazione", ove con questo
termine si intenda l'estensione della razionalità (che si commisura in base all'efficacia dei mezzi prescelti
in vista di un determinato fine) anche al fine (celebre la sua definizione dell'etica protestante come di
un qualcosa che si è trasformata al punto di non distinguere più il mezzo dal fine; tanto da diventare una
"gabbia d'acciaio").
Insomma, l'argomento è davvero molto vasto (e io ho notevole difficoltà nell'approcciarlo in un senso o nell'
altro...). Tanto per cominciare: che ne diresti se io affermassi che deresponsabilizzante è il dare le colpe
al "solito" detentore del potere, spostando così la responsabilità su un qualcosa che ci è (o viene inconsciamente
ritenuto...) sostanzialmente estraneo?
Eppure, come la psicologia ci dice, certi comportamenti compulsivi attuati per far fronte a stati depressivi
che sono, nella nostra società, sempre più diffusi (oltre agli psicofarmaci che "curano" il sintomo ma non
la causa...) qualcosa dovrebbe suggerirci, no?
un saluto (bel post; l'ho notato solo ora)
mauro
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Vecchio 06-01-2013, 20.19.36   #9
Tempo2011
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

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La_viandante

E' mia opinione, in linea col pensiero di McLuhan, che la tecnica sia un'estensione dell'uomo stesso, una sua protesi (McLuhan spiega che, in quanto tale, attraverso un meccanismo di iperstimolazione del sistema nervoso, non viene riconosciuta come tale, provoca una narcosi, adoperando come metafora il mito di Narciso che non riconosce se stesso).
Una testimonianza primordiale del pensiero di McLuhan, è rappresentata dal Boomerang degli aborigeni australiani; se essi non credessero che quello che vola e poi ritorna dal lanciatore non fosse una loro estensione, dovrebbero applicare il concetto di fede per non cadere in contraddizione con se stessi. Sinceramente, non credo che vi sia molto da interpretare in questo senso, poiché non ho visto mai un canone uccidere un sol uomo, mentre ho visto un uomo ucciderne molti con un cannone...e via dicendo.
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Vecchio 07-01-2013, 11.31.27   #10
La_viandante
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

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Credo che Galimberti, psicologo junghiano, abbia identificato nella tecnica un nuovo archetipo: quello dell'efficienza. L'uomo nell'età della tecnica si vede costretto a correre dietro a standard di efficienza che lo portano al di fuori della propria umanità. Corollario di tale teoria sono l'esagerata centralità che l'importanza del lavoro assume nella vita della persona (lavoriamo per vivere o viviamo per lavorare?) e l'assurdità dell'identificazione della persona nella propria professione (sono quello che faccio?)
Non ho niente in contrario riguardo alla tecnologia, anzi è l'unica risorsa che ci rimane quando i bisogni del pianeta aumentano e le risorse scarseggiano. Come tutte le cose però la tecnologia ha un suo buon uso ed un suo cattivo uso, e, se i benefici del suo buon uso sono evidenti, devono esserlo altrettanto i disastri derivanti dal cattivo uso.
Ciao CVC, scusa se rispondo in così tanto ritardo ma se la discussione non avesse ricevuto altre risposte non mi sarei mai accorta della tua risposta che è stata pubblicata contemporaneamente alla mia, immagino, e non ho controllato che non vi fossero risposte prima della mia. Concordo ad ogni modo con te, la mia intenzione non è quella di ritenere la tecnica innocente, ma limitare le sue responsabilità a quelle che sono evitando demonizzazioni a mio parere esagerate. Considerare la tecnica un nuovo dio, e per di più satanico, non coincide con la mia visione di questa. Nonostante abbia focalizzato il quesito sulle opinioni da me non condivise di U. Galimberti, il titolo della discussione resta sempre abbastanza aperto da poter analizzare anche in che modo la tecnica ci cambia anche in male.
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