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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 19-04-2013, 16.29.46   #41
arsenio
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Riferimento: Un solo motivo per esistere.

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Originalmente inviato da Tempo2011
Sempre più spesso, per chi possiede una fede, il tema religioso l'ho adopera in qualsiasi argomento trattato, il più delle volte a sproposito e, per di più: come verità assoluta. Per confrontarmi con chi ha fede, al di fuori delle dottrine o regolamenti religiosi che, a questa discussione non interessano, rivolgo la seguente domanda: esiste una motivazione inconfutabile per cui le religioni abbiano un motivo per esistere, e per un essere umano un motivo per avvicinarvisi? Ovvero: quali sono le motivazioni per cui l'uomo deve adorare una qualche entità che, di solito, è misteriosa e inarrivabile? Sinceramente ho tentato svariate volte di darmi una risposta soddisfacente ma senza riuscirci. Può darsi che chi possiede una fede questa risposta l'abbia già in tasca. Anche se mi rivolgo ai credenti delle religioni più vicine a noi, sostanzialmente, credo che il quesito valga per tutte.

Ho inserito il thread su filosofia, perché esso non vuole indagare sulle strutture religiose o sui loro dogmi, ma sui significati e motivi filosofici di una scelta di vita.



Anche a parer mio nei forum filosofici in genere prevale una visione spiritualistica: libere interpretazioni del cristianesimo, retaggi metafisici, orientalismi importati e usati a propria misura, ecc. Non agevoli da discutere se fondati su assoluti.

Approcci spesso incongruenti per temi che andrebbero affrontati, tenendo conto di una società mutevole, con aggiornamenti filosofici, letture dei classici e anche dei pensatori contemporanei più lucidi sui problemi attuali quali nuove etiche, bioetiche, discussioni filosofiche in atto ( esempio realismo e anti realismo) ecc.

Come ritenere trasferibili a ogni tema le realtà sovrasensibili, Dio, angeli e spiriti, le Sacre Scritture?
Il successo di dimensioni prelogiche, mistiche, magico religiose si deve al fatto che l'uomo non ama le verità rigorose, preferisce le mitologie inverificabili, le credenze facili scappatoie da un impegnativo e ben documentato rigore logico-razionale.

I gruppi di discussione in genere si assimilano su un pensiero di
gruppo e chi diverge da tali orientamenti non viene considerato.

Mi pare importante almeno imparare a distinguere tra mito, religione e scienza,cosa che spesso non avviene, anche perché fonte diffusa sono le informazioni da rete che inducono in certi errori.
Sapere che il creazionismo ( “Il Signore prese dal suolo un po' di terra e con quella plasmò l'uomo . Gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo diventò una creatura vivente – Genesi) si sostiene su fonti diverse dell'evoluzionismo.

Quindi , come suggerisce la stessa netiquette, osserviamo gli stili prevalenti di un forum, se ci sono congeniali vi si partecipa, altrimenti ci si astiene, o si entra sperando che prima o dopo almeno qualcuno sia in consonanza se con le nostre idee, con certe nostre basi di comune riferimento.


Quale utilità ha la religione?
Ha in comune con la filosofia lo scopo di lenire l'angoscia della morte.
Non si dimentichi che il cristianesimo fu vittorioso perché all'ade delle ombre vaganti sostituì il premio che svalutava la vita terrena in attesa della vera vita nell'aldilà. Non solo, a chi crede lo aspetta la resurrezione reincarnati, al suono delle trombe del Giudizio Universale. Promessa ribadita dallo stesso papa che ci rassicurò su tale redenzione, simile al Cristo, che verrà estesa a tutti i morti.
La filosofia ha simile obiettivo ma con meno successo, si riferisce ancora alla tragicità greca: la rassegnazione alla morte cercando di dare la massima importanza alla vita terrena.

arsenio
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Vecchio 19-04-2013, 21.38.27   #42
Tempo2011
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Soren

Il principio antropico forte secondo me potrebbe anche cambiare nome: di antropico non ha niente, se c'è un fine c'è ordine e non entropia e casualità. Ergo do ragione a Ulysse: niente si fa per noi a parte quello che facciamo noi stessi ( magari anche per un altro, ok ) ... ma generalizzando sul caos, niente si fa "per".
L'universo fatto per l'uomo?... Ma se la terra è l'unico posto dove osserviamo condizioni che rendono possibili la vita... in qualsiasi altra coordinata non abbiamo nemmeno il tempo di renderci conto di morire.
La scienza afferma che la vita è nata dalla casualità della materia. La materia, tramite l'uomo, ha creato il pensiero. Allora, possiamo affermare che vi è qualcuno o qualcosa che ha agito per nostro conto? Anzi, in qualsiasi modo l'uomo sia stato creato, possiamo affermare con certezza che siamo nelle mani del creatore, poiché con la nascita della vita, la stessa ha subito una violenza. Ovvero, noi siamo qui per volontà di altri, chiunque essi siano. Per altro, io non ho parlato di Principio antropico forte: ma solo di principio antropico, senza l'aggettivo. Poi, nella realtà, esiste quello forte, debole e quello finale. A tale motivo ho parlato di variegate opinioni. In definitiva è una teoria che non ho fatto io, ma una schiera di astrofisici americani, giusta o sbagliata che sia. Io mi sono limitato a documentare che non mi ero sbagliato nel leggere e interpretare. Pertanto non vedo dove abbia ragione ulysse, giacché ha affermato che avevo male interpretato.

Ultima modifica di Tempo2011 : 20-04-2013 alle ore 11.15.08.
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Vecchio 20-04-2013, 11.51.34   #43
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maral

In realtà possiamo pensare che Einstein abbia allontanto l'angoscia della morte che rappresenta il passaggio verso l'assoluto mistero, attraverso la negazione per via razionale dello scorrere del tempo. In occasione della morte di un amico egli infatti scrive:
"La distinzione tra passato presente e futuro è solo un'illusione anche se ostinata".
Il motivo per il quale si manifesta nell'uomo la necessità del divino viene dunque negato a livello razionale, non accettando quel divenire fenomenologico che inevitabilmente conduce alla morte, ma rilevandone la totale insussistenza razionale.
Alla fine è proprio quella Ragione che si manifesta nella natura che salva per sempre il mortale, lenendone l'angoscia esistenziale, proprio come il vecchio Dio trascendente a cui invece si crede per fede.
Credo che il problema sia tutto e radicalmente umano ed è dato dall'insolubile contraddizione del proprio uscire dal nulla per rientrarvi morendo per l'eternità, ove il nulla è l'assoluto eterno insignificante di ciò che costituisce il più evidente significato: l'esistenza stessa, il nostro esserci.
Nulla esclude comunque che possano esservi vari gradi di consapevolezza di questa lacerazione che è tutta umana e pure vari gradi di rimozione e forme di elaborazione sia mitica che razionale.
In realtà, i motivi per cui sono nate le religioni possono essere infiniti oppure molto più semplici; ma, a questo punto secondo me, quello che ci dovrebbe interessare sono i risultati che, alla lunga, queste religioni hanno imposto all'umanità. Ovvero, per ricapitolare: l’uomo, per motivi complessi o semplici (comunemente si parla di paura umana nel non saper interpretare gli eventi naturali), si è creato degli schermi per proteggersi da quello che lui non comprendeva. Oggi abbiamo la scienza che spiega tali fenomeni, ma nonostante ciò quel meccanismo iniziale è rimasto incagliato nelle menti e nei cuori degli uomini, pur non avendo più quell'esigenza dei nostri antenati. Allora: che cosa determina nella realtà storica e giornaliera, quella finzione mitologica che da millenni l'uomo si porta dietro come un bagaglio pesantissimo che frena il suo cammino? In sostanza i risultati sono sotto gli occhi di tutti; ovvero: l'uomo è rimasto al palo di partenza, poiché poggia ancora la sua vita sulla paura e imposizioni millenarie che non hanno più motivo di esistere. Questo scenario immutato, a mio modo di vedere, non gli permette di esternare e progredire le sue qualità "autonome", non facendolo crescere emotivamente e mentalmente, impedendogli di rivolgersi autonomamente e direttamente verso l'altro, con idee moderne piene di valori laici che, a quanto sembra, già da diverse centinaia di anni hanno superato quelli religiosi; ma nessuno sembra se ne sia accorto.
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Vecchio 26-04-2013, 10.58.14   #44
Giorgiosan
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Mi meraviglia sempre che si creda che la scienza affermi che la vita nasca casualmente. Non per ribadire il contrario, vale a dire che la vita nasca causalmente ma per affermare che la scienza non se ne ocupa e non se ne puo occupare.
I concetti di casualità e causalità sono categorie filosofiche non scientifiche.

Credo che l'equivoco sorga dal fatto che anche gli scienziati, ovviamente, si avventurano in ipotesi filosofiche e chi li legge ritiene la loro teoria filosofica essere frutto della scienza, mentre non è altro che opinione filosofica.

Ultima modifica di Giorgiosan : 26-04-2013 alle ore 16.50.57.
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Vecchio 26-04-2013, 18.52.45   #45
maral
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l’uomo, per motivi complessi o semplici (comunemente si parla di paura umana nel non saper interpretare gli eventi naturali), si è creato degli schermi per proteggersi da quello che lui non comprendeva. Oggi abbiamo la scienza che spiega tali fenomeni, ma nonostante ciò quel meccanismo iniziale è rimasto incagliato nelle menti e nei cuori degli uomini, pur non avendo più quell'esigenza dei nostri antenati. Allora: che cosa determina nella realtà storica e giornaliera, quella finzione mitologica che da millenni l'uomo si porta dietro come un bagaglio pesantissimo che frena il suo cammino? In sostanza i risultati sono sotto gli occhi di tutti; ovvero: l'uomo è rimasto al palo di partenza, poiché poggia ancora la sua vita sulla paura e imposizioni millenarie che non hanno più motivo di esistere. Questo scenario immutato, a mio modo di vedere, non gli permette di esternare e progredire le sue qualità "autonome", non facendolo crescere emotivamente e mentalmente, impedendogli di rivolgersi autonomamente e direttamente verso l'altro, con idee moderne piene di valori laici che, a quanto sembra, già da diverse centinaia di anni hanno superato quelli religiosi; ma nessuno sembra se ne sia accorto.
Ma spiegare non significa comprendere e la Scienza si preoccupa di spiegare, non di comprendere. Spiegare significa mostrare il fenomeno smontandolo pezzo per pezzo come su un tavolo anatomico, alla luce di un determinato linguaggio e volendo credere che quanto si va dispiegando ne esaurisca l'essenza in ogni aspetto, ma così facendo non si comprende, piuttosto si esclude ogni effettiva comprensione. La natura spiegata dalla scienza con comprende la natura, la limita invece entro un campo di indagine ove è possibile spiegarla e solo credendo che quel campo di indagine esaurisca ogni altro senso rendendolo futile può tranquillizzare l'essere umano dalla sua angoscia primaria, ma appunto poiché si tratta di una fede il dubbio riappare e con esso quella stessa angoscia primaria che non trovando più miti in cui rappresentarsi, emerge come follia, la follia dell'uomo contemporaneo che vive l'angoscia come stato esistenziale da cui il contenuto del Sacro riemerge non più come humus fertilizzante di vita, ma come delirio non mediabile che polverizza la capacità di vivere in un mondo da cui ci si sente sempre più alienati.
Non si tratta allora di credere nella verità dei miti, ma di non ridurre tutti i miti a uno solo, quello della tecnica salvatrice in virtù della sua pretesa di saper funzionare. Si tratta in definitiva di comprendere i miti nel loro senso terapeutico originario e mai esaustivo per recuperare il mondo in una forma accessibile all'umano, la forma della bellezza da cui l'individuo non è escluso, ma compreso perché la comprende e la accetta senza poterla spiegare.
Il pensiero scientifico non ha risolto il problema della paura dell'uomo, semmai ha aumentato la minaccia dell'imprevedibile credendo di poterlo statisticamente normalizzare, così come i valori laici razionali (i valori dell'Occidente con cui l'Occidente laico e razionale vuole convertire il mondo) non ci hanno garantito di una coesistenza felice e morale nel mondo, anzi semmai l'hanno resa ancora più improbabile, rendendo impossibile quella accettazione dell'alterità che continuamente in astratto proclamano.

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Vecchio 26-04-2013, 21.46.34   #46
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Giorgiosan

Mi meraviglia sempre che si creda che la scienza affermi che la vita nasca casualmente. Non per ribadire il contrario, vale a dire che la vita nasca causalmente ma per affermare che la scienza non se ne ocupa e non se ne puo occupare.
I concetti di casualità e causalità sono categorie filosofiche non scientifiche.

Credo che l'equivoco sorga dal fatto che anche gli scienziati, ovviamente, si avventurano in ipotesi filosofiche e chi li legge ritiene la loro teoria filosofica essere frutto della scienza, mentre non è altro che opinione filosofica.
La meraviglia, però, dovrebbe essere indirizzata più su chi tali informazioni le divulga perché, addirittura, detti scienziati si mettono di impegno a cercare di riprodurre la vita in laboratorio, volendone confermare le loro teorie.
Citazione:
Tutte le attuali reazioni vitali sono regolate da enzimi, a loro volta informati dal DNA, a sua volta montato da enzimi: chi è stato il primo? Tenendo conto di tutti questi paradossi e della visione evoluzionistica, negli anni Trenta il biochimico russo Alexsandr Ivanovic Oparin e il biologo inglese John Burdon Sanderson Haldane formularono la prima delle cosiddette "teorie chimico-biologiche", secondo le quali la vita si è sviluppata sul nostro pianeta per evoluzione a partire da molecole non biologiche. Nella loro teoria i due studiosi cercarono di superare molti dei circoli viziosi prima esposti.
wikipedia. http://www.bo.astro.it/~universo/web...onfitto7a.html

In effetti, quando si discute di queste cose, poiché le teorie sono diverse, se ne sceglie una tralasciando le altre. Per altro, far rientrare queste ricerche nei concetti filosofici, lo si può fare solo considerandole come ricerca della verità.
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Vecchio 26-04-2013, 23.56.31   #47
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Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
I concetti di casualità e causalità sono categorie filosofiche non scientifiche.

Scusami Giorgiosan ma questa mi è nuova, la causalità la ritroviamo nella scienza in ogni angolo, se consideriamo la teoria del caos ad esempio, sistemi dinamici lineari e non lineari sono frutto di un principio di causalità.

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Vecchio 27-04-2013, 14.55.07   #48
Soren
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@Tempo2011

Perdonami Tempo se insisto sulla questione, ma non mi tornano proprio i conti con alcune tue affermazioni!

Citazione:
a scienza afferma che la vita è nata dalla casualità della materia. La materia, tramite l'uomo, ha creato il pensiero. Allora, possiamo affermare che vi è qualcuno o qualcosa che ha agito per nostro conto? Anzi, in qualsiasi modo l'uomo sia stato creato, possiamo affermare con certezza che siamo nelle mani del creatore, poiché con la nascita della vita, la stessa ha subito una violenza

All'inizio siamo d'accordo, la vita nasce dal caso materiale, e attraverso questa pian piano nascono i requisiti per sviluppare un intelletto razionale. Ma dopo il tuo discorso mi pare del tutto astruso - mi spiego meglio che posso - mi sembra che tra le tue premesse e le tue conclusioni vi sia un vuoto colmo di oscurità filosofica :P "qualcuno o qualcosa" ha "agito": per agire ci vuole fine e coscienza, ovvero intenzionalità, caratteristica che necessita di un sistema psichico per sussistere. Se tu dici che un'intenzionalità ha agito per fare nascere la nostra cadi nel tipico paradosso filosofico - il loop comincia e non finisce più! perché non è sostenibile che vi siano una catena infinita di intenzionalità che creano quella dopo - per cui non si può pensare ad un'intenzionalità "prima creatrice" o "divina". Per cui se postulassimo un creatore del genere, dovremmo infine ammettere che lui stesso non è nelle sue mani. Per cui anche se la nostra esistenza fosse stata creata intenzionalmente e quella che ci ha creati pure prima o poi il ciclo si dovrebbe spezzare e qualcuno dovrebbe pur nascere per puro caso - e per il rasoio di Occam, fino a prova contraria, non serve postulare tanti creatori di mezzo prima di giungere a noi - è un'abitudine nata nelle culture teistiche che poco si salva dalla scienza moderna.
Infine anche la tua ultima affermazione mi pare esprimere una sentenza vaga siccome non capisco esattamente in che modo non tanto la nascita della vita può essere interpretata come una violenza nei confronti della stessa, per cui esistono certo argomentazioni, ( se ne parlava anche altrove mi pare ) ma per come questo contribuisca alla prova di un creatore una tantum.

Citazione:
Ovvero, noi siamo qui per volontà di altri, chiunque essi siano

Ma non mi pare che ci sia da andare tanto lontano: in senso diretto questi non sono altro che i nostri genitori, e indirettamente tutto l'albero genealogico, fino ai procarioti e oltre.

Citazione:
Per altro, io non ho parlato di Principio antropico forte: ma solo di principio antropico, senza l'aggettivo. Poi, nella realtà, esiste quello forte, debole e quello finale. A tale motivo ho parlato di variegate opinioni

Non c'è bisogno che tu scriva direttamente quale sostieni se tutto il resto della tua argomentazione verte su uno solo... che può essere anche quello finale, se non si rifacesse in linea di massima a quello forte. Comunque riconosco di aver fatto un errore molto grossolano lo scorso post: non so perché - ora ho rimediato - credevo che Antropico avesse l'etimo di Entropia e invece è tutt'altro ( mi sembrava un po' strano che quello entropicamente forte si chiamasse debole infatti! ma mi ero interessato più del contenuto che del nome a dirla tutta ). Chiedo venia.

Però, per quanto riguarda la spiegazione di Ulysse e la tua interpretazione ti cito un pezzo da wiki

Citazione:
Va ricordato che il principio antropico nell'enunciato di Brandon Carter non rispecchia le reinterpretazioni dello stesso effettuate da parte di alcuni sostenitori dell'ID e di alcuni filosofi, in quanto questi enunciati non sono teorie scientifiche[1]. Non vanno nemmeno confuse le argomentazioni pre-scientifiche elaborate durante il IX secolo e nei primi anni del X secolo, periodi nei quali la cosmologia veniva letta da un punto di vista principalmente antropico, tuttavia si trattava di atteggiamenti di tipo fideistico, pertanto estranei alle argomentazioni attuali della scienza moderna.

ergo l'ipotesi di lavoro della scienza era il principio antropico debole! gli altri sono, in linea di principio, estranei al metodo scientifico e sono ipotesi non smentibili empiricamente... ma mi pare davvero che una logica scientificamente rigorosa non li possa nemmeno considerare nell'analisi di causa e caso siccome sono appunto riflessi di fideismo astrofisico e non tanto di scienza astrofisica. Anche se pare che quello forte fosse incluso nella teoria iniziale, mi sembra tutto sommato più posto come l'alternativa a quello debole - non verificato - che come teoria a sé.

@Giorgiosan

Siccome di ciò che dicevi ne parlavo qui sopra colgo l'occasione per rispondere anche a te! La scienza non afferma fino a che non ha la prova in "boccetta": semmai ipotizza dai dati in suo possesso e lima le possibilità, che riducendosi sempre più aumentano di probabilità. Però hai ragione quando dici che spesso gli scienziati si avventurano con il loro sapere di fatto del tutto parziale in temi filosofici di portata generale e arrivati qui non riescano poi a tradurre o comprovare logicamente alcunché, ma si limitano a fare ipotesi di lavoro a mo' di spunti di riflessione. Però bisogna anche dire che gli oggetti di indagine filosofica sono poi estrapolazioni astratte di oggetti o sistemi reali il cui funzionamento è argomento preminente dell'indagine scientifica: per cui un parallelo sicuramente è tracciabile e a livello universale trovo che le due materie convergano notevolmente nel proprio fine conoscitivo di funzionamento e spiegazione di questo... dal particolare al generale e viceversa.

Ultima modifica di Soren : 27-04-2013 alle ore 16.41.06.
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Vecchio 27-04-2013, 21.55.19   #49
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Soren

Perdonami Tempo se insisto sulla questione, ma non mi tornano proprio i conti con alcune tue affermazioni!

All'inizio siamo d'accordo, la vita nasce dal caso materiale, e attraverso questa pian piano nascono i requisiti per sviluppare un intelletto razionale. Ma dopo il tuo discorso mi pare del tutto astruso - mi spiego meglio che posso - mi sembra che tra le tue premesse e le tue conclusioni vi sia un vuoto colmo di oscurità filosofica :P "qualcuno o qualcosa" ha "agito": per agire ci vuole fine e coscienza, ovvero intenzionalità, caratteristica che necessita di un sistema psichico per sussistere. Se tu dici che un'intenzionalità ha agito per fare nascere la nostra cadi nel tipico paradosso filosofico - il loop comincia e non finisce più! perché non è sostenibile che vi siano una catena infinita di intenzionalità che creano quella dopo - per cui non si può pensare ad un'intenzionalità "prima creatrice" o "divina".
Per cui se postulassimo un creatore del genere, dovremmo infine ammettere che lui stesso non è nelle sue mani. Per cui anche se la nostra esistenza fosse stata creata intenzionalmente e quella che ci ha creati pure prima o poi il ciclo si dovrebbe spezzare e qualcuno dovrebbe pur nascere per puro caso - e per il rasoio di Occam, fino a prova contraria, non serve postulare tanti creatori di mezzo prima di giungere a noi - è un'abitudine nata nelle culture teistiche che poco si salva dalla scienza moderna.
Potrebbe benissimo essere quello che tu affermi, ma le mie conclusioni si fermano all'osservazione logica della nostra presenza, in rapporto con la materia che ha creato la vita, fino a giungere a noi. Purtroppo, per rispondere più chiaramente, il discorso di partenza sarebbe molto complicato, ed io non ho la capacità di riassumerlo in modo comprensibile; pertanto, mi sono limitato a fare un ragionamento sul filo della logica ed è questo: tu hai affermato che per conoscere la nostra nascita non bisogna andare troppo lontano, perché basterebbe arrivare ai nostri genitori. Ecco! Poiché ogni vita ha bisogno di genitori, perché non possiamo pensare, con una certa logica, che chi ha fatto nascere la prima forma di vita non sia un genitore? In pratica i modi per creare dal nulla una vita oppure riprodurne un’altra, possono essere milioni e diversi da tutti quelli che conosciamo; infatti, chi può affermare che ne esista solo uno, dieci o centomila? Si afferma che la vita abbia iniziato a moltiplicarsi quando la prima cellula ha avuto a disposizione l'energia sufficiente per moltiplicarsi. Questa energia gli è stata fornita da quello che chiamiamo "Mitocondrio". Ovvero, un precursore del batterio che è arrivato dall’esterno inserendosi nella cellula stessa, il quale, in una condizione di solidarietà utilitaristica, fornisce l'ossigeno alla cellula ricevendone in cambio l'alimento per continuare a vivere. A tutt'oggi, tale mitocondrio è ancora in noi e svolge la stessa funzione di milioni di anni or sono. Ecco: questo potrebbe essere uno dei tanti modi per moltiplicarsi, giacché tutti gli animali e le piante devono essere inseminate per moltiplicarsi. In definitiva la prima cellula è stata inseminata da un mitocondrio, senza il quale sarebbe rimasta unica e senza la possibilità di moltiplicarsi. In pratica il mio discorso voleva seguire questa logica; ovvero: se quella materia che riteniamo inerte ha saputo creare la vita animata, vorrà dire che in essa vi sono delle caratteristiche superiori a quelle che possiamo immaginare, pur non riuscendo a comprendere che cosa siano. In tal senso andrebbe ricordato che anche noi abbiamo provato più volte a creare la vita in laboratorio, dalla materia inerte, ma senza riuscirci. Allora, senza allontanarci troppo, già a S. Agostino qualche suo amico polemico chiedeva chi avesse creato dio. Per altro, il divino lo abbiamo creato noi uomini, e se lo adoperiamo in questi discorsi è solo per affermare che vi possono essere, nella materia, delle qualità che, magari, a pari condizioni, trovandosi in tutte le galassie, possono far pullulare di vita l'universo. Questa cosa stupefacente che cosa ti pensare?
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Vecchio 28-04-2013, 21.40.36   #50
sgiombo
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Potrebbe benissimo essere quello che tu affermi, ma le mie conclusioni si fermano all'osservazione logica della nostra presenza, in rapporto con la materia che ha creato la vita, fino a giungere a noi. Purtroppo, per rispondere più chiaramente, il discorso di partenza sarebbe molto complicato, ed io non ho la capacità di riassumerlo in modo comprensibile; pertanto, mi sono limitato a fare un ragionamento sul filo della logica ed è questo: tu hai affermato che per conoscere la nostra nascita non bisogna andare troppo lontano, perché basterebbe arrivare ai nostri genitori. Ecco! Poiché ogni vita ha bisogno di genitori, perché non possiamo pensare, con una certa logica, che chi ha fatto nascere la prima forma di vita non sia un genitore? In pratica i modi per creare dal nulla una vita oppure riprodurne un’altra, possono essere milioni e diversi da tutti quelli che conosciamo; infatti, chi può affermare che ne esista solo uno, dieci o centomila? Si afferma che la vita abbia iniziato a moltiplicarsi quando la prima cellula ha avuto a disposizione l'energia sufficiente per moltiplicarsi. Questa energia gli è stata fornita da quello che chiamiamo "Mitocondrio". Ovvero, un precursore del batterio che è arrivato dall’esterno inserendosi nella cellula stessa, il quale, in una condizione di solidarietà utilitaristica, fornisce l'ossigeno alla cellula ricevendone in cambio l'alimento per continuare a vivere. A tutt'oggi, tale mitocondrio è ancora in noi e svolge la stessa funzione di milioni di anni or sono. Ecco: questo potrebbe essere uno dei tanti modi per moltiplicarsi, giacché tutti gli animali e le piante devono essere inseminate per moltiplicarsi. In definitiva la prima cellula è stata inseminata da un mitocondrio, senza il quale sarebbe rimasta unica e senza la possibilità di moltiplicarsi. In pratica il mio discorso voleva seguire questa logica; ovvero: se quella materia che riteniamo inerte ha saputo creare la vita animata, vorrà dire che in essa vi sono delle caratteristiche superiori a quelle che possiamo immaginare, pur non riuscendo a comprendere che cosa siano. In tal senso andrebbe ricordato che anche noi abbiamo provato più volte a creare la vita in laboratorio, dalla materia inerte, ma senza riuscirci. Allora, senza allontanarci troppo, già a S. Agostino qualche suo amico polemico chiedeva chi avesse creato dio. Per altro, il divino lo abbiamo creato noi uomini, e se lo adoperiamo in questi discorsi è solo per affermare che vi possono essere, nella materia, delle qualità che, magari, a pari condizioni, trovandosi in tutte le galassie, possono far pullulare di vita l'universo. Questa cosa stupefacente che cosa ti pensare?


Sono d’ accordo con Soren.
Innanzitutto la vita era nata moltissimo tempo prima dell’ inserimento simbiotico di un mitocondro in una cellula procariotica, che ha contribuito alla nascita delle cellule eucariotiche (era nata per l’ appunto come vita di cellule procariotiche, prive di mitocondri e con DNA non separato da una membrana nucleare dal citoplasma, quali erano in sostanza anche i mitocondri).
Inoltre la scienza biologica ci dice, con un ragionevolissimo grado di certezza (non una impossibile certezza assoluta, soprattutto per il fatto di implicare la verità delle inferenze dalle osservazioni empiriche ripetute puntualmente e “universalmente nel passato”, che non è certa in assoluto, come mostratoci da David Hume; ma non c’ è persona mentalmente sana che per lo meno non si comporti come se fosse assoluta), che la vita non può nascere in dieci o centomila modi, ma solo in uno o pochissimi modi (di fatto uno, per lo meno su questo pianeta) che rispettino determinate condizioni chimico-fisiche; cioè attraverso eventi determinati e non indiscriminati, implicanti la formazione di membrane, acidi nucleici, proteine con proprietà enzimatiche ed altre macromolecole organiche e molecole inorganiche, sali minerali, acqua fra loro in determinati e non arbitrariamente variabili proporzioni e rapporti spaziali e funzionali, in determinate e non arbitrarie condizioni di temperatura, pressione atmosferica, composizione chimica dell' aria e del suolo, ecc. (e tutto ciò senza alcuna caratteristica della materia superiore a quelle rilevabili in natura, senza alcun fatto sopra- o preter- o comunque extra- naturale).
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