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Vecchio 20-04-2013, 19.46.16   #11
sgiombo
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sgiombo:
Dunque credere che l' universo esista e divenga da sempre e per sempre e dovunque unitamente al credere alla verità della conoscenza scientifica, implicando un' unica affermazione indimostrata, é più razionalistico che supporre che abbia avuto un inizio (ed avrà una fine) nel tempo e nello spazio, il che implica per lo meno due affermazioni indimostrate.

Si può inoltre chiedere a chi ritiene che l' universo abbia avuto un inizio (e non crede pure, alquanto conseguentemente, a una creazione divina; per esempio molti scienziati di vaglia che si proclamano atei, materialisti; e magari anche razionalisti) perché non si getti dalla finestra (meglio se si é almeno al decimo piano di un grattacielo).
Infatti se le “attuali” leggi di natura sono propriamente universali e costanti e immutabili (e dunque l’ universo è sempre esistito e divenuto e per sempre esisterà e diverrà secondo queste leggi generali scientificamente conoscibili), allora così facendo si può star certi che ci si sfracellerà al suolo; mentre invece se le “attuali” leggi di natura non sono propriamente universali e costanti e immutabili, bensì hanno cominciato a "essere in vigore" ad un certo istante (e in un certo tratto di spazio), allora nulla ci garantisce che di nuovo da un momento all' altro (per lo meno da qualche parte) non possano venir meno o cambiare, e dunque che magari improvvisamente non ci si possa sfracellare contro il soffitto se non ci si getta dalla finestra.

Aggressor:
La prima ipotesi non permette però di rispondere a questa domanda: se prima di me ci sono stati infiniti universi, nel senso di, magari, infiniti Big-Bang, come hanno fatto a trascorrere tutti nel loro essere senza fine per arrivare a quello in cui siamo noi?

Sgiombo:
E perché mai si dovrebbe ipotizzare l’ esistenza di infiniti altri universi (pesantemente -anzi: infinitamente!- contravvenendo al rasoio di Ockam)?!?!?!

Questa ipotesi è assolutamente antiscientifica (la si potrebbe denominare “metafisica” nel senso deteriore e non di rado improprio nel quale gli scientisti usano questo nobilissimo aggettivo; oltre che assolutamente irrazionalistica), almeno secondo il criterio popperiano del falsificazionismo, in quanto inverificabile. Infatti ogni universo per definizione è “un tutto in sé concluso”, irrelato con alcunché d’ altro oltre a sé: se altri “universi” esistessero inevitabilmente dovrebbero essere assolutamente incomunicanti, non trovarsi in alcuna relazione con “questo reale” da noi praticabile e (limitatamente) conoscibile, altrimenti quest’ ultimo non sarebbe più “l’ universo” ma solo una sua parte.

Sono ateo, ma ritengo di gran lunga preferibile (relativamente assai meno irrazionalistico in teoria e infinitamente più rilevante in pratica per noi uomini) una creazione divina di “questo” universo “naturale” (che sarebbe effettivamente tale, “l’ universo”, in quanto totalità dell’ esistente nell’ ambito naturale, tutto ciò che esiste -cioè “l’ universo”- in natura, naturalmente; e che, secondo le concezioni teologiche creazioniste, sarebbe solo parte del “tutto esistente in assoluto” dal momento che quest’ ultimo includerebbe, oltre alla natura, anche un ambito “soprannaturale” del reale comprendente il Dio creatore dell’ universo naturale; ambito ipotetico del reale, questo “soprannaturale”, che mi sembra comunque non affatto più “metafisico” in senso deteriore e relativamente molto meno infondato e irrazionalistico degli infiniti “universi” proposti -e creduti esistere!- da molti eminenti scienziati filosoficamente poco o punto ferrati).



Aggressor:
Inoltre legare il fatto che l'universo sia comparso al fatto che allora, all'interno di esso, le leggi dovrebbero poter mutare a caso (perché è questo che stai ammettendo, che possano mutare senza un senso, mentre che possano mutare lo credo plausibile) non lo trovo così scontato. Magari semplicemente esso poteva non esistere, ma esistendo ha portato con sé la sensatezza necessaria a renderlo tale.

Sgiombo:
Nemmeno io lo credo plausibile, e mi pare evidente da quanto scrivo (ma non comprendo in che senso parli di "sensatezza").
“Leggi del divenire naturale che mutano” è uno pseudoconcetto autrocontraddittorio, senza senso (un mero flatus vocis) dal momento che per leggi del divenire si intende “modalità universali e costanti (ergo: immutabili) del mutamento”; il quale sarebbe pertanto non assoluto, caotico, integrale, privo di alcunché di costante (sarebbe una sorta di sintesi fra mutamento caotico, assoluto, integrale -tesi- e fissità assoluta, integrale, “parmenidea” -antitesi-).
A meno di non postulare, ulteriormente violando irrazionalmente il rasoio di Ockam (oltre al criterio scientifico della falsificabilità), l’ esistenza di “metaleggi” regolanti il mutare delle “leggi” -le uniche constatabili, queste ultime- in maniera universale e costante: sarebbero dunque le prime in realtà le vere e proprie, autentiche leggi universali e costanti del divenire naturale).



Agressor:
Secondo me, per esempio, certe costanti potevano anche essere diverse nelle fasi iniziali dell'universo ed essersi stabilizzate col tempo, cioè questa può essere una soluzione alla domanda del perché certe costanti abbiano valori contingenti che non porti a risposta l'esistenza di infiniti universi in cui le cose sarebbero diverse => agli scienziati di solito questa pare la soluzione migliore: "qui le cose stanno così perché in altri universi le cose vanno diversamente", così si esclude una mente proggettista.

Sgiombo:
Poiché l’ universo è tutto ciò che esiste, o per lo meno tutto ciò che esiste e di cui possiamo avere conoscenza (se vogliamo, contrariamente agli scienziati di cui parli, essere razionalisti e ragionare di scienza e non di pseudo-”metafisica” in senso deteriore), e inoltre non è stato finalisticamente, intenzionalmente creato da nessuno, non ha senso cercare una spiegazione del fatto che le leggi di natura abbiano i valori che hanno; e non ha senso considerarle “contingenti”: sarebbero contingentemente queste qualora esistessero altri universi, ma questa ipotesi, per quanto rilevato più sopra, è irrazionalistissima, pseudo”metafisica” in senso deteriore (irrazionalismo per irrazionalismo, personalmente preferisco di gran lunga quello relativamente molto meno assurdo delle religioni e del creazionismo; e dunque di questo “degli scienziati” non mi interessa proprio parlare, esattamente come delle superstizioni, gli oroscopi, gli ectoplasmi, ecc.: li lascio volentieri all’ attenzione dei molti scienziati filosoficamente “scarsi”); oppre sarebbero contingentemente queste se fossero state arbitrariamente stabilite da un creatore dotato di libero arbitrio (e che quindi avrebbe potuto stabilirne di diverse), ma non credo nemmeno questo, anche se lo ritengo di gran lunga meno irrazionalistico (e più interessante).



Aggressor:
Secondo me, invece, all'inizio poteva succedere di tutto e poi è successo qualcosa non per caso ma neanche in modo del tutto meccanico; semplicemente secondo un senso, un logos anche libero se possibile (che ha dunque portato queste conseguenze invece di altre possibili, come gli uomini che fanno certe azioni e non altri possibili grazie al libero arbitrio), perché questi altri infiniti mondi se esistono, avrebbero in comune con noi l'Esistenza cioè pure la loro "sostanza". Detto in termini scientifici se esistessero degli universi diversi essi avrebbero il movimento (la fisica studia le relazioni tra enti, cioè l'accadere nello spazio-tempo) e così l'energia; per quale motivo dovrebbero, allora, essere separati dal nostro? Potrebbero esserci realtà complesse nelle pieghe inaccessibili degli elementi che ci compongono, ma non realtà simili alla nostra che fluttuano intono a noi senza avere effetti su di noi, questo, si, lo trovo insensato. Poiché appunto questi mondi sarebbero fatti di energia e da quanto si sà l'energia entra benissimo in contatto con altra energia senza che nessuno scudo invisibile o non-essere sia lì a separare.

Sgiombo:
Non ho proprio capito la prima parte di queste affermazioni ("non per caso ma neanche in modo del tutto meccanico; semplicemente secondo un senso, un logos anche libero se possibile")
Con la seconda parte mi sembra di concordare: quello degli scienziati a cui ti riferisci non è affatto un parlere in termini scientifici, bensì in termini irrazionalistici e deteriormente (pseudo-)”metafisici”: di altri universi, se anche si volessero irrazionalisticamente postulare, per definizione non si potrebbe dire nulla in quanto se invece qualcosa se ne potesse sapere, allora sarebbero parti della totalità (naturale) di cui possiamo avere esperienza (di quest’ unico universo da noi abitato, la cui conscenza è a noi -limitatamente- accessibile, verificabile, o per lo meno falsificabile) e non altri “universi”.
Quando materia (massa e/o energia) interagisce con altra materia avvengono effetti in ciascuna delle componenti materiali di cui si tratta secondo leggi universali e costanti (secondo la scienza, ammesso che essa sia possibile e veritiera, come personalmente credo “per fede”, essendo indimostrabile: Hume!).
Ergo: qualsiasi entità/eventualità materiale (messa e/o energia) interagisca con qualsiasi parte dell’ universo (questo da noi abitato; e dunque se ne possa avere conoscenza) è parte di esso e non un’ “altro universo” e segue nel suo divenire le leggi universali e costanti di “questo” universo.

In questa discussione non obietto al libero arbitrio umano che, come già argomentato in altre, credo inconciliabile con la (possibilità della) conoscenza scientifica (nonché della possibilità di fare valutazioni in materia di etica -sic!-).

Ciao!
sgiombo is offline  
Vecchio 21-04-2013, 11.32.13   #12
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Ciao Sgiombo . Tu non credi che esista qualcosa come la libertà? Bè, non lo credevo neanche io. Per quanto possa sembrare strano la mia spasmodica ricerca circa la possibilità della libertà mi ha portato anche a cambiare posizione rispetto ad argomenti come questo che stiamo affrontando grazie a Boh.


Ma partiamo dall'inizio. Tu dici che non ha senso parlare di altri universi e in certo senso devo darti ragione; in effetti per essere più preciso nei termini avrei dovuto dire, quando parlavo della serie infinita di Big-Bang, di un solo universo che magari si espande e contrae in continuazione, come nella teoria del Big-Crunch. In altri termini la mia domanda è una riproposta dei paradossi di Zenone (è in realtà una questione propria di tutta la teologia medievale): se l'universo è sempre esistito, allora devono essere successe infinite cose prima del nostro avvento, in questo caso però, noi non dovremmo essere qui poiché questi avvenimenti antecedenti a noi non dovrebbero essersi ancora conclusi essendo senza fine.


Ora tu mi chiedi in che senso parlo di un logos invece che di meccanicismo o caso. Il punto è che, in generale, io credo che le cose non avvengano senza un motivo, ma ciò non vuol dire per forza che le cose avvengano in modo ontologicamente deterministico (questo era, invece, ciò che ho creduto per anni). Questo motivo l'ho chiamato logos perché il concetto dei greci a riguardo è piuttosto simile, non volendo essi riferirsi a un deterministico meccanicimo (almeno nella stragrande maggiornaza dei casi), ma semplicemente ad un "senso" della natura, una "sensatezza".


Ora, se non credi alla libertà, io credo che tu non riconosca neanche il senso del concetto di caso ontologico, giusto? Ebbene a questo punto bisogna affrontare il problema della contingenza delle costanti fisiche che in realtà cerchi di eludere. Tu affermi che le leggi dell'universo sono sempre uguali, e impugni l'eleganza del rasoio di Ockam per difendere certe tesi. In effetti se una teoria è snella è anche migliore delle altre si dice (e io mi trovo d'accordo, infatti propendo per le teorie più eleganti in questo senso), ma la teoria è più elegante di un'altra in questo modo solo se permette anche di rispondere a tutte le domande di quella "avversaria". Nella tua ipotesi niente spiega perché certe leggi sono così e non in un'altro modo, e questo problema non è mai stato trascurato, neanche dagli scienziati contemporanei, neanche da Hawking (per esempio). Allora quello che ti dico io è che se le costanti universali potevano essere diverse e se non trovi un motivo sensato dovrai ammettere che è stato il caso a decidere. La proposta dei fisici esclude il caso in questo senso, poiché tutte le possibilità sono realizzate nel multiverso, nessuna è stata scelta o esclusa da una mente intelligente o dal caso.


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Vecchio 21-04-2013, 20.04.01   #13
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@ Aggressor

Credo che la libertà possa (e debba, nei limiti del possibile per tutti) esistere come assenza di costrizioni estrinseche.
Non so se esista anche come assenza di determinazioni intrinseche (che è quanto si intende comunemente per “libero arbitrio”). Ma penso che in questo caso l’ agire (di chi ne godesse) sarebbe casuale, fortuito e non eticamente rilevante: non sarebbe la conseguenza (sul piano della realtà; e la dimostrazione sul piano della conoscenza) del suo essere buono oppure malvagio, ma casomai semplicemente del suo essere fortunato oppure sfortunato, qualcosa di puramente e semplicemente casuale (oltre al fatto che non consentirebbe la conoscenza scientifica).

I paradossi di Zenone hanno sempre convinto ben pochi assertori del mutamento; e a ragione, in quanto si fondano tutti sullo “spezzettamento” dello spazio in infinite parti e sulla pretesa che occorra un tempo infinito per percorrerli tutti a velocità finita, trascurando il fatto che gli intervalli di spazio ottenuti da queste divisioni infinite sono infinitamente piccoli e che nel prodotto fra il loro numero infinitamente grande e la loro entità infinitamente piccola i due infiniti si elidono reciprocamente, restituendo intervalli di spazio finiti, percorribilissimi in tempi finiti a velocità finita:

infinitezza del numero di segmenti x estensione finita/ infinitezza dell' estensione di ciascun segmento = segmento di estensione (distanza) finita (l' infinitezza al numeratore si elide con l' infnitezza al denominatore), percorribile a velocità finita in un tempo finito.

Anche gli (ipotetici) infiniti cicli (molto stoici, effettivamente) di espansione-contrazione dell’ universo si estendono al passato all’ infinito, e dunque non c’ è un inizio della serie: se esistesse un inizio del tempo nel passato e da allora si fossero susseguiti infiniti cicli cosmici (ciascuno di durata finita) non si potrebbe giungere al nostro tempo attuale; ma un tempo infinito (verso il passato) non è logicamente coerente con (non ammette, pena l’ autocontraddizione ovvero l’ insensatezza) un inizio (ovvero un numero infinito di cicli non ammette un ciclo iniziale); dunque non ha senso affermare che “noi non dovremmo essere qui poiché questi avvenimenti antecedenti a noi non dovrebbero essersi ancora conclusi essendo senza fine”: si sono conclusi essendo infiniti ma non avendo un inizio, non esistendone un “primo” dal quale contare (che sarebbe come dire che sono infiniti e finiti).

Che significa “senso” di qualche accadimento?
Secondo me può significare soltanto “scopo che, con quell’ avvenimento realizzato quale mezzo, un agente intenzionale si prefigge di conseguire in un contesto (deterministico, per lo meno in senso debole: probabilistico-statistico).
Per esempio il senso dello svolgere un certo lavoro retribuito (e magari più o meno pesante o noioso) è di essere il mezzo per (guadagnare denaro onde) permettersi gli scopi che ci gratificano; oppure il senso del condurre una vita sana (facendo sacrifici, rinunciando ad eccedere con certi cibi) è di essere il mezzo per vivere più a lungo e più in salute, onde …idem.
Ora, se non si ammette pregiudizialmente (e indimostrabilmente; e non-scientificamente; e irrazionalisticamente) che l’ universo sia stato creato da un agente intenzionale (divino), nel qual caso il suo senso sarebbe di essere il mezzo per consentirgli di raggiungere uno scopo (per esempio avere creature felici; o magari buffe onde divertirsi, ecc.), allora l’ esistenza dell’ universo semplicemente non ha e non può avere senso.
Ma anche nel caso della creazione il senso l’ avrebbe solo una parte del tutto (l’ universo creato) relativamente a un’ altra parte (lo scopo dell’ agente intenzionale divino), la quale ultima non ne avrebbe, sarebbe a sua volta senza senso (a meno di un regresso all’ infinito): ma allora il tutto complessivamente inteso (creatore intenzionale compreso) non avrebbe senso, non essendo il mezzo perché un’ ulteriore agente intenzionale (che non esisterebbe, trattandosi del tutto!) conseguisse un determinato fine in un certo contesto (deterministico).

Io credo (essendo consapevole dell’ indimostrabilità di questa tesi: Hume!) che l’ universo naturale-materiale (che non ritengo esaurisca tutto il reale poiché non credo che il pensiero sia riducibile alla materia, che ne emerga o vi sopravvenga, qualsiasi cosa si intenda con questi oscuri concetti), divenga in modo relativo o parziale, ovvero ordinato, ovvero secondo modalità o leggi universali e costanti (rendendo possibile la conoscenza scientifica e la valutabilità etica delle azioni umane).
Il concetto di “leggi del divenire mutanti” mi pare palesemente autocontraddittorio, insensato, a meno che non mutino secondo “metaleggi”; le quali sarebbero in realtà le autentiche leggi immutabili del divenire ordinato (ma al prezzo di violare la regola razionalistica del rasoio di Ockam e di fatto, per come stanno le cose nell’ osservazione empirica della realtà naturale materiale, anche la falsificabilità scientifica).

E’ vero che se ipotesi teoriche sono necessarie a spiegare osservazioni, allora possono ben essere risparmiate del rasoio.
Ma credere che le leggi del divenire (e ogni altro aspetto, anche particolare, concreto e mutevole dell’ universo) richiedano spiegazioni è un malinteso (tipico della maggior parte degli scienziati, che generalmente sono scarsissimi in filosofia; gli ultimi grandi ad essere filosoficamente ferrati che io conosca -secondo il mio modesto avviso, ovviamente- sono stati Boltzmann, Einstein, Schroedinger, Bohm, Bell e forse in qualche misura Gell-Man).
L’ esistenza dell’ universo (= tutto ciò che esiste) non richiede alcuna spiegazione (non ha proprio senso cercarne! E' banale, antiscientifico antropomorfismo) perché non è stato creato da un agente intenzionale: non è un mezzo per un fine ma è un mero fatto (che se fosse stato creato, allora sarebbe l’ esistenza del creatore ad essere un mero fatto non necessitante una spiegazione, pena un regresso all’ infinito).
Ma d’ altra parte queste considerazioni (sul regresso all’ infinito) circa l’ ipotetico creatore valgono pari pari circa gli ipotetici (e a mio avviso ancor più irrazionalistici e molto meno interessanti rispetto all’ ipotesi “creazionistica”), “molti -o infiniti- universi” di tanti scienziati di vaglia: essi spiegherebbero il fatto che “questo” universo” diviene secondo le sue leggi naturali; bene. E il fatto dell’ esistenza di tutti questi universi (cioè di quello che in realtà è l’ autentico “universo”) che spiegazione ha? Come se lo spiegano Hawking e C.?
Non se lo spiegano perché non vogliono regredire all’ infinito.
Ma allora, poiché comunque il tutto non può essere spiegato (non esistendo oltre ad esso la sua spiegazione, salvo regresso all’ inifinito, oltre che autocontraddizione) il razionalismo (Ockam) e la scienza (Popper) impongono di fermarsi prima: prima della ricerca di spiegazioni all’ esistenza di questo unico universo naturale reale (l’ unico; o per lo meno l’ unico osservabile e praticabile, e di cui si possa sensatamente e ragionevolmente parlare)!
sgiombo is offline  
Vecchio 22-04-2013, 05.02.51   #14
Soren
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@Sgiombo

Citazione:
Dunque credere che l' universo esista e divenga da sempre e per sempre e dovunque unitamente al credere alla verità della conoscenza scientifica, implicando un' unica affermazione indimostrata, é più razionalistico che supporre che abbia avuto un inizio (ed avrà una fine) nel tempo e nello spazio, il che implica per lo meno due affermazioni indimostrate.

Non ho capito esattamente da che parte sta il tuo pensiero nella questione, però mi pare che Aggressor abbia ragione a far notare che anche un tempo ( era questa l'essenza della sua critica mi pare di capire ) infinito è contraddizione, perché l'infinito non può avere nessun riferimento reale - un Kant o Schopenhauer avrebbe potuto salvare in corner la sua supposizione dicendo che il tempo riguarda la forma e non il contenuto, ma ormai noi sappiamo che questi sono un tutto unico nel fenomeno; il tempo ha bisogno di un riferimento reale per esistere, ovvero esiste solo nella relazione, e a meno che non postuliamo un movimento eterno non possiamo nemmeno supporre un tempo infinito: però noi sappiamo che la quantità di energia nell'universo è limitata e soprattutto nasce per scissione la cui somma è 0. Da questo secondo me si possono trarre almeno due conclusioni a riguardo della questione:
- o il tempo ha un inizio, o l'energia deve avere una sua fonte infinita a cui attingere dall'interno dell'universo per continuare a generare il movimento di cui il tempo necessita per esistere. Niente movimento niente tempo.
- se postuliamo un movimento eterno cioè senza inizio né fine cadiamo nella contraddizione evidenziata da Aggressor: il fatto cioè che nessuna quantità di tempo potrebbe essere tempo e perciò il tempo si negherebbe da sé. Una dimostrazione filosofica di questo sta per esempio nel concetto di eterno: ex-terno, senza tempo. L'eternità ed il tempo sono categorie autoescludenti di "spazio", vale a dire: o abbiamo una o l'altra. Se osserviamo un tempo dell'azione, già per il fatto di stare osservando, possiamo concludere di non trovarci in una catena infinita di eventi - che lo spazio si chiuda o meno: la morte termica sarebbe altrettanto una fine temporale. L'unica maniera di ammettere un tempo eterno sarebbe, per un paradosso divertente, negare la realtà stessa del tempo, come fanno alcuni ontologi con cui si può anche essere d'accordo, guardando alla struttura logica delle leggi del tempo e non al loro contenuto reale. Però credo che il nostro spazio vitale sia il secondo.
Insomma a me pare che sia un tempo senza inizio né fine ad essere non tanto indimostrato o indimostrabile, ma proprio contradditorio... Anche per la falla che anche tu cogli nei paradossi di Zenone: se il nostro sistema - universale, per tutta la rete di relazioni che lo costituisce - l'infinitamente grande e piccolo si elidono a vicenda lasciandoci un sistema di riferimenti finiti. Se dessimo realtà ad un infinito dovremo darlo anche all'altro: e così il tempo si annullerebbe di nuovo. Si torna al punto di prima: o l'eterno o l'interno. Questo fintanto che giudichiamo l'universo come sistema chiuso... concezione che, se un giorno si dimostrasse che l'energia può in realtà entrare come gli pare, potrebbe anche cambiare. Del resto credo che uno spiraglio di possibilità che una certa libertà caotica abbia un suo gioco nel corso degli eventi possa esserci, mi viene in mente qualcosa che avevo letto in un libro di Hawkwing circa le particelle sub-atomiche che si creano scindendosi dal nulla in aree con forti squilibri energetici, es. nelle vicinanze dei buchi neri. Ma non essendo abbastanza ferrato in materia mi limito a buttarla lì senza pretese di saperne davvero qualcosa di questo; se qualcuno mi può smentire o confermare il fatto gliene sarei grato siccome mi desta molta curiosità, siccome violerebbe la rigidità del determinismo... a meno che una legge di "generazione" non possa ascriversi ad esso, e sarebbe interessante vedere come.

Un altra tua opinione che vorrei commentare è la tua negazione della possibilità della verità della teoria degli infiniti universi, ma credo ci tornerò prossimamente, magari domani, siccome l'ora è tarda. ciao

edit: per ora siccome ho aperto comunque il discorso mi limito a dire che concordo però quando dici

Citazione:
non richiede alcuna spiegazione (non ha proprio senso cercarne! E' banale, antiscientifico antropomorfismo) perché non è stato creato da un agente intenzionale: non è un mezzo per un fine ma è un mero fatto (che se fosse stato creato, allora sarebbe l’ esistenza del creatore ad essere un mero fatto non necessitante una spiegazione, pena un regresso all’ infinito).

Questo è esattamente ciò che ne penso anch'io... mi pare interessante invece che per il resto della questione tu pensi l'opposto. Appena ho un po' di tempo, vedrò di argomentare :P

Ultima modifica di Soren : 22-04-2013 alle ore 19.51.20.
Soren is offline  
Vecchio 22-04-2013, 11.08.50   #15
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sgiombo
I paradossi di Zenone hanno sempre convinto ben pochi assertori del mutamento; e a ragione, in quanto si fondano tutti sullo “spezzettamento” dello spazio in infinite parti e sulla pretesa che occorra un tempo infinito per percorrerli tutti a velocità finita, trascurando il fatto che gli intervalli di spazio ottenuti da queste divisioni infinite sono infinitamente piccoli e che nel prodotto fra il loro numero infinitamente grande e la loro entità infinitamente piccola i due infiniti si elidono reciprocamente, restituendo intervalli di spazio finiti, percorribilissimi in tempi finiti a velocità finita:

Sembra che il tuo ragionamento sbrogli il paradosso, ma credo di poter dimostrare che non sia così. Il fatto è che tu hai aggiunto alla "mia" supposizione che lo spazio da percorrere sia infinitamente piccolo e così percorribile in un tempo infinitamente breve. Ma chi ha detto che devo percorrere uno spazio infinitamente piccolo? Io ti dico: percorrimi un mentro infinite volte, e visto che l'universo esiste da infinito tempo, non vedo come tu possa concludere questa corsa all'interno di una simile ontologia.



sgiombo:
si sono conclusi essendo infiniti ma non avendo un inizio, non esistendone un “primo” dal quale contare (che sarebbe come dire che sono infiniti e finiti).

Il fatto che tu non possa cercare il primo è normale nella tua ontologia, poiché ce ne sarà sempre uno prima; ma io ti chiedo di prenderne uno che è esistito infiniti Big-Bang prima del nostro, o infiniti anni luce prima, perché almeno questo lo hai ammesso, che c'è sempre stato qualcosa prima di noi. Non c'è bisogno che tu lo trovi per verificare che non arriveresti mai al nostro, credo si tratti di un giudizio sintetico a priori, puoi far finta di averlo trovato ed iniziare a contare un numero che non deve mai finire per arrivare al nostro. La frase "si sono conclusi non avendo una fine" sembra autocontraddittoria.. :(


Quando ho parlato di libertà non volevo affatto introdurre questioni di etica; il mio concetto di libertà è semplicemente qualcosa di contrapposto sia al caso che al meccanicismo e posso spiegarti perché. Gli uomini spesso affermano di essere liberi, ma non ammetterebbero questo se fossero una serie di connessioni causali deterministiche, né se fossero una serie di connessioni casuali indeterministiche, né se fossero un intreccio delle due cose, ove le due realtà ontologiche (meccanismo e caso) fossero diverse ma messe insieme all'interno di un corpo. Per farti capire questa ultima situazione non direi di essere libero se fossi una sorta di robot meccanico che a volte però sceglie un azione al posto di un'altra per puro caso. La cosa interessante della fisica moderna e della gran parte del pensiero filosofico occidentale è che questi due concetti di meccanismo e caso sono sempre stati pensati come "opposti", poi la libertà non può essere nessuno dei due e neanche la loro somma normale. Ma noi non abbiamo esperienza di qualcosa che avvenga esattamente in un certo modo previsto, se non dimenticandoci dell'aprossimazione, né del caso ontologico, percui, in realtà, noi abbiamo esperienza delle due cose assieme. Allora ho pensato che forse esiste qualcosa che posso chiamare "libertà", la cui realtà posso descrivere come una somma olistica di meccanicismo e caso. Permettimi di farmi forte del rasoio di Ockam, si tratta di un'unica sostanza che ne sostituisce 2 di cui, in realtà, non sembriamo avere esperienza. Il motivo per cui prendo in considerazione questa realtà è il suo lato indeterministico, poiché a lungo mi sono soffermato sul determinismo ed esso, anche -come ti dicevo- a causa delle cose di cui stiamo discutendo, ha smesso di convincermi.


Scusate il dilungamento sul concetto di libertà, ma era per chiarire che non ti vengo a parlare dei fini della natura, di etica ecc., stò considerando l'aspetto della libertà che, se esiste, deve riperquotersi in fisica.



sgiombo:
Io credo (essendo consapevole dell’ indimostrabilità di questa tesi: Hume!) che l’ universo naturale-materiale (che non ritengo esaurisca tutto il reale poiché non credo che il pensiero sia riducibile alla materia, che ne emerga o vi sopravvenga, qualsiasi cosa si intenda con questi oscuri concetti), divenga in modo relativo o parziale, ovvero ordinato, ovvero secondo modalità o leggi universali e costanti (rendendo possibile la conoscenza scientifica e la valutabilità etica delle azioni umane).
Il concetto di “leggi del divenire mutanti” mi pare palesemente autocontraddittorio, insensato, a meno che non mutino secondo “metaleggi”; le quali sarebbero in realtà le autentiche leggi immutabili del divenire ordinato (ma al prezzo di violare la regola razionalistica del rasoio di Ockam e di fatto, per come stanno le cose nell’ osservazione empirica della realtà naturale materiale, anche la falsificabilità scientifica).


Se la tua visione è del tutto deterministica devi in effetti ammettere che se qualcosa si sviluppa in un certo modo ci sarà un motivo definito, ciò che chiami "metalegge", a gestirne il mutamento. La mia supposizione è, invece, che il determinismo non sia sufficiente a garantire una buona ontologia (e la scienza sarebbe daccordo con me, soprattutto la fisica delle particelle elementari -meccanica quantistica-), perciò il mutare di quelle leggi potrebbe essere il frutto del lato indeterministico del cosmo più che l'effetto di una causa determinata che si sommi alle altre cause.
Ma anche prendendo il tuo ragionamento per buono rimane la stessa falla a mio avviso; tu dici: "per non cadere in un regresso infinito di metaleggi dobbiamo supporre che ne esistano alcune e basta", così ancora devo chiederti: e perché proprio queste e non altre? Forse la risposta potrebbe essere che solo queste garantiscono una esistenza non paradossale, eppure, stando agli addetti ai lavori (i fisici contemporanei), le cose non stanno così. Loro dicono che alcune costanti sono del tutto contingenti e che anche la forma del nostro universo è contingente: perché il nostro universo si è trovanto con questa forma e non con un'altra possibile? Anche ammettendo che le regole di base siano sempre quelle, che le costanti non possano avere che quei valori trovati, perché l'assetto spazio-temporale è questo e non un'altro? è stato il caso a decidere? Ma questo concetto non è forse tanto oscuro come quello di libertà? Entrambi ci parlano di una causa indeterminata.
Almeno il mio concetto di libertà include in sé anche quello di una causa "sensata" non del tutto imprevista/imprevedibile/oltre-natura.


sgiombo:
Ma d’ altra parte queste considerazioni (sul regresso all’ infinito) circa l’ ipotetico creatore valgono pari pari circa gli ipotetici (e a mio avviso ancor più irrazionalistici e molto meno interessanti rispetto all’ ipotesi “creazionistica”), “molti -o infiniti- universi” di tanti scienziati di vaglia: essi spiegherebbero il fatto che “questo” universo” diviene secondo le sue leggi naturali; bene. E il fatto dell’ esistenza di tutti questi universi (cioè di quello che in realtà è l’ autentico “universo”) che spiegazione ha? Come se lo spiegano Hawking e C.?
Non se lo spiegano perché non vogliono regredire all’ infinito.


L'esistenza di tutti questi universi, come dici tu, potrebbe essere semplicemente una falsa domanda, qualcosa che non dovremmo chiederci perché ciò che è è e basta (e tutti insieme gli universi formerebbero il solo, vero, universo). Ma circa la forma di ciò che è, almeno, dovremmo interrogarci, e la teoria del multiverso non sembra poi così spregevole visto che riesce a dimesticarsi tra la contingenza dell'assetto del mondo (nonostante io non la trovi soddisfacente).



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Vecchio 22-04-2013, 17.57.45   #16
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[Ho provato a mandare questo intervento ma non ho letto la solita dicitura di quando effettivamente viene spedito; mi scuso con i moderatori se é già in via di pubblicazione (sono un imbranato telematico) e chiedo loro in questo caso di ignorare questo presente invio. Grazie].

@ Soren

Non vedo che cosa ci sia di contraddittorio nel considerare una durata infinita dell' universo in divenire (della materia -massa e/o energia- in continua trasformazione), e dunque del tempo.
"Il tempo si negherebbe da sé" solo se si negasse il mutamento; e non invece considerando quest' ultimo (e dunque il tempo stesso) reale da sempre e per sempre (nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma da un tempo infinito nel passato a un tempo infinito nel futuro).
Che significa che "l' inifinito non può avere un suo riferimento reale"? Che non si può misurare? Questo mi sembra ovvio, per definizione; ma ciò non significa che sia un concetto autocontraddittorio, né che non sia pensabile della realtà materiale o di suoi aspetti (come il tempo) in modo logicamente coerente e sensato.

L' errore nei paradossi di Zenone non sta nell' includere il concetto di infinito (che non é contraddittorio), bensì nel suddividere all' infinito un' estensione spaziale finita dimenticando che così facendo si ottengono estensioni spaziali infinitamente piccole (e non finite!), che moltiplicate per il loro numero infinito (infinitamente grande) ci ridanno l' estensione spaziale finita (l' infinita grandezza del loro numero e l' infinita piccolezza della lunghezza di ciascuno di essi si elidono reciprocamente o compensano).

"Se un giorno si potesse dimostrare che l' energia può in realtà entrare come le pare" nell' ambito dell' universo naturale materiale (cioé crearsi; o in negativo distruggersi, anziché trasformarsi secondo determinate proporzioni universali e costanti in altre forme di energia e/o in massa), allora significherebbe che il mutare dell' universo stesso é integrale, assoluto, privo di alcunché di costante, caotico, e dunque che la conoscenza scientifica non é possibile.

Non nego la possibilità della verità degli "universi" infiniti (purché assolutamente incomunicanrti, irrelati, "reciprocamente trascendenti", pena la caduta in contraddizione); ne rilevo semplicemente:

a) L' inutilità come (pseudo-)soluzione dello (pseudo-)problema della spiegazione, del senso, del "perché" l' universo "nostro", "questo qui", sia così com' é e non diversamente (resterebbe da spiegare l' esistenza degli infiniti "universi", in una regressione all' infinito).

b) La non scientificità di questa tesi perché non falsificabile empiricamente (casomai é filosofia, metafisica nel senso deteriore in cui la intendono scientisti e positivisti).

c) L' irrazionalità per il rasoio di Ockam.

A presto!
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Vecchio 23-04-2013, 11.33.36   #17
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sgiombo:
L' errore nei paradossi di Zenone non sta nell' includere il concetto di infinito (che non é contraddittorio), bensì nel suddividere all' infinito un' estensione spaziale finita dimenticando che così facendo si ottengono estensioni spaziali infinitamente piccole (e non finite!), che moltiplicate per il loro numero infinito (infinitamente grande) ci ridanno l' estensione spaziale finita (l' infinita grandezza del loro numero e l' infinita piccolezza della lunghezza di ciascuno di essi si elidono reciprocamente o compensano).

Ti invito a leggere il mio post precedente, che è comparso solo oggi e non hai potuto guardare.



sgiombo:
Non nego la possibilità della verità degli "universi" infiniti (purché assolutamente incomunicanrti, irrelati, "reciprocamente trascendenti", pena la caduta in contraddizione); ne rilevo semplicemente:

a) L' inutilità come (pseudo-)soluzione dello (pseudo-)problema della spiegazione, del senso, del "perché" l' universo "nostro", "questo qui", sia così com' é e non diversamente (resterebbe da spiegare l' esistenza degli infiniti "universi", in una regressione all' infinito).

b) La non scientificità di questa tesi perché non falsificabile empiricamente (casomai é filosofia, metafisica nel senso deteriore in cui la intendono scientisti e positivisti).

c) L' irrazionalità per il rasoio di Ockam.



Nel punto A tu rilevi l'unitilità di quell'ipotesi per spiegare l'esistenza dell'universo, non il modo d'essere dell'universo (multiverso). Ed hai anche ammesso, forse a ragione, che è inutile chiedersi perché l'universo esiste.

B ci può stare, C non vale se una teoria concorrente spiega più cose.
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Vecchio 23-04-2013, 11.40.52   #18
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Aggiungo, inoltre questo: se ipotizzi che le leggi del cosmo sono sempre state le stesse, allora la velocità della luce è stata sempre il limite di una velocità possibile; se l'universo è sempre esistito, saranno state percorse infinite volte distanze pari, come scrivevo, ad un anno luce (senza che entriamo nel merito di teorie come quella del Big-Crunch). Come può essersi conclusa questa serie infinita di spostamenti prima del nostro avvento? Ripeto che il parlare di spostamenti infinitamenti piccoli può risolvere la questione, ma alla nostra ipotesi non serve questo, basta che ci sia uno spostamento, anche se la natura dello spazio-tempo fosse quantizzata (come alcune teorie fisiche suppongono, e, secondo la mia propensione, giustamente).
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Vecchio 23-04-2013, 20.06.11   #19
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Aggressor:
Sembra che il tuo ragionamento sbrogli il paradosso, ma credo di poter dimostrare che non sia così. Il fatto è che tu hai aggiunto alla "mia" supposizione che lo spazio da percorrere sia infinitamente piccolo e così percorribile in un tempo infinitamente breve. Ma chi ha detto che devo percorrere uno spazio infinitamente piccolo?

Sgiombo:
L’ ha detto Zenone di Elea (che tu citi a sostegno delle tue tesi): dividendo infinite volte una distanza infinita non fa che ottenere infiniti tratti infinitamente piccoli, la cui somma è uguale alla distanza finita di partenza.




Aggressor:
Io ti dico: percorrimi un metro infinite volte, e visto che l'universo esiste da infinito tempo, non vedo come tu possa concludere questa corsa all'interno di una simile ontologia.

Il fatto che tu non possa cercare il primo è normale nella tua ontologia, poiché ce ne sarà sempre uno prima; ma io ti chiedo di prenderne uno che è esistito infiniti Big-Bang prima del nostro, o infiniti anni luce prima, perché almeno questo lo hai ammesso, che c'è sempre stato qualcosa prima di noi. Non c'è bisogno che tu lo trovi per verificare che non arriveresti mai al nostro, credo si tratti di un giudizio sintetico a priori, puoi far finta di averlo trovato ed iniziare a contare un numero che non deve mai finire per arrivare al nostro.

Sgiombo:
Se l’ universo esiste da infinito tempo, allora esso, e dunque il tempo trascorso al passato, non hanno inizio.
Ergo è assurdo pretendere che dal suo inizio (che è inesistente) si possa non arrivare ad ora (o anche arrivare a qualsiasi altro istante di tempo).
Più in generale i concetti di “infinito nel passato” e di “ istante iniziale” sono reciprocamente contraddittori e dunque il tuo ragionamento assurdo.
Ed é semplicemente ovvio (ma non pertinente!) che con una numerazione finita non si possa raggiungere un numero infinito.



Aggressor:
La frase "si sono conclusi non avendo una fine" sembra autocontraddittoria.. :

Sgiombo:
Infatti io ho scritto:
"si sono conclusi essendo infiniti ma non avendo un inizio, non esistendone un 'primo' dal quale contare (che sarebbe come dire che sono infiniti e finiti)".



Aggressor;
Quando ho parlato di libertà non volevo affatto introdurre questioni di etica; il mio concetto di libertà è semplicemente qualcosa di contrapposto sia al caso che al meccanicismo e posso spiegarti perché. Gli uomini spesso affermano di essere liberi, ma non ammetterebbero questo se fossero una serie di connessioni causali deterministiche, né se fossero una serie di connessioni casuali indeterministiche, né se fossero un intreccio delle due cose, ove le due realtà ontologiche (meccanismo e caso) fossero diverse ma messe insieme all'interno di un corpo. Per farti capire questa ultima situazione non direi di essere libero se fossi una sorta di robot meccanico che a volte però sceglie un azione al posto di un'altra per puro caso. La cosa interessante della fisica moderna e della gran parte del pensiero filosofico occidentale è che questi due concetti di meccanismo e caso sono sempre stati pensati come "opposti", poi la libertà non può essere nessuno dei due e neanche la loro somma normale. Ma noi non abbiamo esperienza di qualcosa che avvenga esattamente in un certo modo previsto, se non dimenticandoci dell'aprossimazione, né del caso ontologico, percui, in realtà, noi abbiamo esperienza delle due cose assieme. Allora ho pensato che forse esiste qualcosa che posso chiamare "libertà", la cui realtà posso descrivere come una somma olistica di meccanicismo e caso. Permettimi di farmi forte del rasoio di Ockam, si tratta di un'unica sostanza che ne sostituisce 2 di cui, in realtà, non sembriamo avere esperienza. Il motivo per cui prendo in considerazione questa realtà è il suo lato indeterministico, poiché a lungo mi sono soffermato sul determinismo ed esso, anche -come ti dicevo- a causa delle cose di cui stiamo discutendo, ha smesso di convincermi.



Sgiombo:
Determinismo = successione di eventi necessitata dagli eventi antecedenti e/o contemporanei.
Indeterminismo = successione di fatti non determinata dagli eventi antecedenti e/o contemporanei.
Ergo: Aut determinismo, aut indeterminismo: tertium non datur.
Poi ovviamente si possono fare le elucubrazioni più assurde e autocontraddittorie (la storia della scienza, non meno che quella della filosofia, ne è piena!).
Nel tuo caso specifico l’ assurdità dipende dalla confusione fra imprevedibilità ontologica (di principio) e imprevedibilità gnoseologica o epistemologica (di fatto).
Pretendere di applicare il rasoio di Ockam facendo un’ assurda associazione di concetti (non entità reali, fra l’ altro, casomai aspetti, caratteristiche del divenire reale) reciprocamente contraddittori mi sembra un mero gioco di parole, un sofisma.
Comunque non pretendo certo di essere il "guardiano del Rasoio di Ockam" cui chieder il permesso per usarlo (o pretendere erroneamente di farlo).



Aggressor:
Se la tua visione è del tutto deterministica devi in effetti ammettere che se qualcosa si sviluppa in un certo modo ci sarà un motivo definito, ciò che chiami "metalegge", a gestirne il mutamento. La mia supposizione è, invece, che il determinismo non sia sufficiente a garantire una buona ontologia (e la scienza sarebbe daccordo con me, soprattutto la fisica delle particelle elementari -meccanica quantistica-), perciò il mutare di quelle leggi potrebbe essere il frutto del lato indeterministico del cosmo più che l'effetto di una causa determinata che si sommi alle altre cause.
Ma anche prendendo il tuo ragionamento per buono rimane la stessa falla a mio avviso; tu dici: "per non cadere in un regresso infinito di metaleggi dobbiamo supporre che ne esistano alcune e basta", così ancora devo chiederti: e perché proprio queste e non altre? Forse la risposta potrebbe essere che solo queste garantiscono una esistenza non paradossale, eppure, stando agli addetti ai lavori (i fisici contemporanei), le cose non stanno così. Loro dicono che alcune costanti sono del tutto contingenti e che anche la forma del nostro universo è contingente: perché il nostro universo si è trovanto con questa forma e non con un'altra possibile? Anche ammettendo che le regole di base siano sempre quelle, che le costanti non possano avere che quei valori trovati, perché l'assetto spazio-temporale è questo e non un'altro? è stato il caso a decidere? Ma questo concetto non è forse tanto oscuro come quello di libertà? Entrambi ci parlano di una causa indeterminata.
Almeno il mio concetto di libertà include in sé anche quello di una causa "sensata" non del tutto imprevista/imprevedibile/oltre-natura.

Sgiombo:
Non hai notato il fatto che parlo di determinismo “per lo meno in senso debole” (cioè probabilistico statistico), in quanto anche questo è un divenire relativo, parziale, ordinato secondo leggi universali e costanti, per quanto probabilistiche.
Dunque tutte le mie considerazioni valgono perfettamente anche in accordo con l’ interpretazione conformistica della meccanica quantistica.

Evitare di moltiplicare metaleggi su metaleggi è necessario se si vuole fare scienza e non metafisica in quanto verificabili/falsificabili sono solo le “prime” leggi costatabili direttamente e non le successive metaleggi semplicemente immaginabili (le quali fra l’ altro non servono a spiegare alcunché); e se si vuole essere razionalisti per il rasoio di Ockam.

Non ha senso chiedersi “perché il nostro universo si è trovato con questa forma e non con un'altra possibile?” perché: non è il mezzo scelto da un soggetto intenzionale per conseguire un fine in un contesto dato (deterministico per lo meno in senso debole), che sarebbe la risposta alla domanda; né è un evento o una serie di eventi parziale nell’ ambito di un tutto (per definizione l’ universo è il tutto!) che potrebbe essere inquadrato in una successione/contesto deterministico oppure casualistico.



Aggressor:
L'esistenza di tutti questi universi, come dici tu, potrebbe essere semplicemente una falsa domanda, qualcosa che non dovremmo chiederci perché ciò che è è e basta (e tutti insieme gli universi formerebbero il solo, vero, universo). Ma circa la forma di ciò che è, almeno, dovremmo interrogarci, e la teoria del multiverso non sembra poi così spregevole visto che riesce a dimesticarsi tra la contingenza dell'assetto del mondo (nonostante io non la trovi soddisfacente)

Sgiombo:
Parole che trovo assolutamente incomprensibili: se è una falsa domanda (pseudoproblema) come può una pseudorisposta dimesticarsi fra la contingenza? Fra la contingenza e cosa? Fra è una preposizione che indica un rapporto spaziale, eventualmente anche in senso metaforico, fra due opposti o complementari, comunque correlati.
(MI scuso per l' odiosa faccina io volevo mettere un punto interrogativo fra parentesi).
sgiombo is offline  
Vecchio 23-04-2013, 20.08.55   #20
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sgiombo:
Non nego la possibilità della verità degli "universi" infiniti (purché assolutamente incomunicanrti, irrelati, "reciprocamente trascendenti", pena la caduta in contraddizione); ne rilevo semplicemente:

a) L' inutilità come (pseudo-)soluzione dello (pseudo-)problema della spiegazione, del senso, del "perché" l' universo "nostro", "questo qui", sia così com' é e non diversamente (resterebbe da spiegare l' esistenza degli infiniti "universi", in una regressione all' infinito).

b) La non scientificità di questa tesi perché non falsificabile empiricamente (casomai é filosofia, metafisica nel senso deteriore in cui la intendono scientisti e positivisti).

c) L' irrazionalità per il rasoio di Ockam.

Aggressor:
Nel punto A tu rilevi l'unitilità di quell'ipotesi per spiegare l'esistenza dell'universo, non il modo d'essere dell'universo (multiverso). Ed hai anche ammesso, forse a ragione, che è inutile chiedersi perché l'universo esiste.

Sgiombo:
Appunto!
Dunque è inutile (fra l’ altro!) la concezione del “modo di essere dell’ universo “multi verso”!

Ma non l’ ho ammesso, l’ ho affermato contro i sostenitori dell’ irrazionale e antiscientifica concezione del multiverso!



Aggressor:

B ci può stare, C non vale se una teoria concorrente spiega più cose.

Sgiombo:
A si? E quale sarebbe?

Ciao ciao.

Citazione:
Originalmente inviato da Aggressor
Aggiungo, inoltre questo: se ipotizzi che le leggi del cosmo sono sempre state le stesse, allora la velocità della luce è stata sempre il limite di una velocità possibile; se l'universo è sempre esistito, saranno state percorse infinite volte distanze pari, come scrivevo, ad un anno luce (senza che entriamo nel merito di teorie come quella del Big-Crunch). Come può essersi conclusa questa serie infinita di spostamenti prima del nostro avvento? Ripeto che il parlare di spostamenti infinitamenti piccoli può risolvere la questione, ma alla nostra ipotesi non serve questo, basta che ci sia uno spostamento, anche se la natura dello spazio-tempo fosse quantizzata (come alcune teorie fisiche suppongono, e, secondo la mia propensione, giustamente).


Questa é l' ennesima la proposta dei paradossi di Zenone.
Ti invito a rileggerti quanto vi ho ripetutamente risposto.

Ciao.
sgiombo is offline  

 



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