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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 25-04-2013, 09.57.01   #21
Aggressor
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In realtà il paradosso che si rifà a quelli di Zenone non è un paradosso di sua invenzione, come avevo già detto si tratta di un paradosso elaborato dai teologi medievali tratto, evidentemente, dagli argomenti di Zenone (poi la mia versione può anche non essere quella presa letteralmente dalle loro parole, non guardare ciò che dicono gli altri, guarda piuttosto e semplicemente a ciò che ho argomentato io).


Per cui 1- io non parlo dell'attraversamento di distanze infinitamente piccole. 2- non parlo di partire dal primo universo per poi arrviare al nostro.

Io ho detto di partire da uno spostamento che è avvenuto infiniti spostamenti fa, e mi pare coerente con la supposizione che l'universo sia sempre esistito. Nessuno dice che questo spostamento sia il primo, sicuramente se ne troveranno altrettanti infiniti dietro. Detto ciò mi pare ancora che il problema sia irrisolto.


sgiombo
si sono conclusi essendo infiniti ma non avendo un inizio, non esistendone un 'primo' dal quale contare

il concetto che esprimi dopo la virgola è una precisazione di "non avendo un inizio", non trovo infatti una spegazione reale alla tua supposizione, ma solo una affermazione.




sgiombo:
Determinismo = successione di eventi necessitata dagli eventi antecedenti e/o contemporanei.
Indeterminismo = successione di fatti non determinata dagli eventi antecedenti e/o contemporanei.



Quello che direi io è questo:


Determinismo= successione di eventi tali che la causa di essi può determinare uno e un solo tipo di effetto (non c'è possibilità che da una stessa causa si arrivi a effetti diversi).
Indeterminismo= successione di eventi tali che la causa di essi può produrre divresi effetti possibili (non è detto che data una certa causa si possa generare uno e un solo effetto necessario).

Il concetto di causa può essere inteso in modo ampio come motivo o contesto immediatamente antecedente e contemporaneo (e chi lo sa, qualcuno ammetterebbe anche posteriore) ad un "fatto". Anche una situazione di assenza di spazio-tempo può essere un contesto, poiché questa possibilità è diversa (possiede una particolarità che la distingue) rispetto alle altre.


In realtà vedo che dalla tua definizione di determinismo si può ricavare anche la contingenza dello sviluppo di una esistenza (in quanto è piuttosto, come hai forse ammesso, la definizione di un determinismo debole), a meno che tu non ammetta che il termine "necessario" non significhi che non c'è possibilità di alternativa per ciò che accade. Se ciò che ho detto è vero, in entrambe le alternative da te indicate non c'è spazio per l'ipotesi da me evidenziata all'interno della definizione che ho dato di determinismo.


Tu dici che la mia interpretazione del termine libertà è puro sofisma, ma ammettere che esista qualcosa come il caso ontologico, secondo me, vorrebbe dire ammettere qualcosa così al di sopra della nostra immaginazione (un fatto ricaverebbe da chi, da cosa, come? la propria forma?) che se sei pronto ad accettarlo potrai accettare più facilmente la libertà da me indicata. L'unica argomentazione che porti contro di me è che i due concetti sono opposti e quindi inconciliabili. Io posso dirti che forse è come per il caldo e il freddo, sono concetti opposti ma in effetti esiste solo una scala di gradi della stessa realtà, non due cose. Visto che nessuno vede il determinismo o l'indeterminismo non vedo come si possa discorrere di queste cose se non ragionando così. Inoltre seppure fossero davvero opposti noi li "troveremmo" entrambi in ogni porzione di realtà, per cui essi sarebbero costretti, in qualche senso, a combinarsi e non essere "presenti" separatamente o distintamente, così da portare, presumibilmente ai miei occhi, a ciò di cui ti ho parlato.



sgiombo:
Non ha senso chiedersi “perché il nostro universo si è trovato con questa forma e non con un'altra possibile?” perché: non è il mezzo scelto da un soggetto intenzionale per conseguire un fine in un contesto dato (deterministico per lo meno in senso debole), che sarebbe la risposta alla domanda; né è un evento o una serie di eventi parziale nell’ ambito di un tutto (per definizione l’ universo è il tutto!) che potrebbe essere inquadrato in una successione/contesto deterministico oppure casualistico.


Però puoi chiederti come ogni porzione spaziotemporale di universo abbia ottenuto la sua forma e la sua modalità, cioè pure le sue costanti fisiche.


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Vecchio 26-04-2013, 17.49.25   #22
sgiombo
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Aggressor:
1- io non parlo dell'attraversamento di distanze infinitamente piccole.
2- non parlo di partire dal primo universo per poi arrivare al nostro.

Io ho detto di partire da uno spostamento che è avvenuto infiniti spostamenti fa, e mi pare coerente con la supposizione che l'universo sia sempre esistito. Nessuno dice che questo spostamento sia il primo, sicuramente se ne troveranno altrettanti infiniti dietro. Detto ciò mi pare ancora che il problema sia irrisolto.

Sgiombo:
Non vedo perché da uno spostamento avvenuto infiniti spostamenti fa non si possa giungere, attraverso gli infiniti spostamenti avvenuti “nel tempo infinito da allora trascorso”, agli spostamenti attuali (al presente).
Se è in atto l’ infinito numero di spostamenti di cui parli, che separa tale spostamento di cui parli dagli spostamenti attuali (dal presente), allora è in atto sia nel suo essere “ripercorso a ritroso” nel tempo sia nel suo essere stato “percorso” dal tempo intercorso fino ad ora “nel senso effettivamente seguito” dal tempo stesso dal passato al futuro (“ortodromicamente”), cosicché da allora si può benissimo arrivare al presente..
Se invece è solo in potenza il tempo infinito trascorso “ortodromicamente” da allora in modo da non poterne giungere al presente, allora è in potenza anche il tempo “a ritroso” da ora ad allora, e dunque non è in atto, non è reale un tale spostamento di cui parli.




Sgiombo:
si sono conclusi essendo infiniti ma non avendo un inizio, non esistendone un 'primo' dal quale contare

Aggressor:
il concetto che esprimi dopo la virgola è una precisazione di "non avendo un inizio", non trovo infatti una spiegazione reale alla tua supposizione, ma solo una affermazione.

Sgiombo:
Ma tu affermavi che da un movimento avvenuto un tempo infinito prima del presente non si potrebbe arrivare al presente; invece dopo un tale lasso di tempo infinito (nel quale sono accaduti infiniti movimenti ciascuno dei quali di durata finita) vi si può arrivare benissimo; quindi l’ affermazione, nella mia argomentazione, era giusta.





Aggressor:
Quello che direi io è questo:

Determinismo= successione di eventi tali che la causa di essi può determinare uno e un solo tipo di effetto (non c'è possibilità che da una stessa causa si arrivi a effetti diversi).
Indeterminismo= successione di eventi tali che la causa di essi può produrre diversi effetti possibili (non è detto che data una certa causa si possa generare uno e un solo effetto necessario).
Il concetto di causa può essere inteso in modo ampio come motivo o contesto immediatamente antecedente e contemporaneo (e chi lo sa, qualcuno ammetterebbe anche posteriore) ad un "fatto". Anche una situazione di assenza di spazio-tempo può essere un contesto, poiché questa possibilità è diversa (possiede una particolarità che la distingue) rispetto alle altre.
In realtà vedo che dalla tua definizione di determinismo si può ricavare anche la contingenza dello sviluppo di una esistenza (in quanto è piuttosto, come hai forse ammesso, la definizione di un determinismo debole), a meno che tu non ammetta che il termine "necessario" non significhi che non c'è possibilità di alternativa per ciò che accade. Se ciò che ho detto è vero, in entrambe le alternative da te indicate non c'è spazio per l'ipotesi da me evidenziata all'interno della definizione che ho dato di determinismo.

Tu dici che la mia interpretazione del termine libertà è puro sofisma, ma ammettere che esista qualcosa come il caso ontologico, secondo me, vorrebbe dire ammettere qualcosa così al di sopra della nostra immaginazione (un fatto ricaverebbe da chi, da cosa, come? la propria forma?) che se sei pronto ad accettarlo potrai accettare più facilmente la libertà da me indicata. L'unica argomentazione che porti contro di me è che i due concetti sono opposti e quindi inconciliabili. Io posso dirti che forse è come per il caldo e il freddo, sono concetti opposti ma in effetti esiste solo una scala di gradi della stessa realtà, non due cose. Visto che nessuno vede il determinismo o l'indeterminismo non vedo come si possa discorrere di queste cose se non ragionando così. Inoltre seppure fossero davvero opposti noi li "troveremmo" entrambi in ogni porzione di realtà, per cui essi sarebbero costretti, in qualche senso, a combinarsi e non essere "presenti" separatamente o distintamente, così da portare, presumibilmente ai miei occhi, a ciò di cui ti ho parlato.

Sgiombo:
In linea di principio (per definizione) la conoscenza scientifica (un certo tipo di conoscenza scientifica) è possibile solo se il divenire naturale è relativo o parziale ovvero ordinato secondo leggi universali e costanti, siano esse meccanicistiche o probabilistiche.
Nel primo caso non c'è possibilità che da una stessa causa si arrivi a effetti diversi (e si può avere una conoscenza sientifica sia meccanisìcistica sia -in presenza di una limitata conscenza dei fattori in gioco- probabilistica); nel secondo caso c'è possibilità che da una stessa causa si arrivi a effetti diversi ma in proporzioni definite, universali e costanti in serie sufficientemente numerose di casi (ed è possibile solo una conoscenza scientifica probabilistica).
Nel secondo caso si può avere una successione di eventi tali che la causa di essi può produrre diversi effetti possibili, ma non casualmente, bensì in proporzioni determinate universali e costanti in serie di casi particolari concreti sufficientemente numerose.
In entrambi i casi le leggi (meccanicistiche oppure statistiche) del divenire naturale devono essere universali e costanti (o, violando irrazionalisticamente il rasoio di Ockam e non facendo scienza per la non-falsificabilità di principio di questa tesi, mutare seconde “metaleggi” universali e costanti che sarebbe in realtà le autentiche leggi del divenire naturale); credere, unitamente alla conoscenza scientifica, che tali leggi “autentiche” (quali che siano, fossero pure le “metaleggi”) del divenire naturale siano in vigore per sempre (senza determinazioni-limitazioni di tempo), implicando un minor numero di affermazioni indimostrabili, è (non necessariamente più vero ma almeno) più razionalistico, per il rasoio di Ockam, che credere che l’ universo (e dunque “il vigere” di tali leggi del suo divenire) abbia avuto un inizio nel tempo, prima del quale non si dava tale “vigere” delle leggi del divenire naturale.

Una situazione di assenza di spazio-tempo cui segua l’ esistenza reale di spazio-tempo è un concetto assurdo poiché l’ assenza di spazio-tempo non può essere seguita (o preceduta) dall’ esistenza di spazio-tempo (il che avverrebbe nel tempo, per il quale solo, e non per la sua assenza o inesistenza si può sensatamente parlare di “dopo” e di “prima”, di “seguito” o di “precedenza”; né può essere contemporanea all’ esistenza di spazio-tempo, perché allora l’assenza di spazio-tempo potrebbe essere distinta dalla presenza di spazio-tempo nello spazio, ma l’assenza di spazio-tempo non può occupare uno spazio).

Le temperature possono variare gradualmente da un massimo ad un minimo, mentre il mutamento può essere soltanto (dicotomicamemnte) o integrale, assoluto, caotico, oppure parziale, relativo, ordinato secondo modalità o leggi generali-astratte universali e costanti astraibili dai casi particolari-concreti; unica logicamente possibile (non autocontraddittoria, sensata) ulteriore alternativa che riesco a immaginate è quella fra ordine meccanicistico (calcolabiltà in linea di principio, puramente teorica, di ogni singolo evento) e ordine probabilistico (calcolabilità non dei singoli eventi ma delle proporzioni fra determinate varianti -finite per numero- di essi, in serie sufficientemente numerose di casi); ne conosci altre?
In caso di divenire ordinato (sia meccanicistico che probabilistico) il caso (il non-riconoscimento delle leggi universali e costanti (dell’ uno o dell’ altro tipo) del divenire (il caso negli eventi singoli nella prima ipotesi; nelle proporzioni altervative in serie sufficientemente numerosi di eventi nella seconda ipotesi) sarebbe puramente gnoseologico-soggettivo (proprio dalla nostra ignoranza e non della realtà).




Sgiombo:
Non ha senso chiedersi “perché il nostro universo si è trovato con questa forma e non con un'altra possibile?” perché: non è il mezzo scelto da un soggetto intenzionale per conseguire un fine in un contesto dato (deterministico per lo meno in senso debole), che sarebbe la risposta alla domanda; né è un evento o una serie di eventi parziale nell’ ambito di un tutto (per definizione l’ universo è il tutto!) che potrebbe essere inquadrato in una successione/contesto deterministico oppure casualistico.

Aggressor:
Però puoi chiederti come ogni porzione spaziotemporale di universo abbia ottenuto la sua forma e la sua modalità, cioè pure le sue costanti fisiche.

Sgiombo:
Ogni porzione spaziotemporale di universo può avere le sua caratteristiche particolari concrete, non le sue costanti fisiche, che sono sempre le stesse in tutto l’ universo, se è possibile la conoscenza scientifica (e dunque l’ universo diviene ordinatamente); a meno di ammettere irrazionalisticamente e non-scientificamente l' esistenza di "metaleggi" regolanti universalmente e costantemente tale variare delle costanti fondamentali.
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Vecchio 26-04-2013, 21.52.11   #23
maral
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La questione del primo motore immobile o della causa incausata (sia che essa venga posta fuori dal mondo o nel mondo stesso come Dio o come caso) per dare ragione di un'origine di tutto è certo interessante quanto problematica se non impossibile da risolvere, ove l'impossibilità è dettata da quel dover pensare che alla base dell'esistenza delle cose, della vita, di noi stessi, quindi del pensiero cosciente e di ogni accadimento ci sia un nulla assoluto, un increato o un vuoto quantistico, comunque ci piaccia chiamarlo.
E' evidente che l'idea del Creatore trascendente che, in virtù del suo liberissimo arbitrio, tira il calcio iniziale per far partire il mondo non risolve, proprio perché quel Creatore è posto fuori dal mondo. Il poter far partire quel mondo implica che lo Spirito Creatore e la cosa creata condividano il medesimo mondo (io posso certo tirare un calcio a una palla immobile mettendola in moto, ma solo perché io e la palla insistiamo nello stesso mondo), dunque che esista un Super Mondo che entrambi li comprenda e per il quale si ripeterà il problema dell'origine senza mai trovare soluzione. Perché è logicamente vero, come ha ricordato Aggressor, che qualsiasi sistema deve cercare fuori di sé quegli assiomi che sono le fondamenta della sua consistenza e coerenza, ma è altrettanto vero che se quel sistema è "Tutto ciò che c'è" (se è possibile pensare a un Tutto ciò che c'è che ovviamente comprenda pure un Dio in quanto c'è) dove li andiamo a cercare quegli assiomi o quel Dio?
Nella storia del mondo si sono presentate alcune interessanti soluzioni a questo problema: una è quella di un Dio-Mondo che non crea facendo, ma ritraendosi, permettendo così al mondo di esistere per se stesso, un Dio quindi destinato per sua volontà a sparire dal mondo per lasciarlo apparire; un'altra è quella di uscire dalla concezione del tempo lineare per riprendere quella ciclica: pensare cioè a un mondo che crea il proprio Creatore il quale a sua volta crea il mondo che lo crea di modo che l'effetto sia la causa di se stesso differita nel tempo, senza inizio né fine, secondo una ripetizione ciclica costante. Dio e mondo come espressione di un'unica duplice eterna entità.
Se invece si pensa che l'idea del Creatore vada eliminata, pur mantenendo l'idea che il nulla stia all'origine di un mondo che prima non c'era, occorre inevitabilmente pensare a quel nulla come un qualcosa, una probabilità ontologica che contiene ogni possibilità come pura casualità essente e in cui l'attuarsi effettivo di questa casualità che appare reale è determinata dal generarsi in essa di almeno un osservatore cosciente, un io che osserva e rappresenta ciò che va osservando come mondo esistente. E' quanto espresso dal principio antropico: il mondo che esiste è proprio questo in cui io ci sono in quanto io ci sono. In tal modo la coscienza dell'osservatore fa sì che la potenzialità di un caso in cui tutti i mondi sono parimenti esistenti diventi l'attualità reale di quel solo mondo da cui è stata espressa e quindi in tal senso è essa che lo crea come mondo.
Anche qui si ripropone la soluzione del ciclo, forse l'unica in grado di mettere d'accordo creazionismo e anti creazionismo. Ma il ciclo non ha né origine né fine, dunque il problema dell'origine alla fine si risolve solo negando il suo oggetto problematico.
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Vecchio 27-04-2013, 21.41.37   #24
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[quote=sgiombo]
In caso di divenire ordinato (sia meccanicistico che probabilistico) il caso (il non-riconoscimento delle leggi universali e costanti (dell’ uno o dell’ altro tipo) del divenire (il caso negli eventi singoli nella prima ipotesi; nelle proporzioni altervative in serie sufficientemente numerosi di eventi nella seconda ipotesi) sarebbe puramente gnoseologico-soggettivo (proprio dalla nostra ignoranza e non della realtà).

Un amico cui faccio leggere le discussioni nel forum mi fa notare che in questa mia affermazione (in una precedentre risposta ad Aggressor) c' é un grave errore.
Solo in caso di divenire ordinato di tipo meccanicistico il caso (mi scuso per il gioco di parole, ma non trovo un sinonimo adatto) sarebbe puramente gnoseologico-soggettivo (proprio dalla nostra ignoranza e non della realtà).
In caso di divenire ordinato di tipo probabilistico statistico il caso circa i singoli eventi (ma non circa le proporzioni fra determinati evanti reciprocamente alternativi di numero finito) non sarebbe puramente gnoseologico-soggettivo ma ontologico-oggettivo, per così dire.
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Vecchio 29-04-2013, 10.52.38   #25
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sgiombo:
Non vedo perché da uno spostamento avvenuto infiniti spostamenti fa non si possa giungere, attraverso gli infiniti spostamenti avvenuti “nel tempo infinito da allora trascorso”, agli spostamenti attuali (al presente).
Se è in atto l’ infinito numero di spostamenti di cui parli, che separa tale spostamento di cui parli dagli spostamenti attuali (dal presente), allora è in atto sia nel suo essere “ripercorso a ritroso” nel tempo sia nel suo essere stato “percorso” dal tempo intercorso fino ad ora “nel senso effettivamente seguito” dal tempo stesso dal passato al futuro (“ortodromicamente”), cosicché da allora si può benissimo arrivare al presente..
Se invece è solo in potenza il tempo infinito trascorso “ortodromicamente” da allora in modo da non poterne giungere al presente, allora è in potenza anche il tempo “a ritroso” da ora ad allora, e dunque non è in atto, non è reale un tale spostamento di cui parli.


Non ho capito bene ciò che intendi.. ti chiederei di rispiegare la cosa (ti ricordo poi che la potenza di Aristotele è al contempo già qualcosa in atto, immagino che tu non stia usando questi termini con questo significato; cioè, secondo lo stagirita, un oggetto è sempre in atto qualcosa e in potenza qualcos'altro).



sgiombo:
credere, unitamente alla conoscenza scientifica, che tali leggi “autentiche” (quali che siano, fossero pure le “metaleggi”) del divenire naturale siano in vigore per sempre (senza determinazioni-limitazioni di tempo), implicando un minor numero di affermazioni indimostrabili, è (non necessariamente più vero ma almeno) più razionalistico, per il rasoio di Ockam, che credere che l’ universo (e dunque “il vigere” di tali leggi del suo divenire) abbia avuto un inizio nel tempo, prima del quale non si dava tale “vigere” delle leggi del divenire naturale.

Se ti avvicini ai primi post di questa discussione (e lo dico pure agli altri), troverai nella citazione di alcuni argomenti di Plotino il motivo per cui non è detto che un principio primo abbia bisogno di altri principi a spiegarlo.

Il taglio del rasoio di Ockam ha una rilevanza seria quando elimina realtà qualitativamente diverse più che quando è applicato per scartare realtà quantitativamente superiori di altre. In ogni caso, ancora, e mi spiace per la ripetitività, non dando una giustificazione alla domanda "perchè queste leggi e non altre?", non c'è nessuna superorità della tua teoria rispetto a quelle a infiniti modi (anche perché, come accennavo, c'è una differenza solo quantitativa tra le due, percui l'eleganza della struttura dei due universi non è poi così diversa). Nella teoria degli infiniti mondi non si cade in alcun regresso all'infinito, e neanche con la teoria da me avanzata in un precedente post;, solo, mi pare, si riesce a rispondere a quella domanda.



sgiombo:
Una situazione di assenza di spazio-tempo cui segua l’ esistenza reale di spazio-tempo è un concetto assurdo poiché l’ assenza di spazio-tempo non può essere seguita (o preceduta) dall’ esistenza di spazio-tempo (il che avverrebbe nel tempo, per il quale solo, e non per la sua assenza o inesistenza si può sensatamente parlare di “dopo” e di “prima”, di “seguito” o di “precedenza”; né può essere contemporanea all’ esistenza di spazio-tempo, perché allora l’assenza di spazio-tempo potrebbe essere distinta dalla presenza di spazio-tempo nello spazio, ma l’assenza di spazio-tempo non può occupare uno spazio).

In realtà non ho detto che qualcosa del genere sia possibile, ma volevo includere questa possibilità nel ragionamento per non doverne argomentarne l'esclusione, poiché comunque si tratta di qualcosa di ambiguo, qualcosa di cui si può parlare (il che comporterebbe un dilungamento incredibile!)..



sgiombo:
Le temperature possono variare gradualmente da un massimo ad un minimo, mentre il mutamento può essere soltanto (dicotomicamemnte) o integrale, assoluto, caotico, oppure parziale, relativo, ordinato secondo modalità o leggi generali-astratte universali e costanti astraibili dai casi particolari-concreti; unica logicamente possibile (non autocontraddittoria, sensata) ulteriore alternativa che riesco a immaginate è quella fra ordine meccanicistico (calcolabiltà in linea di principio, puramente teorica, di ogni singolo evento) e ordine probabilistico (calcolabilità non dei singoli eventi ma delle proporzioni fra determinate varianti -finite per numero- di essi, in serie sufficientemente numerose di casi); ne conosci altre?
In caso di divenire ordinato (sia meccanicistico che probabilistico) il caso (il non-riconoscimento delle leggi universali e costanti (dell’ uno o dell’ altro tipo) del divenire (il caso negli eventi singoli nella prima ipotesi; nelle proporzioni altervative in serie sufficientemente numerosi di eventi nella seconda ipotesi) sarebbe puramente gnoseologico-soggettivo (proprio dalla nostra ignoranza e non della realtà).


Tutto dipende dall'interpretazione che vuoi dare all'ordine probabilistico, cioè se vuoi considerare il caso come una mancanza nostra o come una realtà ontologica. Come ti dicevo io credo che ci sia bisogno di un "clinamen", per così dire, di una deviazione, ma non posso accettare il concetto di caso ontologico. Lo so che il mio discorso sulla libertà può sembrare strano e non voglio accollarmi, dopotutto ho già spiegato di cosa si tratta. Lascia solo che aggiunga questo, che forse (come considero sia successo a me) sei troppo influenzato dal senso che viene attribuito a certi concetti; perché reputi che non possa esserci una "scala" tra determinismo e caso? Che siano estremi di una stessa realtà? Uno crede di non riuscire ad immaginare una realtà ambigua tra questi concetti, ma riusciamo invece ad immaginare il caso ontologico forse? Comunque è da poco che ho tentato di elaborare questo concetto, percui ovviamente posso sbagiarmi, mi interessa comunque di parlarne.



sgiombo:
Ogni porzione spaziotemporale di universo può avere le sua caratteristiche particolari concrete, non le sue costanti fisiche, che sono sempre le stesse in tutto l’ universo, se è possibile la conoscenza scientifica (e dunque l’ universo diviene ordinatamente); a meno di ammettere irrazionalisticamente e non-scientificamente l' esistenza di "metaleggi" regolanti universalmente e costantemente tale variare delle costanti fondamentali.

Ma veramente la maggior parte degli scienziati si avvalle del "realismo dipendente dai modelli" (che ricerca semplicemente l'accordo tra il modello e ciò che si è osservato), percui essi possono anche decidere di accettare che le leggi sono sempre rimaste uguali a se stesse ma non si tratta di supposizioni scientifiche visto che non si è osservato. Cioè ci sono molti modi per giustificare che ora certe leggi sono così e la scienza non dimostra nessuno di questi (uno dei quali è ammettere che le costanti universali non si sono mai alterate), ma assume che da un certo periodo di tempo (da quando le osserva) certe costanti sono rimaste uguali.




Un saluto sgiombo! Stammi bene!

PS: voglio ripetere che non mi sento un Plotiniano e non è che credo ad un principio trascendente e/o a Dio. Solo stò ragionando su queste cose e vi riporto i pensieri che mi vengono.
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Vecchio 29-04-2013, 19.42.27   #26
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PRIMA PARTE

sgiombo:
Se è in atto l’ infinito numero di spostamenti di cui parli, che separa tale spostamento di cui parli dagli spostamenti attuali (dal presente), allora è in atto sia nel suo essere “ripercorso a ritroso” nel tempo sia nel suo essere stato “percorso” dal tempo intercorso fino ad ora “nel senso effettivamente seguito” dal tempo stesso dal passato al futuro (“ortodromicamente”), cosicché da allora si può benissimo arrivare al presente..
Se invece è solo in potenza il tempo infinito trascorso “ortodromicamente” da allora in modo da non poterne giungere al presente, allora è in potenza anche il tempo “a ritroso” da ora ad allora, e dunque non è in atto, non è reale un tale spostamento di cui parli.

Aggressor:
Non ho capito bene ciò che intendi.. ti chiederei di rispiegare la cosa (ti ricordo poi che la potenza di Aristotele è al contempo già qualcosa in atto, immagino che tu non stia usando questi termini con questo significato; cioè, secondo lo stagirita, un oggetto è sempre in atto qualcosa e in potenza qualcos'altro).

Sgiombo:
Non sono un cultore di Aristotete, di cui ho una conoscenza meramente scolastica risalente ai tempi ahimè ormai lontani del liceo.
Ciò che volevo dire è semplicemente che se si può risalire a un evento infinitamente lontano nel tempo passato (se questo è accaduto, infinito tempo fa), allora da esso si può risalire al presente attraverso questo infinito tempo (“percorrendolo in avanti”, così come lo si è "percorso all’ indietro").
Se invece l’ infinità del tempo trascorso impedisce di giungere “in senso anterogrado” al presente, allora impedisce anche allo stesso modo di risalire “in senso retrogrado” dal presente a tale evento indefinitamente passato.
Ergo: non c' é nulla di assurdo o incomprensibile nell' ipotizzare l' infinità del tempo di esistenza dell' universo nel passato.




sgiombo:
credere, unitamente alla conoscenza scientifica, che tali leggi “autentiche” (quali che siano, fossero pure le “metaleggi”) del divenire naturale siano in vigore per sempre (senza determinazioni-limitazioni di tempo), implicando un minor numero di affermazioni indimostrabili, è (non necessariamente più vero ma almeno) più razionalistico, per il rasoio di Ockam, che credere che l’ universo (e dunque “il vigere” di tali leggi del suo divenire) abbia avuto un inizio nel tempo, prima del quale non si dava tale “vigere” delle leggi del divenire naturale.

Aggressor:
Se ti avvicini ai primi post di questa discussione (e lo dico pure agli altri), troverai nella citazione di alcuni argomenti di Plotino il motivo per cui non è detto che un principio primo abbia bisogno di altri principi a spiegarlo.

Il taglio del rasoio di Ockam ha una rilevanza seria quando elimina realtà qualitativamente diverse più che quando è applicato per scartare realtà quantitativamente superiori di altre. In ogni caso, ancora, e mi spiace per la ripetitività, non dando una giustificazione alla domanda "perchè queste leggi e non altre?", non c'è nessuna superorità della tua teoria rispetto a quelle a infiniti modi (anche perché, come accennavo, c'è una differenza solo quantitativa tra le due, percui l'eleganza della struttura dei due universi non è poi così diversa). Nella teoria degli infiniti mondi non si cade in alcun regresso all'infinito, e neanche con la teoria da me avanzata in un precedente post;, solo, mi pare, si riesce a rispondere a quella domanda.

Sgiombo:
Il rasoio di Ockam impone (per chi, essendo razionalista, decide arbitrariamente, se vogliamo irrazionalisticamente, di usarlo) di limitare al minimo indispensabile la credenza in fatti (enti o eventi) necessari a spiegare i fatti che si vogliono spiegare.

Il concetto di “superiorità qualitativa” di certe realtà rispetto ad altre realtà mi sembra oscuro; dovresti spigarlo, darne una definizione.

Ripeto che non do una giustificazione alla domanda "perchè queste leggi e non altre?" in quanto non ha senso (le argomentazioni le ho già illustrate più che ampiamente e ripetutamente e non le reitero ulteriormente).

Ho anche detto e ripetuto che la “mia (-?- anche, nel mio piccolo!)” ipotesi dell’ esistenza illimitata nel tempo dell’ universo (“questo qui” osservabile) non ha pretese di superiorità (in che senso? Comunque non pretende di essere certa o più certamente vera di quelle alternative), ma solo di scientificità e di razionalismo; mentre quella del multiverso non è scientifica (non falsificabile) ed è molto (infintamente) meno razionalistica: postula infiniti enti ed eventi per pretendere di spiegare questo universo qui, che fra l’ altro non ha bisogno di alcuna spiegazione.
Con la teoria degli infiniti mondi non si spiega nulla (ma non c’ è nulla da spiegare) e si cade in necessariamente in un regresso all'infinito se si pretende di spiegare effettivamente “questo universo qui” anziché di spostare semplicemente il (lo pseudo-) problema (come Atlante che regge la terra e si regge sull’ elefante, il quale si regge sulla tartaruga, ecc.).




sgiombo:
Una situazione di assenza di spazio-tempo cui segua l’ esistenza reale di spazio-tempo è un concetto assurdo poiché l’ assenza di spazio-tempo non può essere seguita (o preceduta) dall’ esistenza di spazio-tempo (il che avverrebbe nel tempo, per il quale solo, e non per la sua assenza o inesistenza si può sensatamente parlare di “dopo” e di “prima”, di “seguito” o di “precedenza”; né può essere contemporanea all’ esistenza di spazio-tempo, perché allora l’assenza di spazio-tempo potrebbe essere distinta dalla presenza di spazio-tempo nello spazio, ma l’assenza di spazio-tempo non può occupare uno spazio).

Aggressor:
In realtà non ho detto che qualcosa del genere sia possibile, ma volevo includere questa possibilità nel ragionamento per non doverne argomentarne l'esclusione, poiché comunque si tratta di qualcosa di ambiguo, qualcosa di cui si può parlare (il che comporterebbe un dilungamento incredibile!)..

Sgiombo:
???
sgiombo is offline  
Vecchio 29-04-2013, 19.50.28   #27
sgiombo
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SECONDA PARTE

sgiombo:
Le temperature possono variare gradualmente da un massimo ad un minimo, mentre il mutamento può essere soltanto (dicotomicamemnte) o integrale, assoluto, caotico, oppure parziale, relativo, ordinato secondo modalità o leggi generali-astratte universali e costanti astraibili dai casi particolari-concreti; unica logicamente possibile (non autocontraddittoria, sensata) ulteriore alternativa che riesco a immaginate è quella fra ordine meccanicistico (calcolabiltà in linea di principio, puramente teorica, di ogni singolo evento) e ordine probabilistico (calcolabilità non dei singoli eventi ma delle proporzioni fra determinate varianti -finite per numero- di essi, in serie sufficientemente numerose di casi); ne conosci altre?
In caso di divenire ordinato (sia meccanicistico che probabilistico) il caso (il non-riconoscimento delle leggi universali e costanti (dell’ uno o dell’ altro tipo) del divenire (il caso negli eventi singoli nella prima ipotesi; nelle proporzioni altervative in serie sufficientemente numerosi di eventi nella seconda ipotesi) sarebbe puramente gnoseologico-soggettivo (proprio dalla nostra ignoranza e non della realtà).

Aggressor:
Tutto dipende dall'interpretazione che vuoi dare all'ordine probabilistico, cioè se vuoi considerare il caso come una mancanza nostra o come una realtà ontologica. Come ti dicevo io credo che ci sia bisogno di un "clinamen", per così dire, di una deviazione, ma non posso accettare il concetto di caso ontologico. Lo so che il mio discorso sulla libertà può sembrare strano e non voglio accollarmi, dopotutto ho già spiegato di cosa si tratta. Lascia solo che aggiunga questo, che forse (come considero sia successo a me) sei troppo influenzato dal senso che viene attribuito a certi concetti; perché reputi che non possa esserci una "scala" tra determinismo e caso? Che siano estremi di una stessa realtà? Uno crede di non riuscire ad immaginare una realtà ambigua tra questi concetti, ma riusciamo invece ad immaginare il caso ontologico forse? Comunque è da poco che ho tentato di elaborare questo concetto, percui ovviamente posso sbagiarmi, mi interessa comunque di parlarne.

Sgiombo:
Sulla presa natura meramente gnoseologica del caso qualora l' universo divenga secondo leggi universali e costanti di tipo probabilistico statistico ho già rettificato in un precedente breve intervento.
Immaginare il caso ontologico mi sembra facilissimo: mutamento integrale e assoluto dal quale non sia possibile astrarre alcunché di costante, immutabile (come le leggi del divenire naturale).
Mi sembra che logicamente il mutamento possa essere integrale, assoluto, caotico (ontologicamente; e non consentire conoscenza scientifica né valutabilità etica); oppure parziale, relativo, ordinato (secondo leggi universali e costanti del divenire; e consentire conoscenza scientifica e valutabilità etica); in questo secondo caso mi pare possibile distinguere fra leggi universali e costanti del divenire di tipo deterministico meccanicistico (nel qual caso nulla ontologicamente, oggettivamente di casuale accadrebbe), oppure probabilistico statistico (nel qual caso l’ accadere dei singoli eventi sarebbe ontologicamente, oggettivamente casuale, contrariamente alle proporzioni in cui determinati eventi reciprocamente alternativi -in numero finito- accadrebbero in serie sufficientemente numerose di osservazioni).
Non vedo alcun altra alternativa logicamente coerente, non autocontraddittoria e diversa dalle suddette (se me ne sapessi indicare una -non se mi proponessi una semplice parola, come “clinamen”, ma un concetto ben definito- te ne sarei infinitamente grato).




sgiombo:
Ogni porzione spaziotemporale di universo può avere le sua caratteristiche particolari concrete, non le sue costanti fisiche, che sono sempre le stesse in tutto l’ universo, se è possibile la conoscenza scientifica (e dunque l’ universo diviene ordinatamente); a meno di ammettere irrazionalisticamente e non-scientificamente l' esistenza di "metaleggi" regolanti universalmente e costantemente tale variare delle costanti fondamentali.

Aggressor:
Ma veramente la maggior parte degli scienziati si avvale del "realismo dipendente dai modelli" (che ricerca semplicemente l'accordo tra il modello e ciò che si è osservato), per cui essi possono anche decidere di accettare che le leggi sono sempre rimaste uguali a se stesse ma non si tratta di supposizioni scientifiche visto che non si è osservato. Cioè ci sono molti modi per giustificare che ora certe leggi sono così e la scienza non dimostra nessuno di questi (uno dei quali è ammettere che le costanti universali non si sono mai alterate), ma assume che da un certo periodo di tempo (da quando le osserva) certe costanti sono rimaste uguali.

Sgiombo:
Non si tratta di osservare o meno la costanza delle leggi naturali (impossibile: Hume!) ma di credervi arbitrariamente, “fideisticamente” o meno.
E ripeto (ma non reitero un’ altra volta ancora le argomentazioni) che non c’ è niente da spiegare o giustificare (e che qualunque spiegazione o giustificazione si pretendesse di proporre andrebbe a sua volta spiegata in un regresso all’ infinito).
Quindi la scienza:
a) Non dimostra, né può dimostrare che le costanti fisiche sono rimaste sempre costanti.
b) Necessita di ammettere indimostrabilmente questa loro costanza; o per lo meno (ma antiscientificamente e irrazionalisticamente!) la costanza di “metaleggi” del loro mutamento.

Ricambio di cuore i saluti e gli auguri!
sgiombo is offline  
Vecchio 01-05-2013, 12.42.16   #28
Aggressor
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sgiombo:
b) Necessita di ammettere indimostrabilmente questa loro costanza.

In realtà non vedo nessun motivo per cui la scienza dovrebbe ammettere indimostrabilmente questo.
Hai detto di aver mostrato l'inutilità della domanda "perché certe leggi e non altre?", ma il tuo argomento era la caduta all'infinito d'un rimando a metaleggi, ricaduta che, in realtà, non avverrebbe affatto ammettendo la plausibilità delle proposteche ho riportato (ad es. quella del multiverso).


Quando ho parlato dell'inafferrabilità del caso ontologico parlavo di questo: che di solito si immagina ci sia un certo legame tra una causa e un effetto, cioè abbiamo ammesso che una causa può scatenare un certo effetto in modo determinato e ciò è palese quando, ad esempio, spostiamo un corpo tramite l'ausilio di un'altro corpo, ma cosa dovrei pensare se colpendo un corpo esso si muovese, insensatamente, verso una direzione casuale? Da cosa avrebbe tratto la modalità del suo spostamento? Il caso ontologico cosa è? è una causa senza forma? E come può dare forma senza averne a sua volta? Allora io ti vengo a dire che se una cosa del genere può scatenare un effetto, allora lo può scatenare anche qualcosa come la libertà, e tu odi questo concetto forse per le implicazioni etiche che gli affibiano. Lascia stare queste faccende del merito, responsabilità ecc, se un oggetto può essere mosso da una causa senza senso, può ben farlo se questo non-senso è almeno leggermente/intrinsecamente indirizzato. Vedo che conosci almeno Hume e dunque mi dirai che, per esempio, se mi sembra normale che lasciando a mezz'aria un corpo quello cade è solo per abitudine. Ma seppure da oggi in poi vedessi che lasciando un oggetto a mezz'aria quello iniziasse a volare, più che supporre che qualcosa di invisibile e informe (caso ontologico) lo muove, ipotizzerei che si tratta di una nuova forza o di una qualche diavoleria tecnologica.

Questo caso ontologico è fatto di energia, è un corpo? No, altrimenti sarebbe una causa determinata e non cieco caso.


Quando mi chiedi una alternativa ai concetti di caso e determinismo, io ti propongo una sintesi tra i due. Secondo la prospettiva olistica, in certi casi, la somma di due cose crea una realtà che non è quelle semplicemente "affiancate", ma qualcosa di diverso: "il tutto è più della semplice somma delle parti". Se il caso agisse separatamente rispetto alla meccanicità avremmo che i corpi si muoverebbero per un pò in modo determinato e poi, ad un punto, a caso. C'è del ridicolo in tutto questo, dunque il meccanismo e il caso devono esser posti insieme nella materia spaziotemporalmente formata e non darsi in modo separato o "affiancato". Allora posso tentare ancora di avallare questo concetto ambigue tra i due.



Il concetto di “superiorità qualitativa” di certe realtà rispetto ad altre realtà mi sembra oscuro; dovresti spigarlo, darne una definizione.

Io ho detto "superiorità quantitativa", nel senso semplicemente di dire che ci sono più cose.


Saluti!
Aggressor is offline  
Vecchio 02-05-2013, 01.04.13   #29
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sgiombo:
Ciò che volevo dire è semplicemente che se si può risalire a un evento infinitamente lontano nel tempo passato (se questo è accaduto, infinito tempo fa), allora da esso si può risalire al presente attraverso questo infinito tempo (“percorrendolo in avanti”, così come lo si è "percorso all’ indietro").
Se invece l’ infinità del tempo trascorso impedisce di giungere “in senso anterogrado” al presente, allora impedisce anche allo stesso modo di risalire “in senso retrogrado” dal presente a tale evento indefinitamente passato.
Ergo: non c' é nulla di assurdo o incomprensibile nell' ipotizzare l' infinità del tempo di esistenza dell' universo nel passato.


La prima ipotesi non può aiutare a sbrogliare il paradosso perché nessuno riesce a risalire ad un evento infinitamente lontano nel tempo passato. Nel secondo punto postuli semplicemente l'impossibilità di pter fare qualcosa del genere.
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Vecchio 02-05-2013, 17.01.02   #30
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Aggressor:
Hai detto di aver mostrato l'inutilità della domanda "perché certe leggi e non altre?", ma il tuo argomento era la caduta all'infinito d'un rimando a metaleggi, ricaduta che, in realtà, non avverrebbe affatto ammettendo la plausibilità delle proposteche ho riportato (ad es. quella del multiverso).

Sgiombo:
Infatti: il multiverso spiegerebbe (ammesso e non concesso che necessiti di una spiegazione) l’ esistenza di certe leggi naturali e non altre.
Bene; e cosa spiega l’ esistenza del multiverso?
E cosa spiega ciò che spiegherebbe l’ esistenza del multiverso?
…e così via all’ infinito (come volevasi dimostrare).




Aggressor:
Quando ho parlato dell'inafferrabilità del caso ontologico parlavo di questo: che di solito si immagina ci sia un certo legame tra una causa e un effetto, cioè abbiamo ammesso che una causa può scatenare un certo effetto in modo determinato e ciò è palese quando, ad esempio, spostiamo un corpo tramite l'ausilio di un'altro corpo, ma cosa dovrei pensare se colpendo un corpo esso si muovese, insensatamente, verso una direzione casuale? Da cosa avrebbe tratto la modalità del suo spostamento? Il caso ontologico cosa è? è una causa senza forma? E come può dare forma senza averne a sua volta? Allora io ti vengo a dire che se una cosa del genere può scatenare un effetto, allora lo può scatenare anche qualcosa come la libertà, e tu odi questo concetto forse per le implicazioni etiche che gli affibiano.

Sgiombo:
Innanzitutto io non odio nessun concetto; quello del caso nel divenire naturale ho detto e ripetuto che lo ritengo indimostrabile essere vero né essere falso (Hume), ovvero indimostrabile essere vero né essere falso il suo contrario (il divevire ordinato).
Semplicemente rilevo che in caso di divenire casuale (mi scuso per il gioco di parole) non sarebbe possibile conoscenza scientifica in quanto non sarebbe possibile astrarre le leggi generali del mutamento naturale: tutto in esso sarebbe “caso particolare concreto”; e per il medesimo motivo non sarebbe possibile valutare eticamente alcun azione.




Aggressor:
Lascia stare queste faccende del merito, responsabilità ecc, se un oggetto può essere mosso da una causa senza senso, può ben farlo se questo non-senso è almeno leggermente/intrinsecamente indirizzato. Vedo che conosci almeno Hume e dunque mi dirai che, per esempio, se mi sembra normale che lasciando a mezz'aria un corpo quello cade è solo per abitudine. Ma seppure da oggi in poi vedessi che lasciando un oggetto a mezz'aria quello iniziasse a volare, più che supporre che qualcosa di invisibile e informe (caso ontologico) lo muove, ipotizzerei che si tratta di una nuova forza o di una qualche diavoleria tecnologica.

Sgiombo:
(Beh, modestamente credo di conoscere anche qualcos’ altro, oltre al grandissimo David Hume).

Il concetto di "non-senso almeno leggermente/intrinsecamente indirizzato" mi sembra una palese contraddizione, priva di senso (a-ri-scusa per quest’ altro gioco di parole): ce l' ha un senso, per quanto "leggero/intrinseco" oppure non ce l' ha?.

L’ ipotesi della forza sconosciuta o della diavoleria tecnologica si può ben fare (e preferendola di fatto tu dimostri di preferire la credenza nel causalismo piuttosto che nella casualità!); ciò che ci dice Hume è che si può anche, parimenti fare quella del non divenire ordinato della natura per concatenazioni causa-effetto, anche ignote, bensì del suo divenire caotico o casuale.



Aggressor:
Questo caso ontologico è fatto di energia, è un corpo? No, altrimenti sarebbe una causa determinata e non cieco caso.

Quando mi chiedi una alternativa ai concetti di caso e determinismo, io ti propongo una sintesi tra i due. Secondo la prospettiva olistica, in certi casi, la somma di due cose crea una realtà che non è quelle semplicemente "affiancate", ma qualcosa di diverso: "il tutto è più della semplice somma delle parti". Se il caso agisse separatamente rispetto alla meccanicità avremmo che i corpi si muoverebbero per un pò in modo determinato e poi, ad un punto, a caso. C'è del ridicolo in tutto questo, dunque il meccanismo e il caso devono esser posti insieme nella materia spaziotemporalmente formata e non darsi in modo separato o "affiancato". Allora posso tentare ancora di avallare questo concetto ambigue tra i due.

Sgiombo:
Malgrado l' efficacia retorica dello slogan "olistico", secondo logica il tutto è uguale alla somma delle parti (più -ovvero: comprese- le relazioni fra le parti).

Concordo che “il meccanismo e il caso devono esser posti insieme nella materia spaziotemporalmente formata e non darsi in modo separato o ‘affiancato’” è una locuzione “ambigua”, nel senso che non ha un significato preciso, pretendendo di affermare due cose reciprocamente contrarie e incompatibili (per definizione: caso= mutamento intergale, assoluto, senza alcunché di costante; meccanicismo=mutamento relativo, parziale, dal quale è possibile astrarre modalità generali o leggi costanti, non mutevoli).

Aggressor:
Il concetto di “superiorità qualitativa” di certe realtà rispetto ad altre realtà mi sembra oscuro; dovresti spigarlo, darne una definizione (Sgiombo).

Io ho detto "superiorità quantitativa", nel senso semplicemente di dire che ci sono più cose.

Sgiombo:
Pardon, avevo letto male.
Non comprendo però che significa che “Il taglio del rasoio di Ockam ha una rilevanza seria quando elimina realtà qualitativamente diverse più che quando è applicato per scartare realtà quantitativamente superiori di altre”; esso impone di limitare al minimo indispensabile le asserzioni non dimostrate al fine di spiegare qualcosa di osservato o provato, indipendentemente dalle differenze qualitative o quantitative fra gfli enti e/o eventi ipotizzati.

Ricambio i saluti!
sgiombo is offline  

 



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