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Vecchio 22-05-2013, 07.02.40   #11
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
Ma non è questione di scambiare i fini coi mezzi e viceversa: il danaro, ovvimente non può essere che un fine...il primo fine... dato che è alla base degli ulteriori fini da raggiungere... che senza danaro non si raggiungerebbero: chiaro no?


Per me no. Esistono i mezzi ed i fini, è chiaro che per ragguingere il fine devo prima procurarmi il mezzo, ma i mezzi e i fini non sono la stessa cosa. Per andare a lavorare devi avere una macchina, ma lo scopo è lavorare e non avere una macchina. Il fine è un qualcosa cui i mezzi sono subordinati.

Citazione:
"Oggi è il danaro che apre tutte le porte (oltre alle TV) ed è possibile perseguirlo speculando...cioè col minimo di fatica e di rischio ...per chi ci sa fare...magari a scapito di chi non ci sa fare.

Usare direttamente il danaro per impiantare una impresa con tutti i lacci, laciuoli e balzelli che la cosa comporta sarebbe da pazzi...oltrettutto poi non darebbe neppure i guadagni della speculazione di borsa!

Purtroppo finchè si pretenderà che chi ha danaro lo utilizzi per intenti morali o di utilità altrui, anzichè propria...si andrà poco lontano.

Dovrebbe essere lo stato a tassare le speculazioni di borsa e non le aziende che danno lavoro.*
Ma quale stato? ...non esiste lo stato...esiste la globalizazione...e puoi speculare in qualunque borsa...e accreditare danaro in qualunque paradiso fiscale."

Non mi sembra molto realistica la tua visione della borsa, magari tu sei uno che sa come ricavarci soldi. Per quel che so io la borsa è un qualcosa di molto simile alla roulette, e le percentuali di chi riesce a guadagnarci sono minime, senza contare che fra quelli che sono in attivo ci sono insider traders e speculatori incalliti che vivono praticamente in simbiosi con i mercati globali, e che quindi non dormono mai dato che quando chiude Milano si sintonizzano su New York, chiusa New York apre Tokyo e via dicendo.
Io penso che chi ha il denaro lo possa utilizzare come meglio crede, ma se si è devoti ad esso allo stesso modo in cui un credente è devoto a Dio, allora la conseguenza è che per il denaro si è disposti a tutto rinunciando ad ogni moralità, perchè l'unica cosa morale diventa avere soldi e l'unica cosa immorale non averli. Pressapoco ciò che sta accadendo.


Citazione:
"Comunque il proporsi di dare al danaro una diversa concezione per cui il scegliere la via più adatta per guadagnarne quanto più possibile sarebbe errato...mi parrebbe progetto, forse moralmente apprezzabile, ma disperato."

Io la penso diversamente, L'importante non è il denaro ma il lavoro, nel senso che io lavoro e percepisco uno stipendio, in denaro ovviamente, ma tale denaro non è che l'unità di misura che serve per valutare il valore prodotto dal mio lavoro. La valutazione del valore non è il valore stesso. Il valore è dato dal lavoro, lo stipendio che ricevo lo uso per comprare altri beni, e questi beni servono a dare lavoro ad altri individui i quali acquisteranno altri beni e via discorrendo.
Secondo me è tutto quà il problema, quando ci si ferma al denaro come unico fine di tutto.
Il denaro deve provenire dal lavoro, e il denaro prodotto dal lavoro deve essere investito per produrre altro lavoro. Solo continuando a produrre lavoro l'economia si mantiene in salute.
La speculazione invece porta alla perdita del valore del denaro, una volta le monete venivano ricavate dai metalli preziosi, poi per avidità i re hanno via via diminuito la percentuale dei metalli preziosi contenuti nelle monete lasciando però inalterato il valore delle stesse, poi si è arrivati ai soldi di carta stampati sulle scorte delle riserve aurifere, poi si è iniziato a stampare banconote a vanvera, poi si è arrivati all'economia virtuale basata sulle stock option e sulle aziende e gli stati che si finanziano aumentando perpetuamente il loro debito... ma ci sarà prima o poi qualcuno che si chiederà quale sia sto benedetto valore del denaro?
Intanto questa mentalità ha portato al disinteresse per le professioni, non c'è lavoro ma mancano i fornai, gli idraulici, i fabbri, i cuochi...
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Vecchio 22-05-2013, 09.19.26   #12
acquario69
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

[quote=ulysse]

Citazione:
Chi giunge al suicidio, infatti, non è più razionalmente sano: gli eventi tragici che lo hanno colpito hanno distorto il suo sistema di valori.

vorrei per un attimo soffermarmi su quanto hai detto qui sopra,perche mi piacerebbe avere più opinioni (per chi ha voglia di farlo) in merito a una considerazione venutami in mente a tal proposito;
ossia riflettevo sul fatto che ci sono state epoche in cui il suicidio (ma posso anche sbagliare) non fosse considerato l'ultimo gesto disperato e privo di una qualsiasi razionalità,proprio in virtu della diversa scala di valori all'epoca esistenti e al diverso ambito sociale cui faceva riferimento...
forse poteva si essere un gesto "ultimo" ma la concezione era radicalmente diversa...si potrebbero citare i romani,per alcuni casi era considerato un gesto
di coraggio,oppure in epoca piu recente al giappone dove, -sempre per alcuni casi- l'uccidersi era ritenuto un gesto di estremo onore..comunque pur sempre "accettato" anche in seno alla comunità.
naturalmente con questo non voglio esaltare il suicidio ma solo riflettere sul fatto che cio' che puo essere ritenuto inaccettabile oggi,poteva al contrario avere una considerazione nelle diverse epoche,per noi inconcepibile e viceversa.

quindi mi domando; si puo' veramente dare una definizione di cio' che riteniamo razionale con cio' che presumiamo non lo sia?
acquario69 is offline  
Vecchio 22-05-2013, 13.49.06   #13
ulysse
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Ma come la mettiamo con la crescente richiesta di risorse anche da parte di paesi ex terzo mondo.....

Citazione:
Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
E nemmeno se ne può fare a meno, del consumismo, dato che la salvezza economica, per lo meno quella contingente, sta proprio nel consumismo: se nessuno spende, nessuno vende, nessuno produce, nessuno lavora!

Originalmente inviato da CVC
Ma come la mettiamo con la crescente richiesta di risorse anche da parte di paesi ex terzo mondo - Cina, India ora forse anche Brasile – e con la crescente scarsità delle stesse?
Non la mettiamo!
Il dilemma è semplicemente: moriamo subito o moriamo dopo?...io preferirei morire dopo!

Ma sembra che il pericolo, per ora, non siamo noi: il nostro PIL supera a mala pena lo 0% (o anche è negativo) e siamo sull’orlo della catastrofe…quindi, se non vogliamo morire subito, ci conviene comunque raschiare il fondo del barile e “comprare il più possibile” incentivando un poco la nostra economia italiana ed europea.
E comprare dovrebbero fare i piu' ricchi, invece di tenere il malloppo in titoli di stato...o giocare in borsa.
A parte il fatto che anche lo stato deve vendere i suoi titoli.

Si dice che per un moderato benessere…almeno per sopravvivere degnamente, il PIL dovrebbe crescere di almeno il 2% ogni anno. E’ chiaro che il pianeta non ce la farà a sostenere questo ritmo: fra 100 anni avremmo consumato almeno il doppio di quanto consumiamo ora con polluzione proporzionale dato anche l’incremento demografico degli attuali paesi emergenti e di tutto il resto del mondo.

Non il nostro mondo occidentale, ovviamente, che si mantiene mediamente intorno all’1% dei figli per coppia ed in certe regioni anche al di sotto: in certe regioni italiane (ad es. liguria) sono persino a circa 0.75%: poche generazioni e non ci sarà più nessuno: solo gli immigrati!

Quindi sul PIL, sui consumi di risorse e sulla polluzione, influisce fortemente l’incremento demografico che non accenna a flettere nei paesi del terzo e quarto mondo…. ove, i pur miseri aiuti che i paesi sviluppati inviano, impediscono tuttavia a molti bambini di morire di fame o di malattie con l’aggiunta che i paesi emergenti (i famosi BRIC) fanno salire il PIL a 6 o 7% e procreano selvaggiamente.

Agli inviti alla prudenza che le autorità mondiali inviano ai paesi emergenti (i famosi BRIC appunto) essi rispondono che se il nostro turno (di cui ampiamente profittammo) è passato ora è il loro…ed essi sono assai più numerosi di noi e la loro demografia ci sovrasta.

Quindi hai ragione: le cose non si mettono affatto bene: anzichè aiuti in termini di medicine e derrate alimentari dovremmo infondere e distribuire nel terzo mondo informazioni e sistemi anticoncezionali ad ogni livello…magari anche contro l’opposto e troppo seguito incitamento religioso: crescete e moltiplicatevi...dice, infatti, la Chiesa!

Solo che anche un tale intervento per il calo delle nascite, se avesse successo, comincerebbe a influire solo fra 20 o 30 anni…e forse sarebbe già troppo tardi.

Si dice che ai tempi del Biafra (anni 1967-1970) corresse fra i funzionari ONU (UNICEF?) un tragico paradossale dilemma: potremmo inviare oggi aiuti tali da salvare 1000 bambini dalla fame, ma se li inviassimo dovremmo disporre fra 15 anni di aiuti tali da salvare 10.000 bambini e non li avremmo...tanti aiuti!...che fare?

Non so quale sia stata la conclusione, ma a giudicare dall’incremento demografico di quelle regioni suppongo che gli aiuti li abbiano mandati!

Il fatto assurdo che accade è che più mandi aiuti in derrate e medicine più crei incremento demografico che peggiora le cose e che richiede sempre più ulteriori necessità di aiuti in derrate e medicine e centri di assistenza, ospedali, Emergency, ecc....

Sembra brutto dirlo, ma un tempo la demografia si autoregolava: tanti nascevano (forse 7 od 8 per donna), e tanti morivano per fame, pestilenze, incidenti, guerre, ecc…
In media due restavano a procreare e la specie continuava nel suo equilibrio: in fondo la morte e la vita si equilibravano e non c’era bisogno di suicidi.

Oggi un tale equilibrio non esiste più, la scienza lo ha distrutto debellando malaria e pestilenze...ed ora anche l'HIV: ne deriva che i paesi emergenti non possono che incrementare la demografia assorbendo le nostre risorse come in un sistema a vasi comunicanti.
Forse a noi non resta che suicidarci…solo qualcuno per ora.
Citazione:
Il consumismo è stato lo strumento dell'economia industriale in cui vale l'equazione
+ produzione = + ricchezza. Tale sistema è riuscito ad ovviare al problema della saturazione dei mercati introducendo i falsi bisogni nel nostro stile di vita. Ma quando le risorse saranno insufficienti (saremo in 9 miliardi nel 2050 se non erro), che ne sarà del sistema economico globale industrializzato basato sulla produzione?
Io vedo due alternative: o consumiamo meno o ci sarà la guerra per le risorse.
Invero la guerra, con rivoluzioni cruente, c'è già stata all'Est con la fine del comunismo.Forse qulcosa del genere avverrà con la fine del capitalismo ...che però per ora non ha un sistema sostitutivo (vedi dopo) e sarà certo peggio...oppure niente... finche non c'è un sistema sostituto andrà per consunzione.

In ogni caso sarà brutta!

In effetti il capitalismo consumistico per mantenersi in vita e mantenere in vita noi deve introdurre sempre nuovi bisogni di cui noi ci beamo...in un circolo chiuso…in un crescendo continuo…ma il meno possibile certo…eccetto quando c’è recessione, come nel momento attuale.

Però nel momento attuale non è che le cose vadano molto bene per cui stiamo facendo il possibile per uscire dalla recessione e ritornare a consumare un minimo…se vogliamo sopravvive ed anche evitare sommovimenti sociali.

Ma se la recessione fa bene (a parte qualche suicida) perchè vogliamo tornare al consumismo?...a rendere efficiente il sistema capitalistico?

La risposta è semplice: il sistema capitalistico, pur variamente condito di liberismo o socialismo a seconda dei casi, ecc…è l’unico sistema economico che attualmente conosciamo e che dia certa garanzia di mantenere in piedi l’economia mondiale per ora…domani vedremo…forse s’inventerà qualcosa…magari le energie rinnovabili…dal nucleare, la fusione fredda, dal sole, ecc… ingegnria grmtica, nuovi tipi di piante fruttifere, ecc...

O anche potrà insorgere un altro sistema socio/economico che salvi capre e cavoli!

Ma per ora è il sistema capitalistico (il meno selvaggio possibile) che sostiene la nostra economia e non possiamo che mantenerlo…con tutte le correzioni possibili…ma sempre capitalismo è.

Un tempo credevamo di conoscere un altro sistema, quello comunista, che pure ha resistito per 60 o 70 anni, in Russia, in Cina, ma è fallito miseramente fra lacrime e sangue
In Cina, anzi, si trasforma sempre più in capitalismo selvaggio…con PIL stratosferico e demografia crescente!

Ultima modifica di ulysse : 22-05-2013 alle ore 19.59.58.
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Vecchio 23-05-2013, 14.47.49   #14
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

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Originalmente inviato da ulysse



Sembra brutto dirlo, ma un tempo la demografia si autoregolava: tanti nascevano (forse 7 od 8 per donna), e tanti morivano per fame, pestilenze, incidenti, guerre, ecc…
In media due restavano a procreare e la specie continuava nel suo equilibrio: in fondo la morte e la vita si equilibravano e non c’era bisogno di suicidi.

Oggi un tale equilibrio non esiste più, la scienza lo ha distrutto debellando malaria e pestilenze...ed ora anche l'HIV: ne deriva che i paesi emergenti non possono che incrementare la demografia assorbendo le nostre risorse come in un sistema a vasi comunicanti.
Forse a noi non resta che suicidarci…solo qualcuno per ora.
Da una parte c'è la forza dell'istinto che spinge alla riproduzione, dall'altra la consapevolezza che la terra non è uno spazio infinito. Alcuni dati sono impressionanti : ai tempi di Gesù la terra era abitata da circa 160. 000. 000 di viventi, oggi siamo 7 miliardi. In 2000 anni un aumento del 3500%!!! Ma se se pensiamo che negli ultimi 100 anni siamo passati da 1,5 miliardi del '900 ai 6 del 2000, l'aumento è del 400% in solo un secolo.
Non c'è da stupirsi che la NASA da tempo sia alla ricerca di altri pianeti abitabili nell'universo.
L'alternativa più semplice mi pare quella del controllo demografico, oppure continuare ad ignorare i dati.


Citazione:
Ma se la recessione fa bene (a parte qualche suicida) perchè vogliamo tornare al consumismo?...a rendere efficiente il sistema capitalistico?

La risposta è semplice: il sistema capitalistico, pur variamente condito di liberismo o socialismo a seconda dei casi, ecc…è l’unico sistema economico che attualmente conosciamo e che dia certa garanzia di mantenere in piedi l’economia mondiale per ora…domani vedremo…forse s’inventerà qualcosa…magari le energie rinnovabili…dal nucleare, la fusione fredda, dal sole, ecc… ingegnria grmtica, nuovi tipi di piante fruttifere, ecc...

O anche potrà insorgere un altro sistema socio/economico che salvi capre e cavoli!

Ma per ora è il sistema capitalistico (il meno selvaggio possibile) che sostiene la nostra economia e non possiamo che mantenerlo…con tutte le correzioni possibili…ma sempre capitalismo è.

Un tempo credevamo di conoscere un altro sistema, quello comunista, che pure ha resistito per 60 o 70 anni, in Russia, in Cina, ma è fallito miseramente fra lacrime e sangue
In Cina, anzi, si trasforma sempre più in capitalismo selvaggio…con PIL stratosferico e demografia crescente!

Il sistema capitalistico è stato fin'ora il migliore dei sistemi possibili. Ma perchè si regga in piedi ha bisogno di alcuni presupposti: risorse da destinare alla produzione, mercati a cui destinare i beni prodotti. Se i mercati sono saturi e le risorse scarseggiano non si tratta di dire che il capitalismo sia buono o cattivo, è il meccanismo stesso del capitalismo che s'inceppa.
La soluzione non sarà di certo nemmeno il comunismo, forse però mai come ora ci sarebbe bisogno di favorire i lavori alle infrastrutture - strade, ferrovie, sistemi fognari, di smaltimento rifiuti - di cui c'è gran bisogno e che terrebbero occupate migliaia di persone, e per questo occorre l'intervento dello stato.

Ultima modifica di CVC : 23-05-2013 alle ore 15.56.27.
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Vecchio 23-05-2013, 19.14.49   #15
ulysse
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Da una parte c'è la forza dell'istinto che spinge alla riproduzione, dall'altra la consapevolezza che la terra non è uno spazio infinito. Alcuni dati sono impressionanti.....
Efettivamente i dati sul come evolve la demografia sono impressionanti!
Il fatto è che si sono eliminate le principali cause di morte...e siamo molto contenti di questo: W la pace!...Abbasso le pestilenze! ecc....

Ma, nel contempo, non c'è stata alcuna formazione al contenimento delle nascite nel terzo mondo: tutto è andato troppo in fretta...e qualcuno, preso dal panico, si suicida!
Domani forse ci dilanieremo l'uno con l'altro!

Quando l'eggo tutte le mielosità sulla esaltazione dell'amore universale fra tutti i terrestri...mi sento un pò male!
Non che io sia contrario all'amore...ma c'è ben altro che preme...a cui pensare...non ci si puo' fermare all'amore!

Il fatto è che non sappiamo cosa ci aspetta: ...se non cerchiamo sul serio di inventarci qualcosa di concreto che ci salvi dal sovrapopolamento e dalla consegunte polluzione: occorrono studi e progetti seri e non chiacchiere!
Citazione:
Il sistema capitalistico è stato fin'ora il migliore dei sistemi possibili. Ma perchè si regga in piedi ha bisogno di alcuni presupposti: risorse da destinare alla produzione, mercati a cui destinare i beni prodotti. Se i mercati sono saturi e le risorse scarseggiano non si tratta di dire che il capitalismo sia buono o cattivo, è il meccanismo stesso del capitalismo che s'inceppa.
Ma non è che il sitema capitalistico sia il migliore o il peggiore...il guaio è che è il solo che conosciamo e lo si può perseguire solo inventando sempre qualcosa di nuovo: nuovi prodotti per sempre nuove esigenze!
S'incrementano le compravendite, s'incremeta la produzione...e intanto si lavora e si sopravvive ...se ci si riesce e finchè bastano le risorse...fin che basta l'acqua!

Sembra strano, ma forse sarà l'acqua la prima risorsa che verrà a mancare!
Sembra anche strano che ancora pochissima se ne ricavi dal mare!

Comunque rimpiangere ed auspicare un ritorno alla antica, sana e monastica economia di sussistenza, come anche si sente auspicare, è pura pazzia.
Citazione:
La soluzione non sarà di certo nemmeno il comunismo, forse però mai come ora ci sarebbe bisogno di favorire i lavori alle infrastrutture - strade, ferrovie, sistemi fognari, di smaltimento rifiuti - di cui c'è gran bisogno e che terrebbero occupate migliaia di persone, e per questo occorre l'intervento dello stato.
Anche qui sembra strano: auspichiamo l'intervento dello stato...che dovrebbe metterci i quattrini, ma non vogliamo pagare le tasse!

Ma forse lo stato, i quattrini, li spreca: chiacchiere, corruzione, personalismi, ruberie, disorganizzazione, ecc...ma siamo sempre noi che li eleggiamo...senza saper distingure...un terzo...un terzo...un terzo!

Ma ciò che veramente è grave è la disorganizzazione...il continuare ad affidarsi a sistemi antiquati: siamo fermi alla organizzazione statale del dopoguerra e, forse, anche di prima.

Ma è un pò la nostra cultura: l'efficienza ci schifa un po'!
Quante volte lo leggiamo anche su questo forum: la ricerca dell'Essere importa...l'efficacia dell'utile viene dopo!
Il bello è che il cosiddetto "Essere" resta sempre indefinito e un poco vago!
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Vecchio 24-05-2013, 07.25.22   #16
gyta
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

A volte il dolore per una perdita irreparabile può essere terribile.
La miseria interiore ci condanna e il suo dolore è insopportabile.
Quando tutto quello in cui credevamo si sgretola nelle nostre mani,
di fronte ai nostri occhi, la miseria ci consuma con un dolore sempre più profondo.
Non c’è scampo. E’ necessario non cedere alla stanchezza.
Comprendere che ciò che ci appartiene non può andare perduto.
E’ importante cogliere dalla nostra l’intelligenza della ragione
e comprendere che ciò che desideriamo può essere possibile.
E ciò che desideriamo al di sotto di ogni cosa non è che la nostra identità, la nostra anima,
l’amore autentico, prima ancora di un tetto e di un abbraccio.

Comprendo profondamente il dolore di chi ha perduto.. il cuore.
Ci si uccide perché i nostri sogni sono stati soppiantati da una volontà estranea,
da un cervello estraneo, il nostro cuore batte per una vita che non è la propria,
per dei pensieri che non sono i propri.

Non riusciamo a vedere la nostra immagine né quella del nostro amore.
Gli occhi sono annebbiati, la mente non ha famiglia: l’immagine che tutto questo scompaia
ci appare come l’unica soluzione ad una vita che non ci appartiene già più.
Se solo riuscissimo a perdonare a perdonarci, a riprendere il nostro sguardo puro,
la nostra anima incontaminata, allora il mondo non sarebbe più il luogo del dolore
ma il luogo della nostra mente e di nuovo il nostro cuore ci apparterebbe.

Prego affinché la libertà del pensiero possa vincere su ogni stanchezza.
Sempre. Chiediamolo a noi stessi. Chiediamolo per ogni mente.
L’immaginazione non è irreale. L’immaginazione è vedere prima di vedere.
E’ guardare per sperimentare.

Citazione:
Se la difficoltà è rimediabile in quanto appartiene alla logica delle cause e degli effetti e quindi dell’estrema conseguenza ed è materiale, nel disagio c’è qualcosa che appartiene all’”anima”, alla “psiche” , all’intimità più profonda
(Paul11)

Sì.
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Vecchio 24-05-2013, 14.11.14   #17
maral
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Originalmente inviato da acquario69
vorrei per un attimo soffermarmi su quanto hai detto qui sopra,perche mi piacerebbe avere più opinioni (per chi ha voglia di farlo) in merito a una considerazione venutami in mente a tal proposito;
ossia riflettevo sul fatto che ci sono state epoche in cui il suicidio (ma posso anche sbagliare) non fosse considerato l'ultimo gesto disperato e privo di una qualsiasi razionalità,proprio in virtu della diversa scala di valori all'epoca esistenti e al diverso ambito sociale cui faceva riferimento...
forse poteva si essere un gesto "ultimo" ma la concezione era radicalmente diversa...si potrebbero citare i romani,per alcuni casi era considerato un gesto
di coraggio,oppure in epoca piu recente al giappone dove, -sempre per alcuni casi- l'uccidersi era ritenuto un gesto di estremo onore..comunque pur sempre "accettato" anche in seno alla comunità.
naturalmente con questo non voglio esaltare il suicidio ma solo riflettere sul fatto che cio' che puo essere ritenuto inaccettabile oggi,poteva al contrario avere una considerazione nelle diverse epoche,per noi inconcepibile e viceversa.

quindi mi domando; si puo' veramente dare una definizione di cio' che riteniamo razionale con cio' che presumiamo non lo sia?

Premetto che penso che il suicidio sia qualcosa di cui a livello psicologico sia del tutto irrazionale esprimere giudizi di sanità razionale e che semmai andrebbe compreso nel suo significato sociale, ossia nel rapporto che si determina tra modello culturale e sentimento individuale di se stessi, dunque del proprio valore. Allora forse arriveremmo a capire che non è una mancanza di denaro che determina il suicidio, ma l'effetto che ha questa mancanza sulla considerazione del valore che l'individuo ha di se stesso secondo i modi di esclusione che una determinata cultura sociale prestabilisce e ai quali educa. E' poi ovvio che ogni individuo ha un diverso grado di resistenza e indipendenza dalle "attese" dei contesti sociali (quella che qui è stata detta "debolezza" dei soggetti), ma è altrettanto ovvio che vi sono contesti sociali che sommamente promuovono questa debolezza come dipendenza e certamente l'attuale società occidentale che ormai è diventata modello planetario, è tra quelle che più preme in tale direzione. L'individuo va mantenuto in un perenne stato di dipendenza infantile sia a livello psichico che materiale affinché sia costretto, pena la minaccia di eliminazione (meglio se realizzata come auto eliminazione che è meno costosa) per spingerlo costantemente a svolgere il suo ruolo terminale del meccanismo: quello di consumatore insaziabile di prodotti affinchè si possa produrre sempre di più. A volte capita che l'individuo, più che capire, senta la miseria profonda di questo ruolo terminale e proprio perché la sente, ma non la comprende per tale, cada in depressione e a volte si suicidi invece di lasciarsi semplicemente morire prolungando la sua sempre più lunga agonia biologica privata di ogni senso e significato.
I fenomeni depressivi, insieme al tasso di suicidi, infatti hanno raggiunto la loro massima diffusione proprio nelle società che consideriamo tecnologicamente più avanzate (quindi tecnologicamente più dipendenti) e socialmente più evolute alla luce di quello che noi oggi riteniamo che questo significhi. Togliersi la vita oggi significa solo portare alle estreme conseguenze il proprio stato depressivo determinato dal sentimento prevalentemente inconscio della propria totale inadeguatezza a vivere e quindi a riconoscersi, inadeguatezza che è necessaria per determinare un'assoluta dipendenza esistenziale dal mezzo tecnico che promette di risolvere tutti i problemi, ma non li risolve mai, perché se davvero li risolvesse l'imprescindibile comandamento a crescere che è implicito nella volontà di potenza tecnica verrebbe disatteso.
Il suicidio nel nostro mondo attuale è dunque la conseguenza di un'insensatezza di base che continuamente illude di soddisfazioni, mentre di fatto esige una radicale infelicità: la frusta a fronte del miraggio della carota continuamente riproposta in mille forme rutilanti davanti agli occhi attoniti del somaro che quando sente questa sua condizione di profondo malessere senza comprenderla, poiché gli sono stati tolti tutti i mezzi culturali per comprenderla, si suicida.
Ma, come giustamente scrive acquario69 non è certo questo il solo significato sociale del suicidio. Credo che oltre alla presa d'atto inonscia della propria inadeguatezza senza scampo e anche oltre la nobile e virtuosa auto punizione cosciente del proprio aver fallito come quella che si ricorda per certi personaggi della storia romana o ancora in uso in alcune tradizioni orientali, il suicidio, come ho già scritto in un'altra riflessione, possa essere sentito come il doveroso compimento del proprio esistere, la giusta parola fine posta al termine del proprio percorso esistenziale avvertito in tutta la sua perfezione realizzata, come lo scultore dà l'ultimo colpo di scalpello al suo capolavoro, sapendo che ogni ulteriore atto potrebbe solo rovinare l'opera. Il suicidio è allora in tal senso il supremo riconoscimento di valore estetico della propria esistenza giunta al suo perfetto compimento, ma per concepire questo dovremmo dimenticare due millenni di storia cristiana con tutte le sue implicazioni culturali più o meno laiche.
Saluti
maral is offline  
Vecchio 24-05-2013, 17.04.12   #18
ulysse
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

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=acquario69
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Originalmente da ulysse
Chi giunge al suicidio, infatti, non è più razionalmente sano: gli eventi tragici che lo hanno colpito hanno distorto il suo sistema di valori.
A me pareva ovvio , ma già che mi ci fai pensare, direi che si possono dire “razionali” quei logicismi che, nella nostra mente, operano su entità che diciamo vere e concrete…reali… perchè conformi al sistema di entità e valori vigente…sia esso fisico o psichico e culturale.

Se, per colpi di sventura, il logicismo che si insinua nelle nostra mente comincia a operare su sistemi di valori fuori dalla cultura e morale corrente, comunque al di fuori delle entità vere e reali del nostro mondo fisico ed etico allora si può dire che entriamo nella irrazionalità e tutto può accadere e sembrare logico anche se non lo è…per lo meno… che non lo è nel nostro sistema di valori scaturito, con alti e bassi, da una linea evolutiva fisico-psichico-culturale che si perde nella notte dei tempi.

Quindi, per lo più, chi è suicida per colpi di ventura, non è pazzo…i suoi logicismi operano correttamente e lucidamente, ma operano su entità deformate dalla emozione e disperazione di un futuro, entità deformate rispetto al sistema di valori correnti che hanno invece a riferimento la pulsione al sopravvivere futuro….comunque in riferimento alla speranza, al vantaggio proprio, della specie e del contratto sociale che, coscienti o incoscienti che ne siamo, non possiamo che contrarre con la comunità…se in comunità viviamo.
Certo che tutto questo dipende sia dalle traversie storiche di un popolo che da quale popolo o etnia si tratti

Quindi, ripeto, se le nostre capacità logiche cominciano emotivamente a deviare dal ritenere validi il sitema di valori e le concretezze relative alla situazione instaurata sopra descritta…anche se il ragionamento fosse logico, si entra nell’irrazionale.

Non siamo molto lontani dal caso in cui, pur ragionando, entriamo nell’ordine di idee per cui la luna cesserebbe di esistere se smettessimo di osservarla: ragioneremmo sull’irrazionale!

Quindi credo che, analogamente, si entri nell'ordine di idee del suicidio, quando subentrano nelle mente valori ed entità distorte e si entra nell’irrazionale senza necessariamente impazzire.

Ovvio che se anche i logicismi sono distorti allora subentra la pazzia.

E’ anche ovvio , come già ho lasciato intravedere, che la definizione non può essere che relativa al tempo/spazio in cui si vive ed al sistema di valori corrente: una razionalità assoluta non esiste come non esiste una moralità assoluta: al massimo la razionalità può essere conforme alla razionalità del funzionare delle universo che pure è in evoluzione.

Nel campo sociale, poi, il concetto di razionalità è assai più labile….dato che anche lo stesso concetto etico non è costante nelle varie culture che si sono coltivate e si coltivano in vari tempi e luoghi del pianeta.

A tempi degli dei greci, ad esempio, si ragionava sui miti…entità false e bugiarde diremmo noi oggi, ma concrete e reali in quella cultura…quindi è difficile dire oggi che quei nostri antichi progenitori greci fossero irrazionali…lo sarebbero nel mondo di oggi, ovviamente…se si mantenessero su quella linea.

Per le società culturalmente diversificate, ne consegue che il suicidio rituale, detto harakiri, pur ratio estrema, è stato considerato onorevole in Giappone fino a tempi recenti…(1945?) e forse anche oggi ivi lo è per cert’uni e in certo casi...per chi sia ancora attaccato alle tradizioni.

Ma anche in altri culture (quella militare ad esempio) ..il suicidio poteva e può ridare l’onore a chi l’abbia perso tradendo o sbagliando malamente se manda a morte una compagnia...o un capitano che incagli la propria nave!

Comunque, parlando a grandi linee, credo che fin dall’antico, con l’addolcirsi dei costumi in trend mediamente positivo, l’evoluzione dell’etica relativa al suicidio vada sempre più affermando che la vita non è personalmente completamente nostra e che non possiamo disporne a nostro piacimento…anche se noi vorremmo e magari anche siamo convinti che sì...possiamo.

In realtà quella che diciamo “nostra vita” è in “compartecipazione”….con entità superiori se le riconosciamo…siano esse trascendenti o meno, ma certamente e comunque in compartecipazione lo è con le comunità in cui viviamo: non siamo mai soli!...come minimo ci sono infrastrutture!

Forse la cosa divenne evidente col cristianesimo che dichiarò la sacralità della vita...consacrata appunto a Dio come ogni cristiano ben sa.

Ma anche nelle organizzazioni statali la vita non è di proprietà del singolo.

Nel Medio-Evo, ad esempio, la vita era del Signore che abitava il castello e che necessitava sia di servi che di armigeri…cosa che si verifica anche oggi negli stati moderni non democraticamente retti…bene che vada c’è bisogno di cervelli nei laboratori…per fare armi sofisticate di cui dotare i soldati sul fronte: vince chi ha, o chi minaccia di avere, i missili a maggior gittata o i bombardieri più veloci o i droni più precisi…meglio telecomandabili.

Ma anche nei regimi democratici la vita non è del singolo: nascendo si firma una specie di contratto sociale: lo stato si organizza per farti nascere in ospedale, curarti, istruirti in lunghi anni di scuola, assisterti col welfare, garantirti giuridicamente e proteggerti dai malfattori, erogarti una pensione infine, ecc....

Tu, in cambio, studi, lavori, paghi le tasse, contribuisci alla comunità, voti, generi nuovi cittadini…non troppi, gli ritorni il frutto della tua genialità, esperienze e pensamenti…se non fuggi all’estero…per la qual cosa io ci metterei una tassa...di restituzione!

Comunque non puoi (non è sportivo) andartene insalutato ospite quando ancora non hai tutto restituito con gli interessi…per ciò che hai consumato e per le generazioni future…per quanto, invero, oggi sarebbe lo stato a doverci una tassa per ciò che ci sottrae!

Certo che alla fine della vita…quando il riprodurti geneticamente ti è inibito e solo la pensione (se c’è) puoi riscuotere, potresti anche darci un taglio…con razionale convenienza di tutti.

Ma oltre che razionale è anche affettivo che dopo un iter evolutivo di sacralità della vita tanto lungo ed anche dopo aver suscitato tanti affetti, si provi orrore per un atto tanto triste e definitivo, magari anche invasivo e cruento.

Alla fine anche gli affetti sono un valore…ed anche l’idea che la vita non và buttata è un valore!...ed è pure un valore che una società conservi, possibilmente in salute, i propri vecchi anche se costano…nulla vieta, d’altra parte di farli fruttare fin che possono…e ricavarne vantaggio sociale...invece di mettere all'ospizio anche chi vale...e vorrebbe contribuire.

In fondo è un giro di valzer...non c'è solo il problema dei giovani precari...c'è anche quello dei vecchi...non piu' precari..ma...!

Tutto quindi concorre, nella nostra società, a rendere obriobriosa ogni morte anzitempo sia sul piano civile che genetico …compreso il suicidio!... che lo si può comprendere, ma che non ritengo di poter mai approvare.

Per quanto, se ad un certo punto, la vita è solo sofferenza, con certezza di nessuna speranza, anche la legge può dire la sua e dare una soluzione definitiva a chi lo desideri.

Citazione:
Originalmente da Acquario
quindi mi domando; si puo' veramente dare una definizione di cio' che riteniamo razionale con cio' che presumiamo non lo sia?
Come io stesso ho cercato di fare, una definizione la si può certo dare, ma sarebbe ingenuo pensare, che una qualunque definizione possa avere valore assoluto: come per tutto, il valore è sempre relativo al tempo, allo spazio, alla situazione economico/sociale e culturale, ecc….

Per quanto riguarda i suicidi, i tempi con relative culture, tendono a farsi meno cruenti…i costumi più aperti alle possibilità…più tolleranti…non è più il senso dell’onore che sostiene la società, ma, piuttosto, il senso della educazione sociale indotta dalle leggi….dall’istruzione in prevalenza….pur con trend variabile per picchi e avvallamenti.

Qualcuno parla anche di tempi ansiosi, per concorrenza e per formazione e mantenimento di status sociale che non si vule perdere……tempi che potrebbero indurre qualcuno al suicidio più che in altri, ma io credo che, nonostante il brutto momento di crisi economica, considerando più vasti lassi di tempo, i suicidi vadano diminuendo.
Invero bisognerebbe disporre di tabelle statistiche estese da cui estrapolare un trend su tempi lunghi…superante certi intervalli solo quinquennali.
...che poi trovo strano che per lo piu' i suicidi e le uccisioni non abbiano riferimento economico, ma, per la gran parte, passionale!

Ultima modifica di ulysse : 24-05-2013 alle ore 20.06.27.
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Vecchio 24-05-2013, 22.25.26   #19
gyta
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Premetto che penso che il suicidio sia qualcosa di cui a livello psicologico sia del tutto irrazionale esprimere giudizi di sanità razionale e che semmai andrebbe compreso nel suo significato sociale, ossia nel rapporto che si determina tra modello culturale e sentimento individuale di se stessi, dunque del proprio valore. Allora forse arriveremmo a capire che non è una mancanza di denaro che determina il suicidio, ma l'effetto che ha questa mancanza sulla considerazione del valore che l'individuo ha di se stesso secondo i modi di esclusione che una determinata cultura sociale prestabilisce e ai quali educa. E' poi ovvio che ogni individuo ha un diverso grado di resistenza e indipendenza dalle "attese" dei contesti sociali (quella che qui è stata detta "debolezza" dei soggetti), ma è altrettanto ovvio che vi sono contesti sociali che sommamente promuovono questa debolezza come dipendenza e certamente l'attuale società occidentale che ormai è diventata modello planetario, è tra quelle che più preme in tale direzione. L'individuo va mantenuto in un perenne stato di dipendenza infantile sia a livello psichico che materiale affinché sia costretto, pena la minaccia di eliminazione (meglio se realizzata come auto eliminazione che è meno costosa) per spingerlo costantemente a svolgere il suo ruolo terminale del meccanismo: quello di consumatore insaziabile di prodotti affinchè si possa produrre sempre di più. A volte capita che l'individuo, più che capire, senta la miseria profonda di questo ruolo terminale e proprio perché la sente, ma non la comprende per tale, cada in depressione e a volte si suicidi invece di lasciarsi semplicemente morire prolungando la sua sempre più lunga agonia biologica privata di ogni senso e significato.

I fenomeni depressivi, insieme al tasso di suicidi, infatti hanno raggiunto la loro massima diffusione proprio nelle società che consideriamo tecnologicamente più avanzate (quindi tecnologicamente più dipendenti) e socialmente più evolute alla luce di quello che noi oggi riteniamo che questo significhi. Togliersi la vita oggi significa solo portare alle estreme conseguenze il proprio stato depressivo determinato dal sentimento prevalentemente inconscio della propria totale inadeguatezza a vivere e quindi a riconoscersi, inadeguatezza che è necessaria per determinare un'assoluta dipendenza esistenziale dal mezzo tecnico che promette di risolvere tutti i problemi, ma non li risolve mai, perché se davvero li risolvesse l'imprescindibile comandamento a crescere che è implicito nella volontà di potenza tecnica verrebbe disatteso.

Il suicidio nel nostro mondo attuale è dunque la conseguenza di un'insensatezza di base che continuamente illude di soddisfazioni, mentre di fatto esige una radicale infelicità: la frusta a fronte del miraggio della carota continuamente riproposta in mille forme rutilanti davanti agli occhi attoniti del somaro che quando sente questa sua condizione di profondo malessere senza comprenderla, poiché gli sono stati tolti tutti i mezzi culturali per comprenderla, si suicida.

(Maral)

E questi mezzi per comprenderla di certo non potremmo attenderli da quel medesimo sistema di meccanicismo disumano che ci ha consegnato l’insensatezza del vivere [del sopravvivere], non possiamo certo attendere che maturi una forza di coscienza collettiva, la risposta urge immediata ed individuale. E francamente le risposte riguardo la dignità e la qualità della vita -persino la sopravvivenza- sono da sempre state risposte individuali, la maturazione di una coscienza collettiva in grado di contrastare un pensiero dominante malato è sempre partita da risposte individuali di chi ha avuto il coraggio di opporsi in prima persona ad un sistema di pensiero che sentiva opprimente e letale. Col senno del poi li si è chiamati anarchici, liberi pensatori, saggi e quant’altro, ma la maggior parte di chi ha condotto la lotta è rimasto un nome sconosciuto fra i tanti di quelli che, sempre col senno del poi, abbiamo creduto non facessero la storia. Questo dovrebbe rammentarci una volta di più che non sempre ciò che sembra essere è. Una coscienza sociale politica umana è la somma delle scelte individuali portate avanti da chi sembra non fare affatto la storia, l’autentico voto (e volto) dell’elettorato non è la crocetta segnata alla preferenza ma ben altra croce il cui peso decidiamo di non trascinarci più appresso: se l’imperativo della prepotenza ci consegna alla fame non gli consegneremo anche una miseria che non ci appartiene. Forse presto ci si renderà conto che non è necessario appellarsi alla santità o a un Dio affinché la dignità non sia consegnata come trofeo ad un’apparente vittoria destinata inesorabilmente a corrodere se stessa. Qualcuno penserà che le parole e le intenzioni non fanno le sorti del mondo, beh, si sbaglia: attraverso le parole e le intenzioni, creiamo e disfiamo il mondo dal di dentro. Nulla può esistere di più radicale. Nessuna azione è più potente della nostra coscienza prospettica. Il potere è radicale non una questione di numeri.
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Vecchio 28-05-2013, 22.48.32   #20
maral
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
A me pareva ovvio , ma già che mi ci fai pensare, direi che si possono dire “razionali” quei logicismi che, nella nostra mente, operano su entità che diciamo vere e concrete…reali… perchè conformi al sistema di entità e valori vigente…sia esso fisico o psichico e culturale.

Se, per colpi di sventura, il logicismo che si insinua nelle nostra mente comincia a operare su sistemi di valori fuori dalla cultura e morale corrente, comunque al di fuori delle entità vere e reali del nostro mondo fisico ed etico allora si può dire che entriamo nella irrazionalità e tutto può accadere e sembrare logico anche se non lo è…per lo meno… che non lo è nel nostro sistema di valori scaturito, con alti e bassi, da una linea evolutiva fisico-psichico-culturale che si perde nella notte dei tempi.

Quindi, per lo più, chi è suicida per colpi di ventura, non è pazzo…i suoi logicismi operano correttamente e lucidamente, ma operano su entità deformate dalla emozione e disperazione di un futuro, entità deformate rispetto al sistema di valori correnti che hanno invece a riferimento la pulsione al sopravvivere futuro….comunque in riferimento alla speranza, al vantaggio proprio, della specie e del contratto sociale che, coscienti o incoscienti che ne siamo, non possiamo che contrarre con la comunità…se in comunità viviamo.

Sicuramente la follia si manifesta come forma di disadattamento sociale da cui ne consegue l'esclusione che si riflette come causa di profonda sofferenza nel soggetto stesso, ma mi pare del tutto inappropriato riferire la realtà al sistema di valori culturali e morali correnti che comunque sono solo prodotti di una rappresentazione. Come giudicheremmo allora chi in una società nazista si oppone, magari solo e isolato, al nazismo? O chi dissente in una cultura di stampo stalinista fino a manifestare la propria dissidenza con il suicidio? Irrazionale? O non è piuttosto irrazionale quel sistema di valori correnti ancorché siano largamente condivisi e dunque è irrazionale chi li sostiene vi si adegua in ossequio alla maggioranza?
Il 16 gennaio 1969, uno studente di filosofia, Jan Palach, si diede fuoco in piazza San Venceslao a Praga per protestare contro la cappa del comunismo restaurato dai carri armati del Patto di Varsavia e risvegliare con quel gesto il sentimento di ribellione ormai sopito nella maggior parte della popolazione che si stava adeguando dopo i sussulti di una Primavera ormai morta. Fu quello semplicemente un atto irrazionale perché andava contro la morale corrente? Fu l'atto di una persona insana in preda alle proprie incontrollabili emozioni? Di una persona ingrata che suicidandosi si sottraeva ai doveri di riconoscenza verso la patria socialista in cui era comunque nato, cresciuto, educato e inserito in un contesto sociale appropriato e anche con notevoli prospettive se avesse saputo adeguarsi?
Jan Palach, per attuare il suo proposito irrazionale sottraendosi al suo dovere di gratitudine verso quel contesto sociale che comunque gli aveva permesso fino a quel momento di vivere aveva imitato una pratica in uso in Oriente, soprattutto tra i monaci buddisti. Ma allora se vi sono contesti sociali in cui il suicidio in condizioni estreme (protesta, fallimento) manifesta un valore culturale è irrazionale chi, trovandosi in quelle condizioni, non si suicida in quanto non si adatta ai valori correnti di quel contesto?
Per questo ribadisco che ogni giudizio in merito al suicida è assurdo, del tutto inappropriato e fuorviante. E' lecita solo la comprensione del sentimento, della disperazione che ad esso può portare, se ancora ne siamo capaci (sempre meno comunque, perché sempre più siamo immersi nella nostra reciproca, disumana estraneità).
Comunque che la vita mi appartenga o meno, che sia o meno un dono di una qualche forma di trascendenza (di qualsiasi trascendenza si tratti religiosa, sociale o quant'altro) ritengo che sia al singolo individuo, al suo personale sentirsi, che essa è stata data in personale e completo affidamento e nessuno ha mai il diritto di metterci becco, per la semplice ragione che nessun altro è in quella mente e in quel corpo che vive quei sentimenti, né ha alcun diritto ad avanzare pretese di gratitudine in nome di qualsiasi trascendenza. Può solo cercare di comprendere o, se non ci riesce, almeno tacere di fronte a un atto così estremo. Questa è l'unica cosa razionale che chi è spinto da smanie di giudicare può fare: astenersi dal giudicare.
maral is offline  

 



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