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Vecchio 18-05-2013, 17.57.51   #1
CVC
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Suicidio, extrema ratio o languore?

Credo sia di estrema attualità il tema del suicidio, soprattutto perchè a fronte dell'incredibile numero di persone che si tolgono la vita in conseguenza a rovesci finanziari, io non ho sentito, non se so per mia sordità, alcuna presa di posizione dell'opinione pubblica. Viste le dimensioni che sta assumendo il fenomeno forse ci si sarebbe potuta attendere una certa esortazione alla riflessione da parte di qualche figura istituzionale, invece niente. Ne il presidente della repubblica, ne la chiesa e nemmeno un qualche santone dei talk show
Ma aldilà del gelo dell'indifferenza con cui è accolta questa realtà, come giudichiamo moralmente il suicidio?
Personalmente ritengo che se è comprensibile che una persona condannata da una malattia terminale o tenuta in vita artificialmente abbia il diritto di dire basta, non credo invece che i problemi economici, per quanto possano essere gravi o avvilenti, debbano determinare un tale gesto.
Spesso mi chiedo come mai tanta gente che ha vissuto periodi difficili, come la guerra ed il dopoguerra, abbia trovato sempre la forza di andare avanti e si sia fatta forza di fronte alle difficoltà, mentre oggi la povertà appare un male intollerabile, tanto che le viene preferita la morte.
Forse si è diffusa, nella società dei nostri tempi, l'idea che la povertà sia una malattia, e non una condizione che possa avere anche dei risvolti positivi. Basti pensare agli asceti, che scelgono volutamente la povertà perchè per loro è condizione per una vita spiritualmente migliore.
Questo papa mi sembra che abbia dato segnali incoraggianti in questo senso, ma riguardo alla questione dei suicidi mi sarei aspettato una presa di posizione più perentoria da parte della chiesa.
Credo sia il momento di restituire un pò di dignità alla condizione della povertà, che da molti è stata considerata la cura per un animo tranquillo.
Forse dovrebbe tornare in voga qualche antica usanza, come quella di vivere ogni tanto qualche giornata da poveri, così da non temere quella condizione conosciuta in precedenza.
CVC is offline  
Vecchio 19-05-2013, 15.38.37   #2
acquario69
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Credo sia di estrema attualità il tema del suicidio, soprattutto perchè a fronte dell'incredibile numero di persone che si tolgono la vita in conseguenza a rovesci finanziari, io non ho sentito, non se so per mia sordità, alcuna presa di posizione dell'opinione pubblica. Viste le dimensioni che sta assumendo il fenomeno forse ci si sarebbe potuta attendere una certa esortazione alla riflessione da parte di qualche figura istituzionale, invece niente. Ne il presidente della repubblica, ne la chiesa e nemmeno un qualche santone dei talk show
Ma aldilà del gelo dell'indifferenza con cui è accolta questa realtà, come giudichiamo moralmente il suicidio?
Personalmente ritengo che se è comprensibile che una persona condannata da una malattia terminale o tenuta in vita artificialmente abbia il diritto di dire basta, non credo invece che i problemi economici, per quanto possano essere gravi o avvilenti, debbano determinare un tale gesto.
Spesso mi chiedo come mai tanta gente che ha vissuto periodi difficili, come la guerra ed il dopoguerra, abbia trovato sempre la forza di andare avanti e si sia fatta forza di fronte alle difficoltà, mentre oggi la povertà appare un male intollerabile, tanto che le viene preferita la morte.
Forse si è diffusa, nella società dei nostri tempi, l'idea che la povertà sia una malattia, e non una condizione che possa avere anche dei risvolti positivi. Basti pensare agli asceti, che scelgono volutamente la povertà perchè per loro è condizione per una vita spiritualmente migliore.
Questo papa mi sembra che abbia dato segnali incoraggianti in questo senso, ma riguardo alla questione dei suicidi mi sarei aspettato una presa di posizione più perentoria da parte della chiesa.
Credo sia il momento di restituire un pò di dignità alla condizione della povertà, che da molti è stata considerata la cura per un animo tranquillo.
Forse dovrebbe tornare in voga qualche antica usanza, come quella di vivere ogni tanto qualche giornata da poveri, così da non temere quella condizione conosciuta in precedenza.


argomentare sul suicidio e' una questione molto delicata e molto personale,entrarci dentro e' difficile come per un elefante in una stanza piena di cristalli e comunque penso che tra coloro che hanno scelto di suicidarsi per gravi motivi economici abbiano basato tutta la loro esistenza sui falsi valori materiali,quando poi questi vengono a mancare inevitabilmente tutto il mondo gli crolla addosso perche coincideva perfettamente con la loro identità,ne era un tutt'uno...credo che la loro "forza" era appunto basata su cio che avevano,anziche' sull'essere (anche senza avere).
un altro fattore secondo me significativo...e qui mi rifaccio alla tua riflessione di quando nei tempi difficili del dopoguerra le persone se pur negli stenti conservava una dignità e una forza che forse noi oggi nemmeno riusciamo piu ad immaginare...e' che appunto la povertà veniva sentita diversamente e sicuramente cera anche un supporto esterno che aiutava a convertire la disperazione di coloro che oggi si sentono completamente soli,abbandonati e in ultimo senza speranza...e' innegabile che la povertà e' brutta e pure parecchio,forse pero' esiste anche un altro tipo di povertà associata alla solitudine,al senso di abbandono e alla mancanza di solidarietà.
acquario69 is offline  
Vecchio 19-05-2013, 20.14.49   #3
CVC
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Originalmente inviato da acquario69
e' innegabile che la povertà e' brutta e pure parecchio,forse pero' esiste anche un altro tipo di povertà associata alla solitudine,al senso di abbandono e alla mancanza di solidarietà.
Peggio della povertà è la paura della povertà. E' difficile, almeno in Italia, vedere persone che muoiono di stenti. Molte più persone, invece, muoiono per la paura degli stenti.
Bisogna ricordarsi che non si vive di solo pane, che se non c'è più nessun appiglio spirituale non c'è più nemmeno la forza di reagire alle difficoltà.
CVC is offline  
Vecchio 19-05-2013, 20.32.50   #4
ulysse
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Suicidio: male della società...non piu' opulenta!
Ma credo che l'ida della bella e confortevole povertà sia un'idea un pò balzana: la chiesa la esaltava un tempo perchè era un modo per sottomettere il popolo credulo e rassegnato, sempre oberato da balzelli e prepotenze, ai ricchi e potenti dominanti.

Papa Francesco predica la povertà?...puo' essere!...io direi di aspettarlo alla prova dell'IMU.

Comunque è un fatto che chi è povero sta male...e tanto piu' sta male nella attuale società di ricchi o pseudotali con welfare decrescente...ove il consumismo è comunque esaltato...niente di strano che ci si possa sentire inadeguati.

E nemmeno se ne può fare a meno, del consumismo, dato che la salvezza economica, per lo meno quella contingente, sta proprio nel consumismo: se nessuno spende, nessuno vende, nessuno produce, nessuno lavora!
Aspettiamo che il governo, la BCE, la mano di Dio... diano l'innesco!

Per i suicidi a me pare che vengano annunciati dai media...e, giustamente, non con troppo clamore: non vorrei scoppiasse una psicosi emulativa...se già non c'è!

Anche è da evitare quella che sarebbe una facile strumentalizzazione politica.

Ritengo che la valutazione personale circa il vivere o meno sia sempre di carattere relativo e non assoluto per cui nessuno, se non nei casi estremi di deficienza biologica (eutanasia) con impossibilità a vivere degnamente, puo' farsene una idea oggettiva

Ne consegue che il suicidio è condannabile ed è chiaramente condannato sia sul piano civile che religioso e tanto più sono condannabili i pazzi che uccidono prima di uccidersi: è chiaro che, per tali eventi, viene meno la speranza e la fiducia in una vita che si ritiene non valga piu' la pena vivere nè per sè nè per i propri cari, ma è solo idea soggettiva e psicotica.

Certo che, in genere, quando si passa dal peggio al meglio...fase economica ascendente, si tende a reagire.
Quando, invece, in fase economica discendente, si passa dal meglio al peggio, si tende alla depressione ed alla psicosi.

Occorre però vedere e indagare quanto in tali pensieri e decisione finale interferisce e influisce una psicosi in essere o latente: chiaramente la psicosi nasce da deleterie situazioni e condizioni di vita...che oggi si fa sempre piu' grama.

Anche qui la cosa deve essere compresa...non tanto per giustificare...una giustificazione la trovi sempre! Ma per sopperire alle deficienze di carattere sociale o personale e sentimentale che potrebbero portare le menti piu' esposte e meno coriacee alla psicosi ed all'idea del suicidio.
ulysse is offline  
Vecchio 20-05-2013, 10.33.17   #5
paul11
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

La mia premessa è che ritengo impossibile il giudizio di valore sul suicida: dire se sia giusto o sbagliato.
Lo ritengo semmai una sconfitta umana e morale di una comunità quanto lo è assistere ancora nella nostra contemporaneità a morire di fame e di sete.
La differenza fra il suicida e il morire di fame e sete sta nel primo caso nel disagio e nel secondo nella difficoltà.

Se la difficoltà è rimediabile in quanto appartiene alla logica delle cause e degli effetti e quindi dell’estrema conseguenza ed è materiale, nel disagio c’è qualcosa che appartiene all’”anima”, alla “psiche” , all’intimità più profonda che almeno per quanto mi riguarda, è impossibile da vedere se non nella soggettività e in quanto tale ognuno “filtra” dal proprio punto di vista.

Si può fare solo un’analisi parziale, antropologica, sociologica,ecc.

Penso che le questioni finanziarie familiari siano divenute ,al giorno d’oggi, più importanti di un tempo.
Sono fonti di separazioni e divorzi e di disintegrazione familiare.
Paradossalmente forse ( e ribadisco il forse perché so che mi sto addentrando in “qualcosa che è più grande di me”)
è proprio l’attaccamento familiare che induce al responsabile “finanziario” a sopprimere se stesso e l’intera famiglia.
Al giorno d’oggi è diventata un’”onta” scendere di livelli od i”status” sociale e questo tanto più si è ricchi(piccoli imprenditori insegnano).

E’ accaduto che il sistema di valori, i riferimenti morali ,sono mutati.
Oggi la dignità=status sociale, ieri era più legata alle relazioni parentali, alle gerarchie familiari.
Il passaggio dalla società agricola a quella industriale e infine al post moderno con il post industriale ha messo in crisi i sistemi di valori e relazioni sociali sia nella famiglia che nella società.
Come ha riferito Ulysse ad esempio l’anziano che nella società agricola era il tesaurizzatore della saggezza in quanto legata alla esperienza, al giorno d’oggi i ritmi di vita non più legati alla natura “agricola” , ma cadenzati dalla velocità economica finanziaria rendono obsolete le conoscenze di ieri, pensiamo solo al computer e tutte le apparecchiature informatiche: oggi è l’aggiornamento e la formazione continua che fanno testo, ad esempio il medico chirurgo che deve essere aggiornato sulle tecniche d’intervento sempre meno invasive. Oggi rincorriamo la velocità delle scoperte e invenzioni.

Tutto ciò rende l’uomo più ansioso perché deve sempre essere “all’altezza “ del mondo competitivo.
Perdere il lavoro ad esempio , purtroppo, diventa essere espulsi dal “sistema”. Il sentirsi emarginati e disadattati in una cultura che ha fatto della competizione, dello status sociale, dei simboli del consumo , il suo principio ispiratore, diventa tragedia, vergogna, tradimento, perdita di dignità.

Sono d’accordo con Ulysse sulla “moda della povertà", che già da qualche tempo affiora dagli strati “radical chic”, da quelli che stanno bene economicamente tanto per esere chiari.
Quando vedrò i Rockfeller i Rotchild e finanzieri mondiali che accettano la povertà come scelta di vita , li seguirò volentieri: ma a loro il primo passo. Perché oggi assisto esattamente al contrario.

“Quella povertà” dei tempi andati era costruita sui cortili e sulle case a "ringhiera", dove la chiave d’ingresso della casa stava sullo stipite della porta e nessuno rubava nonostante tutti sapessero(perchè c’era ben poco da rubare) e dove se qualcuno avesse avuto bisogno dello zucchero ad esempio si affacciava sul balcone e chiedeva: c’era ancora una solidarietà sociale e tutti si conoscevano
Oggi siamo chiusi da porte blindate a quattro mandate e non conosciamo il dirimpettaio del pianerottolo
Il dramma quindi, se non è condiviso se non viene socializzato e comunicato e in quanto tale com-preso, diventa tragedia individuale e familiare, nel chiuso di un appartamento, perché quello è il perimetro geografico del limite del nostro tempo:il paradosso dell'allargamento dei confini nella globalizzazione e il ristringimento dei perimetri emotivi/affettivi

Ultima modifica di paul11 : 20-05-2013 alle ore 14.44.08.
paul11 is offline  
Vecchio 20-05-2013, 15.31.01   #6
CVC
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Originalmente inviato da ulysse

E nemmeno se ne può fare a meno, del consumismo, dato che la salvezza economica, per lo meno quella contingente, sta proprio nel consumismo: se nessuno spende, nessuno vende, nessuno produce, nessuno lavora!

Ma come la mettiamo con la crescente richiesta di risorse anche da parte di paesi ex terzo mondo - Cina, India ora forse anche Brasile – e con la crescente scarsità delle stesse?
Il consumismo è stato lo strumento dell'economia industriale in cui vale l'equazione
+ produzione = + ricchezza. Tale sistema è riuscito ad ovviare al problema della saturazione dei mercati introducendo i falsi bisogni nel nostro stile di vita. Ma quando le risorse saranno insufficienti (saremo in 9 miliardi nel 2050 se non erro), che ne sarà del sistema economico globale industrializzato basato sulla produzione?
Io vedo due alternative: o consumiamo meno o ci sarà la guerra per le risorse

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Tutto ciò rende l’uomo più ansioso perché deve sempre essere “all’altezza “ del mondo competitivo.
Perdere il lavoro ad esempio , purtroppo, diventa essere espulsi dal “sistema”. Il sentirsi emarginati e disadattati in una cultura che ha fatto della competizione, dello status sociale, dei simboli del consumo , il suo principio ispiratore, diventa tragedia, vergogna, tradimento, perdita di dignità.

E' la psicologia del denaro che ci rende competitivi, perchè grazie al denaro tutto ha un prezzo, e senza denaro niente ha valore. Un uomo senza lavoro è un uomo senza denaro, quindi un uomo senza valore.
Forse come disse qualcuno il denaro è il Dio dei giorni nostri, e tanta gente che pensa sia ridicolo credere in Dio, trova invece del tutto naturale inchinarsi a questa nuova divinità.
CVC is offline  
Vecchio 20-05-2013, 19.37.56   #7
Soren
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

è una divinità molto concreta oltre che suadente. La gente tende ad ignorare quello che non ha un significato concreto all'interno della propria vita. Sociologicamente, almeno secondo la teoria parsonsiana ( a mio parere fallibile, ma comunque un crocevia altamente "operativo" per l'analisi ) il denaro è il mezzo d'interscambio generalizzato per la categoria stessa dei mezzi. Il mezzo dei mezzi! mi sembra facile capire perché la gente vi dia tanta importanza. Oggi che il lavoro in proprio è quasi del tutto scomparso, l'autosostenimento - letterale, il procacciarsi o coltivare da sé quel che si mangia - tutti i bisogni passano attraverso il denaro, includendo così spesso anche quelli affettivi, per logica consequenziale: se le attività attraverso cui i rapporti si costruiscono hanno un alto quoziente consumistico, chi ha meno soldi da spendere si vede tagliato fuori anche dalla socializzazione con chi ha una maggiore disponibilità. Per cui anche i bisogni più umani oggi necessitano del denaro per nascere e prosperare, tranne che ovviamente tra i meno abbienti - che, in un certo senso, come tu ( CVC ) hai già echeggiato all'inizio, sono i meno suscettibili di suicidio, mentre chi ha uno status sociale più elevato casca più facilmente nella trappola, perché scopre che, con meno denaro, calano anche le risposte affettive - si perdono amici e pure, talvolta, la famiglia ( o forse anche più spesso! non avendo dati, non saprei stimare i casi ). Un altro punto secondo me che incide particolarmente è che vivere una realtà del genere, dove il proprio valore morale - umano - viene annullato a confronto con quello economico, può generare un livello ancora più alto del semplice abbandono di ansia e depressione, perché appunto dove la motivazione di questo è proprio la carenza pecuniaria, si è costretti a scontrarsi con una realtà molto dura e cruda, cioè comprendere che la propria persona è stata ridotta ad un mero agente impersonale di un sistema economico - in tutti i suoi aspetti. Non è il singolo evento a colpire ma l'intera catena che questo mette in moto che, secondo me, priva la gente della fiducia nel futuro, siccome nulla è "al sicuro" dal fallimento e soprattutto il successo dipende dal denaro. Oltre a questo va detto che i media di tutto il mondo fanno il possibile per diffondere quest'immagine secondo cui il denaro fa l'uomo di successo, o che una piena autorealizzazione possa essere raggiunta solo attraverso un cospicuo stipendio e ciò che ne viene, anziché dalla qualità e dalla compiutezza dei rapporti umani. E chi probabilmente ha fondato il proprio stile di vita e di pensiero su questo criterio di potenza economica, rendendo tributi al capitalismo vittorioso e allacciando legami all'interno di tale sistema pervertito, qualora la perda e si trovi ad identificarsi con chi ha guardato con disprezzo per lungo tempo e chiamato fallito, non possa sopportare ciò che vede.
P.s volevo anche fare una segnalazione, magari un po ot - ma gli spunti che fornisce sono tanti. Recentemente un comico italiano si è messo a sfornare video con un alto contenuto filosofico/sociologico che secondo me qualche utente qui potrebbe trovare godibile, tal Natalino Balasso... ve ne linko uno, tra l'altro a tema, nel caso aveste voglia di farvi qualche risata amara. A mio parere, sono molto belli e danno parecchio da riflettere, oltre che a fare ridere :P ( http://www.youtube.com/watch?v=KFZZBIpfdwY )
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Vecchio 21-05-2013, 13.07.35   #8
CVC
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Soren, come dice Simmel il denaro da mezzo per un fine diventa poi un fine esso stesso.
Chi si ritrova senza soldi non si ritrova senza mezzi ma senza un fine. Da qui nasce la disperazione, disperazione che viene da un'errata concezione del denaro. Lo stesso si riscontra in finanza dove si cerca di usare il denaro per produrre altro denaro e non per produrre il lavoro.
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Vecchio 21-05-2013, 19.58.49   #9
ulysse
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Riferimento: Suicidio, extrema ratio o languore?

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
La mia premessa è che ritengo impossibile il giudizio di valore sul suicida: dire se sia giusto o sbagliato.
Ovviamente, per quanto comprensibile per la nostra "pietas", è sbagliato: sbagliato socialmente/moralmente (c'è un contratto sociale con la comunità!) e come sfregio alla speranza di vita che è in noi profondamente radicata...quando siamo sani.

Chi giunge al suicidio, infatti, non è più razionalmente sano: gli eventi tragici che lo hanno colpito hanno distorto il suo sistema di valori.
ed è vero quanto dice di seguito paul11:
Citazione:
Lo ritengo semmai una sconfitta umana e morale di una comunità quanto lo è assistere ancora nella nostra contemporaneità a morire di fame e di sete.
La differenza fra il suicida e il morire di fame e sete sta nel primo caso nel disagio e nel secondo nella difficoltà.
Dico però che una mente razionlmente forte sa resistere alle difficolta e sa sperare di risolverle..soprattutto se alle difficoltà è abituato...qualunque sia il livello di povertà o di ricchezza: anche i ricchi si suicidano ...a volte!...anche senza diventare poveri.
Citazione:
Se la difficoltà è rimediabile in quanto appartiene alla logica delle cause e degli effetti e quindi dell’estrema conseguenza ed è materiale, nel disagio c’è qualcosa che appartiene all’”anima”, alla “psiche” , all’intimità più profonda che almeno per quanto mi riguarda, è impossibile da vedere se non nella soggettività e in quanto tale ognuno “filtra” dal proprio punto di vista.
Infatti occorre essere temprati...è come una sorta di educazione e formazione alla vita, al rigore, alle difficoltà, alla fiducia nel sapersela cavare comunque.
Formazione che, nei ragazzi avvolti nella bambagia delle utime generazioni, è mancata e ancora manca: la cosa è cominciata col libro del famoso pediatra USA dott. Spock: libro del 1946 in prima ed. USA

Per le antiche generazioni (prima del dott. Spock) la vita era assai più grama ed i colpi di fortuna o sfortuna assai più frequenti, eppure mi sà che i suicidi erano assai meno dell'attuale periodo: ci si attaccava alla vita con le unghie coi denti!
Citazione:
è proprio l’attaccamento familiare che induce il responsabile “finanziario” a sopprimere se stesso e l’intera famiglia.
Al giorno d’oggi è diventata un’”onta” scendere di livellO o di ”status” sociale e questo tanto più si è ricchi (piccoli imprenditori insegnano).
Darei una minore importanza al livello di "status sociale", che è tanto meno importante proprio per i piccoli imprenditori...che, in fondo, sono rimasti operai e socializzano coi dipendenti: è il caso del 95% delle nostre imprese sempre al di sotto dei 15 dipendenti...ove l'imprenditore mescola gli affari col lavoro d'officina
Allo status sociale sono più attaccati i ricchi per tradizione...che oramai in Italia vengono a mancare: la Confindustria (grandi aziende) non ha più il potere di una volta...prevalgono le associazione delle piccole aziende...magari diverse associazioni per le diverse tipologie.

Comunque la principale causa, oggi, dei gesti sconsiderati di alcuni piccoli imprenditori sembra essere costituito dal sentire e amplificare oltre misura, il peso ed il rimorso del gettare sul lastrico (magari per propria supposta incapacità) i dipendenti amici e le loro famiglie...oltre alla propria...oberata di debiti...altro che status sociale!!!.
Citazione:
Sono d’accordo con Ulysse sulla “moda della povertà", che già da qualche tempo affiora dagli strati “radical chic”, da quelli che stanno bene economicamente tanto per esere chiari.
Quando vedrò i Rockfeller i Rotchild e finanzieri mondiali che accettano la povertà come scelta di vita , li seguirò volentieri: ma a loro il primo passo. Perché oggi assisto esattamente al contrario.
Ottimo!
Citazione:
“Quella povertà” dei tempi andati era costruita sui cortili e sulle case a "ringhiera", dove la chiave d’ingresso della casa stava sullo stipite della porta e nessuno rubava nonostante tutti sapessero(perchè c’era ben poco da rubare) e dove se qualcuno avesse avuto bisogno dello zucchero ad esempio si affacciava sul balcone e chiedeva: c’era ancora una solidarietà sociale e tutti si conoscevano
Oggi siamo chiusi da porte blindate a quattro mandate e non conosciamo il dirimpettaio del pianerottolo
Il dramma quindi, se non è condiviso se non viene socializzato e comunicato e in quanto tale com-preso, diventa tragedia individuale e familiare, nel chiuso di un appartamento, perché quello è il perimetro geografico del limite del nostro tempo:il paradosso dell'allargamento dei confini nella globalizzazione e il ristringimento dei perimetri emotivi/affettivi
E' vero! Ma non facciamo i "laudatores temporis acti!"
Oggi siamo demograficamente cresciuti di numero ed ognuno vuole la propria casa!
Quella solidarietà di cortile, di ringhiera, ha dovuo sostituisrsi con la solidarietà di sindacato (oggi, invero, non più tanto) e...di azienda...quelle che non hanno delocalizzato!
Però abbiamo il welfare!
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Vecchio 21-05-2013, 20.36.32   #10
ulysse
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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Soren, come dice Simmel il denaro da mezzo per un fine diventa poi un fine esso stesso.
Ma non è questione di scambiare i fini coi mezzi e viceversa: il danaro, ovvimente non può essere che un fine...il primo fine... dato che è alla base degli ulteriori fini da raggiungere... che senza danaro non si raggiungerebbero: chiaro no?

Quando era il potere (i possedimenti) che apriva tutte le porte allora si perseguiva direttamnte il potere: sarebbe come oggi avere tre TV...e oltre.

Oggi è il danaro che apre tutte le porte (oltre alle TV) ed è possibile perseguirlo speculando...cioè col minimo di fatica e di rischio ...per chi ci sa fare...magari a scapito di chi non ci sa fare.

Usare direttamente il danaro per impiantare una impresa con tutti i lacci, laciuoli e balzelli che la cosa comporta sarebbe da pazzi...oltrettutto poi non darebbe neppure i guadagni della speculazione di borsa!

Purtroppo finchè si pretenderà che chi ha danaro lo utilizzi per intenti morali o di utilità altrui, anzichè propria...si andrà poco lontano.

Dovrebbe essere lo stato a tassare le speculazioni di borsa e non le aziende che danno lavoro.
Ma quale stato? ...non esiste lo stato...esiste la globalizazione...e puoi speculare in qualunque borsa...e accreditare danaro in qualunque paradiso fiscale.
Citazione:
Chi si ritrova senza soldi non si ritrova senza mezzi ma senza un fine. Da qui nasce la disperazione, disperazione che viene da un'errata concezione del denaro. Lo stesso si riscontra in finanza dove si cerca di usare il denaro per produrre altro denaro e non per produrre il lavoro.
Ma sembra che quelli che lo fanno e gli va bene non siano così disperati.

Sono disperati quelli che gli va male: a questi non importa di essere rimasti senza fine, ma senza soldi ed è per i soldi perduti, e non per mancanza di fine, che sono disperati.

Comunque il proporsi di dare al danaro una diversa concezione per cui il scegliere la via più adatta per guadagnarne quanto più possibile sarebbe errato...mi parrebbe progetto, forse moralmente apprezzabile, ma disperato.
ulysse is offline  

 



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