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Vecchio 08-09-2013, 18.38.29   #31
donquixote
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Riferimento: Dubbi sull'irrazionalismo

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Che la conoscenza dipenda anche dal conoscente e non solatanto dal conosciuto mi sembra del tutto ovvio e pacifico (come anche l' esistenza di differenze fra le preferenze estetiche nelle diverse culture).
Ma questo non fa delle sensazioni (di per sé) conoscenze.
Chissà quante cose ho visto oggi distrattamente, senza pensarci, senza pensare che le vedevo, e dunque senza sapere (conoscere il fatto) che le vedevo (per esempio mentre andavo e tornavo dal lavoro lungo la solita strada)?
Per conoscenza si intende correntemente la predicazione circa la realtà conforme ad essa.

La conoscenza razionale può benissimo essere (anche) puramente "contemplativa", disinteressata, fine a sè stessa (oltre che pratica-utilitaristica): nessuno può impodirmi di coltivarla in quanto tale!

La conoscenza delle scienze moderne non può essere dimostrata essere oggettiva: lo sono solo a certe condizioni necessarie e non dimostrabili. Ma tantomeno lo possono essere le conoscenze irrazionalmente, acriticamente pretese!

Di fatto a quanto pare le conoscenze scientifiche "funzionano regolarmente, non eccezionalmente" (contrariamente alla magia e alle intuizioni irrazionalisticamente e acriticamente avvertite); nel bene e nel male, ovviamente.
E allora o questo costituisce una serie impressionante di coincidenze fortuite, oppure presenta non trascurabili elementi di oggettività.ù
Le intuizioni irrazionali non ne aìhanno alcuno, esssendo del tutto acritiche, arbitrarie, soggettive per definizione.

Nella frase che ho evidenziato hai proposto un esempio azzeccato, anche se tu lo intendi in maniera diversa. Quello che tu in quell'esempio ritieni non-conoscenza io al contrario la ritengo conoscenza, ed è infatti proprio perché conosci perfettamente la strada che fai per andare e tornare dal lavoro che non ti sei accorto che la stavi percorrendo e non hai avuto bisogno di concentrarti su tutti i particolari del percorso. Tu affermi che Per conoscenza si intende correntemente la predicazione circa la realtà conforme ad essa. ed è indubbiamente vero, ma più correttamente questa non è conoscenza ma solo la sua rappresentazione razionale. Chi conosce di più fra i due: uno che sa a memoria una ricetta complicata con tutte le esatte proporzioni degli ingredienti o uno che sa realizzarla perfettamente "a occhio" senza neanche accorgersi che lo sta facendo? Oppure conosce di più uno che ha letto centinaia di libri su come si scala una montagna e magari soffre di vertigini oppure uno che non ha mai letto un libro ma si sa arrampicare come una capra? La conoscenza è veramente tale quando raggiunge un tale stadio di inconsapevolezza da farla apparire quasi innata, e la sua versione razionale e consapevole è solo un'apparenza di conoscenza e, se ci pensi, non può mai, finché rimane a quel livello, essere definita contemplativa. La conoscenza vera è quindi irrazionale, anche se a volte può partire da una necessaria razionalizzazione, come quando si impara a camminare, o a nuotare, o ad andare in bicicletta. Ma una volta che questa è diventata irrazionale e inconsapevole la sua successiva razionalizzazione anziché renderla più certa otterrà invece l'effetto opposto. In oriente vi è al proposito una significativa storiella che racconta di una rana, e di un millepiedi che andava ad abbeverarsi al suo stagno; la rana era molto incuriosita ed ammirata dal fatto che il millepiedi riuscisse a muovere tutte quelle zampe in maniera così perfettamente coordinata, così pensò di chiedergli come riuscisse a mettere una zampa davanti all’altra senza inciampare: il millepiedi ci pensò e si concentrò sul movimento delle proprie zampe, bloccandosi e non riuscendo più a camminare.
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Vecchio 09-09-2013, 08.14.24   #32
gyta
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Riferimento: Dubbi sull'irrazionalismo

Citazione:
Senza l'astrazione del concetto non credo che le sensazioni-percezioni-intuizioni possano diventare conoscenza
(CVC)

Citazione:
Chi conosce di più fra i due: uno che sa a memoria una ricetta complicata con tutte le esatte proporzioni degli ingredienti o uno che sa realizzarla perfettamente "a occhio" senza neanche accorgersi che lo sta facendo? Oppure conosce di più uno che ha letto centinaia di libri su come si scala una montagna e magari soffre di vertigini oppure uno che non ha mai letto un libro ma si sa arrampicare come una capra? La conoscenza è veramente tale quando raggiunge un tale stadio di inconsapevolezza da farla apparire quasi innata, e la sua versione razionale e consapevole è solo un'apparenza di conoscenza e, se ci pensi, non può mai, finché rimane a quel livello, essere definita contemplativa. La conoscenza vera è quindi irrazionale
(donquixote)

Quello che tu descrivi non è irrazionalità ma naturalezza. Chi sa preparare una torta sa anche quale siano gli ingredienti e come miscelarli potendo all’occorrenza ripetere l’operazione. Anche lo scalatore se lo per davvero e non solo un avventato fortunato sa quale siano i pericoli nascosti ed i modi di aggirarli. Sono assolutamente d’accordo con l’evidenza nell’affermazione di cvc che senza la coscienza mentale le sensazione/percezioni/intuizioni di per sé non costituiscono reale conoscenza ma al massimo solo un passaggio dell’esperienza che diviene coscienza e per tanto conoscenza. Penso che la comprensione di questo punto sia importante, senza nulla togliere alla preziosità delle esperienza mistica che quando sostenuta da una coscienza consapevole diviene allora maturità spirituale. Conoscere di per sé gli ingredienti di per fare una torta, conoscere i pericoli che nasconde un’arrampicata non significa però anche esserne coscienti, diventa coscienza nel momento in cui vanno ad armonizzarsi al nostro bagaglio emotivo divenendo in tal modo usufruibili e solo a questo livello diventano a mio avviso ciò che intendo con conoscenza.

L’irrazionalità non è naturalezza né conoscenza a mio avviso, ma semplicemente è irrazionale qualcosa di cui non conosciamo né abbiamo coscienza del funzionamento.
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Vecchio 09-09-2013, 16.37.29   #33
donquixote
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Riferimento: Dubbi sull'irrazionalismo

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
Quello che tu descrivi non è irrazionalità ma naturalezza. Chi sa preparare una torta sa anche quale siano gli ingredienti e come miscelarli potendo all’occorrenza ripetere l’operazione. Anche lo scalatore se lo per davvero e non solo un avventato fortunato sa quale siano i pericoli nascosti ed i modi di aggirarli. Sono assolutamente d’accordo con l’evidenza nell’affermazione di cvc che senza la coscienza mentale le sensazione/percezioni/intuizioni di per sé non costituiscono reale conoscenza ma al massimo solo un passaggio dell’esperienza che diviene coscienza e per tanto conoscenza. Penso che la comprensione di questo punto sia importante, senza nulla togliere alla preziosità delle esperienza mistica che quando sostenuta da una coscienza consapevole diviene allora maturità spirituale. Conoscere di per sé gli ingredienti di per fare una torta, conoscere i pericoli che nasconde un’arrampicata non significa però anche esserne coscienti, diventa coscienza nel momento in cui vanno ad armonizzarsi al nostro bagaglio emotivo divenendo in tal modo usufruibili e solo a questo livello diventano a mio avviso ciò che intendo con conoscenza.

L’irrazionalità non è naturalezza né conoscenza a mio avviso, ma semplicemente è irrazionale qualcosa di cui non conosciamo né abbiamo coscienza del funzionamento.

No so cosa tu intenda per naturalezza, ma se per caso ti riferisci ad una sorta di conoscenza "innata", appunto naturale, sei fuori strada perchè negli esempi citati non vi è niente di naturale, visto che scalare una montagna o fare una torta o imparare un percorso stradale sono sempre operazioni "artificiose" che non c'entrano con la conoscenza naturale e innata. Quando si impara a nuotare, o a ballare, o a sciare, si è abituati a pensare che vi sia sempre una parte "razionale", dialogica, di questo insegnamento costituita dalle "istruzioni" di base da imparare a memoria e seguire letteralmente, ma questo non garantisce affatto che uno che impara perfettamente un libro a memoria sappia poi anche nuotare, o ballare o sciare, perchè se uno ha paura dell'acqua, o delle pendenze, oppure è rigido come un tronco, non imparerà mai; se io imparo un libro a memoria e poi non so fare per qualche ragione ciò che questo libro insegna posso dire di conoscere? Potro dirlo solo in termini di conoscenza "teorica", che poi è come dire nulla e mi serve solo a far bella figura magari nei consessi accademici. Il bimbo che invece da piccolo segue il padre sui campi di sci o al mare non avrà mai una conoscenza "teorica" dei movimenti che bisogna fare per girare sugli sci o mantenersi a galla in mare, ma imitando il genitore e adeguandosi alle reazioni del proprio corpo lo saprà fare (e quindi lo "conoscerà") molto meglio di colui che passa gli anni in biblioteca prima di mettere un piede sulla neve. La conoscenza razionale è quindi paragonabile alla conoscenza teorica, ma la vera conoscenza (che io preferisco definire "sapienza") si radica nell'inconscio, e solitamente non è razionalizzabile a posteriori se non in via mediata e superficiale, poichè il bambino, anche qualora fosse diventato adulto, non saprà spiegare quali sono esattamente i movimenti del corpo che compie ogni volta che nuota o che scia, e quale sia la loro esatta sequenza.
Tu hai detto giustamente che è irrazionale ciò di cui non abbiamo coscienza del funzionamento, ma non ti sei soffermata a riflettere sul fatto che comunque "funziona". Il fatto di non avere coscienza dei movimenti che un nuotatore provetto compie mentre è in acqua non lo rende un "ignorante" del nuoto, al contrario, e solo un babbeo potrebbe definirlo tale. La conoscenza "irrazionale" è quindi quella che si radica nell'inconscio e che "funziona" mentre si ha coscienza di qualcosa d'altro, come appunto nell'esempio di sgiombo che ha trasformato in "irrazionale" la conoscenza del percorso da casa al lavoro e nemmeno si accorge più che lo sta percorrendo, e può permettersi lungo la strada di essere "cosciente" di tutt'altro.
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Vecchio 09-09-2013, 20.41.49   #34
sgiombo
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Riferimento: Dubbi sull'irrazionalismo

Donquixote:
Nella frase che ho evidenziato hai proposto un esempio azzeccato, anche se tu lo intendi in maniera diversa. Quello che tu in quell'esempio ritieni non-conoscenza io al contrario la ritengo conoscenza, ed è infatti proprio perché conosci perfettamente la strada che fai per andare e tornare dal lavoro che non ti sei accorto che la stavi percorrendo e non hai avuto bisogno di concentrarti su tutti i particolari del percorso. Tu affermi che Per conoscenza si intende correntemente la predicazione circa la realtà conforme ad essa. ed è indubbiamente vero, ma più correttamente questa non è conoscenza ma solo la sua rappresentazione razionale.

Sgiombo:
C' é una differenza a mio parere evidente fra i concetti di “conoscenza” (teorica) e “abilità” (pratica).
Possiedo l' abilità pratica di camminare e i riflessi condizionati che mi fanno percorrere distrattamente, senza pensarci, quella strada, percorrendo la quale vedo (ho una sensazione) per esempio che il negozio del panettiere é chiuso ma non ci “faccio caso” (ho già fatto colazione e per il pranzo ci pensa mia moglie), non vi concentro la mia attenzione, non penso “toh, il negozio del panettiere stamane é chiuso” e dunque non so (non ho una conoscenza) che é chiuso; infatti se mi chiedono se fosse aperto rispondo. “non lo so, non ci ho fatto caso”; o magari “credo di sì, come tutti i giorni” (col che non avrei una conoscenza -id est: una credenza vera- bensì una credenza falsa: quasi il perfetto contrario).



Donquixote:
Chi conosce di più fra i due: uno che sa a memoria una ricetta complicata con tutte le esatte proporzioni degli ingredienti o uno che sa realizzarla perfettamente "a occhio" senza neanche accorgersi che lo sta facendo? Oppure conosce di più uno che ha letto centinaia di libri su come si scala una montagna e magari soffre di vertigini oppure uno che non ha mai letto un libro ma si sa arrampicare come una capra?

Sgiombo:
"Colui che sa a memoria una ricetta complicata con tutte le esatte proporzioni degli ingredienti” e colui che “ha letto centinaia di libri su come si scala una montagna e magari soffre di vertigini” hanno conoscenze (conoscono); colui che “sa realizzare perfettamente a occhio” quel piatto e colui che “non ha mai letto un libro ma si sa arrampicare come una capra” hanno abilità pratiche (sono abili, addestrati).


Donquixote:
La conoscenza è veramente tale quando raggiunge un tale stadio di inconsapevolezza da farla apparire quasi innata, e la sua versione razionale e consapevole è solo un'apparenza di conoscenza e, se ci pensi, non può mai, finché rimane a quel livello, essere definita contemplativa.

Sgiombo:
Non sono d' accordo: quella di cui parli é abilità pratica (per ACQUISIRE -non: per ESERCITARE la quale, se si é molto abili e non si affronta un compito particolarmente difficile e impegnativo) é necessaria anche conoscenza teorica IN ATTO, che però é diversa cosa).
Tale conoscenza necessaria ad acquisire un' abilità pratica non é per definizione “contemplativa”, ma ciò non toglie che sia possibile anche coltivare una conoscenza non affatto pratica e puramente contemplativa: uno che ha la passione dell' astronomia si dota di conoscenze circa le galassie e gli ammassi di galassie e i loro contenuti puramente “contemplativa”, che non applicherà mai in pratica (non farà mai viaggi intergalattici, né utilizzerà mai l' osservazione della Via Lattea o delle Nubi di Magellano per orientarsi sulla terra).



Donquixote
:
La conoscenza vera è quindi irrazionale, anche se a volte può partire da una necessaria razionalizzazione, come quando si impara a camminare, o a nuotare, o ad andare in bicicletta. Ma una volta che questa è diventata irrazionale e inconsapevole la sua successiva razionalizzazione anziché renderla più certa otterrà invece l'effetto opposto.

Sgiombo:
La conoscenza vera é quindi razionale; può essere necessaria ad acquisire abilità pratiche e ad eseguire compiti pratici non del tutto routinari, ma può anche esercitarsi come fine a se stessa (per puro amore di conoscenza).




Citazione:
Originalmente inviato da donquixote
In oriente vi è al proposito una significativa storiella che racconta di una rana, e di un millepiedi che andava ad abbeverarsi al suo stagno; la rana era molto incuriosita ed ammirata dal fatto che il millepiedi riuscisse a muovere tutte quelle zampe in maniera così perfettamente coordinata, così pensò di chiedergli come riuscisse a mettere una zampa davanti all’altra senza inciampare: il millepiedi ci pensò e si concentrò sul movimento delle proprie zampe, bloccandosi e non riuscendo più a camminare.

Sgiombo:
A differenza del millepiedi l' uomo, interrogato sulle proprie abilità pratiche, può benissimo insegnarle ad altri uomini senza per nulla peggiorae le proprie prestazioni (per fortuna!).

Ultima modifica di sgiombo : 10-09-2013 alle ore 08.51.42.
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Vecchio 10-09-2013, 12.00.18   #35
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Citazione:
No so cosa tu intenda per naturalezza, ma se per caso ti riferisci ad una sorta di conoscenza "innata"
(Donquixote)
Se togli il termine “naturalezza” il discorso è ugualmente comprensibile. Per “naturalezza” non intendo altro che l’atteggiamento spontaneo di chi agisce senza una particolare consapevolezza ma per l’appunto spontaneamente.

Una persona può essere in grado di aggirare gli ostacoli della montagna perché quel poco di esperienza che ha nel camminare ed arrampicarsi cosa che gli dona una certa spontaneità di movimento sino a quando però non sarà in grado di cogliere con coscienza il come ed il perché del suo agire e non ne avrà altresì fatto esperienza non sarà in grado di arrampicarsi senza rischiare la propria incolumità fisica in situazioni maggiormente complesse dove la sua apparente sicurezza non sarà sufficiente. Ciò che occorre è che sappia camminare (situazione base della sua spontaneità nel mettere un piede dopo l’altro), che abbia conoscenza teorica del terreno e di come questo influisce sulla sua muscolatura e che quest’ultima conoscenza sia sperimentata nella diretta esperienza. Quest’ultimo passaggio significa portare la conoscenza teorica a contatto del nostro bagaglio mentale ed emotivo e farli dialogare assieme. Il resto del mio discorso non centrale rileggendolo con calma mirando a ciò che è scritto risulta nel contesto comprensibile.
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Vecchio 10-09-2013, 12.46.27   #36
donquixote
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C' é una differenza a mio parere evidente fra i concetti di “conoscenza” (teorica) e “abilità” (pratica).
Possiedo l' abilità pratica di camminare e i riflessi condizionati che mi fanno percorrere distrattamente, senza pensarci, quella strada, percorrendo la quale vedo (ho una sensazione) per esempio che il negozio del panettiere é chiuso ma non ci “faccio caso” (ho già fatto colazione e per il pranzo ci pensa mia moglie), non vi concentro la mia attenzione, non penso “toh, il negozio del panettiere stamane é chiuso” e dunque non so (non ho una conoscenza) che é chiuso; infatti se mi chiedono se fosse aperto rispondo. “non lo so, non ci ho fatto caso”; o magari “credo di sì, come tutti i giorni” (col che non avrei una conoscenza -id est: una credenza vera- bensì una credenza falsa: quasi il perfetto contrario).

Non saprai se il negozio di panettiere è chiuso o meno, ma invece continuerai a "sapere" e quindi a conoscere, il percorso che ti porta a transitare davanti a quel negozio. Forse che possedere l'abilità di fare una cosa non presuppone una sua conoscenza? Come si fa a fare una qualsiasi cosa se non si sa come farla?




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"Colui che sa a memoria una ricetta complicata con tutte le esatte proporzioni degli ingredienti” e colui che “ha letto centinaia di libri su come si scala una montagna e magari soffre di vertigini” hanno conoscenze (conoscono); colui che “sa realizzare perfettamente a occhio” quel piatto e colui che “non ha mai letto un libro ma si sa arrampicare come una capra” hanno abilità pratiche (sono abili, addestrati).

Come sopra. Qualcuno oserebbe dire che un uccello non sa (non conosce come si fa a) volare? Lo sa (e quindi lo conosce) proprio perché lo fa. Se non conoscesse come si fa non potrebbe volare, semplicemente. Il fatto che poi un uccello non riesca a spiegare come riesce a farlo non significa che non lo sappia, ma solo che non è in grado di fornirne una rappresentazione razionale, che è tutt'altra cosa.


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Non sono d' accordo: quella di cui parli é abilità pratica (per ACQUISIRE -non: per ESERCITARE la quale, se si é molto abili e non si affronta un compito particolarmente difficile e impegnativo) é necessaria anche conoscenza teorica IN ATTO, che però é diversa cosa).
Tale conoscenza necessaria ad acquisire un' abilità pratica non é per definizione “contemplativa”, ma ciò non toglie che sia possibile anche coltivare una conoscenza non affatto pratica e puramente contemplativa: uno che ha la passione dell' astronomia si dota di conoscenze circa le galassie e gli ammassi di galassie e i loro contenuti puramente “contemplativa”, che non applicherà mai in pratica (non farà mai viaggi intergalattici, né utilizzerà mai l' osservazione della Via Lattea o delle Nubi di Magellano per orientarsi sulla terra).

La conoscenza razionale (scienza) è una conoscenza finalizzata allo sfruttamento della stessa ai fini umani, e se in qualche caso questo non si può fare è solamente per effettivi limiti pratici. Se scoprissimo che su Venere vi sono immensi giacimenti di petrolio o di diamanti questa non potrebbe essere catalogata come conoscenza contemplativa ma come conoscenza inutile poichè non utilizzabile dall'uomo per sfruttare questi giacimenti a causa della impossibilitá dell'uomo di raggiungere Venere e trasportare qui i suoi "tesori".
La conoscenza contemplativa "vera" è una conoscenza giustificativa, che rende ragione di tutte le cose che vi sono e del loro posto nel mondo, ma non le sfrutta per adeguarle ai desideri e alle aspirazioni umane. Chi contempla si limita a riconoscere gli enti in sè, per quello che sono, e non si domanda "come posso usare questa mia conoscenza per soddisfare un mio desiderio?" e sfrutterá questa sua conoscenza per mantenere o ristabilire gli innumerevoli equilibri dell'universo. Se vedrá un leone in gabbia non andrá quindi a casa a prendere il nipotino per mostrarglielo e "farlo divertire" assicurandosi che la gabbia sia ben chiusa perché "sa" che il leone è pericoloso, ma avendo compreso che quello non è il suo posto cercherá di riportarlo nella savana.


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La conoscenza vera é quindi razionale; può essere necessaria ad acquisire abilità pratiche e ad eseguire compiti pratici non del tutto routinari, ma può anche esercitarsi come fine a se stessa (per puro amore di conoscenza).


Vedi sopra



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A differenza del millepiedi l' uomo, interrogato sulle proprie abilità pratiche, può benissimo insegnarle ad altri uomini senza per nulla peggiorae le proprie prestazioni (per fortuna!).

Nella storiella non si parla di insegnare ma di razionalizzare, ovvero di rendere consapevole una conoscenza inconsapevole come quella del millepiedi. Ognuno di noi per camminare mette in moto una serie di muscoli e di facoltá cerebrali che gli consentono di farlo mantenendo l'equilibrio, ma se ci si concentrasse sul movimento di ogni nostro muscolo e si volesse controllarlo mantenendo la perfetta coordinazione di tutti i movimenti si riuscirebbe a fare forse un passo ogni dieci minuti, o meno, ammesso e non concesso che questo controllo sia possibile. Moltiplica questa operazione per tutte le zampe del millepiedi e avrai il senso della storiella. Nondimeno è possibile spiegare razionalmente quali sono tutti i movimenti del corpo necessari per compiere un passo, e quale la sequenza dei muscoli coinvolti e delle attivitá del cervello necessarie, ma forse per spiegare un solo passo dell'uomo servirebbe un intero testo. La scienza sa (conosce) perfettamente quali sono tutti i minimi movimenti che compiono i muscoli e i tendini e i nervi di una mano, o una gamba, ma quando deve riprodurli costruendo protesi o robot incontra difficoltá enormi e insormontabili, nonostante ognuno di noi sappia perfettamente come muovere una mano o una gamba; come mai accade questo se "conosce" meglio di chiunque altro?.
La scienza ci dice come il ragno forma quel miracolo di perfezione della natura che è la ragnatela, ma l'uomo non sa farla; chi conosce di più: l'uomo che scrive un testo scientifico sui ragni e le ragnatele o il ragno che la fa mentre l'uomo, dopo milioni di tentativi, ne rimane lontanissimo pur "conoscendo", come intendi tu, come si fa?
La conoscenza razionale, che si conserva nelle biblioteche o, adesso, sugli hard disk dei computer, è, ribadisco, solo una rappresentazione superficiale di qualcosa che è radicato in un qualsiasi essere. Se la conoscenza fosse quella delle biblioteche tutti potrebbero andare a leggere e saprebbero fare qualsiasi cosa; ma perchè questo non accade? Mozart conosceva sicuramente bene la musica, ed ha avuto anche molti allievi: ma allora se la conoscenza è razionale, oggettiva e si può comunicare e apprendere perché ognuno di essi non è diventato a sua volta Mozart?
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Vecchio 10-09-2013, 19.21.29   #37
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Riferimento: Dubbi sull'irrazionalismo

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Non saprai se il negozio di panettiere è chiuso o meno, ma invece continuerai a "sapere" e quindi a conoscere, il percorso che ti porta a transitare davanti a quel negozio. Forse che possedere l'abilità di fare una cosa non presuppone una sua conoscenza? Come si fa a fare una qualsiasi cosa se non si sa come farla?






Come sopra. Qualcuno oserebbe dire che un uccello non sa (non conosce come si fa a) volare? Lo sa (e quindi lo conosce) proprio perché lo fa. Se non conoscesse come si fa non potrebbe volare, semplicemente. Il fatto che poi un uccello non riesca a spiegare come riesce a farlo non significa che non lo sappia, ma solo che non è in grado di fornirne una rappresentazione razionale, che è tutt'altra cosa.




La conoscenza razionale (scienza) è una conoscenza finalizzata allo sfruttamento della stessa ai fini umani, e se in qualche caso questo non si può fare è solamente per effettivi limiti pratici. Se scoprissimo che su Venere vi sono immensi giacimenti di petrolio o di diamanti questa non potrebbe essere catalogata come conoscenza contemplativa ma come conoscenza inutile poichè non utilizzabile dall'uomo per sfruttare questi giacimenti a causa della impossibilitá dell'uomo di raggiungere Venere e trasportare qui i suoi "tesori".
La conoscenza contemplativa "vera" è una conoscenza giustificativa, che rende ragione di tutte le cose che vi sono e del loro posto nel mondo, ma non le sfrutta per adeguarle ai desideri e alle aspirazioni umane. Chi contempla si limita a riconoscere gli enti in sè, per quello che sono, e non si domanda "come posso usare questa mia conoscenza per soddisfare un mio desiderio?" e sfrutterá questa sua conoscenza per mantenere o ristabilire gli innumerevoli equilibri dell'universo. Se vedrá un leone in gabbia non andrá quindi a casa a prendere il nipotino per mostrarglielo e "farlo divertire" assicurandosi che la gabbia sia ben chiusa perché "sa" che il leone è pericoloso, ma avendo compreso che quello non è il suo posto cercherá di riportarlo nella savana.





Vedi sopra





Nella storiella non si parla di insegnare ma di razionalizzare, ovvero di rendere consapevole una conoscenza inconsapevole come quella del millepiedi. Ognuno di noi per camminare mette in moto una serie di muscoli e di facoltá cerebrali che gli consentono di farlo mantenendo l'equilibrio, ma se ci si concentrasse sul movimento di ogni nostro muscolo e si volesse controllarlo mantenendo la perfetta coordinazione di tutti i movimenti si riuscirebbe a fare forse un passo ogni dieci minuti, o meno, ammesso e non concesso che questo controllo sia possibile. Moltiplica questa operazione per tutte le zampe del millepiedi e avrai il senso della storiella. Nondimeno è possibile spiegare razionalmente quali sono tutti i movimenti del corpo necessari per compiere un passo, e quale la sequenza dei muscoli coinvolti e delle attivitá del cervello necessarie, ma forse per spiegare un solo passo dell'uomo servirebbe un intero testo. La scienza sa (conosce) perfettamente quali sono tutti i minimi movimenti che compiono i muscoli e i tendini e i nervi di una mano, o una gamba, ma quando deve riprodurli costruendo protesi o robot incontra difficoltá enormi e insormontabili, nonostante ognuno di noi sappia perfettamente come muovere una mano o una gamba; come mai accade questo se "conosce" meglio di chiunque altro?.
La scienza ci dice come il ragno forma quel miracolo di perfezione della natura che è la ragnatela, ma l'uomo non sa farla; chi conosce di più: l'uomo che scrive un testo scientifico sui ragni e le ragnatele o il ragno che la fa mentre l'uomo, dopo milioni di tentativi, ne rimane lontanissimo pur "conoscendo", come intendi tu, come si fa?
La conoscenza razionale, che si conserva nelle biblioteche o, adesso, sugli hard disk dei computer, è, ribadisco, solo una rappresentazione superficiale di qualcosa che è radicato in un qualsiasi essere. Se la conoscenza fosse quella delle biblioteche tutti potrebbero andare a leggere e saprebbero fare qualsiasi cosa; ma perchè questo non accade? Mozart conosceva sicuramente bene la musica, ed ha avuto anche molti allievi: ma allora se la conoscenza è razionale, oggettiva e si può comunicare e apprendere perché ognuno di essi non è diventato a sua volta Mozart?


E’ inutile girarci intorno.

Che per possedere un’ abilità pratica si debbano avere anche conoscente teoriche mi sembra del tutto ovvio, soprattutto (presentemente in atto) nelle fasi di addestramento in cui si impara; conoscente teoriche il cui richiamo alla memoria e all’ attenzione si limita a quando necessario durante l’ uso di tale abilità pratica, cioè soprattutto in casi di particolarmente impegnativi (che tendono ad essere sempre meno frequenti con l’ esercizio).

Ma ciò non toglie che tali conoscenze pratiche si acquisiscano razionalmente, cioè ragionando criticamente (anche circa gli impulsi istintivi, ma non solo), meglio se sotto al guida di insegnanti esperti e non improvvisando acriticamente secondo i dettami immediati dell’ istinto irrazionale (chi si comportasse in questo modo probabilmente si sfracellerebbe ben prima di diventare un alpinista men che mediocre).

Né toglie che la conoscenza (sempre razionale) non sia unicamente pratica (“saper” fare, ovvero “essere capaci di fare”) ma possa benissimo essere anche teorica, “contemplativa” (sapere che): due concetti ben distinti e da non confondere (il primo è anche degli animali, come gli uccelli che “sanno” volare; il secondo solo degli uomini, e a maggior ragione richiede -anche, oltre all’ esperienza- la critica razionale).

Né che la conoscenza (razionale; in particolare scientifica) sia sempre né affatto necessariamente finalizzata allo sfruttamento della stessa ai “fini umani” più disparati, ma può benissimo essere fine a se stessa (conoscere per la gioia e il piacere di conoscere).
E che coltivarla in quanto tale (per pura curiosità di conoscere) implica che non la si impieghi per altri fini mi sembra una banale tautologia.

Conoscere con precisione la fine e dettagliata fisiologia e biomeccanica dei movimenti, e più ancor più riprodurla artificialmente, è molto più difficile che imparare a (= acquisire l’ abilità pratica di) compiere molti di tali movimenti (parte dei quali, come deglutire o respirare, avvengono addirittura istintivamente per una capacità -pratica!- costituente una tendenza comportamentale innata, non acquisita -inevitabilmente con l’impiego anche e soprattutto della ragione- al contrario di tanti altri).
Ciò spiega benissimo, fra l’ altro, perché molti animali possiedano complicatissime abilità pratiche che è difficilissimo riprodurre artificialmente e perché il genio artistico, l’ “ispirazione poetica”, al contrario della tecnica musicale, pittorica o della metrica non si impara ad libitum.

Ultima modifica di sgiombo : 11-09-2013 alle ore 06.32.36.
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Vecchio 11-09-2013, 22.27.49   #38
maral
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Riferimento: Dubbi sull'irrazionalismo

@ sgiombo e donquixote
Trovo molto interessante e complesso questo dibattito se la capacità pratica in sé, anche incosciente, costituisca o meno una vera conoscenza e mi sentirei di propendere per la prima ipotesi. Ma a questo punto dovremmo affermare che è conoscenza non solo quella del ragno che sa tessere la propria tela senza possedere alcuna competenza ingegneristica e chimica, o quella di una pianta che sa crescere in modo da ottimizzare il ricevimento della luce solare rispettando nel contempo le leggi della forza gravitazionale, ma anche quella di un cristallo che costruisce la propria struttura sistemando i propri atomi in un modo incredibilmente stabile, capace di durare per miliardi di anni, ben più di qualsiasi organismo vivente. Tutto questo farebbe pensare a una sorta di intelligenza ontologica immanente o trascendente all'intero universo e nel primo caso certamente inconscia, ma inconsciamente in grado di determinarsi come coscienza incarnandosi in quella forma umana in grado di rifletterla a mezzo della specularità filtrante della ragione.
D'altra parte propendere per l'ipotesi che la vera conoscenza non può prescindere da una consapevolezza frutto di un'elaborazione razionale sembra voler dimenticare che proprio questa coscienza razionale a volte blocca il saper fare mentre così precisamente lo definisce per controllarlo e replicarlo secondo modello astratto. Io posso saper tutto su quali forze è necessario esercitare per mantenermi in equilibrio su una bicicletta eppure non essere capace di mantenermi in equilibrio su una bicicletta, posso conoscere precisamente la sequenza dei movimenti del piede quando cammino in ogni dettaglio eppure ponendo in atto questa sequenza modello non scoprire di non poter più camminare.
Sembra allora che se per la sapienza pratica l'ottimo funzionale è non sapere di sapere e per quella teorica è sapere di non sapere di socratica memoria, la conoscenza vera consista nel il riconoscimento degli imprescindibili limiti proprie ad entrambe, riconoscimento che è certamente inconscio prima di essere ammesso alla luce della coscienza e che sempre rimanda a una necessaria complementarietà tra ogni modo di sapere e non a una arbitraria preminenza dell'uno sull'altro.
maral is offline  
Vecchio 13-09-2013, 08.12.04   #39
donquixote
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Riferimento: Dubbi sull'irrazionalismo

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Originalmente inviato da maral
@ sgiombo e donquixote
Trovo molto interessante e complesso questo dibattito se la capacità pratica in sé, anche incosciente, costituisca o meno una vera conoscenza e mi sentirei di propendere per la prima ipotesi. Ma a questo punto dovremmo affermare che è conoscenza non solo quella del ragno che sa tessere la propria tela senza possedere alcuna competenza ingegneristica e chimica, o quella di una pianta che sa crescere in modo da ottimizzare il ricevimento della luce solare rispettando nel contempo le leggi della forza gravitazionale, ma anche quella di un cristallo che costruisce la propria struttura sistemando i propri atomi in un modo incredibilmente stabile, capace di durare per miliardi di anni, ben più di qualsiasi organismo vivente. Tutto questo farebbe pensare a una sorta di intelligenza ontologica immanente o trascendente all'intero universo e nel primo caso certamente inconscia, ma inconsciamente in grado di determinarsi come coscienza incarnandosi in quella forma umana in grado di rifletterla a mezzo della specularità filtrante della ragione.
D'altra parte propendere per l'ipotesi che la vera conoscenza non può prescindere da una consapevolezza frutto di un'elaborazione razionale sembra voler dimenticare che proprio questa coscienza razionale a volte blocca il saper fare mentre così precisamente lo definisce per controllarlo e replicarlo secondo modello astratto. Io posso saper tutto su quali forze è necessario esercitare per mantenermi in equilibrio su una bicicletta eppure non essere capace di mantenermi in equilibrio su una bicicletta, posso conoscere precisamente la sequenza dei movimenti del piede quando cammino in ogni dettaglio eppure ponendo in atto questa sequenza modello non scoprire di non poter più camminare.
Sembra allora che se per la sapienza pratica l'ottimo funzionale è non sapere di sapere e per quella teorica è sapere di non sapere di socratica memoria, la conoscenza vera consista nel il riconoscimento degli imprescindibili limiti proprie ad entrambe, riconoscimento che è certamente inconscio prima di essere ammesso alla luce della coscienza e che sempre rimanda a una necessaria complementarietà tra ogni modo di sapere e non a una arbitraria preminenza dell'uno sull'altro.


Per quanto mi riguarda sono certo, e basta guardarsi intorno senza pregiudizi di sorta per averne dimostrazione in ogni istante, che vi sia una intelligenza (trascendente) che si manifesta in ogni ente immanente. Io sono solito distinguere fra conoscenza e sapienza, e per concordare (almeno da un punto di vista formale) con Sgiombo definisco "conoscenza" la rappresentazione razionale e necessariamente superficiale della sapienza (o di una parte di essa) degli enti e dell'universo. La sapienza è sempre inconscia, mentre la conoscenza è cosciente. Vi è una certa dose di sapienza innata (nel caso dell'uomo ad esempio tutto ciò che permette al corpo di ottemperare alle sue varie funzioni come respirare, digerire, far circolare il sangue eccetera) e una certa dose di sapienza acquisita. Per sapienza acquisita intendo quella che parte da una base razionale, che richiede consapevolezza e concentrazione (il bambino che impara a camminare o a parlare o anche l'uccello che impara a volare) ma che poi col tempo si radica nell'inconscio in maniera tale da rendere la sua manifestazione assolutamente spontanea, quasi al pari di quella innata, e quindi non richiede più alcun intervento della ragione e della consapevolezza. Se vogliamo considerare la cosa da un altro punto di vista, non meno significativo e importante, si può affermare che la conoscenza è meccanica, mentre la sapienza è organica. La prima infatti, come è caratteristica peculiare degli oggetti meccanici, si sviluppa dall'esterno verso l'interno, parte ad esempio da una istruzione esterna (un manuale, un insegnamento) e poi si trasferisce all'interno del soggetto, mentre la sapienza, interna al soggetto, segue il percorso inverso, come tutti gli organismi che si sviluppano dall'interno verso l'esterno. La razionalizzazione della sapienza , ad esempio la sua rappresentazione attraverso il linguaggio, è sempre una perdita poiché la parte "organica" della sapienza rimarrà sempre patrimonio del soggetto e non si potrà trasferire da un soggetto all'altro (Mozart potrà insegnare per migliaia di ore ad un allievo ma non riuscirà mai a trasferirgli la "sapienza" musicale di Mozart per farne un altro se stesso). Questo per la semplice ragione che ciò che viene appreso inizialmente in via razionale interagisce con altre facoltà peculiari di ogni soggetto (talenti, predisposizioni) dando luogo a risultati molto diversi, (e appunto per questa ragione Leopold, discreto insegnante e mediocre compositore, è stato "surclassato" dal genio del figlio, che ha elaborato i suoi insegnamenti in maniera enormemente più raffinata e produttiva). Non è difficile, andando alla storia della filosofia, assimilare a questo discorso il concetto platonico di conoscenza come "reminiscenza", come un "tirare fuori" ciò che uno ha già dentro di sé e lo caratterizza come soggetto unico e irripetibile (gnôthi seautón). Se sapienza è quindi ciò che muove l'universo e, per certi versi, può essere utilizzata come sinonimo di "vita", la conoscenza razionale rappresentativa non è un suo complemento, ma una sua degradazione, una sua distorsione, per quanto necessaria essa possa apparire nel mondo umano. L'essenza della conoscenza razionale è ben rappresentata dall'aneddoto che racconta di come Michelangelo, dopo aver scolpito il Mosè raggiungendo una perfezione assoluta, gli assestò una martellata esclamando: "Perché non parli?! "
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Vecchio 14-09-2013, 09.17.32   #40
maral
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Originalmente inviato da donquixote
Se sapienza è quindi ciò che muove l'universo e, per certi versi, può essere utilizzata come sinonimo di "vita", la conoscenza razionale rappresentativa non è un suo complemento, ma una sua degradazione, una sua distorsione, per quanto necessaria essa possa apparire nel mondo umano. L'essenza della conoscenza razionale è ben rappresentata dall'aneddoto che racconta di come Michelangelo, dopo aver scolpito il Mosè raggiungendo una perfezione assoluta, gli assestò una martellata esclamando: "Perché non parli?! "
Pur accettando e seguendo il filo del tuo discorso sulla distinzione tra conoscenza e sapienza non la metterei in questi termini così drastici di negativo e positivo. Soprattutto là dove si parla di sapienza acquisita il ruolo dei processi di conoscenza mi sembra essenziale, fosse pure anche solo un ruolo di stimolazione che permette a ciò che è latente nell'inconscio di venire in luce, d'altra parte ci deve essere anche una sapienza originaria capace di accogliere questo stimolo di conoscenza che viene dall'esterno ed elaborarlo, in fondo anche per il fiorire della sapienza musicale di Mozart fu di stimolo la conoscenza trasmessagli dal padre. Vedo comunque una complementarietà inscindibile tra sapienza e conoscenza ove la prima dà sostanza alla seconda e la seconda consente alla prima di emergere in forma stabile.
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