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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 17-09-2013, 21.22.36   #61
gyta
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è il pitecantropo chiuso al buio a doppia mandata in cantina che diventa pericoloso, mentre fuori brilla alto il sole della ragione che dovrebbe incenerirlo. E quel pitecantropo è dentro a ciascuno di noi, nei labirinti più oscuri di un'anima che ci siamo convinti di non avere. E per questo proprio lì brulicano i mostri che nessuna chimica riuscirà mai a debellare, al massimo per un po' solo a incatenare.

Certo, in fondo sono passati solo due secoli, un millesimo della storia dell'homo sapiens, diamoci tempo e magari troveremo un nuovo equilibrio prima di andare tutti estinti inseguendo i nostri deliri di crescita e sfruttamento illimitato [..] ma questo inizio mi sembra che abbia dimostrato senza ombra di dubbio quali mostri riesca a generare il sogno piuttosto che il sonno della ragione.

(Maral)
E’ il sogno nel sonno della ragione a perpetuare mostri.. se per ragione intendiamo quella luce atta a mostrare quelle paure profonde -quelle “frammentazioni”, nelle parole di CVC- che bloccano l’essere in un automa..
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Vecchio 18-09-2013, 10.36.24   #62
donquixote
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Io credo che il pensiero sia libero quando riesce a sciogliere le contraddizioni che, come nodi in una matassa, gli impediscono di potersi spiegare nella sua massima estensione.
Il pensiero nasce nel bambino come pensiero sincretico, tutto è mamma, se il bimbo ha fame dice mamma, se ha dolore dice mamma, se ha freddo e così via. Nella crescita man mano che l'individuo diventa indipendente, la realtà non è più rinchiusa in un unico concetto. Al concetto di mamma si sovrappongono i concetti di soddisfare i bisogni, come nutrirsi indipendentemente, come evitare di farsi male e cosa fare quando ci si fa male, come adattarsi alle condizioni climatiche e così via.
Più l'individuo diventa indipendente e più la realtà diventa contraddittoria, perchè ciò che vale per soddisfare un determinato bisogno non vale per un altro. La fame, ad esempio, è un bisogno relativamente facile da soddisfare, basta mettere qualcosa nello stomaco. Ma altri bisogni più sofisticati, ad esempio il bisogno d'affetto o di appartenenza sociali, sono più complessi. Non è più una semplice sequenza causa effetto come nel caso della fame, dove una semplice azione (mangiare) porta al risultato voluto (sazietà). Nel caso del bisogno d'affetto o di appartenenza entrano in gioco altri fattori, ed ecco che la realtà si fa contraddittoria.
Se per soddisfare la fame, ad una causa (mangiare) segue sempre un effetto (sazietà), in altri ambiti non sempre ad una precisa causa segue un determinato effetto.
Si tratta di ricostruire quella realtà che prima era una, tutto era mamma, ed ora è frammentata e si frammenta sempre più.
Questo è quello che considero debba essere il compito della filosofia, che è una prospettiva individuale. Perchè se è universale l'assunto che libertà significa fare ciò che si vuole, all'atto pratico poi il ciò che si vuole ha significati diversi per l'uno o per l'altro. Ma se ognuno avesse una propria filosofia che fosse in grado di rendersi comprensibile ad altri e a cui rimanesse fedele, allora forse le varie filosofie potrebbero convivere in un mondo in cui ognuno può intendere cosa c'è in fondo al comportamento dell'altro e, soprattutto, potrebbe rispettarlo non tanto perchè ne approvi la sua filosofia, ma per la sua capacità a mantenersi coerente ad essa.
Se il concetto di libertà di pensiero viene svalutato, è forse perchè ci si dimentica che mantenere i buoni propositi è più difficile che farli.


Condivido l'idea che si debba tornare ad una visione unitaria della realtà, ma non posso nel contempo evitare di evidenziare che la tendenza alla frammentazione è aumentata esponenzialmente proprio da quando il razionalismo scientifico ha assunto un ruolo dominante nella cultura.
È infatti proprio con la nascita delle varie scienze con le relative visioni sempre più "specialistiche" del mondo che l'unità è andata perduta, prima poichè disconosciuta e poi successivamente negata sic et simpliciter.

"Quando nel 1890 una terza generazione assume la guida intellettuale dell'Europa, incontriamo un tipo di scienziato che non ha equivalenti nella storia. E' un uomo che, di tutto ciò che occorrerebbe sapere per essere una persona intelligente, conosce soltanto una piccola parte, di cui è investigatore attivo, di una determinata scienza. Un uomo che osa proclamare come una virtù il fatto di non curarsi di quanto rimane fuori dall'angusto paesaggio che coltiva specificatamente, e chiama dilettantismo la curiosità per l'insieme del sapere". Josè Ortega Y Gasset La ribellione delle masse

Nel momento in cui si è abbandonata la visione unitaria e si è negato qualsiasi punto di riferimento universale per assumere una miriade di punti di vista particolari questa frammentazione è diventata endemica, e ognuno elaborerà i propri giudizi e la propria "filosofia di vita" sulla base di conoscenze sempre più specialistiche che non saprà mai ricondurre a qualcosa di più ampio di quella visione particolare. L'unità potrà quindi essere ricostruita solo dal punto di vista individuale, essendo il proprio ego l'unico punto di riferimento certo per elaborare intorno ad esso una visione del mondo. L'affermazione del proprio ego, e quindi della propria filosofia di vita, non potrà quindi che realizzarsi in competizione con gli ego altrui, creando un clima di conflittualità permanente che indurrà nell'essere umano una sofferenza psicologica sempre più diffusa; questo per due semplici ragioni, che impediscono nel contempo la convivenza e il rispetto di ogni individuale (o anche collettiva) visione del mondo.
La prima è che l'uomo, perennemente alla ricerca della verità, nel momento in cui elaborerà una propria filosofia di vita, oppure ne abbraccerà e ne condividerà una elaborata da altri, riterrà ovviamente che quella rappresenti la verità: appare quindi logico che ogni altra filosofia di vita in contrasto con la sua appaia come un errore, e un errore non si può condividere nè rispettare, ma solo tollerare (nel senso proprio di "sopportare") con una certa fatica, e susciterà la naturale tendenza di coloro (tutti) che ritengono che la propria visione sia quella giusta ad intervenire (i metodi, lo sappiamo, sono molteplici) per "sanare" questo errore, intervento che non può provocare conflitti di ogni genere, innanzitutto interni al soggetto che è indotto a mettere in dubbio quotidianamente gli schemi su cui si basa per formulare i giudizi sul mondo.
La seconda ragione si basa sul semplice assunto che ogni "filosofia di vita" presuppone la sua realizzazione, la sua versione pragmatica, l'adeguamento della prassi al pensiero; nel mondo occidentale moderno vi sono innumerevoli filosofie di vita, che vengono elaborate attraverso la tanto esaltata libertà di pensiero e "realizzate" attraverso la altrettanto esaltata libertà di scelta. Ma praticamente tutte queste hanno in comune la dipendenza da beni materiali: il possesso, la dipendenza da beni materiali è il leit-motiv delle filosofie moderne, e per beni materiali non si intendono solo i soldi, le case, le macchine o i gioielli, ma anche l'amore, come modernamente inteso, è un bene materiale; la carriera è un bene materiale; il potere è un bene materiale: beni materiali sono tutti quelli che non possono essere disponibili per chiunque contemporaneamente e nella massima misura.
Ogni individuo che cercherà quindi di realizzare la propria filosofia di vita si troverà ad "aggredire" altri individui per accaparrarsi i beni che potranno consentirgli di farlo, e contestualmente si dovrà difendere dalle aggressioni altrui per la stessa ragione, creando in sé e fuori di sé una serie ininterrotta dii conflitti.
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Vecchio 18-09-2013, 14.10.42   #63
acquario69
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Condivido l'idea che si debba tornare ad una visione unitaria della realtà, ma non posso nel contempo evitare di evidenziare che la tendenza alla frammentazione è aumentata esponenzialmente proprio da quando il razionalismo scientifico ha assunto un ruolo dominante nella cultura.
È infatti proprio con la nascita delle varie scienze con le relative visioni sempre più "specialistiche" del mondo che l'unità è andata perduta, prima poichè disconosciuta e poi successivamente negata sic et simpliciter.

"Quando nel 1890 una terza generazione assume la guida intellettuale dell'Europa, incontriamo un tipo di scienziato che non ha equivalenti nella storia. E' un uomo che, di tutto ciò che occorrerebbe sapere per essere una persona intelligente, conosce soltanto una piccola parte, di cui è investigatore attivo, di una determinata scienza. Un uomo che osa proclamare come una virtù il fatto di non curarsi di quanto rimane fuori dall'angusto paesaggio che coltiva specificatamente, e chiama dilettantismo la curiosità per l'insieme del sapere". Josè Ortega Y Gasset La ribellione delle masse

Nel momento in cui si è abbandonata la visione unitaria e si è negato qualsiasi punto di riferimento universale per assumere una miriade di punti di vista particolari questa frammentazione è diventata endemica, e ognuno elaborerà i propri giudizi e la propria "filosofia di vita" sulla base di conoscenze sempre più specialistiche che non saprà mai ricondurre a qualcosa di più ampio di quella visione particolare. L'unità potrà quindi essere ricostruita solo dal punto di vista individuale, essendo il proprio ego l'unico punto di riferimento certo per elaborare intorno ad esso una visione del mondo. L'affermazione del proprio ego, e quindi della propria filosofia di vita, non potrà quindi che realizzarsi in competizione con gli ego altrui, creando un clima di conflittualità permanente che indurrà nell'essere umano una sofferenza psicologica sempre più diffusa; questo per due semplici ragioni, che impediscono nel contempo la convivenza e il rispetto di ogni individuale (o anche collettiva) visione del mondo.
La prima è che l'uomo, perennemente alla ricerca della verità, nel momento in cui elaborerà una propria filosofia di vita, oppure ne abbraccerà e ne condividerà una elaborata da altri, riterrà ovviamente che quella rappresenti la verità: appare quindi logico che ogni altra filosofia di vita in contrasto con la sua appaia come un errore, e un errore non si può condividere nè rispettare, ma solo tollerare (nel senso proprio di "sopportare") con una certa fatica, e susciterà la naturale tendenza di coloro (tutti) che ritengono che la propria visione sia quella giusta ad intervenire (i metodi, lo sappiamo, sono molteplici) per "sanare" questo errore, intervento che non può provocare conflitti di ogni genere, innanzitutto interni al soggetto che è indotto a mettere in dubbio quotidianamente gli schemi su cui si basa per formulare i giudizi sul mondo.
La seconda ragione si basa sul semplice assunto che ogni "filosofia di vita" presuppone la sua realizzazione, la sua versione pragmatica, l'adeguamento della prassi al pensiero; nel mondo occidentale moderno vi sono innumerevoli filosofie di vita, che vengono elaborate attraverso la tanto esaltata libertà di pensiero e "realizzate" attraverso la altrettanto esaltata libertà di scelta. Ma praticamente tutte queste hanno in comune la dipendenza da beni materiali: il possesso, la dipendenza da beni materiali è il leit-motiv delle filosofie moderne, e per beni materiali non si intendono solo i soldi, le case, le macchine o i gioielli, ma anche l'amore, come modernamente inteso, è un bene materiale; la carriera è un bene materiale; il potere è un bene materiale: beni materiali sono tutti quelli che non possono essere disponibili per chiunque contemporaneamente e nella massima misura.
Ogni individuo che cercherà quindi di realizzare la propria filosofia di vita si troverà ad "aggredire" altri individui per accaparrarsi i beni che potranno consentirgli di farlo, e contestualmente si dovrà difendere dalle aggressioni altrui per la stessa ragione, creando in sé e fuori di sé una serie ininterrotta dii conflitti.

be' sarebbe anche quello che avrei descritto nel mio messaggio precedente...
mi piacerebbe aggiungere che a tutto questo si sarebbe poi verificata anche una visione erronea sul concetto di "limite" ..proprio quello che giunti allo stato attuale ha messo in evidenza tutta la sua fallacia e la sua profonda demenza.
credo che da un certo momento in poi,quello che sia arrivato a noi sulle epoche precedenti sia stata una autentica falsificazione..e così l'unica cosa che viene in mente e' che prima di noi vi era un tempo definito buio e barbaro..quando in realtà non era affatto vero.
certo indietro non si puo tornare...ma quello che credo si possa fare e' recuperare quel senso di appartenenza universale con cui veniva stabilito il rapporto armonico fra uomo e natura,intesi come un tutt'uno.

...usando una metafora,e' successo che abbiamo smesso di guardare il cielo per abbassare lo sguardo a terra...ora proviamo a misurare la differenza..

Ultima modifica di acquario69 : 19-09-2013 alle ore 04.39.59.
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Vecchio 18-09-2013, 16.04.53   #64
maral
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E’ il sogno nel sonno della ragione a perpetuare mostri.. se per ragione intendiamo quella luce atta a mostrare quelle paure profonde -quelle “frammentazioni”, nelle parole di CVC- che bloccano l’essere in un automa..
Il sogno che nel sonno della vera ragione sogna una falsa ragione per crederla fermamente vera?
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Vecchio 18-09-2013, 20.00.52   #65
ulysse
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E’ il sogno nel sonno della ragione a perpetuare mostri.. se per ragione intendiamo quella luce atta a mostrare quelle paure profonde -quelle “frammentazioni”, nelle parole di CVC- che bloccano l’essere in un automa..
Ecco , appunto, il sonno!
Ma la ragione...il nostro pensare e sentire, emozionare, ecc...... mostra ben altro che mostri o paure profonde che bloccherebbero l’essere umano in un automa: quella sarebbe, piuttosto la degenerazione di ragione!

Il nostro mondo attuale sempre più ci mostra, invece, rispetto al passato, le eccellenze e le realizzazioni della ragione, dell'emozione, del sentire, della tolleranza, dell'empatia, ecc... di cui siamo capaci con grandi "costruzioni" sia astratte (organizzazioni sociali e civili) che concrete... con le grandi "realizzazioni" (opere, infrastrutture, ecc..) che ci premettono un vivere civile in 7 miliardi di terrrestri....cercando di prendere dentro, nel nuovo mondo, anche i più derelitti!...per lo meno lo spero!

Ed in proposito osservo anche che si potrebbe fare anche meglio

Infatti, spesso, anche il diavolo ci mette lo zampino ed allora il mostro appare...come conseguenza sia delle migliori che delle peggiori intenzioni.

E anche vero che, fra tanti, sono tanti anche quelli che non si adattano e tirano indietro...auspicando, profetizzando e credendo nell'avvento dei mostri che offuscherebbero la ragione...che certo, per alcuni, anche ci sono...questi mostri...da noi stessi "miscredenti" provocati...come sembra credano e accusino certi fondamentalisti!
O come, più laicamente, si dimostrano molti comportamenti asociali anche dei potenti o ex tali.

Ma, come dicevo, c'erano anche un tempo, i mostri... e forse più di ora,...quando l'anima celebrava il suo fulgore: erano le anime cattive... quelle destinate all'inferno...o, forse, le migliori...quelle che già allora preparavano il nostro mondo...magari sul rogo! ...chi può dire!?

Tuttavia a me pare che, col procedere della evoluzione culturale, sempre più i mostri scompaiano.

Ma non è che scompaiono loro "propria sponte" dalla nostra mente...l'evoluzione culturale non emerge da sola!
Siamo noi che, culturalmente, attivando il nostro pensiero ...il nostro voler capire sempre più... sempre meno li prendiamo in considerazione...e loro, poveri mostri dimenticati....scompaiono!

Che poi nemmeno è vero che all'anima non crediamo più...è solo che sempre più, l'anima, da "anima divina" si trasforma in "umana" e sempre più la chiamiamo psiche...mente... coscienza... ecc...ed in questa fortemente crediamo!
Che poi non ci è infusa da un Dio, ma si origina ed evolve, col nostro impegno di liberi pensatori, nel nostro processo cerebrale...la "mente" appunto!

Certo che una qualche "mente", non essendo più divina, ma incarnata, può anche essere bacata...e allora vede, immagina, crea mostri!

Ma mi pare (come sopra ho detto) succedesse anche con l'altra...mente o anima che fosse...quella divina...dato che, in effetti, eravamo e siamo sempre noi.

In definitiva è vero, come dalla biologia si evince, (e come certi pseudo-credenti affermano a mò di Cassandre) che l'uomo era ed è del regno animale e sempre tale sarebbe!

Ma non è così!...
L'animale uomo diventa uomo quando attiva il lume della ragione e, razionalmente, ci crede...personalmente e socialmente...altrimenti resta animale...dipende da lui...da tutti insieme...non da una ineffabile luce ultraterrena...extraterrestre!

Estrapolando dal passato, io ho "fede", comunque, che i molti, pur con alti e bassi, ma sempre più con trend crescente, siano coloro che si aprono al lume della "ragione"...pur con le degenerazioni di questi tempi grami!
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Vecchio 18-09-2013, 23.09.53   #66
CVC
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Condivido l'idea che si debba tornare ad una visione unitaria della realtà, ma non posso nel contempo evitare di evidenziare che la tendenza alla frammentazione è aumentata esponenzialmente proprio da quando il razionalismo scientifico ha assunto un ruolo dominante nella cultura.
È infatti proprio con la nascita delle varie scienze con le relative visioni sempre più "specialistiche" del mondo che l'unità è andata perduta, prima poichè disconosciuta e poi successivamente negata sic et simpliciter.

"Quando nel 1890 una terza generazione assume la guida intellettuale dell'Europa, incontriamo un tipo di scienziato che non ha equivalenti nella storia. E' un uomo che, di tutto ciò che occorrerebbe sapere per essere una persona intelligente, conosce soltanto una piccola parte, di cui è investigatore attivo, di una determinata scienza. Un uomo che osa proclamare come una virtù il fatto di non curarsi di quanto rimane fuori dall'angusto paesaggio che coltiva specificatamente, e chiama dilettantismo la curiosità per l'insieme del sapere". Josè Ortega Y Gasset La ribellione delle masse

Nel momento in cui si è abbandonata la visione unitaria e si è negato qualsiasi punto di riferimento universale per assumere una miriade di punti di vista particolari questa frammentazione è diventata endemica, e ognuno elaborerà i propri giudizi e la propria "filosofia di vita" sulla base di conoscenze sempre più specialistiche che non saprà mai ricondurre a qualcosa di più ampio di quella visione particolare. L'unità potrà quindi essere ricostruita solo dal punto di vista individuale, essendo il proprio ego l'unico punto di riferimento certo per elaborare intorno ad esso una visione del mondo. L'affermazione del proprio ego, e quindi della propria filosofia di vita, non potrà quindi che realizzarsi in competizione con gli ego altrui, creando un clima di conflittualità permanente che indurrà nell'essere umano una sofferenza psicologica sempre più diffusa; questo per due semplici ragioni, che impediscono nel contempo la convivenza e il rispetto di ogni individuale (o anche collettiva) visione del mondo.
La prima è che l'uomo, perennemente alla ricerca della verità, nel momento in cui elaborerà una propria filosofia di vita, oppure ne abbraccerà e ne condividerà una elaborata da altri, riterrà ovviamente che quella rappresenti la verità: appare quindi logico che ogni altra filosofia di vita in contrasto con la sua appaia come un errore, e un errore non si può condividere nè rispettare, ma solo tollerare (nel senso proprio di "sopportare") con una certa fatica, e susciterà la naturale tendenza di coloro (tutti) che ritengono che la propria visione sia quella giusta ad intervenire (i metodi, lo sappiamo, sono molteplici) per "sanare" questo errore, intervento che non può provocare conflitti di ogni genere, innanzitutto interni al soggetto che è indotto a mettere in dubbio quotidianamente gli schemi su cui si basa per formulare i giudizi sul mondo.
La seconda ragione si basa sul semplice assunto che ogni "filosofia di vita" presuppone la sua realizzazione, la sua versione pragmatica, l'adeguamento della prassi al pensiero; nel mondo occidentale moderno vi sono innumerevoli filosofie di vita, che vengono elaborate attraverso la tanto esaltata libertà di pensiero e "realizzate" attraverso la altrettanto esaltata libertà di scelta. Ma praticamente tutte queste hanno in comune la dipendenza da beni materiali: il possesso, la dipendenza da beni materiali è il leit-motiv delle filosofie moderne, e per beni materiali non si intendono solo i soldi, le case, le macchine o i gioielli, ma anche l'amore, come modernamente inteso, è un bene materiale; la carriera è un bene materiale; il potere è un bene materiale: beni materiali sono tutti quelli che non possono essere disponibili per chiunque contemporaneamente e nella massima misura.
Ogni individuo che cercherà quindi di realizzare la propria filosofia di vita si troverà ad "aggredire" altri individui per accaparrarsi i beni che potranno consentirgli di farlo, e contestualmente si dovrà difendere dalle aggressioni altrui per la stessa ragione, creando in sé e fuori di sé una serie ininterrotta dii conflitti.
La scienza si appoggia sulla matematica che deriva da assiomi non dimostrabili della ragione.
Lo scientismo considera la ragione scientifica come l'unica ragione possibile, ma la ragione comprende anche altro, come ad esempio la morale, il linguaggio, la saggezza.
La frammentazione è l'esistenza del molteplice. Ma è proprio perchè le cose sono diverse e in contrasto tra loro che Eraclito ne deduce che la diversità e l'opposizione sono l'identità stessa delle cose.
Io sono perchè sono in contrasto con quello che non sono, quando ciò che non sono prevaricherà il mio io e mi uniformerà a sè, smetterò di essere.
Credo che la dipendenza dall'io sia più stretta di quella dai beni materiali, si tratta di esserne consapevoli
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Vecchio 20-09-2013, 20.11.31   #67
ulysse
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Condivido l'idea che si debba tornare ad una visione unitaria della realtà, ma non posso nel contempo evitare di evidenziare che la tendenza alla frammentazione è aumentata esponenzialmente proprio da quando il razionalismo scientifico ha assunto un ruolo dominante nella cultura.
È infatti proprio con la nascita delle varie scienze con le relative visioni sempre più "specialistiche" del mondo che l'unità è andata perduta, prima poichè disconosciuta e poi successivamente negata sic et simpliciter.
Ma non ci sono varie scienze e visioni specialistiche particolari: la Scienza è Una...come Uno è l'universo che descrive!
Comunque veramente credo sia piuttosto la "vastità dei saperi e delle conoscenze" relative all’ universo che si è esponenzialmente incrementata proprio da quando la scienza con “metodo scientifico” ha assunto un ruolo dominante nella nostra cultura.

È infatti proprio con la nascita dei vari saperi con relative visioni che ci si è resi conto che tutto concorre ad una unica grande visione: quella, appunto, di un universo in sè unitario e che "unitaria" è anche la scienza che lo descrive...pur con i più svariati argomenti cui sopperire.

Infatti, per comodità ed efficacia di studio, ricerca, esplicazione, documentazione ecc… il vasto “complesso scientifico” è organizzato nelle varie diverse branche che perseguono specifici saperi o filoni di conoscenze in sé omogenee che concorrono al “tutto” dell’universo: occorre solo sforzarsi di capire (da parte dei non addetti) la necessità di formare mantenere e gestire una organizzazione...e certo non si possono organizzare corsi universitari comuni per neurologi, astrofisici, antropologi, ecc...

Tutti, però, concorrono alla esplicazione globale dell'universo!

Quindi nessuna “unità di conoscenze” è andata perduta…anzi…e stata rinforzata proprio con la concentrazione nelle “tre grandi teorie” che vedremo di seguito …e con la perseguita ricerca della teoria del "Tutto".
--------------------

Mi par di notare che è questo uno dei tanti casi in cui si parla e si scrive, magari sull’onda di una generale vaga impressione o di una qualche ideologia, senza un minimo sforzo di verifica, o del rendersi conto, di ciò che veramente è necessario e accade.

E’ dunque vero che, con un tale complesso di saperi e conoscenze,
persone particolarmente esperte…i cosiddetti specialisti…sono dedicate allo sviluppo di loro progetti di ricerca nell’ambito di ciascuna branca!

Ma è anche vero che tali cosiddetti specialisti (spesso dotati di Q.I. oltre la media) non stanno affatto chiusi in una loro torre d’avorio: infatti, mai è accaduto prima dei nostri tempi che il mondo scientifico fosse tanto interconnesso…da cui interazioni di idee, conoscenze ed esperinze fra scienziati di diversi laboratori/università e controlli incrociati di ogni genere via Internet o per altre reti e applicazioni dedicate:

Se pensiamo che Galileo, appena 400 anni addietro, scriveva a Keplero e ne riceveva risposta tre o quattro mesi dopo… se tutto andava bene… mi chiedo, a confronto, dove sarebbe la solitudine del ricercatore d’oggi che può contattare chiunque in qualunque parte del pianeta, con un semplice clic.

Ma ciò che è eclatante, che veramente segna la differenza, è che, mentre ancora ai tempi di Einstein era possibile ad uno scienziato lavorare da solo, da tutto avulso e solo con la sua teoria...fosse pure la teoria del “Tutto”...come tentò Einstein stesso, ecc….
Oggi puoi essere specialista fin che vuoi (e lo devi essere data la complessità dell'universo), ma se sei solo, sei perduto…devi interagire con “tutti e col tutto”: devi lavorare in team…in modo che i vari saperi dei componenti il team concorrano a formare un sapere unico esaustivo …indispensabile per la ricerca in essere.

E spesso anche accade, all’inverso, che le conoscenze, per quanto vaste, di una sola o poche persone siano insufficienti per un progetto di ricerca…per cui occorre il concorso di un nutrito team di persone che copra la vastità dei saperi necessari.

In proposito. per inciso, non credo che il nostro sistema di "ricerche a progetto" con finanziamenti sparsi fra le varie università possa sopperire e concorrere coi grandi team di università estere.

Comunque...ad esempio, è strabiliante il fatto che qualche anno fa la dott. Fabiola Gianotti, scienziata del CERN, abbia, per 3 o 4 anni coordinato il lavoro di circa 3000 scienziati ricercatori/fisici, da 177 università di 38 paesi coinvolti nel progetto ATLAS finalizzato alla ricerca del bosone di Higgs...la famosa particella che, finalmente, ha dato giustificazione del perchè l’universo abbia una massa.

Non mi pare, quindi, che si possa dire che questa è frammentazione…anzi!

E’ anche in questa tendenza planetaria alla “globalizzazione (persino nella scienza!) una delle ragioni per cui i migliori nostri cervelli "fuggono" verso laboratori e università straniere ove, anche se dedicati a specifici e particolari progetti di ricerca, si ritrovano immersi in un contesto globale rutilante di saperi e di prospettive affascinanti per impegni futuri.

Che poi non capisco chi o come si possano divulgare dicerie secondo cui il ricercatore sia disorientato e privo di riferimenti e che ciascuno, coltivando il proprio orticello, si mantenga avulso dal resto dei saperi e delle conoscenze!

Credo che solo gente del tutto ignara di quanto un ricercatore/scienziato sia assetato di sapere e anche curioso del lavoro degli altri…possa aderire a tali idee e supposizioni!
O anche solo gente ignara delle "grandi teorie" (come grandi mosaici) in continua evoluzione, nel cui ambito, come previsti tasselli, si cerca di esplicare e organizzare ogni fenomeno dell’universo…infatti…

…Come già si evince da quanto sopra detto, la vision ed il sapere scientifico, pur con le più varie correnti di pensiero in continua evoluzione…“è comunque un tutt’uno”…è un sapere in sè congruente ed auto-correggente.

Infatti ogni ricerca e trovato scientifico si esplica e congruentemente risulta nell’ambito di una delle tre seguenti grandi teorie oggi prevalenti e affermate:

1. La Relatività Generale di Einstein concernente il macrouniverso: è il culmine (per ora) della scienza classica cui Galileo diede origine.

2. La Quantistica, che annunciata da Plank nel primo novecento arriva al principio di indeterminazione di Heisemmberg e continua ad evolvere tutt’ora: è la nuova scienza relativa al microuniverso.

3. L’Evoluzione del vivente che da Darwin sfocia, oggi, nel neodarwinismo…e oltre.

Quindi le direttive generali sono indicate e rappresentate come grandi mosaici e, nell’ambito di tali teorie c’è lavoro per tutti…sia per nuovi trovati che per completamenti e modifiche, eliminazioni e approssimazioni ulteriori e migliorative.
Il sapere scientifico infatti si avvale di un tripudio di intuizioni, idee e scoperte che solo perseguendo il metodo entrano nella ufficialità.

Per quanto, è anche vero che altre teorie universali si affacciano pure all’orizzonte nel tentativo di proprie affermazioni: per esempio è sempre in corso di ricerca e strutturazione la “Teoria M”…che dovrebbe comprendere e organizzare l'intero sapere concernente questo universo...multiverso.

Infatti nessuno vieta di andare oltre quanto già è scoperto o si crede di aver scoperto.
Anzi...la cosa è incentivata nella libertà di un pensiero informato e congruente con la realtà dell’universo ed in continua evoluzione…poichè, non è da dimenticare, è proprio lui, l’universo, in tutta la sua estensione spazio/temporale, l’oggetto concreto della ricerca scientifica.

Al di fuori della scienza dedicata allo studio della concretezza fenomenica dell’universo…di cui anche il vivente è un fenomeno fra i tanti... altre discipline sono libere di sviluppare loro ricerche ed esplicazioni...e lo fanno!

E certamente, tali altre discipline (non scientifiche) sono spesso, insieme con la scienza, anche indispensabili e congrue (per quanto è possibile) alla evoluzione umana verso un vivere sempre più civile, informato ed empatico.
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Vecchio 21-09-2013, 15.57.54   #68
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L'animale uomo diventa uomo quando attiva il lume della ragione e, razionalmente, ci crede...personalmente e socialmente...altrimenti resta animale...dipende da lui...da tutti insieme...non da una ineffabile luce ultraterrena...extraterrestre!
(Ulysse)
Assolutamente d’accordo!
Citazione:
Comunque veramente credo sia piuttosto la "vastità dei saperi e delle conoscenze" relative all’ universo che si è esponenzialmente incrementata proprio da quando la scienza con “metodo scientifico” ha assunto un ruolo dominante nella nostra cultura.
(Ulysse)
Infatti anche dal mio punto di vista non è certo la razionalità laddove applicata o la molteplicità delle conoscenze a sbarrare la strada ad un sentire interiore integro capace di criticità verso il pensiero ed il proprio pensiero. Francamente credo che i disastri siano provocati più dalla profonda incoscienza delle pseudo-economie globalizzanti e dall’avidità di pochi individui scaltri oramai indistinguibili dai poteri delle multinazionali che non dalla maggior parte degli individui che per incapacità, stanchezza e delega perpetuano loro/nostro malgrado un sistema di interazione fondato sulla truffa occultata da intelligente progetto “umanitario” legalizzato.

La libertà di pensiero parte prima di tutto da una condizione di vita atta a consentire che una parte del dispendio di energia mentale interiore possa venire investito al di là delle necessità primarie di sopravvivenza; da una situazione di sopravvivenza dignitosa segue la possibilità di valutare criticamente il nostro porci verso la vita stessa: da questa base può sorgere quella sensibilità che pone come necessità la ricerca e la coltivazione di una coscienza e un’intelligenza lungimiranti non più minacciati da una precarietà delle condizioni di sopravvivenza. Purtroppo non sempre è sufficiente la sicurezza di un sostentamento dignitoso a far scattare quella volontà di comprensione non superficiale che il malessere ed il benessere degli altri appartiene e tocca obbligatoriamente pure noi. E’ necessaria un’educazione al percorso di coscienza o non resta che attendere il giungere a toccare con mano questa realtà di interdipendenza. Quando –come sembra essere il nostro caso- il livello dell’avere ha soffocato completamente la dimensione dell’essere, la ricerca di una differente coscienza ha ben poche possibilità di emergere senza una sorta di spinta attiva. Si dovrà allora puntare su quegli individui e su quella parte della nostra mente che in possesso di una visione e un’autocoscienza realmente critica possano portare avanti un percorso di contagio alla sensibilizzazione di quella rivoluzione, quella maturazione e sviluppo interiori capaci di gettare le fondamenta a un possibile presente meno carente di umana intelligenza. Non è mai troppo tardi per risvegliarsi alla luce di una ragione autentica differente dalla miseria di quell’istinto bulimico che risolve l’essere umano in consumatore e quindi a sua volta in merce. Queste “belle parole” dovrebbero tradursi in una individuale scoperta di un potere autentico celato nella nostra mente e sensibilità e non divenire a loro volta merce intellettuale. Il ché si traduce –energia permettendo!- in una presa di coscienza personale o nella riconferma della più silenziosa delega al prossimo. Difficile prevedere. Possibile prevenire. Amen.
Citazione:
Il sogno che nel sonno della vera ragione sogna una falsa ragione per crederla fermamente vera?
(Maral)
Sì. Cos’altro sennò?!
Il nostro peggior mostro è proprio la delega!
gyta is offline  
Vecchio 21-09-2013, 20.43.10   #69
ulysse
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Citazione:
Originalmente inviato da acquario69
be' sarebbe anche quello che avrei descritto nel mio messaggio precedente........
credo che da un certo momento in poi, quello che sia arrivato a noi sulle epoche precedenti sia stata una autentica falsificazione...e così l'unica cosa che viene in mente e' che prima di noi vi era un tempo definito buio e barbaro..quando in realtà non era affatto vero.
Ma se i tanto civili ateniesi del tempo di Pericle, che si riunivano nei simposi per discutere di etica (sic!)...erano numericamente inferiori al numero dei loro schiavi : 100.000 ateniesi e 120.000 schiavi...era, più o meno, la proporzione...e allora di che grande civiltà antica parli!?

Ma è difficile pensare, ad esempio, che i tempi della caduta dell'Impero Romano e delle invasioni barbariche...quando Vandali, Goti, Visigoti, Longobardi, Franchi, ecc... arrivarono nelle regioni dell'impero ed in Italia , ecc... ecc...fossero tempi felici e di grande civiltà!

Non credo nemmeno che quelli guardassero il cielo...se non per aspettarsi un qualche meteorite o la vista di strano prodigio...cometa...malauguran te!

Ma nemmeno ai tempi di Gesù i popoli guardavano il cielo...se non quei pochi discepoli e cristiani ...magari ex schiavi...che abbandonavano il paganesimo ed i vecchi padroni: forse leggere un po' più la storia, alieno da idealismi, non ti farebbe male!

Certo che poi, dopo il mille, un certo vivere civile cominciò ad affermarsi...evolvendo fino al Rinascimento e oltre ...e dal seicento in poi con l'evolvere della scienza...ma credo sia stata una fatica...come lo è ora una fatica se ancora vogliamo andare avanti.

Ma se dovessimo pensare che, eticamente e civilmente, i popoli di allora ed anche di prima, erano a livelli a noi superiori...dovremmo anche pensare che da parecchi secoli a questa parte, quelli che ci hanno preceduto erano, e siamo noi stessi, dei "pisquani"... dato che nemmeno il mondo Egizio o quello Assiro/Bbilonese si è saputo eguagliare!

...Oppure non resterebbe che credere, come tu sembri credere, che il diavolo ci abbia messo la coda e ci abbia fornito la maledetta scienza che tutto ha rovinato...persino ci avrebbe tolto la tanto decantata armonia con la natura: sarà così?
Citazione:
certo indietro non si puo tornare...ma quello che credo si possa fare e' recuperare quel senso di appartenenza universale con cui veniva stabilito il rapporto armonico fra uomo e natura, intesi come un tutt'uno.
Ma lo sono infatti, "intesi come un tutt'uno", l'universo e l'uomo: infatti, dell'universo, il vivente costituisce uno dei tanti fenomeni che in esso accadono ed evolvono!

Ma poi che fa la scienza...se non studiare e cercare l'armonia con la natura...nella sua conoscenza più profonda...fino al bosone di Higgs...appunto?!?
Forse che l'universo non è natura?...e le leggi dell'universo, che la scienza discopre, non sono leggi di natura?
Ma più natura di così che vorresti?
....Tutto questo rivendicare l'armonia con la natura... tuo e di altri...non ti sembra un controsenso?..tanto più se di scienza poco ne sai!...o ne sai???

Solo ho l'impressione che tu (e non tu solo) sembri rimasto ai naturalisti dell'ottocento che andavano in Africa ad esplorare e scoprire la natura... Livingston... Stanley...ecc...esploratori della Royal Society...cui inviavano settimanali rapporti su nuove piante e sconosciuti animali avvistati.
Ma anche Darwin fu un naturalista...e di che calibro! ...tale da intuire ed esplicare la natura dell'uomo!

Ma, a parte Darwin, credo che la scienza abbia ampiamente superato tale fase!

...Anzi la scienza è diventata persino fortemente controintuitiva...non percepibile dai nostri sensi...come lo fu alla prime origini, del resto, quando Galileo sfatò il fatto che Apollo col carro del sole solcasse ogni giorno la volta celeste....come il senso comune suggeriva.

Ora con la scienza infatti...col bosone di Higgs, con le funzioni d'onda, ecc...ci estendiamo a comprendere ed inglobare scientemente, in un tutt'uno con noi, l'universo intero....

Quindi cosa mai vuoi che significhi il tuo senso di appartenenza universale ad una natura che non è più quella pensata e percepita?...appartenenza a che cosa?...in quali termini espressi?....

Ma, poi, chi vuoi che ci pensi e ne sia affascinato...con tutti i guai che ci cascano addosso?...vuoi forse risolverli, i guai, con l'armonia con la natura?...se mai si risolveranno coi nuovi "trovati" della scienza ..se ci saranno...coi relativi investimenti!

Ammesso anche che tu sappia cosa fosse veramnte quelle che chiami armonia con la natura!

L'armonia con la natura...., di cui ci siamo con fatica liberati, noi più tardi degli altri paesi occidentali, 50 0 60 anni addietro, purtroppo, e ancora la scontiamo....
L'armonia con la natura, dicevo...l'adeguamento ad essa, consisteva nel fatto che oltre il 60/70% degli italiani si guadagnava il pane lavorando i campi col sudore della fronte, ma sudore vero e fatica immane strappando dalla natura quel misero sostentamento che essa tirchiamente gli offriva!

Prova un po' a leggere le cronache contadine dell'ottocento o della prima metà del novecento! ...vedrai cosa significa veramente comunione e armonia con la natura!
...In riferimento ai poveracci ovviamente...per quelli che erano anche costretti ad emigrare...causa la natura matrigna!...chè i ricchi padroni e latifondisti, della comunione con la natura se ne fregavano allora e se ne fregano comunque ora...coi quattrini evasi conservati nelle banche estere...e nei paradisi fiscali!
Citazione:
...usando una metafora, e' successo che abbiamo smesso di guardare il cielo per abbassare lo sguardo a terra...ora proviamo a misurare la differenza..
Misuriamo pure! ...ma che cosa?
Ma se fosse solo questione di guardare il cielo ed usciamo dalla crisi...lo sai quanto lo guarderei...il cielo!
Certo dirai che è questione di Spirito e non di beni materiali!
...ed io potrei anche concordare....ma prova un po' a dirlo a qualche disoccupato o a chi, da anni, è precario...o ricercatore a progetto!
ulysse is offline  
Vecchio 21-09-2013, 22.12.38   #70
maral
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In realtà l'uomo finge di non sapere quanto ci abbia perso a non essere animale e per questo finge di essere asceso a chissà quali altezze rispetto a ogni animale per poi concludere consolandosi di essere in fondo sì solo un animale, ma in cima alla catena evolutiva.
In realtà l'uomo invidia profondamente l'animale, intuisce il proprio essere una sorta di aborto di natura, un essere lasciato a metà, una degenerazione dell'animalità e sa bene che quella ragione di cui tanto mena vanto è solo l'illusione di una toppa per trovare in qualche modo la possibilità di continuare a esistere dandosi un senso.
L'uomo ha la ragione, come gli uccelli hanno le ali e i pesci le pinne, ma nessun uccello o pesce mena tanto vanto delle proprie ali e delle proprie pinne quanto l'uomo della propria ragione e un motivo ci deve pur essere e forse questo motivo è che l'animale uomo, diverso da tutti gli altri animali, sente in fondo a se stesso che quella ragione serve a ben poco e dunque per funzionare ci si deve illudere fingendo che serva a tutto illuminare ed è proprio allora che la ragione diventa estrema follia.
Nessun animale ha mai invidiato l'uomo per quella posizione privilegiata che l'uomo ha un giorno attribuito a se stesso (magari fingendo ipocrita umiltà), è l'uomo che quel giorno si è messo a disprezzare l'animale cessando di adorarlo e lo ha cominciato a disprezzare proprio in quanto tanto profondamente ha cominciato a invidiarlo.
maral is offline  

 



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