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Vecchio 31-10-2013, 00.19.57   #1
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Albert Camus, l'"uberNietzsche"

"Devo a Nietzsche una parte di quello che sono" (Albert Camus).

Scrive M.Onfray: "il luogo comune di una storiografia un pò dubbia assimila piattamente l'essere nietzschiano
con l'essere Nietzsche. Bisogna dunque rifare la stessa strada di Nietzsche, e ricalcare tutti i sentieri che
lui ha tracciato?" Eppure, dice Onfray, è lo stesso Niezsche ad affermare che: "si ripaga male un maestro se
si rimane sempre scolari". Ed è in questo senso che, secondo Onfray, Nietzsche è stato per Camus un buon maestro.
Essere nietzschiano non consiste quindi nel pensare come Nietzsche, ma nel pensare a partire da Nietzsche.
Pensare a partire da Nietzsche, continua Onfray, consiste nel ragionare tenendo presenti le sue scoperte
fondamentali, contando sulle sue analisi e sulle sue osservazioni, sulla sua rigorosa e fondata diagnosi del
nichilismo europeo.
Se ci preoccupiamo di definire il nietzschiano come chi fa di Nietzsche non tanto un fine da copiare, quanto
un inizio da superare, allora Albert Camus fu uno dei grandi filosofi nietzschiani del Novecento, forse
addirittura il più grande. Lontano da tanti oscuri interpreti, continua Onfray, che non si preoccupano della
vita filosofica, Camus ha preso Nietzsche sul serio, "vivendolo" (ma anche superandolo).
Io credo che queste parole di Onfray colgano davvero nel segno.
La mia impressione è che, oggi, Nietzsche sia ridotto a, come dire, "icona per giovani ribelli". Null'altro,
quindi, che un feticcio immaginifico nel quale generazioni di liceali e di universitari si rispecchiano (ma
nel quale si rispecchiano ad un livello puramente estetico, senza cioè avvertire nessuna necessità di procedere
"oltre" quella che è solo una mera ri-produzione - e forse, cosa ancor più grave, senza avvertire minimamente
la necessità di una critica).
Quanto ai meno giovani (categoria cui ahimè appartengo), essi hanno come dimenticato Nietzsche (come hanno
dimenticato la lezione che viene dalla relatività), "allegramente" ricostituendo quei valori di cui egli
aveva decretato la "morte". E vivendo come se egli non fosse mai esistito.
In fin dei conti, un Nietzsche "icona per giovani ribelli" fa molto comodo a tutte le generazioni...
Ma, dicevo, Onfray ha ragione: per Camus, Nietzsche non è stato nulla di tutto questo. Perchè Camus ha davvero
"vissuto" Nietzsche, e veramente ha cercato, in uno sforzo immane, di superarlo.
L'"ubermensch" camusiano non prescinde mai dal tremendo vuoto valoriale che Niezsche ha così be descritto.
Eppure riesce a non assumere mai le pose insopportabili di quello nietzschiano. Egli non è l'aristocratico,
il forte che fa valere la sua volontà di potenza sul debole. Egli è debole fra i deboli, eppure riesce a vincere
la propria battaglia contro il "vuoto", vivendo intensamente quei momenti in cui il "vuoto" si fa meno
opprimente (Camus immagina un Sisifo felice nel momento della discesa, anche se sa che una nuova salita e una
nuova fatica lo attendono).
L'"ubermensch" camusiano trova nelle "piccole cose" (come per Pascoli...) un conforto persino al
pensiero della morte. "Morire qui - dice Camus riferendosi al sole, ai vigneti e agli oliveti della Toscana -
dopo aver bevuto Chianti ed ammirato le belle ragazze fiorentine, mi sembrerebbe meno insensato".
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Vecchio 31-10-2013, 12.01.51   #2
green&grey pocket
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Riferimento: Albert Camus, l'"uberNietzsche"

Non conosco così bene Camus(mi rimane la lettura che feci della peste), ma pian pianino mi sto facendo una idea più precisa del tedesco.

Francamente non capisco perchè continui ad assumere nietzsche come una sorta di aristocratico con complessi di megalomania.

No! mi dispiace, è esattamente il contrario.

Al liceo una professoressa decente di filosofia mi fece apprezzare il filosofo balenandolo come il più razionale di tutti, come l'ultimo illuminista, come il grande padrone di uno stile, che diventa filosofia.

E' proprio questo stile che trae in inganno il giovane, il quale abbocca alle provocazioni e non legge l'assunto, pure presente in molti passaggi, di una riflessione che vada oltre le apparenze e le mode.
Una riflessione che è astorica, e che condanna l'uomo ai suoi entusiasmi legati al metafisico.

Onfray, sebbene sia apprezzabile per il taglio alternativo che fa della storia della filosofia, nel senso che ha riportato nel dibattito contemporaneo molti autori marginali, è stato più volte accusato di dare una visione totalmente distorta degli autori.

Rimane perciò tutta da rileggere questa supposta "superiorità/ulteriorità" di Camus rispetto a Nietzche.

Nel caso dell'amor fati, che mi sembra tu dipinga col paesaggio sentimentale tusculano, a me sembra che sia Camus (se fosse così...non lo so) a dimenticare che il reale non può esimersi dal punto dell'animale.

In realtà mi sembra ne avevamo già parlato, per me l'etica di camus è particolare mentre se ricordo bene per te era universale.
purtroppo non l'ho ancora ripreso e approfondito per potermi veramente confrontare, perciò speriamo che qualche altro amico possa aggiungere qualcosa al riguardo.
green&grey pocket is offline  
Vecchio 01-11-2013, 01.11.34   #3
0xdeadbeef
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Riferimento: Albert Camus, l'"uberNietzsche"

@ Green
In realtà, io assumo Nietzsche come paragone. Perchè, ripeto, la grandezza di Nietzsche si misura proprio
nel suo essere pietra di paragone per chiunque voglia discutere di filosofia.
Detto in altre parole: Nietzsche è semplicemente imprescindibile.
Una volta "dato a Cesare quel che è di Cesare", cominciamo però a parlar chiaro: quelle cose (proprio quelle
sui forti e sui deboli, che non mi pare il caso di ripetere) le ha scritte Nietzsche, e non qualcun'altro.
Beh, io su quelle cose non sono per niente d'accordo con lui. Naturalmente, questo non mi impedisce di
pensare, come Camus, che: "devo a Nietzsche una parte di quello che sono".
Mi ritengo dunque "nietzschiano" anch'io. E la penso come Onfray: "essere nietzschiano non consiste nel pensare
come Nietzsche, ma nel pensare a partire da Nietzsche".
Nessuno ha detto che Camus è "superiore" a Nietzsche (sarebbe insensato pensarlo). Si è invece detto che
Camus ha cercato di "superare" Nietzsche (ove il termine "superare" non sia da intendere in senso qualitativo,
o peggio: "progressivo", ma nel senso di "oltrepassamento"; di un "partire da").
Sull'"amor fati", di cui tu vedi una riproduzione nel passaggio in cui Camus parla della morte "sensata" in
mezzo agli oliveti della Toscana: ecco una delle grandi differenze fra Nietzsche e il nietzschiano Camus.
Tutto, in Nietzsche, è "monumentale"; grandioso; superlativo. Tutto, in Camus, è "piccolo", riservato, intimo.
In realtà, Camus usa termini molto "boccacceschi" (a proposito delle ragazze fiorentine...). Direi mirabilmente
boccacceschi, soprattutto se li pensiamo accostati al tema della morte.
Cosa c'è di più "animale" che pensare alla morte e, contemporaneamente, a queste ed alle bevute di vino?
Non esiste, in Camus, un pensiero della morte "monumentale", così come non esiste un pensiero della morte che
sia, in qualche maniera, legato ad un aspetto metafisico.
Tutto, in Camus, è "fisicità". E' la fisicità del sole, del paesaggio, del vino e delle forme delle ragazze
a dare sensatezza alla morte: null'altro.
ciao
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Vecchio 01-11-2013, 02.11.38   #4
leibnicht
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Riferimento: Albert Camus, l'"uberNietzsche"

Poco e male conosco Camus, a parte un'antica lettura della Peste. Perdono, quindi, della mia ignoranza. So un po' di Nietzsche.
L'aristocrazia niciana è stoica.
Non è fondata su alcuna "appartenenza", dunque. E neppure su alcun valore di merito che voglia o sappia prescindersi dalla relatività degli stessi.
Si fonda sul logos e basta. E' solo a partire dal logos stoico che è possibile qualsiasi disanima, critica, analisi infine e diagnosi, "oltre", del mondo Uomo:
perché tale luogo mentale (quello stoico-logico) è l'obiettività non neutrale che assolutamente si con-figura come Ragione nell'essere sé, cioè il luogo etc...
Quello è il luogo dell'Uebermensch. Se può esserci un uebernietzsche, questo è pura ridondanza, criptoamnesia, degenerazione.
Sembra che pochi colgano il fatto che Nietzsche si contrappone radicalmente ad Hegel.
Pure, fu così evidente al tempo...
L'Etica come possibile Scienza, quale succedaneo della metafisica, la Logica come sfondo dell'universalità!
Nietzsche è l'unico filosofo del XIX secolo sopravvissuto ai disastri ed ai lumi intellettuali rifondati del XX ed al teorema di Goedel.
Generazioni di supponenti ciarlatani hanno colmato di sé un secolo cui il futuro darà un significato minore.
Le Idee, quelle che davvero promuovono l'Umanità, sono venute nel '900. L'800 fu uno stagno in cui nuotavano girini come Freud, Mendeleev, Marx, Haeckel, Faraday e Darwin.
E, per il resto, insetti. Nietszche vuol essere il pabulum creativo in cui lo stagno, gli insetti, i girini e l'acqua melmosa si generarono e si genereranno.
Salvo il fatto che, quando il terreno si solleva al punto di farsi non la pianta, ma come essa: ecco, tutto muta, "il ciel si cangia".
leibnicht is offline  
Vecchio 02-11-2013, 23.41.56   #5
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Riferimento: Albert Camus, l'"uberNietzsche"

@ Leibnicht
Che Nietzsche presenti dei tratti comuni con lo stoicismo mi sembra evidente. Naturalmente non parlo solo
dell'"amor fati" o dell'"eterno ritorno", ma anche del concetto di verità-falsità, e altro.
Però, a me sembra, presenta anche tratti contrapposti a quelli dello stoicismo, e parlo in particolare dell'etica.
Soprattutto il giusnaturalismo stoico mi parrebbe fare a cazzotti con la volontà di potenza di Nietzsche.
Non capisco piuttosto se, a tuo avviso, si debba considerare l'"ubermensch" nietzschiano come un qualcosa di
definitivo; come l'ultima e "tombale" parola della filosofia, visto che consideri l'"ubernietzsche" come
ridondanza, criptoamnesia, degenerazione (e, sia chiaro, io temo che pietra tombale lo sia per davvero...).
Su Nietzsche che si contrappone radicalmente a Hegel: sì e no. Sì, nel senso che Nietzsche rappresenta un
radicale oltrepassamento dell'idealismo. No, nel senso che potrebbe anche essere letto come suo completamento.
Sul resto di quel che scrivi: perdonami ma non ci ho capito un fico secco.
ciao
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Vecchio 04-11-2013, 23.28.53   #6
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Riferimento: Albert Camus, l'"uberNietzsche"

Sulla volontà di potenza non voglio ancora pronunciarmi, fin quando non la leggo.
Parliamo invece ancora del binomio forte-debole.

Anche ricordando la peste, mi sembra di ricordare che all'interno della città-lazzaretto si contrappongono alcuni personaggi, dibattuti tra un senso di impotenza, che lascia gravi lacune etiche in sospeso e altri che azzerano il pensiero tutti tesi al fare, ma come obnubilati da un senso etico superiore.

E' proprio questo senso etico superiore che viene a mancare o che viene adottato ciecamente, il problema visibile del nichilismo.

Nietzsche in umano troppo umano lo indaga a ritroso, genealogicamente appunto, per trovarvi le cause.


La causa primaria è appunto l'animalità.
Biologicamente l'uomo è portato ad aggredire, a sorpassare, a migliorare; vi è in esso dunque una forma di violenza che ogni società per come si è sviluppata storicamente (nello stato appunto) tende necessariamente per la convivenza a neutralizzare, negandola e sostituedola con specchi religiosi, attuando politiche della paura e infine medicalizzandola tramite benzodiazepine.

E' Nietzche per primo ad aver letto la teologia politica profetizzandola nella sua forma moderna.

Alla fine di questo iter, e anzi già nel suo sviluppo critico, Nietzche accenna alla necessità di un uomo scientifico a livello politico e di un uomo forte (e cioè al riparo dai rifugi metafisici, notare) a livello morale.

Non si tratta perciò di un oppressione aristocratica del nobile sul debole, al contrario nessuno delle due parti viene risparmiata dal suo sguardo indagatore.

In questo il nazionalismo politico e il sionismo commerciale sono ugualmente attaccatti con grande senso critico. E' esattamente il contrario di quello che viene attribuito al tedesco perciò, i libri vanno letti.
green&grey pocket is offline  
Vecchio 05-11-2013, 14.52.34   #7
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Riferimento: Albert Camus, l'"uberNietzsche"

@ Green
A mio parere, il momento saliente de: "La peste" è quando il dottor Rieux e l'altro personaggio (il prete, del
quale non ricordo mai il nome...) si trovano davanti al capezzale di un bambino morente.
Il prete si pone, e pone a Rieux, un sacco di domande "metafisiche", alle quali Rieux risponde secco: "senta,
io non lo so, ma adesso sbrighiamoci".
Ecco, in questo passaggio c'è tutto Camus. E c'è, io trovo, la traccia che lo avvicina straordinariamente
a Kant. Cos'altro può rappresentare quell'"io non lo so" se non una ragione teoretica (pura) che può arrivare
solo a sapere di non sapere? E cos'altro può rappresentare quel: "ma adesso sbrighiamoci" se non una ragione
pratica che sa di dover agire pur nell'indeterminazione della teoresi?
E non c'è forse "volontà di potenza" in Rieux? Io trovo vi sia. Eppure la sua volontà di potenza non assume
i caratteri di quella descritta da Nietzsche. Rieux non è "biologicamente portato" ad aggredire, a sorpassare.
In lui la mancanza di una stabile base teoretica sulla quale poter fondare il "valore" non impedisce l'azione
volta al bene altrui. Anch'egli è uomo "forte" (al riparo da rifugi metafisici), ma la sua forza non è quella
del "vincitore" (egli è sempre accompagnato dal prete - "perdente" nella terminologia di Nietzsche).
La peste se ne va, una mattina, così, casualmente come era arrivata. Ma (questo lascia intendere Camus) un'altra
peste verrà, così, casualmente. Ed altri bambini moriranno, così, casualmente.
E, dà ad intendere Camus, quasi casualmente Rieux si trova lì, a far l'"eroe" (egli non ha parole sprezzanti
per coloro che preferiscono fuggire quando trovano il modo di evadere il cordone sanitario di quarantena).
La casualità è un tema centrale in Camus. L'"ubernietzsche" camusiano crede fermamente al caso: è anche per questo
che egli non può essere un "vincitore" ("nessun vincitore crede al caso" - La gaia scienza).
ciao
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Vecchio 05-11-2013, 20.44.08   #8
green&grey pocket
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Riferimento: Albert Camus, l'"uberNietzsche"

In effetti mi sembrava più sfumato il senso etico di Grieux, d'altronde l'esistenzialismo è anche questo sentimento di essere perdente tra i perdenti.
(ma posso sbagliarmi, troppo tempo fa lo lessi, ancora troppo acerbo)

Però effettivamente se lo leggiamo con gli occhi della filosofia e come distanziandoci dal personaggio, credo che il dottore ha capito molto se non tutto dell' oltreuomo niciano.
Mi è piaciuto parecchio anche l'aforisma che ha citato, uno dei più densi in assoluto.
Bello anche il paragone Kant-Camus, effettivamente non l'avevo mai pensato in questa maniera, e sebbene possa sembrare a qualcuno un pò tirata, ritengo sia una lettura molto intereressante e appropriata.

ciao!
green&grey pocket is offline  

 



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