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Vecchio 22-02-2014, 09.49.51   #51
sgiombo
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Riferimento: Se non esiste l'anima che senso ha vivere ?

Sgiombo:
Esamino qui solo le tue affermazioni che non comprendo e/o non condivido (e apprezzo molto la tua delicatezza nel non volere urtare la sensibilità di nessuono; per quanto riguarda in particolare me non farti scrupoli: sono alquanto rude con gli altri -e colgo l' occasione per scusarmene- e credo con me stesso, e mi piace il confronto franco e non troppo diplomatico).



Maral:
Può essere ad esempio volontà di consegnarsi anima e corpo a un utopia, a un ideale, sentendolo come un idolo di potere che travalica il me stesso, fino al mio annullamento. La volontà di potenza è essenzialmente mutilazione sempre più spinta della realtà a vantaggio del controllo che si può esercitare su di essa e a tal fine il riduzionismo (ma non sempre). come il puro razionalismo intellettuale possono diventare espressione di volontà di potenza molto forte.

Sgiombo:
Mi sembra che il consegnarsi a un' utopia o un ideale fino all' annullamento di se stessi (é forse il caso di certi ordini religiosi che impongono ai loro aderenti regole di condotta rigorosissime? Ma forse nemmenno questo. Mi sembra infatti impossibile in quanto autocontraddittorio un completo annullamento di se stessi che non coincida puramente e semplicemente col suicidio; credo che anche le suore di clausura trovino soddisfazione nel vivere la loro vita, altrimenti farebbero altre scelte).

La realtà (fisica materiale) si può mutare solo "applicandone le leggi oggettive", cioé in un certo senso adeguandovisi. Dunque riduzionismo e razionalismo sono utili al fine di "dominare" la realtà fisica solo limitatamente e adeguandovisi. Pretendere di "dominarla come un padrone domina uno schiavo" é un' impossibile pretesa irrazionalistica foriera di danni a se stessi, gli altri uomini e alla natura in generale.



Maral:
e allora entra il gioco il riduzionismo per cui l'oggetto di studio viene arbitrariamente rinnegato nella sua effettiva interezza per essere considerato solo secondo determinati parametri che ne rendano possibile un controllo sempre più totale.

Il riduzionismo è utile perché consente di agire con pronta efficacia, tuttavia va usato con estrema circospezione, altrimenti anche il tecnico più accorto e abile rischia di trasformarsi in una sorta di apprendista stregone per il quale non solo tutto è possibile, ma è reso possibile anche con estrema indebita facilità, quel semplicismo di una visione solo lineare che poi provoca disastri immani.

In fondo una parte di casualità imprevedibile nella totalità con cui si vuole comprendere c'è sempre a causa di una reale complessità delle cose che mai, soprattutto a livello umano e biologico, funzionano secondo una completa linearità deterministica in cui tutto può venire precisamente definito secondo pure concatenazioni di causa effetto, ma ove sono sempre presenti meccanismi ciclici di retroattività assai difficilmente prevedibili anche dal più esperto degli scienziati. ignorarlo in nome della affermazione del proprio apparentemente potente agire può risultare catastrofico. Spero di essermi riuscito a spiegare senza urtare la sensibilità di nessuno.

Sgiombo:
Ignorare l' interezza di un oggetto (e anche ciò che lo circonda e con esso interagisce) per considerarne indebitamente solo talune parti non é riduzionismo né tantomeno un atteggiamento razionalistico; é una pretesa irrazionalsitica destinata all' errore teorico (a credere il falso) e al fallimento nelle sue eventuali applicazioni pratiche.

Concordo che la conoscenza scientifica -e dunque il riduzionismo che é una condizione per acquisirla e incrementarla, oltre che una visione filosofica razionalistica che ritengo vera- va (andrebbe, se gli assetti sociali vigenti fossero razionali, cosa che non é, oltre a non essere equi e giusti-) applicata con prudenza (direttamente proporzionale alla sua entità ed efficacia teorica e soprattutto pratica), pena la provocazione di disastri veramente immani.

Sulla casualità e imprevedibilità credo si debba distinguere un piano teorico o di principio, sul quale a mio avviso si dà perfetta calcolabilità e prevedibilità "meccanicistica" degli eventi che divengono con completa linearità deterministica (compresi secondo me quelli quantistici) e un piano pratico o di fatto, sul quale relativamente poco é calcolabile e prevedibile con elevata precisione e certezza (per la quantità, varietà, complessità dei fattori in gioco che bisognerebbe conoscere con adeguata precisione e completezza); e il razionalismo impone (imporrebbe) di rispettare questi limiti di conoscibilità e applicabilità pratica.
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Vecchio 22-02-2014, 09.52.23   #52
sgiombo
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Riferimento: Se non esiste l'anima che senso ha vivere ?

Citazione:
Originalmente inviato da AnimaB.
Personalmente mi è impossibile da credere, che una mente possa pensare alla sua fine CERTA e rimanere nello stesso tempo felice. Forse molti atei sotto nel profondo hanno una piccola speranza che non vogliono ammettere, io però non conosco nessun ateo che non abbia paura della morte. Ma ripeto tu potresti essere un eccezione , e a questo punto ti faccio i complimenti per il tuo spirito o psiche forte.
Non sono un' eccezione.
L' affermazione che della morte non c' é da aver paura fu fatta per la prima volta (a quanto si sa) da Epicuro, il quale ebbe, anche a questo proposito, tantissimi seguaci in tutte le epoche storiche (in quale più in quale meno, in quale più consapevolmente ed espressamente, in quale meno).
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Vecchio 22-02-2014, 10.16.42   #53
Duc in altum!
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Riferimento: Se non esiste l'anima che senso ha vivere ?

** scritto da sgiombo:

Citazione:
Stessa credenza (per fede o per ragionamento a seconda dei diversi casi),

Forse non hai ben letto o considerato il mio precedente commento, non esistono "diversi casi" ( a meno che non si questioni con megalomania).
Ad un certo punto delle discussioni su eventi trascendenti, così come l'esistenza dell'Anima o la scintilla del Big-bang o ecc. ecc., avvolti ancora nel Mistero (ribadisco), senza una prova di laboratorio che accerti la loro sicura provenienza o realtà, la logica deve cedere il passo ad una ragione di e per fede, obbligatoriamente, poiché nessuno, fino ad oggi, può affermare con verificata ed indubbia evidenza l'esistenza o meno dell'Anima o che il Caso sia il volto anonimo di Dio.

Quindi siamo innanzi a "differenti credenze" motivate in ragione di una fiducia acquisita, provata e sperimentata, nell'esperienza quotidiana personale, e non per merito di logica.


Citazione:
ma, nel caso di Hitler (e non di Nerone) dopo una vita malvissuta, non benvissuta (secondo ciò che per me é bene e ciò che é male; ma voglio sperare che nemmeno tu ritenga ben vissuta la vita del Fuhrer): trovo che ci sia una differenza enorme!

Sempre seguendo l'argomentazione sovraesposta, dovresti prima spiegare a quali decreti, per fede, attribuisci la scissione del bene e del male, e poi forse potresti anche accusare Hitler di aver avuto una vita malvissuta (anche se lui potrebbe sempre rispondere dopo la vita c'è il Nulla e tutto il lasciato è perso!), poiché per tantissimi altri è la vita di Allende da biasimare.

Tu conosci bene la mia fede, e secondo i decreti del mio "credo" Hitler e Allende, Castro e Mussolini sono nello stesso girone dantesco, non c'è differenza nell'essere prepotente od invidioso, altro che enorme.
Ma può darsi anche che sono in errore e che Dio e la dannazione dell'Anima siano una bufala, ed allora da quale pulpito posso criticare la vita di chicchessia?!?!?!
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Vecchio 22-02-2014, 12.37.18   #54
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Riferimento: Se non esiste l'anima che senso ha vivere ?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Non sono un' eccezione.
L' affermazione che della morte non c' é da aver paura fu fatta per la prima volta (a quanto si sa) da Epicuro, il quale ebbe, anche a questo proposito, tantissimi seguaci in tutte le epoche storiche (in quale più in quale meno, in quale più consapevolmente ed espressamente, in quale meno).

Epicuro può farti passare la paura della morte: « Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi. », ma il NONSENSE (secondo i parametri nichilisti materialisti) di essa rimane. E anche con questa frase tutte le persone che conosco "atee" hanno il terrore di sparire nel nulla, e fanno di tutto per distrarsi e non pensarci (escluse eccezioni ).
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Vecchio 22-02-2014, 17.22.18   #55
maral
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Riferimento: Se non esiste l'anima che senso ha vivere ?

@Sgiombo: al di là dell'elenco che ho tentato di dare per costruire un abbozzo fenomenologico della volontà di potenza e i cui elementi presi separatamente possono anche offrire considerazioni positive, penso che in queste tue parole stia ciò che permette di dare il senso generale della volontà di potenza:
Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo

Ignorare l' interezza di un oggetto (e anche ciò che lo circonda e con esso interagisce) per considerarne indebitamente solo talune parti non é riduzionismo né tantomeno un atteggiamento razionalistico; é una pretesa irrazionalsitica destinata all' errore teorico (a credere il falso) e al fallimento nelle sue eventuali applicazioni pratiche.
La volontà di potenza è essenzialmente il voler credere il falso di ciò che è vero, e in questo poterlo fare essa misura se stessa, la propria potenza, ove "vero" è quanto accade nella sua completa realtà inter relazionale. Il vero di cui si vuole dire il falso è cioè l'essente per come è di per se stesso. La volontà di potenza è quindi menzogna che si compiace del proprio illimitato potere di mentire convincendo e pertanto essa è, come dici, certamente irrazionale, anche se utilizza volentieri la razionalità per il suo scopo irrazionale.
A questo si può certamente obiettare che noi non conosciamo l'essente integralmente per come è in quanto di esso diamo solo limitate rappresentazioni che offrono degli essenti sempre e solo raffigurazioni parziali e quindi finte e pertanto falsificabili, dunque non possiamo uscire dai giochi della volontà di potenza ove le rappresentazioni contrapposte tentano costantemente di annientarsi reciprocamente mostrando la loro maggiore potenza. Questa obiezione può venire superata includendo nella rappresentazione il limite di se stessa, ossia il limite di ciò che essa, per come è non può mostrare o può mostrare solo come altro da sé. Per meglio chiarire questo significa che per uscire dal gioco falsificante e nichilista della volontà di potenza occorre dire delle cose ciò che esse mostrano, ma in cui il ciò che esse mostrano include pure ciò che di esse non sappiamo (include il nostro non sapere in merito ad esse) e quindi non può apparirci in ragione dei nostri limiti rappresentativi che demarcano comunque il nostro processo cognitivo su qualsiasi base metodologica lo si voglia fissare. In tal modo lo stesso gioco della volontà di potenza (che dopotutto non è altro che il gioco del divenire) che si conclude nel porre il niente come unico reale essente, diventa il gioco di un continuo infinito apparire sempre più aperto che intravvede senza afferrarla in ogni essente l'infinità che gli è propria.
In questo senso il pensiero filosofico aiuta.
Citazione:
Originalmente inviato da donquixote
Ho fatto una rapida ricerca su internet per vedere se forse mi fosse sfuggito lo stesso concetto di "volontà di potenza" espresso e teorizzato da altri che non fosse Nietzsche, ma non avendo trovato nulla al riguardo i casi sono due: o questo è un concetto a sé, originale, discusso con altri su questo forum e la cui definizione come da te espressa viene data per acquisita, oppure si sta parlando del medesimo concetto espresso dall'autore dello Zarathustra. Nel primo caso sarebbe opportuno chiamarlo diversamente per evitare pericolose confusioni, mentre nel secondo trovo che la descrizione che hai fatto della volontà di potenza sia a mio modo di vedere anni luce lontana dall'attributo principale del superuomo niciano, o dell'uomo che ambisce a superare se stesso.

Il concetto di volontà di potenza che ho espresso si riferisce in particolar modo alla lettura che ne dà Severino certo con riferimento fondamentale a Nietzsche, il quale a sua volta è ispirato da Schopenhauer e influenzato più o meno consapevolmente da Stirner ("L'unico e la sua proprietà"), filosofo a mio avviso indebitamente spesso marginalmente considerato, per quanto ritengo riguardi l'elaborazione dell'idea del super uomo. Ma ovviamente di questo se ne può discutere a parte coinvolgendo chi ha una competenza filosofica maggiore della mia e che certo potrebbe trovare del tutto arbitrario quanto sostengo.
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Vecchio 22-02-2014, 19.10.05   #56
jeangene
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Riferimento: Se non esiste l'anima che senso ha vivere ?

Questo breve approfondimento del concetto di volontà di potenza è molto interessante.
Finora anche a me, come a sgiombo, questo concetto risultava essere piuttosto fumoso.

Citazione:
Originalmente inviato da maral
[...]lo stesso gioco della volontà di potenza (che dopotutto non è altro che il gioco del divenire) che si conclude nel porre il niente come unico reale essente[...]

Solo una domanda:
In che modo il gioco della volontà di potenza (che abbiamo visto essere il voler credere il falso di ciò che è vero) si conclude nel porre il niente come unico reale essente?

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Vecchio 22-02-2014, 19.19.16   #57
sgiombo
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Riferimento: Se non esiste l'anima che senso ha vivere ?

Duc in altum!:
Forse non hai ben letto o considerato il mio precedente commento, non esistono "diversi casi" ( a meno che non si questioni con megalomania).

Ad un certo punto delle discussioni su eventi trascendenti, così come l'esistenza dell'Anima o la scintilla del Big-bang o ecc. ecc., avvolti ancora nel Mistero (ribadisco), senza una prova di laboratorio che accerti la loro sicura provenienza o realtà, la logica deve cedere il passo ad una ragione di e per fede, obbligatoriamente, poiché nessuno, fino ad oggi, può affermare con verificata ed indubbia evidenza l'esistenza o meno dell'Anima o che il Caso sia il volto anonimo di Dio.
Quindi siamo innanzi a "differenti credenze" motivate in ragione di una fiducia acquisita, provata e sperimentata, nell'esperienza quotidiana personale, e non per merito di logica.

Sgiombo:
Il fatto che anche il credere in ciò che ci dice la scienza implica l’ assunzione di taluni assunti indimostrabili non la pone affatto sullo stesso piano del credere nelle più svariate fedi irrazionali (superstizioni e religioni) che sono di gran lunga più infondate e arbitrarie richiedendo molte più assunzioni indimostrabili se non anche (come nel caso della religione cristiana, per lo meno nella sua versione cattolica romana che conosco assai bene, affermazioni autocontraddittorie dai loro sostenitori dette “misteri”), e non ricevendo, al contrario delle conoscenze scientifiche, alcuna conferma empirica (nemmeno alla ineliminabile condizione di talune affermazioni indimostrabili).

Sui problemi di conoscenza che la scienza non ha risolto non è affatto necessario credere “obbligatoriamente” una qualche “verità” indimostrata purchessia; si può benissimo sospendere il giudizio!



Duc in altum!:
Sempre seguendo l'argomentazione sovraesposta, dovresti prima spiegare a quali decreti, per fede, attribuisci la scissione del bene e del male, e poi forse potresti anche accusare Hitler di aver avuto una vita malvissuta (anche se lui potrebbe sempre rispondere dopo la vita c'è il Nulla e tutto il lasciato è perso!), poiché per tantissimi altri è la vita di Allende da biasimare.

Sgiombo:
Non credo proprio ci sia bisogno di argomentare circa la malvagità di Hitler; (e ammesso e non concesso: sinceramente ho qualche dubbio in proposito, ma non me ne frega niente!) che credesse che dopo la vita ci sia il nulla, ciò non ha alcuna attinenza con la malvagità del suo operare.
Non dubito che per dei fascisti (ma non credo poi siano così tanti) la vita di Salvador Allende sia da biasimare: meno male per la sua onorata memoria (sarebbe infamante il contrario)!



Duc in altum!:
Tu conosci bene la mia fede, e secondo i decreti del mio "credo" Hitler e Allende, Castro e Mussolini sono nello stesso girone dantesco, non c'è differenza nell'essere prepotente od invidioso, altro che enorme.

Ma può darsi anche che sono in errore e che Dio e la dannazione dell'Anima siano una bufala, ed allora da quale pulpito posso criticare la vita di chicchessia?!?!?!

Sgiombo:
Ne prendo atto, con sincero rammarico.

La vita propria e degli altri può e deve essere criticata dal "pulpito" (per niente solenne e arrogantemente presuntuoso: per questo uso le virgolette) della propria coscienza.
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Vecchio 22-02-2014, 19.26.01   #58
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Originalmente inviato da AnimaB.
Epicuro può farti passare la paura della morte: « Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi. », ma il NONSENSE (secondo i parametri nichilisti materialisti) di essa rimane. E anche con questa frase tutte le persone che conosco "atee" hanno il terrore di sparire nel nulla, e fanno di tutto per distrarsi e non pensarci (escluse eccezioni ).

Rilevo la tua persistente presunzione nell’ uso delle virgolette per parlare degli atei: se si definiscono tali -per correttezza verso di loro- devi accattare che lo siano e smetterla di pretendere che in fondo al loro animo debbano avere per forza un qualche barlume inconsapevole di fede.
Non é vietato o comunque impossibile essere atei: fattene una ragione!

E la mia esperienza personale, che mi dice esattamente il contrario, mi induce a dubitare che anche il presunto terrore di sparire nel nulla di tutti gli atei (senza virgolette, per favore!) da te conosciuti (salvo eccezioni) non esista realmente (in loro) e te lo immagini tu (visto che hai la spiccata tendenza a credere di conoscere gli intimi convincimenti degli altri meglio dei diretti interessati…).

Diverso é il discorso circa la paura di soffrire (morendo ma anche lontano dalla morte); personalmente conosco ben poche persone, d'animo molto forte, che non l' abbiano (e io personalmente non sono fra costoro).
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Vecchio 22-02-2014, 20.05.02   #59
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Citazione:
Originalmente inviato da jeangene

Solo una domanda:
In che modo il gioco della volontà di potenza (che abbiamo visto essere il voler credere il falso di ciò che è vero) si conclude nel porre il niente come unico reale essente?

Dire il falso è dire la contraddizione, la volontà di potenza vuole dunque in modo assoluto ciò che si contraddice. "Il niente è l'essente" è la contraddizone assoluta.
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Vecchio 22-02-2014, 20.30.58   #60
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@Sgiombo: al di là dell'elenco che ho tentato di dare per costruire un abbozzo fenomenologico della volontà di potenza e i cui elementi presi separatamente possono anche offrire considerazioni positive, penso che in queste tue parole stia ciò che permette di dare il senso generale della volontà di potenza:

La volontà di potenza è essenzialmente il voler credere il falso di ciò che è vero, e in questo poterlo fare essa misura se stessa, la propria potenza, ove "vero" è quanto accade nella sua completa realtà inter relazionale. Il vero di cui si vuole dire il falso è cioè l'essente per come è di per se stesso. La volontà di potenza è quindi menzogna che si compiace del proprio illimitato potere di mentire convincendo e pertanto essa è, come dici, certamente irrazionale, anche se utilizza volentieri la razionalità per il suo scopo irrazionale.
A questo si può certamente obiettare che noi non conosciamo l'essente integralmente per come è in quanto di esso diamo solo limitate rappresentazioni che offrono degli essenti sempre e solo raffigurazioni parziali e quindi finte e pertanto falsificabili, dunque non possiamo uscire dai giochi della volontà di potenza ove le rappresentazioni contrapposte tentano costantemente di annientarsi reciprocamente mostrando la loro maggiore potenza. Questa obiezione può venire superata includendo nella rappresentazione il limite di se stessa, ossia il limite di ciò che essa, per come è non può mostrare o può mostrare solo come altro da sé. Per meglio chiarire questo significa che per uscire dal gioco falsificante e nichilista della volontà di potenza occorre dire delle cose ciò che esse mostrano, ma in cui il ciò che esse mostrano include pure ciò che di esse non sappiamo (include il nostro non sapere in merito ad esse) e quindi non può apparirci in ragione dei nostri limiti rappresentativi che demarcano comunque il nostro processo cognitivo su qualsiasi base metodologica lo si voglia fissare. In tal modo lo stesso gioco della volontà di potenza (che dopotutto non è altro che il gioco del divenire) che si conclude nel porre il niente come unico reale essente, diventa il gioco di un continuo infinito apparire sempre più aperto che intravvede senza afferrarla in ogni essente l'infinità che gli è propria.
In questo senso il pensiero filosofico aiuta.

A essere franchi “il voler credere il falso di ciò che è vero" (che affermi essere ciò che intendi per “volontà di potenza”) a me fa decisamente l' impessione di una manifestazione di pazzia (letteralmente: qualcosa di patologico; che effettivamente é forse ciò che tu pensi della volontà di potenza). Un conto è coltivare illusioni e fantasie irrealistiche, che se non si esagera può dare qualche momento di felicità, un po’ come il cioccolato assunto in non eccessive, ragionevoli dosi, un altro ostinarsi a pretendere che la realtà sia diversa da come è; fra l’ altro se così fosse non ne deriverebbe alcun pericolo per l’ umanità poiché sarebbe inesorabilmente condannata all’ impotenza.
Quanto poi alle tue parole che seguono questa perentoria (e almeno comprensibile) affermazione, devo dire che non riesco proprio a comprenderne il senso (le trovo, in effetti, molto severinane).
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