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Vecchio 18-04-2014, 11.13.05   #41
sgiombo
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

@paul11

Della tua argomentazione in risposta a Geen&Grey Pocket non condivido questa affermazione:

Paul11: "E' strano che se hai capito Pierce non hai capito che la matematica in sè non aiuta nella metafisica. Prova a prender un bambino di tre anni e fargl iscriver il numero 4 senza dargli un significato, e poi l'8 e così via.
Il nostro cervello costruisce legami logici relazionati, 4 pere+ 4 mele non fanno 8, la matematica come segno non dice nulla se non è applicata al mondo è solo un segno come lo è Nembo Kid nell'immaginario. Diversa è la potenza della logica che spazia fra cifre e proposizioni, fra enunciati e postulati, fra induzione e deduzione, ecc."


Sgiombo: Secondo me anche la logica "in sé e per sé", non diversamente dalla matematica, é insieme di relazioni (corretto se segue e rispetta regole arbitrariamente stabilite) fra simboli astratti e priva di contenuti concreti (ai quali si può molto proficuamente applicare).

E i suoi teoremi, esattamente come quelli matematici, sono giudizi analitici a priori (come pure la sua applicazione a "cose" reali -fenomeni- onde operare inferenze deduttive, esplicitando nozioni già implicitamente contenute nelle premesse).

Trovo che entrambe assomiglino (in termini ontologici) più a Nembo Kid più che ai fenomeni (ed all' eventuale noumeno inteso come "cosa in sé" metafisica) reali indipendentemente dall' essere (eventualmente, anche) pensati (questo da nominalista sugli universali, "antirealista sugli univerasali", antipitagorico", "antiplatonico" quale sono).
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Vecchio 18-04-2014, 13.12.36   #42
Davide M.
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

@ green&grey pocket

scusami green, ma io l'ho letto bene il tuo post, infatti non ho mai scritto che è l'io ad essere psicotico. Nel momento in cui mi rispondi che l'idea che torna a sé, é sempre l'idea della ragione stessa, che ha la sua ragion d'essere nella storia, ho scritto che è Hegel ad essere psicotico. Perché prima critica Fichte, che pone a fondamento della ragione stessa l'Io puro, un'entità incorporea, che tralaltro aveva già esplicitamente scritto, che l'io pone il principio d'identità in se stesso e quindi su di un piano meramente logico, e poi lui lo pone invece nella storia, come luogo di dispiegamento della ragione stessa, ma sempre incorporeo è!
La metafisica hegeliana non ha nulla di errato, come scrivi, infatti ha tutto di errato. Perché Hegel non tratta mai della metafisica; in tutti i suoi scritti non parla mai di metafisica formalmente, perché nel suo sistema la metafisica coincide con la logica. Così come non scrive mai della conoscenza, perché nel suo sistema la gnoseologia coincide con la dialettica. La metafisica kantiana non ha nulla di errato, perché è agnostica sul piano ontologico, ed è trascendentale sul piano gnoseologico: l'unica dimensione metafisica che Kant ammette, infatti la sua metafisica è un idealismo gnoseologico.
Invece Hegel ammette che un ente possa essere e non essere allo stesso tempo e sotto il medesimo aspetto. Infatti scrive che la sua è una nuova logica, una «logica del concreto». Ma non è logica! Così sono tutti bravi, anch'io mi costruisco il mio bel sistema autoreferenziale e poi m'invento una logica ad hoc...
In questo senso Hegel è psicotico.
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Vecchio 18-04-2014, 15.29.04   #43
paul11
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
@paul11

Della tua argomentazione in risposta a Geen&Grey Pocket non condivido questa affermazione:

Paul11: "E' strano che se hai capito Pierce non hai capito che la matematica in sè non aiuta nella metafisica. Prova a prender un bambino di tre anni e fargl iscriver il numero 4 senza dargli un significato, e poi l'8 e così via.
Il nostro cervello costruisce legami logici relazionati, 4 pere+ 4 mele non fanno 8, la matematica come segno non dice nulla se non è applicata al mondo è solo un segno come lo è Nembo Kid nell'immaginario. Diversa è la potenza della logica che spazia fra cifre e proposizioni, fra enunciati e postulati, fra induzione e deduzione, ecc."


Sgiombo: Secondo me anche la logica "in sé e per sé", non diversamente dalla matematica, é insieme di relazioni (corretto se segue e rispetta regole arbitrariamente stabilite) fra simboli astratti e priva di contenuti concreti (ai quali si può molto proficuamente applicare).

E i suoi teoremi, esattamente come quelli matematici, sono giudizi analitici a priori (come pure la sua applicazione a "cose" reali -fenomeni- onde operare inferenze deduttive, esplicitando nozioni già implicitamente contenute nelle premesse).

Trovo che entrambe assomiglino (in termini ontologici) più a Nembo Kid più che ai fenomeni (ed all' eventuale noumeno inteso come "cosa in sé" metafisica) reali indipendentemente dall' essere (eventualmente, anche) pensati (questo da nominalista sugli universali, "antirealista sugli univerasali", antipitagorico", "antiplatonico" quale sono).


Immagina un cavernicolo che comincia a comunicare con un suo simile, deve dare un segno (un suono gutturale modulabile) che leghi ad un significato.
Cioè la parola definisce un significato. La semiologia inizia da questo.
La logica è molto vasta, va da quella aristotelica a quella booleana ecc.
ma se pensi ad esempio a teoremi e tesi il linguaggio che precede la matematica è logica di postulati, enunciati. In più c'è tutta la parte della comunicazione, degli algoritmi dei programmi dei computer. Quello che è avvenuto ,come ho scritto nel precedente post è stato un incontro di logica ulteriormente calata nella matematica, ad esempio l'insiemistica moderna e tutta la logica moderna.
La matematica è numerabilità di "una cosa",è una quantificazione.
Ma sono gli operatori(addizione moltiplicazione,ecc) che danno proprietà(commutazione, invarianza, ecc) e costruiscono leggi .
E' stata la contabilità antica a spingere la conoscenza.
I numeri naturali, reali,razionali, immaginari, ecc .sono, con i simboli operazionali, fondamentali .
Se la logica è il modo in cui il nostro cervello "operaziona", elabora, processa il mondo come una intelligenza artificiale, la matematica è uno strumento della logica che applica numericamente.
Insomma la matematica è un ulteriore strumento partorito dalla logica.

Per me persino l'intuizione è ancora logica(ovviamente all'estremo), il fondamento indefinito da cui a sua volta nasce la logica. I formalismi sono regole. Ma anche togliendo tutti i principi logici da Aristotele a noi, cosa ha potuto generare il linguaggio logico se non un'attitudine già logica del nostro cervello a leggere e interpretare il mondo.
Ecco perchè ritengo che il fondamento sia la nostra mente/cervello, predisposto ad un tipo di linguaggio, ad un certo tipo di processo gnoseologico.
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Vecchio 18-04-2014, 16.53.27   #44
SinceroPan
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
SinceroPan:
da cui ne segue che non condivido le tesi di Greeen e Sgiombo e Maral che pensano come Tautologia la Matematica/Logica.. ovvero con linguaggio Kantiano dicono che è solo Analitica.

Sgiombo:
Per quel che mi riguarda avevo approssimativamente indicato i giudizi analitici a priori come “poco più che tautologie”: il “di più" è precisamente l’ esplicitazione di ciò che nelle premesse è implicito.
Ciò accade per l’ appunto nelle dimostrazioni dei teoremi e nei calcoli matematici (per complessi e bisognosi di tempo onde essere svolti che siano: talora non è per niente facile e immediato esplicitare nozioni implicite, se così fosse tutta la scienza matematica sarebbe perfettamente inutile e qualsiasi bambino dell' asilo potrebbe dimostrare il teorema di Fermat).



SinceroPan:
PS: x Sgiombo : tua osservazione su Diversità OntoLogica tra Pensiero di un mal di denti ed un mal di denti fisico è ovviamente condivisibile.. Tommaso diceva che Essenza Pre-Cede Esistenza alias Posso Pensare un Uomo ma Quell'uomo non deve per forza esistere.. e poi Leibniz con Questo Mondo che è solo 1 degli OO Possibili (Pensabili).. ma ciò implica una Diversità Ontologica.. Non una Im-Pensabile Nullità Ontologica...

.Sgiombo:
Quindi citando Odifreddi nel precedente tuo intervento da me criticato, contrariamente a quanto mi sembrava di capire, non gli attribuivi la tesi (da te condivisa, secondo quanto mi pareva di capire) secondo cui il “puro contenuto di pensiero “ (con varie iniziali maiuscole secondo la tua grafia) è altrettanto reale (ontologicamente uguale) a ciò che (di fenomenico o eventualmente -ed indimostrabilmente- di noumenico) esiste o accade non solo in quanto contenuto di pensiero ma indipendentemente dall’ essere eventualmente pure pensato (natura meramente logica del primo, propriamente ontologica del secondo).

caro Sgiombo :

1) la mia opinione è che la parola Implicito non significa Tautologia.. significa Nesso Necessario tra 2 Numeri Diversi.. Tautologia è Nesso Con Sè Stesso.. anche per questo 5+3=8 è Necessario ma Sintetico (per me e Kant)..

2) con Oddifreddi volevo dire che anche il Puro Pensiero Esiste.. ed anche le mele ed il mal di denti che sono Esperiti Esistono.. ma Sono ovviamente Reali in Modo Diverso.. forse la differenza rispetto a te/Hume è che voi reputate Esistente solo ciò che è Esperito.. io e Kant anche ciò che è Solo Pensato.. forse..

ciao
.
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Vecchio 18-04-2014, 17.45.02   #45
SinceroPan
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

Citazione:
Originalmente inviato da Davide M.

Scusami SinceroPan, ma un pensiero trascendentale è lo stesso che un pensiero a priori, e quindi un noumeno. Nel 3° capitolo dell'Analitica Trascendentale, seconda edizione, Kant si pone le stesse nostre domande e ha gli stessi nostri dubbi, scrive esplicitamente che «il noumeno è a rigore un concetto problematico", perchè il nostro intelletto non è in grado di pensare, ma è in grado solo di organizzare i dati ricevuti dai sensi smistandoli nelle sue categorie a priori.

Quindi il nostro intelletto, secondo Kant, non è in grado di produrre un pensiero trascendentale, questa facoltà, scrive, se fosse mai possibile, potrebbe essere solo appannaggio di un Intelletto puro (ed io penso a Dio, oppure al pensiero di pensiero di Aristotele).
Se io sbatto al buio contro una sedia, il successivo pensiero non sarà trascendentale (le bestemmie...), ma sarà un pensiero a posteriori, causato dalla percezione dell'urto, e il senso attivato in questa occasione è il tatto.

fortius: posso capire solo ciò che intuisco.

Kant dà non una, bensì due definizioni di noumeno: una in senso positivo, l'altra in senso negativo.
1- in senso positivo: noumeno è ciò che posso pensare senza le intuizioni sensibili;
2- in senso negativo: noumeno è ciò che non posso pensare con le intuizioni sensibili.
Esclude a priori la prima, perché il nostro intelletto non è in grado di lavorare senza i dati sensibili.
Però ammette che ci possa essere qualcosa che potrebbe sfuggire alle nostre intuizioni, e quindi ai nostri sensi.
Nel campo del puro a-priori kantiano non c'è contraddizione, perché la Sostanza Permanente non è a priori, è causa dei fenomeni. A priori non significa innato, in Kant, ma semplicemente prima di ogni esperienza. Lo spazio ed il tempo sono a priori perché senza di essi non sarebbe possibile alcuna esperienza.


Allora io mi sono posto un problema metafisico: posso intuire solo ciò che capisco?



premessa : non ho mai letto CRP dal vero come te, ma solo un libro di Ferraris (ama moderna filosofia anglosassone, scienza, anti-metafisico).. potrei anche aver fonte inattendibile (oppure io me lo ricordo male).. inoltre spesso rielaboro le idee di altri a modo mio..

dunque : quando parti dicendo che pensiero Trascendentale = pensiero A-Priori mi trovi d'accordo.. mi sembra di capirti.. questo è il livello Intermedio tra Trascendente (cioè nel mio linguaggio MetaFisico) e Fisico/Esperibile/Intuibile Empiricamente..

poi però mi dici che nell'Analitica Trascendentale dice che il nostro Intelletto (l'Io Penso) può Solo Organizzare le Sensazioni ma non può Pensare Puramente.. non sapevo che Kant la pensasse così.. e non lo condivido...

innanzitutto non capisco come questa limitazione possa renderla compatibile con i Giudizi Sintetici (cioè Ampliativi della Conoscenza) A-Priori 5+3=8.. se lui li considerasse Analitici / Tautologie come Sgiombo/Hume allora ci sarebbero meno problemi a dire che siam meri organizzatori = Tabula Rasa .. ma per me son Sintetici.. sei sicuro di questa interpretazione ?

inoltre questa Capacità di Organizzarre deve essere Innata = A-Priori.. e quindi cmq almeno questa Capacità A-Priori ci deve essere oltre alle Intuizioni Pure dello Spazio/Tempo).. mi viene in mente Chomskij che scoprì in Africa una gabbia di bimbi sordomuti dalla nascita, emarginati e isolati dal mondo, eppure essi avevano creato un loro linguaggio con strutture grammaticali complesse.. lui le chiamò Strutture Innate del Linguaggio.. ecco io la penso così..

anche la questione della Contraddizione a Priori tra Sostanza Permanente vs Tempo Fenomenico Trasformatore potrebbe essere dovuta alla mia lettura di Ferraris che mi dice che nell' Apriori Kant ci mette non solo Tempo/Spazio come Intuizioni Pure, ma anche i concetti di Sostanza/Causa e l'Io Penso.. francamente se tu mi dici che nella CRP originale lui mette la Sostanza nell' A-Posteriori le cose peggiorano pure perchè sono i Sensi a dirci che Panta Rei.. mentre è l'Intelletto A-Priori che Stabilizza il Flusso e Crea Permanenza tra la Mela t0 e la Mela t1 che in Realtà sono solo Simili cioè Diverse..



circa il problema Allora io mi sono posto un problema metafisico: posso intuire solo ciò che capisco?


la mia risposta è no perchè ci sono i Sintetici A-Priori.. e perchè cmq la Capacità di Organizzare (che non è la Organizzazione di una Particolare Esperienza fatta in un certo tn) deve Pre-Esistere..
prendendola dall'altro lato il Ferraris fa questo esempio : "it's a bird, it's a plane, it's Superman" dicono gli abitanti di Metropolis.. ovvero all'inizio Percepiscono Qualcosa che Non Conoscono.. ma comunque lo Possono Percepire.. oppure Umberto Eco fa l'esempio dei primi Occidentali che videro un Ornitorico ma lo scambiarono per un altro animale perchè non lo conoscevano (eppure lo Videro).. ed è per questa via che Ferraris critica Kant come implicitamente forse fai anche te..
.
ciao
.
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Vecchio 18-04-2014, 18.52.08   #46
Davide M.
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

Concordo con la conclusione di paul11, infatti lo stesso Kant ha scritto in termini di Logica Trascendentale. Ritenendola il frutto di facoltà a priori della mente umana.

Per tornare al noumeno, prendiamo la musica, l'arte più "metafisica" di tutte; alcuni dei più grandi compositori della storia sono stati coevi e connazionali dei nostri, Wagner, Beethoven ad esempio ha scritto alcune delle melodie più belle in assoluto; queste melodie, queste musiche, sono state il frutto di un parto spirituale, venute al mondo originalmente, cioè sono il frutto di un pensiero indubbiamente originale. Non sono mai state composte prima, quindi mai sono state sentite prima, e quindi mai sono state oggetto di una percezione sensibile, in questo caso quella uditiva. Non sono state mai sentite nemmeno dai loro produttori, cioè da chi le ha scritte, quindi non essendo state percepite dai sensi e catalogate dall'intelletto non sono forse dei noumeni? Cioè un pensiero originale, qualcosa di mai pensato prima e mai percepito prima, può essere considerato un noumeno? Oppure bisogna ritenere il contesto nel quale si sviluppa una nuova idea parte di un'esperienza? (in questo caso il contesto sarebbe quello della musica classica).
Eppure lo stesso Beethoven scrisse la Nona che era praticamente sordo, ma la sua musica era realmente trascendentale, per me, perché frutto di un pensiero originale.

Ultima modifica di Davide M. : 18-04-2014 alle ore 22.19.53.
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Vecchio 18-04-2014, 21.26.37   #47
sgiombo
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

SinceroPan:
1) la mia opinione è che la parola Implicito non significa Tautologia.. significa Nesso Necessario tra 2 Numeri Diversi.. Tautologia è Nesso Con Sè Stesso.. anche per questo 5+3=8 è Necessario ma Sintetico (per me e Kant)..

Sgiombo:
Nemmeno per me un giudizio analitico é una pura e semplice tautologia: questa ripete (tale quale) esplicitamente ciò che già aveva affermato esplicitamente, metre quello esplicita qualcosa di non già esplicitamente affermato bensì già implicitamente compreso nelle sue premesse.
E le dimostrazioni logiche e calcoli matematici sono giudizi analitici a priori (e non tautologie; né tantomeno giudizi sintetici a posteriori) proprio per questo: perché esplicitano nozioni implicite nelle premesse.




SinceroPan:
2) con Oddifreddi volevo dire che anche il Puro Pensiero Esiste.. ed anche le mele ed il mal di denti che sono Esperiti Esistono.. ma Sono ovviamente Reali in Modo Diverso.. forse la differenza rispetto a te/Hume è che voi reputate Esistente solo ciò che è Esperito.. io e Kant anche ciò che è Solo Pensato.. forse..

Sgiombo:
"Noi" (ma che onore essere accomunato al grande Hume!) non abbiamo mai negato l' esistenza di tutto ciò che esiste.
Abbiamo solo affermato che il verbo "esisitere" se predicato degli oggetti di pensiero reali unicamente in quanto tali (es.: triangolo equilatero) ha un significato ("logico"), se predicato degli oggetti reali (es.: monte Cervino) ne ha un' altro ben diverso ("ontologico"): esistere logicamente =/= esistere ontologicamente. E non: esistere (logicamente) == non esistere (logicamente).
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Vecchio 18-04-2014, 21.54.23   #48
Davide M.
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

Citazione:
Originalmente inviato da SinceroPan
premessa : non ho mai letto CRP dal vero come te, ma solo un libro di Ferraris (ama moderna filosofia anglosassone, scienza, anti-metafisico).. potrei anche aver fonte inattendibile (oppure io me lo ricordo male).. inoltre spesso rielaboro le idee di altri a modo mio..

dunque : quando parti dicendo che pensiero Trascendentale = pensiero A-Priori mi trovi d'accordo.. mi sembra di capirti.. questo è il livello Intermedio tra Trascendente (cioè nel mio linguaggio MetaFisico) e Fisico/Esperibile/Intuibile Empiricamente..

poi però mi dici che nell'Analitica Trascendentale dice che il nostro Intelletto (l'Io Penso) può Solo Organizzare le Sensazioni ma non può Pensare Puramente.. non sapevo che Kant la pensasse così.. e non lo condivido...

innanzitutto non capisco come questa limitazione possa renderla compatibile con i Giudizi Sintetici (cioè Ampliativi della Conoscenza) A-Priori 5+3=8.. se lui li considerasse Analitici / Tautologie come Sgiombo/Hume allora ci sarebbero meno problemi a dire che siam meri organizzatori = Tabula Rasa .. ma per me son Sintetici.. sei sicuro di questa interpretazione ?

circa il problema Allora io mi sono posto un problema metafisico: posso intuire solo ciò che capisco?


la mia risposta è no perchè ci sono i Sintetici A-Priori.. e perchè cmq la Capacità di Organizzare (che non è la Organizzazione di una Particolare Esperienza fatta in un certo tn) deve Pre-Esistere..
prendendola dall'altro lato il Ferraris fa questo esempio : "it's a bird, it's a plane, it's Superman" dicono gli abitanti di Metropolis.. ovvero all'inizio Percepiscono Qualcosa che Non Conoscono.. ma comunque lo Possono Percepire.. oppure Umberto Eco fa l'esempio dei primi Occidentali che videro un Ornitorico ma lo scambiarono per un altro animale perchè non lo conoscevano (eppure lo Videro).. ed è per questa via che Ferraris critica Kant come implicitamente forse fai anche te..
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ciao
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Grazie SinceroPan. Io invece condivido tutte le tue riflessioni, e mi piace leggerti.
Mi sembra corretto qui riportare i passi che cito:
la seguente pagina conclude il cap. 3 della seconda edizione dell'Analitica trascendentale, traduzione di Gentile-Lombardo.
Evidenzio in grassetto rosso la parte che c'interessa, che poi sono le ultime parole.

«Chiamo problematico un concetto che non contiene contraddizione, e che,
come limitazione di concetti dati, si connette anche con altre conoscenze ma la cui verità oggettiva non può essere in alcun modo conosciuta. Il concetto di un noumeno, cioè di una cosa che deve esser pensata non come oggetto dei sensi, ma come cosa in sé (unicamente per l'intelletto puro), non è per niente contraddittorio; [...] Ma, in fine, nemmeno della possibilità di tali noumeni è possibile punto rendersi conto e il territorio di là dalla sfera dei fenomeni (per noi) è vuoto; cioè, noi abbiamo un intelletto, che si estende al di là problematicamente, ma non una intuizione, e neppure il concetto d'una possibile intuizione, onde possano esser dati oggetti fuori del campo della sensibilità, e l'intelletto possa essere usato al di là di essa in modo assertorio. Il concetto di noumeno è dunque solo un concetto limite (Grenzbegriff), per circoscrivere le pretese della sensibilità, e di uso, perciò, puramente negativo. Ma esso tuttavia non è foggiato ad arbitrio, sibbene si connette colla limitazione della sensibilità, senza poter nondimeno porre alcunché di positivo al di fuori del dominio di essa. Non può dunque ammettersi punto in senso positivo la divisione degli oggetti in fenomeni e noumeni, e del mondo in sensibile e intelligibile, sebbene i concetti consentano sempre di esser divisi in sensibili e intellettuali; giacché a questi ultimi non si può assegnare nessun oggetto, né essi perciò possono valere oggettivamente. Se ci si allontana dai sensi come concepire che le nostre categorie (che sarebbero i soli concetti rimanenti per i noumeni) significhino ancora qualche cosa dal momento che per il loro rapporto ad un qualsiasi oggetto dovrebbe esser dato qualcosa più che la semplice unità nel pensiero e cioè inoltre una intuizione possibile, a cui applicarle? Il concetto di noumeno, preso solo problematicamente, rimane, ciò malgrado, non soltanto ammissibile, ma anzi inevitabile, come concetto che limita la sensibilità. Ma, allora, esso non è un particolare oggetto intelligibile per il nostro intelletto; ma un intelletto, al quale esso appartenesse, sarebbe già di per sé un problema, in quanto intelletto capace di conoscere il proprio oggetto non discorsivamente, mediante le categorie, ma in modo intuitivo, con una intuizione non sensibile; né della possibilità di tale oggetto noi possiamo farci la più piccola idea. [...]».

Qui Kant dirime la questione impostata delle due definizioni, "in negativo" ed "in positivo", del noumeno. Alla luce di quanto è venuto dicendo si può concludere che di quelle solo la definizione "in negativo" si può ritenere valida: perché valga anche la seconda sarebbe indispensabile pensare ad un intelletto capace di intuire oggetti intelligibili, mentre il nostro riesce al massimo a fare ordine tra il materiale di sensazione!
Davide M. is offline  
Vecchio 19-04-2014, 19.01.25   #49
maral
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Nel caso del pensabile senza essere reale (per esempio il concetto geometrico di “triangolo”) esiste una datità fenomenologica unicamente allorché è pensato.
Invece nel caso del percepito reale (per esempio questa tastiera che sto battendo) esiste una datità fenomenologica anche allorché non è pensato: vedo la tastiera anche se e quando in aggiunta a tale visione non ho anche la percezione mentale (il pensiero): “esiste la tastiera”. Tant’ è vero che quasi mai mentre scrivo al computer penso all’ esistenza della tastiera: solitamente, in condizioni “normali” ciò non accade (penso a ciò che sto scrivendo e non all' esistenza della tastiera); eppure gli errori di battitura sono l’ eccezione (invero non infrequente nel mio caso personale…) mentre la premitura dei tasti giusti è la regola, e questo non può accadere casualmente ma solo per il fatto che vedo la tastiera (id est: la mia visone della tastiera accade realmente) anche allorché non lo penso: la sua esistenza non è puramente concettuale. Invece le nozioni logico-matematiche accadono realmente solo allorché sono pensate (o dette o scritte): la loro esistenza è puramente concettuale.
Si tratta di diverse tipologie di “cose” (entità) di ben diversa natura ontologica.
In realtà forse più che vedere la tastiera anche quando non ci fai attenzione, essa appare come elemento secondario nella tua visione strutturata pur sempre dal pensiero che è focalizzato su ciò che scrivi. Ossia nulla penso possa escludere che sia la mente comunque a porre la tastiera senza necessità di farci attenzione come necessario elemento di contorno fenomenologico al pensiero di scrivere.
E' ben vero comunque che le nozioni logico matematiche sono cose di ben diversa natura ontologica, ma questo significa che tu stesso ad esse riconosci una loro ontologia e infatti solo avendola riconosciuta la puoi dire diversa. Tra l'altro se l'ontologia della logica ha un campo di esistenza che si vuole considerare universale, non ha per nulla l'aleatorietà del soggettivo che invece comunque persiste in campo fenomenologico sensoriale (ed è proprio per questo che Platone vede proprio solo nel mondo delle idee la reale e stabile essenza del mondo).

Citazione:
Il Cervino, oltre ad essere pensabile, è reale (in una precisa localizzazione geografica) anche allorché nessuno lo pensa.
Il teorema di Pitagora è solo pensabile ma non esiste da nessuna parte al di fuori del pensiero allorché è pensato.
Se e quando il teorema di Pitagora non è pensato non esiste realmente (al massimo “potenzialmente” in eventuali circostanze diverse da quelle che realmente si danno) alcunché di cui si possa dire “è il teorema di Pitagora”: solo allorché qualcuno dice, scrive o pensa: “la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ ipotenusa” esiste realmente il (pensiero del: poiché altro non è) teorema di Pitagora. Invece anche se e quando il Cervino non è pensato da nessuno continua ad esistere quella montagna della quale si può ben dire “è il Cervino”. Si tratta di “cose” (entità) di ben diversa natura ontologica.
D'accordo, ma il fatto che si ritenga che il Cervino c'è (e quindi sia visibile) anche se non lo vedo (e di fatto ora non lo vedo e da un punto di vista esperenziale potrei pur sempre pensarlo un inganno) non esclude che il teorema di Pitagora ci sia anche se non lo penso e nessuno lo pensa. Il teorema di Pitagora prima di essere pensato avrebbe potuto essere come il Polo Sud prima che qualcuno ci arrivasse. Di sicuro comunque il teorema di Pitagora è assai diverso dal Polo Sud.

Citazione:
Da “humeiano sfegatato” non posso che essere perfettamente d’ accordo che il solipsismo non possa essere superato per evidenza empirica o per dimostrazione razionale ma solo per un arbitrario atto di fede.
Ma il solipsismo non implica affatto che esista solo ciò che nella coscienza del solipsista è voluto esistere: nell’ unica coscienza che esperisco (che esaurirebbe la realtà nella sua totalità se fossi solipsista) esistono anche le percezioni dei mal di denti -relativamente sopportabili- di Matteo Renzi, Giorgio Napolitano, Mario Monti, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, la Meloni, Vendola e compagnia “bella”-si fa per dire; molto meno sopportabili!- che non sono affatto volute esistere.
D'accordo, il mal di denti c'è anche per chi crede nell'onnipotenza della volontà soggettiva che certo non lo vuole, ma chi crede nella volontà soggettiva potrebbe sempre ritenere che esso è un effetto collaterale indesiderato del suo volere che ancora non ha raggiunto tale onnipotenza. Nel momento in cui questa volontà si sarà perfezionata acquisendo completa consapevolezza della sua potenza il mal di denti scomparirà. Ossia affinché ci sia solo ciò che voglio occorre che totalmente voglia che ci sia solo ciò che voglio e in genere è difficile che anche il solipsista più accanito abbia il "coraggio" di volere questo, perché significa una solitudine assoluta che è ben più insopportabile del mal di denti.


Citazione:
Qui non ti seguo (anche per la mia ignoranza delle teorie cui accenni).
Ma non vedo il nesso fra condivisione o meno delle constatazioni e il diverso statuto ontologico dei fenomeni (ed eventualmente del noumeno come “cosa in sé” che li determina nella coscienza) e delle entità puramente concettuali come quelle logico-matematiche.
A proposito dei fenomeni materiali (ma non di quelli mentali) mi sembra più prudente parlare di semplice intersoggettività e di non di oggettività (che sarebbe propriamente della cosa in sé o noumeno, se reale); ma ritengo che anche questa intersoggettività non sia dimostrabile razionalmente, né tantomeno constatabile empiricamente ma solo ammissibile arbitrariamente “per fede”.
Infatti è proprio quello che volevo dire e sono d'accordo con te, anch'io ritengo che l'intersoggettività, a cui fa appello ad esempio Carnap per fondare su di essa l'oggettività scientifica, non sia sufficiente a dimostrare la verità del dato, al massimo può essere una convenzione arbitraria dettata da una pretesa di potenza, sotto la quale intravedo una sorta di solipsismo comunitario anziché individuale (un noi anziché un io).
maral is offline  
Vecchio 19-04-2014, 21.35.39   #50
sgiombo
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Riferimento: Come è possibile un pensiero metafisico?

Maral:
In realtà forse più che vedere la tastiera anche quando non ci fai attenzione, essa appare come elemento secondario nella tua visione strutturata pur sempre dal pensiero che è focalizzato su ciò che scrivi. Ossia nulla penso possa escludere che sia la mente comunque a porre la tastiera senza necessità di farci attenzione come necessario elemento di contorno fenomenologico al pensiero di scrivere.

Sgiombo:
Non capisco proprio il senso di queste parole, ma qualsiasi cosa esse significhino, la visione della tastiera è reale anche allorché non è reale il pensiero della visione della tastiera, contrariamente al (pensiero del, poiché altro non sono) triangolo equilatero o del teorema di Pitagora.



Maral
:
E' ben vero comunque che le nozioni logico matematiche sono cose di ben diversa natura ontologica, ma questo significa che tu stesso ad esse riconosci una loro ontologia e infatti solo avendola riconosciuta la puoi dire diversa. Tra l'altro se l'ontologia della logica ha un campo di esistenza che si vuole considerare universale, non ha per nulla l'aleatorietà del soggettivo che invece comunque persiste in campo fenomenologico sensoriale (ed è proprio per questo che Platone vede proprio solo nel mondo delle idee la reale e stabile essenza del mondo).

Sgiombo:
Alle nozioni logico-matematiche attribuisco un’ esistenza di tipo meramente logico (come concetti, oggetti di pensiero in quanto tali e basta) senza riconoscere loro alcuna esistenza di tipo ontologico (come entità né fenomeniche né noumeniche reali anche indipendentemente dall’ essere eventualmente anche oggetti di pensiero).
La questione della loro universalità è diversa da quella della loro natura ontologica.



Maral:
D'accordo, ma il fatto che si ritenga che il Cervino c'è (e quindi sia visibile) anche se non lo vedo (e di fatto ora non lo vedo e da un punto di vista esperenziale potrei pur sempre pensarlo un inganno) non esclude che il teorema di Pitagora ci sia anche se non lo penso e nessuno lo pensa. Il teorema di Pitagora prima di essere pensato avrebbe potuto essere come il Polo Sud prima che qualcuno ci arrivasse. Di sicuro comunque il teorema di Pitagora è assai diverso dal Polo Sud.

Sgiombo:
Forse non sono stato chiaro con l’ esempio del Cervino (era certamente migliore quello molto più prosaico e banale della tastiera).
Ciò che intendevo evidenziare è la differenza ontologica (del senso in cui di entrambi i tipi di “cose” si può dire che “sono”) fra percezioni fenomeniche reali esclusivamente come oggetti di pensiero (pensiero e basta: come il teorema di Pitagora) e percezioni fenomeniche reali (solo allorché accadono nell’ ambito di un’ esperienza cosciente: esse est percipi!) anche se non oggetto o “contenuto” di pensiero, anche se non accompagnate da- (-le percezioni fenomeniche de-) il pensiero di esse (come il Cervino o la tastiera del computer allorché sono visti e non si pensa che esistono (comunque solo in quanto insiemi di percezioni).

La grande diversità di cui parli fra il polo Sud (ovviamente inteso approssimativamente, come un' area poco estesa intorno al punto geometrico per cui passa l’ asse terrestre) e il teorema di Pitagora è per l’ appunto la differenza fra enti reali (esistenti) in senso logico ed enti reali (esistenti) in senso ontologico.

Comunque forse vogliamo dire la stessa cosa con diverse parole:
parlando di due diverse ontologie (concettuale e reale) o due diversi modi di esistere o di essere reali (logico e ontologico) rispettivamente (é semanticamente difficile parlare di "essere" in diversi sensi).



Maral:
D'accordo, il mal di denti c'è anche per chi crede nell'onnipotenza della volontà soggettiva che certo non lo vuole, ma chi crede nella volontà soggettiva potrebbe sempre ritenere che esso è un effetto collaterale indesiderato del suo volere che ancora non ha raggiunto tale onnipotenza. Nel momento in cui questa volontà si sarà perfezionata acquisendo completa consapevolezza della sua potenza il mal di denti scomparirà. Ossia affinché ci sia solo ciò che voglio occorre che totalmente voglia che ci sia solo ciò che voglio e in genere è difficile che anche il solipsista più accanito abbia il "coraggio" di volere questo, perché significa una solitudine assoluta che è ben più insopportabile del mal di denti.

Sgiomb
o:
Ma solipsismo e pretesa di onnipotenza sono cose del tutto diverse e che nulla hanno reciprocamente a che fare.
Il solipsismo non implica affatto la pretesa di raggiungere prima o poi l’ onnipotenza.
Il solipsismo non è “credere che ci si solo ciò che si vuole”, bensì “credere che ci sia solo ciò che si sente, solo la “propria”, immediatamente esperita (e unica constatabile empiricamente) esperienza cosciente”, quale che sia: che contenga, del tutto indifferentemente, sensazioni piacevoli e desiderabili (accompagnate dalla sensazione del desiderio della loro presenza) o spiacevoli e/o detestabili (accompagnate dalla sensazione del desiderio della loro assenza): questo si intende correntemente per “solipsismo”, senza che vi sia affatto implicata la necessaria desiderabilità di tutte le sensazioni solipsistiche.

Credo che nessuna persona sana di mente sia solipsista proprio per la sua totale indesiderabilità (ma non per la maggiore o minor desiderabilità dei contenuti di coscienza, che è compatibile sia con il solipsismo sia con la sua negazione).



Maral:
Infatti è proprio quello che volevo dire e sono d'accordo con te, anch'io ritengo che l'intersoggettività, a cui fa appello ad esempio Carnap per fondare su di essa l'oggettività scientifica, non sia sufficiente a dimostrare la verità del dato, al massimo può essere una convenzione arbitraria dettata da una pretesa di potenza, sotto la quale intravedo una sorta di solipsismo comunitario anziché individuale (un noi anziché un io).

Sgiombo:
Temo che questa concordanza di vedute fra noi due a questo proposito nasca da un malinteso.
A parte il fatto che il concetto di “solipsismo comunitario” mi sembra decisamente autocontraddittorio (se si ammette l’ esistenza di un “noi” non si è solipsisiti!), per me l’ intersoggettività dei fenomeni materiali (la cartesiana res extensa intesa in senso fenomenico e –contrariamente a Cartesio- non come cosa in sé) non è una convenzione, è una credenza indimostrabile, fra l' altro perché possa credersi alla conoscenza scientifica, (come anche il suo contrario) che ciascuno singolarmente abbraccia (se è sano di mente: la abbracciano tutti i sani di mente); ma della cui arbitrarietà, indimostrabilità ben pochi sono consapevoli.
sgiombo is offline  

 



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