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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 18-06-2014, 23.17.22   #61
giulioarretino
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Citazione:
Originalmente inviato da green&grey pocket
Manca proprio la base logica per poter scrivere qualcosa del genere.

Anzitutto dobbiamo partire dalla metodologia, diciamo che prendiamo quella di epicuro per buona, sono abbastanza d'accordo la realtà (che in logica chiamiamo campo dell'indagine e da adesso in poi chiamiamo A) si descrive come relazione distinguo proporzione sistema e gerarchia (questa descrizione in logica si chiama funzione e da adesso la chiamiamo f) ora passiamo alla veritatività del campo d'indagine, essa come la definisici tu si baserebbe o sulla falsità (soggettività, come formalmente hai/abbiamo deciso di scegliere) o sulla verità (oggettività).

Date queste premesse non hai spiegato proprio nulla.

nel caso a) la realtà A (1) è funzione (f) di B (monismo ontologico)

nel caso b) la realtà A (2) è funzione (f) di B (pluralismo ontologico)

ma se f DI b) è DISTINGUO,PROPORZIONE,SISTEMA, GERARCHIA allora

A di b) è COMUNE, intrinseca alla A di a) in quanto la funzione è la stessa.

Sostanzialmente stai dicendo che il pluralismo ontologico è costituito dei singoli monismi ontologici.

Ma la pretesa era che il monismo fosse falso, quindi anche il pluralismo è necessariamente falso.

Invece la tua questione interessante è trovare una funzione diversa che contenga la funzione incriminata, che la modifichi per esclusione.

A mio avviso in realtà le due posizioni coincidono, fino a quando non troviamo una funzione di carattere superiore che inglobi (e non ne si costituito) la f di A).

Solo quando hai determinato la funzione puoi trarre le qualsivoglia questioni sull'oggetto nascosto kantiano etc...



guarda in realtà è molto più semplice, forse mi sono espresso male.
il monismo ontologico non è falso, così come il pluralismo ontologico non è vero. Sono due modi perfettamente validi di interpretare la realtà.
Il primo afferma che gli oggetti che percepiamo e descriviamo come distinti/relazionati/diversi ecc. non lo sono veramente, ma tale perceizione e descrizione è mera illusione, arbitrio, convenzione.
Il secondo afferma che gli oggetti che percepiamo e descriviamo come distinti/relazionati/diversi ecc. sono veramente tali, e che tale percezione/descrizione può avere pretese ontologiche (seppur con notevoli limiti e rifiutando qualunque pretesa di oggettività)

volendo fare una metafora. Data come premessa non ulteriormente discutibile una minima differenza tra Soggetto e ciò che Soggetto non è, ovvero la realtà esterna, la domanda è: la realtà esterna è un tutto indistinto, e gli oggetti che percepiamo esistere, le loro differenze/gerarchie/proporzioni/sistemi ecc. non sono davvero reali, ma frutto di mere convenzioni/categorie mentali del soggetto - e dunque non ontologiche - (tipo un telo bianco, ma su cui il soggetto "proietta" una serie di immagini che nulla hanno a che vedere con il telo bianco, ma solo con, appunto, il proiettore) oppure la realtà non è telo bianco ma conosce al suo interno "increspature" e coaguli, differenze, proporzioni, relazioni ecc. ontologiche?

non sto affatto dicendo che tale "pluralismo ontologico" si compone di una serie di "monismi ontologici"... anzi. Quando parlo dell'impossibilità di una conoscenza oggettiva non penso certo a soggettività come falsità, ma a qualcosa come questo:

http://img214.imageshack.us/img214/1894/jastrowli6.gif

è papera o coniglio? boh è un coagulo/porzione di realtà che, rapportato con me, magari si configura come coniglio, rapportato con te, forse come papera.
Nessuna delle due configurazione è falsa o sbagliata, e nessuna è vera sempre e comunque e dunque oggettiva, e in tal senso la conoscenza sarà sempre soggettiva, non oggettiva (unica, data, definitiva ecc.).
Tuttavia, pur nella sua indefinitezza, nella sua assenza di limiti precisi, nel suo poter assumere varie configurazioni, l'immagine in questione (la porzione di realtà in questione) non è a noi completamente misteriosa e inintelliggibile. Se non altro per il fatto di configurarsi o papera o coniglio, e non come elefante o balena, possiamo dire qualcosa di ontologico su essa.

Ma solo se ammettiamo tali configurazioni non siano solo mero arbitrio o convezione o illusione da parte del soggetto.

Il che non vuol dire che abbia ragione, o che con la logica si possa pervenire a una soluzione dirimente.
E' semplicemente una questione di senso comune, fede nelle proprie intuizioni fondamentali, assenza di evidenze contrarie e anche un po' di bieco utilitarismo
giulioarretino is offline  
Vecchio 18-06-2014, 23.59.23   #62
giulioarretino
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[quote]A parte le iniziali maiuscole (ma credo si tratti di un particolare del tutto trascurabile) non ho dunque nessunissima difficoltà ad ammettere che <<che alcune "porzioni" o "coaguli" di tale realtà [in sé o noumenica, N. d. R] siano diversi da altri, e dunque idonei a configurarsi in modo diverso da altri quando entrano in rapporto con il Soggetto o altri Oggetti [=tali che quando entrano in rapporto con un soggetto, allora nell’ esperienza cosciente fenomenica di quest’ ultimo accadono percezioni diverse in quanto ciascuna corrispondente a una di queste differenti cose in sé: corrispondentemente dissimili fra loro]>>.
(Questa invero non è un’ ammissione da parte mia, ma è anzi ciò che ho sempre sostenuto)[quote]

forse la pensiamo grosso modo allo stesso modo allora


Citazione:
Sgiombo:
Ripeto che mi sembra di rilevare una concordanza sostanziale. (per lo meno se, come mi sembra di capire, il tuo concetto di “intrinsecità in qualche modo” può essere identificato con il mio di “corrispondenza puntuale ed e univoca”; mentre quello che chiami “configurazione” mi sembra possa essere fatto coincidere con i fenomeni nell’ ambito delle esperienze coscienti).

direi di sì

solo un altro paio di cose

Citazione:
Sgiombo:
Non mi sembra si possa propriamente dire che il noumeno possa assumere le configurazione fenomeniche: il noumeno non si configura, è congetturabile ma non fatto di sensazioni (con una determinata “configurazione”).
Ciò che si configura (-no) sono i fenomeni, cioé le sensazioni nell’ ambito delle esperienze coscienti.
E queste, i cui “contenuti” sono perfettamente corrispondenti al noumeno (montagne a certe determinate entità in sé, la luna a un’ altra, le palline da tennis ad altre ancora), sono ambiti o piani della realtà reciprocamente diversi, separati, incomunicanti (se non indirettamente, tramite il linguaggio) ma solo ”parallelamente, isomorficamente divenienti”, mentre un’ ulteriore diverso piano (pure in divenire “parallelo”) è la cosa in sé o nuomeno.

E il noumeno non va totamente oltre la nostra comprensione (allora non se ne potrebbe parlare in alcun modo!); va invece totalmente oltre la nostra sensibilità, che è fatta di sensazioni fenomeniche: altre cose, per quanto corrispondenti (dunque non: non aventi con il noumeno nulla a che fare).

Ma se il noumeno in un certo senso sta "dietro" queste configurazioni fenomeniche (sono le "porzioni di realtà" diciamo noumeniche ad entrare in rapporto tra loro, a "fare sistema", e le varie configurazioni fenomeniche ne sono una "conseguenza", risultanza) , come possiamo dire che il noumeno sia qualcosa di completamente diverso, o completamente slegato e indipendente da esse?
Se vi è corrispondenza tra nuomeno x e sensazioni a, b e c (laddove invece non vi è nessuna corrispondenza tra il nuomeno y e le sensazioni a, b, c) tali sensazioni fenomeniche avranno a che fare con il nuomeno x (e viceversa) qualcosa. Se non altro nella misura in cui non hanno nulla a che fare con il noumeno y.
La corrispondenza è un qualcosa. Non è in sè qualcosa di ontologico, ma mi dice qualcosa di ontologico, ovvero che dal noumeno in questione, dati certi rapporti, ne derivano certe configurazioni. Che tali configurazioni sono appunto intrinseche.

Citazione:
Conoscendo il fenomeno (ma sì, anche nel senso di “bestia rara”!) “Sgiombo” conoscerai non propriamente qualcosa di reale in sé (indipendentemente dal tuo leggere ciò che scrive nel forum), ma comuinque qualcosa di fenomenico diveniente “parallelamente su un piano separato” a qualcosa di reale in sé, noumenico, esistente indipendentemente dall’ essere eventualmente anche visto, sentito, letto.

vero, conoscendo sgiombo non conoscerò qualcosa di direttamente reale in sè, ma potrò dire che quel qualcosa di noumenico, congetturabile, esistente indipendentemente dall'essere visto e letto come sgiombo... beh quel qualcosa ha quantomeno una "proprietà intrinseca" di potersi, se rapportato con me che lo leggo, configurare nella mia mente come sgiombo, e non come aggressor o epicurus.
giulioarretino is offline  
Vecchio 19-06-2014, 00.19.25   #63
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green&grey pocket:
Perfetto, hai posto subito come obiettivo la ricerca di f, ossia le cose (B) di cui (A) ho avuto esperienza (f).

La critica di Io-separato, di noumeno etc....però non "seguono"(come dici tu) proprio per niente.

Infatti tu presupponi che di queste cose non si ha esperienza, ma il valore veritativo di A non è all'interno di B, ma all'interno della funzione.

Puoi dire correttamente che Pegaso esiste e l'Io separato no, solo alla luce della funzione scelta.

Il problema maggiore come Sgiombo brillantemente chiede, è perchè si scelga A che è f(B).

Siccome sei un filosofo e non uno scienziato, dovresti chiederti o dirci cosa ti fa scegliere l'esperienza come delta di significazione del tuo A.

E sopratutto come pensi di ovviare al fatto che A è contenuto di B, e B è contenuto nel totale U (universale), in quanto non sarebbe B se fosse U?



Prima di tutto devo dirti che è difficile per me rispondere; probabilmente a causa della mia ignoranza non riesco a seguire bene ciò che affermi.

Una delle cose che ho capito è che credi io affermi l'esistenza di Pegaso e la non esistenza del noumeno; invece credo che nessuna delle 2 esista oppure che esistono tutte le cose (il che equivale a non dire nulla), semplicemente il termine esistenza (per il fatto che non c'è alcun (A) o alcun contenuto mentale in grado di delinearne il senso), è inconsistente.
Allo stesso modo sarebbe inconsistente quello di noumeno e qui la differenza con Pegaso.
Questo criterio, che per designare qualcosa le parole devono trovare una corrispondenza con le nostre esperienze, lo riporto, invero, come unico criterio possibile che abbia trovato, per giustificare, in qualche modo, la differenza tra parole senza contenuto come: "ehfgco" e parole con contenuto come: "casa".

Mi sembra, poi, che tu ponga il discorso, in generale, presupponendo una realtà obbiettiva al di là delle nostre esperienze (già per gestire quella metodologia di indagine su cui poni tanto l'accento), e così, come molti logici, la verità come corrispondenza tra quella realtà e l'esperienza che abbiamo di essa (di qui anche il nostro A esser contenuto di B). Io non sono esattamente di questa idea e ne possiamo discutere ma, mi scuso, ti chiederei di riesprimere i tuoi concetti perché così non li riesco ad afferrare.

Ciao
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Vecchio 19-06-2014, 00.49.52   #64
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Sgiombo:
Per me utilissimo e interessantissimo per avere una consapevolezza critica di che cosa è, in che consiste, che significa, che limiti ha la nostra conoscenza della realtà; e di conseguenza la realtà da noi conosciuta.

Io direi che sugli altri punti ci siamo dibattuti abbastanza, ma su questo mi piacerebbe ancora conversare.
Il motivo per cui mi ostino a criticare il senso della cosa in sé l'ho esposto anche a green&grey pocket ormai; mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.

Sintetizzo la questione qui: la domanda principale che sono venuto a pormi è stata: cosa differenzia un concetto (con relativa parola) che non indica nulla e uno che indica qualcosa? La risposta che ho trovato per ora è molto semplice ed è questa: una parola che significa qualcosa si riferisce ad un contenuto mentale (oggetto di esperienza) cioè a qualcosa che si è visto/sentito direttamente o per costruzione a partire da ciò che s'è visto/sentito direttamente. Di qui ho poi criticato la nozione di "oggetto" più comune che lo identifica come qualcosa che possiederebbe, di per sé, delle proprietà, in quanto, come ho detto altre volte, non mi pare che la nostra mente visualizzi mai qualcosa che non sia contrapposto a qualcos'altro (Es: un tavolo non è mai colto senza lo spazio tra le sue gambe).
Insomma sono stato portato a credere, in base a quanto detto, che il concetto di una cosa che sia presa di per sé non si dia mai in "assoluto". Per quanto ci sforziamo di pensare a qualcosa di indipendente non possiamo farlo, ma il concetto stesso di indipendenza, invece, trova fondamento in quanto conosciuto non in assoluto ma sempre applicato in modo parziale nelle cose (Es: prendiamo questo tavolo, ma indipendentemente da questa stanza blu, vedete che ora sembra avere un colore diverso! => l'indipendenza c'è rispetto a qualcosa, ma è rimessa a qualcos'altro).

Un saluto!
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Vecchio 19-06-2014, 15.49.24   #65
green&grey pocket
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Citazione:
Originalmente inviato da giulioarretino
guarda in realtà è molto più semplice, forse mi sono espresso male.
il monismo ontologico non è falso, così come il pluralismo ontologico non è vero. Sono due modi perfettamente validi di interpretare la realtà.
Il primo afferma che gli oggetti che percepiamo e descriviamo come distinti/relazionati/diversi ecc. non lo sono veramente, ma tale perceizione e descrizione è mera illusione, arbitrio, convenzione.
Il secondo afferma che gli oggetti che percepiamo e descriviamo come distinti/relazionati/diversi ecc. sono veramente tali, e che tale percezione/descrizione può avere pretese ontologiche (seppur con notevoli limiti e rifiutando qualunque pretesa di oggettività)


si lo so: la veritatività non è intesa in senso assoluto, ma proprio come tu hai deciso di intenderla, vale a dire preferendo la realtà dell'oggetto rispetto alla sua convenzione.

Citazione:
Originalmente inviato da giulioarretino
volendo fare una metafora. Data come premessa non ulteriormente discutibile una minima differenza tra Soggetto e ciò che Soggetto non è, ovvero la realtà esterna, la domanda è: la realtà esterna è un tutto indistinto, e gli oggetti che percepiamo esistere, le loro differenze/gerarchie/proporzioni/sistemi ecc. non sono davvero reali, ma frutto di mere convenzioni/categorie mentali del soggetto - e dunque non ontologiche - (tipo un telo bianco, ma su cui il soggetto "proietta" una serie di immagini che nulla hanno a che vedere con il telo bianco, ma solo con, appunto, il proiettore) oppure la realtà non è telo bianco ma conosce al suo interno "increspature" e coaguli, differenze, proporzioni, relazioni ecc. ontologiche?

si certo, vale quello detto sopra.

Citazione:
Originalmente inviato da giulioarretino
non sto affatto dicendo che tale "pluralismo ontologico" si compone di una serie di "monismi ontologici"... anzi. Quando parlo dell'impossibilità di una conoscenza oggettiva non penso certo a soggettività come falsità, ma a qualcosa come questo:

http://img214.imageshack.us/img214/1894/jastrowli6.gif

è papera o coniglio? boh è un coagulo/porzione di realtà che, rapportato con me, magari si configura come coniglio, rapportato con te, forse come papera.
Nessuna delle due configurazione è falsa o sbagliata, e nessuna è vera sempre e comunque e dunque oggettiva, e in tal senso la conoscenza sarà sempre soggettiva, non oggettiva (unica, data, definitiva ecc.).
Tuttavia, pur nella sua indefinitezza, nella sua assenza di limiti precisi, nel suo poter assumere varie configurazioni, l'immagine in questione (la porzione di realtà in questione) non è a noi completamente misteriosa e inintelliggibile. Se non altro per il fatto di configurarsi o papera o coniglio, e non come elefante o balena, possiamo dire qualcosa di ontologico su essa.

si posso concordare, anche se l'esempio non è dei più felici per la discussione, in quanto richiama gli studi della gestalt, appunto un punto di vista quello soggettivo, che qui abbiamo convenuto non interessarci.
rimane il fatto che non spieghi assolutamente la differenza metodologica tra monismo e pluralismo.
accontentarsi di enunciare che 2 tesi sono vere, ma la seconda migliore in termini utilitari, non spiega nulla di quell'utilitarismo, e nemmeno come è possibile che 2 tesi opposte siano entrambe vere.
Inoltre scusa! dire che se prendo la prima verità non porta a niente di sostanziale, vorrei capire che razza di verità è! Infine anche perchè forse dimentichi che "convenzionale" non vuol dire "inutile", altrimenti buttiamo la matematica nel dimenticatoio.
a me sembra che ti manchi un sacco di lavoro da fare, peccato perchè le premesse che avevi posto erano assai interessanti, ma comincio a pensare che nemmeno le hai capite del tutto.


Citazione:
Originalmente inviato da giulioarretino
Ma solo se ammettiamo tali configurazioni non siano solo mero arbitrio o convezione o illusione da parte del soggetto.

Il che non vuol dire che abbia ragione, o che con la logica si possa pervenire a una soluzione dirimente.
E' semplicemente una questione di senso comune, fede nelle proprie intuizioni fondamentali, assenza di evidenze contrarie e anche un po' di bieco utilitarismo


strana questa tua affermazione, infatti hai scelto un punto dirimente, ma poi oscilli in continuazione con le posizioni di molti di noi da maral a david per es.
Il punto è che piuttosto che concentrarti sul dirimere la tua posizione, ti concentri sulle posizioni avverse.
green&grey pocket is offline  
Vecchio 19-06-2014, 16.02.06   #66
green&grey pocket
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Citazione:
Originalmente inviato da Aggressor
Una delle cose che ho capito è che credi io affermi l'esistenza di Pegaso e la non esistenza del noumeno; invece credo che nessuna delle 2 esista
....
Questo criterio, che per designare qualcosa le parole devono trovare una corrispondenza con le nostre esperienze, lo riporto, invero, come unico criterio possibile che abbia trovato, per giustificare, in qualche modo, la differenza tra parole senza contenuto come: "ehfgco" e parole con contenuto come: "casa".

va bene aggressor, siamo a digiuno di matematica...non cè problema, riproviamo in altra maniera.

il problema è dunque il contenuto delle parole e non l'esistenza dell'oggetto.
(ovviamente potrai correggere ancora questo assunto)

ti chiedi come distinguere pegaso da casa, e poi ti chiedi la differenza tra pegaso e oggetto nascosto kantiano.

in formule matematiche, per riassumere, ti ho fatto notare che puoi benissismo ritenere inconsistente pegaso in quanto incrocio fantasioso di esperienze avute, ma questo non puoi farlo con l'oggetto nascosto, in quanto non ha un dato esperibile.
il punto è che se tu scegli una logica, quella dell'esperibile, poi non puoi pretendere di ciò che l'esperienza non può dar conto(il noumeno), per parlare di inconsistenza.

Citazione:
Originalmente inviato da Aggressor
Io non sono esattamente di questa idea e ne possiamo discutere ma, mi scuso, ti chiederei di riesprimere i tuoi concetti perché così non li riesco ad afferrare.
Ciao


al massimo ti chiedi il perchè della parola "oggetto nascosto", quale valenza abbia nei termini del parlato.
ecco che allora questa parola non ha alcun senso, esattamente come non l'avrebbe alcun numero, aggiungo però io.

infatti la Cosa kantiana è strettamente correlata con il suo sistema logico, sistema logico che non si basa sulla esperienza ma piuttosto sulla ragione pura e pratica.
cosa voglia dire pura e pratica, equivarrebbe a trovare una metodologia che si discosta da quella che hai scelto.

E comunque se "non è proprio così" questa metodologia, devi informarcene.


ultimo punto che ti ponevo nell'ultima mia risposta: se sei un filosofo e non uno scienziato perchè ti interessa così tanto l'esperienza?
green&grey pocket is offline  
Vecchio 19-06-2014, 17.03.30   #67
sgiombo
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Giulioarretino:
Ma se il noumeno in un certo senso sta "dietro" queste configurazioni fenomeniche (sono le "porzioni di realtà" diciamo noumeniche ad entrare in rapporto tra loro, a "fare sistema", e le varie configurazioni fenomeniche ne sono una "conseguenza", risultanza) , come possiamo dire che il noumeno sia qualcosa di completamente diverso, o completamente slegato e indipendente da esse?
Se vi è corrispondenza tra nuomeno x e sensazioni a, b e c (laddove invece non vi è nessuna corrispondenza tra il nuomeno y e le sensazioni a, b, c) tali sensazioni fenomeniche avranno a che fare con il nuomeno x (e viceversa) qualcosa. Se non altro nella misura in cui non hanno nulla a che fare con il noumeno y.
La corrispondenza è un qualcosa. Non è in sè qualcosa di ontologico, ma mi dice qualcosa di ontologico, ovvero che dal noumeno in questione, dati certi rapporti, ne derivano certe configurazioni. Che tali configurazioni sono appunto intrinseche.

Sgiombo:
D’ accordo: le configurazioni fenomeniche corrispondono al noumeno, dunque presentano differenziazioni fra loro “che vanno di pari passo” con la realtà (evidentemente varia, diversificata; anche se non ci è possibile immaginare come) delle cose in sé.
Per fare il pignolo non trovo adeguato il temine “intrinseco”: le configurazioni fenomeniche presentano differenziazioni intrinseche (al loro interno) corrispondenti a differenziazioni congetturabili all’ interno del noumeno (intrinseche al noumeno); mentre il rapporto fra noumeno e fenomeni non è di “intrinsecità” (non sono uno interno all’ altro) ma di alterità, per quanto “isomorfa” (termine improprio poiché il noumeno non ha forma, ma che credo dia l’ idea).
Mi sembra comunque di convenire che si tratta di divergenze alquanto “formali”; non “sostanziali”.



Sgiombo:
Conoscendo il fenomeno (ma sì, anche nel senso di “bestia rara”!) “Sgiombo” conoscerai non propriamente qualcosa di reale in sé (indipendentemente dal tuo leggere ciò che scrive nel forum), ma comuinque qualcosa di fenomenico diveniente “parallelamente su un piano separato” a qualcosa di reale in sé, noumenico, esistente indipendentemente dall’ essere eventualmente anche visto, sentito, letto.

Giulioarretino:
vero, conoscendo sgiombo non conoscerò qualcosa di direttamente reale in sè, ma potrò dire che quel qualcosa di noumenico, congetturabile, esistente indipendentemente dall'essere visto e letto come sgiombo... beh quel qualcosa ha quantomeno una "proprietà intrinseca" di potersi, se rapportato con me che lo leggo, configurare nella mia mente come sgiombo, e non come aggressor o epicurus.

Sgiombo:
Bene! Inteso in questo senso approvo anche il termine “intrinseco”!
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Vecchio 19-06-2014, 17.22.59   #68
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Originalmente inviato da Aggressor
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Per me utilissimo e interessantissimo per avere una consapevolezza critica di che cosa è, in che consiste, che significa, che limiti ha la nostra conoscenza della realtà; e di conseguenza la realtà da noi conosciuta.

Io direi che sugli altri punti ci siamo dibattuti abbastanza, ma su questo mi piacerebbe ancora conversare.
Il motivo per cui mi ostino a criticare il senso della cosa in sé l'ho esposto anche a green&grey pocket ormai; mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.

Sintetizzo la questione qui: la domanda principale che sono venuto a pormi è stata: cosa differenzia un concetto (con relativa parola) che non indica nulla e uno che indica qualcosa? La risposta che ho trovato per ora è molto semplice ed è questa: una parola che significa qualcosa si riferisce ad un contenuto mentale (oggetto di esperienza) cioè a qualcosa che si è visto/sentito direttamente o per costruzione a partire da ciò che s'è visto/sentito direttamente. Di qui ho poi criticato la nozione di "oggetto" più comune che lo identifica come qualcosa che possiederebbe, di per sé, delle proprietà, in quanto, come ho detto altre volte, non mi pare che la nostra mente visualizzi mai qualcosa che non sia contrapposto a qualcos'altro (Es: un tavolo non è mai colto senza lo spazio tra le sue gambe).
Insomma sono stato portato a credere, in base a quanto detto, che il concetto di una cosa che sia presa di per sé non si dia mai in "assoluto". Per quanto ci sforziamo di pensare a qualcosa di indipendente non possiamo farlo, ma il concetto stesso di indipendenza, invece, trova fondamento in quanto conosciuto non in assoluto ma sempre applicato in modo parziale nelle cose (Es: prendiamo questo tavolo, ma indipendentemente da questa stanza blu, vedete che ora sembra avere un colore diverso! => l'indipendenza c'è rispetto a qualcosa, ma è rimessa a qualcos'altro).

Un saluto!

Sono d’ accordo che ogni concetto si definisce attraverso l’ uso di altri concetti e dunque è relativo (a ciò che esso non è, da cui differisce).
Anche il concetto più generale di tutti, quello di “essere” si definisce in opposizione alla sua negazione (“non essere”).
Non per niente una delle citazioni più frequenti da parte mia (anche nel forum; e sono stato tentato di usarla come “firma”) è :
“Omnis determinatio est negatio” (Spinoza).

Le “cose reali” che possiamo conoscere e di fatto conosciamo (per quanto fenomeniche: esse est percipi; del noumeno possiamo a malapena congetturare l’ esistenza, non dimostrabile e forse nemmeno necessaria a scopo esplicativo) potrebbero di per sé (= non “in quanto noumeno”, ma “nel loro esistere o accadere realmente, indipendentemente dall’ eventualità che siano pure oggetto di considerazione, pensiero, predicazione, conoscenza più o meno integralmente vera”) potrebbero forse essere ciò che sono “in assoluto” (anche se mi è alquanto oscuro cosa potrebbero significare queste mie parole). Ma la loro conoscenza (= predicazione, pensamento veritiero), implicando necessariamente il fatto di essere pensate, “concettualizzate” non può non essere relativa.
Dunque le cose conosciute, in quanto tali (conosciute), necessariamente sono relative.

Ricambio cordialmente i saluti (e apprezzo il fatto che sei sempre molto corretto e affabile, anche verso interlocutori “caratterialmente alquanto ruvidi” e talora verbalmente intemperanti, come me).
sgiombo is offline  
Vecchio 20-06-2014, 02.27.03   #69
giulioarretino
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rimane il fatto che non spieghi assolutamente la differenza metodologica tra monismo e pluralismo.
accontentarsi di enunciare che 2 tesi sono vere, ma la seconda migliore in termini utilitari, non spiega nulla di quell'utilitarismo, e nemmeno come è possibile che 2 tesi opposte siano entrambe vere.
Inoltre scusa! dire che se prendo la prima verità non porta a niente di sostanziale, vorrei capire che razza di verità è! Infine anche perchè forse dimentichi che "convenzionale" non vuol dire "inutile", altrimenti buttiamo la matematica nel dimenticatoio.
a me sembra che ti manchi un sacco di lavoro da fare, peccato perchè le premesse che avevi posto erano assai interessanti, ma comincio a pensare che nemmeno le hai capite del tutto.

sono entrambe vere nel senso che non è possibile dimostrarne con sicurezza né la verità nella falsità, né scientificamente, né razionalmente, né logicamente, né matematicamente. Almeno credo, magari qualcuno l'ha dimostrato e io me lo sono perso.
Ovviamente suppongo che l'una sarà vera e l'altra falsa, ma non ci è dato sapere con sicurezza quale (discorso simile per Dio esiste oppure no? boh).
L'unica "metodologia" per scegliere tra una delle due che mi viene in mente è la seguente (in realtà sono 2 + 1 "metodi" diversi, volendo utilizzabili separatamente)
1. il nostro intuito profondo (che non saprei definire con precisione cosa sia... il livello più profondo e insondabile della mente, un misto di percezione istintiva e pensiero (auto)cosciente), lo stesso che ci dice che qualcosa esiste anziché il nulla e che questo qualcosa è quantomeno il cogito, ci dice anche che la realtà esterna, se esiste (ed esiste) allora è ontologicamente (e non solo convenzionalmente) plurale, diversa, non uguale a sé stessa (forse si potrebbe anche formalizzare con il principio di identità? ipotizzo). Perché rinnegare il nostro intuito profondo, bollarlo come fallace e scegliere l'esatto contrario? Non c'è motivo.
2. è più utile (nel senso più appagante - proprio da un punto di vista di bieca ricerca del piacere, di autogratificazione) scegliere il pluralismo ontologico rispetto al monismo ontologico, perché alla fin fine la realtà ci apparirà sempre plurale. Possiamo autoconvincerci quanto ci pare (magari a ragione) che le differenze sono mere convenzioni/illusioni (utilissime anche se non ontologiche: senza saremmo perduti o fortemente limitati: come la matematica), ma a quel punto, come dici tu... che razza di verità è. Come una pietanza insipida e insapore. Se ammettiamo invece l'esistenza di diversi oggetti è in qualche misura concreta... beh quando ne daremo una descrizione (per esempio scientifica) potremmo pretendere di "aver colto" qualcosa di concreto, di esserci avvicinati un poco ad una maggiore comprensione delle cose
3. (ma non ne sono tanto sicuro, più che altro la butto là) ora come ora il miglior (nel senso di più efficace, più di successo, che contemporaneamente soddisfa l'intuito, appaga la sete di conoscenza e le esigenze della vita quotidiana) approccio alla realtà, ovvero la Scienza, si fonda su una scelta pluralistica, ovvero ammette che "là fuori" esista una realtà, complessa e multiforme, non completamente dipendente dall'osservatore. Il successo può essere un indizio che la strada imboccato è quella giusta? Chiedo. Forse no. O forse sì.

sul fatto che io abbia altro lavoro da fare... nessun dubbio. E' per questo che ho iniziato la discussione: per ricevere spunti, critiche, nuove idee e magari anche soluzioni.
giulioarretino is offline  
Vecchio 20-06-2014, 02.29.51   #70
Aggressor
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Riferimento: Gnoseologia

green&grey pocket
va bene aggressor, siamo a digiuno di matematica...non cè problema, riproviamo in altra maniera.

il problema è dunque il contenuto delle parole e non l'esistenza dell'oggetto.
(ovviamente potrai correggere ancora questo assunto)

ti chiedi come distinguere pegaso da casa, e poi ti chiedi la differenza tra pegaso e oggetto nascosto kantiano.

in formule matematiche, per riassumere, ti ho fatto notare che puoi benissismo ritenere inconsistente pegaso in quanto incrocio fantasioso di esperienze avute, ma questo non puoi farlo con l'oggetto nascosto, in quanto non ha un dato esperibile.
il punto è che se tu scegli una logica, quella dell'esperibile, poi non puoi pretendere di ciò che l'esperienza non può dar conto(il noumeno), per parlare di inconsistenza.


Certamente devo rimediare alle mie lacune di matematica ma tra non molto, probabilmente, avrò modo di farlo.

Devo precisare che col mio sistema non reputo <<Pegaso>> inconsistente, in quanto di esso è possibile una esperienza "per costruzione" (cosa che ho esposto precedentemente in realtà, e che riprendo da una posizione di Russell), cosicché il concetto <<Pegaso>> non è associabile a quello <<noumeno>> in qualche modo, per esempio per il fatto che siano entrambi inconsistenti; solo il secondo sarebbe inconsistente, infatti dopo scrivi:

al massimo ti chiedi il perchè della parola "oggetto nascosto", quale valenza abbia nei termini del parlato.
ecco che allora questa parola non ha alcun senso, esattamente come non l'avrebbe alcun numero, aggiungo però io.


l'oggetto nascosto, in effetti, sarebbe solo quello noumenico, mentre i numeri (come Pegaso) si dovrebbero poter costruire da esperienze avute. E mi pare che mentre i numeri possano trovare una esemplificazione "pratica", cioè un correlato nell'esperienza diretta, lo stesso non possa dirsi, ancora, delle cose in sé o del noumeno.
Tuttavia ammetto che su questo dovrei ancora riflettere, infatti chiedevo anche a Sgiombo il suo parere, mentre a darmi una qualche speranza che sia la linea giusta (non per forza poi utilizzata correttamente in tutte le sue applicazioni da me) me lo da proprio ciò che affermi qui:

la Cosa kantiana è strettamente correlata con il suo sistema logico, sistema logico che non si basa sulla esperienza ma piuttosto sulla ragione pura e pratica.
cosa voglia dire pura e pratica, equivarrebbe a trovare una metodologia che si discosta da quella che hai scelto.


Basare un principio discriminante sull'esperienza sembra in qualche modo più realistico rispetto a una "ragione pura pratica". E con questo voglio dire semplicemente ciò che ho già esposto: la domanda principale che sono venuto a pormi è stata: cosa differenzia un concetto (con relativa parola) che non indica nulla e uno che indica qualcosa? La risposta che ho trovato per ora è molto semplice ed è questa [aggiunta= ciò non toglie che possano essercene altre, magari anche una che dischiuda la metodologia kantiana, solo che non le ho trovate]: una parola che significa qualcosa si riferisce ad un contenuto mentale (oggetto di esperienza) cioè a qualcosa che si è visto/sentito direttamente o per costruzione a partire da ciò che s'è visto/sentito direttamente



green&grey pocket
ultimo punto che ti ponevo nell'ultima mia risposta: se sei un filosofo e non uno scienziato perchè ti interessa così tanto l'esperienza?

In principio perché credo che se c'è qualcosa che porta conoscenza allora vale la pena di dargli un occhiata (se possibile) ed un filosofo è forse, più di altri, colui a cui conviene sbirciare un po ovunque.
Inoltre perché alcune ricerche che sto intraprendendo mi stanno portando a prestare attenzione a ciò che è l'esperienza e la coscienza, in quanto la realtà potrebbe essere fondata da queste cose.



Sgiombo:
Ricambio cordialmente i saluti (e apprezzo il fatto che sei sempre molto corretto e affabile, anche verso interlocutori “caratterialmente alquanto ruvidi” e talora verbalmente intemperanti, come me).

Non ti preoccupare, anche io spesso mi sento “caratterialmente alquanto ruvido” quando parlo qui nel forum, ma con queste discussioni e col fatto che la piattaforma elettronica ha le sue problematiche in quanto mezzo di comunicazione, lo reputo soprattutto un effetto collaterale della situazione.
Sarebbe interessante capire se è possibile un contenuto per l'assoluto o per gli universali in generale a questo punto; dopotutto non so se quello che ho scritto riguardo i numeri sia del tutto fondato.

Ultima modifica di Aggressor : 20-06-2014 alle ore 10.17.51.
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