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Vecchio 25-06-2014, 11.04.01   #11
FMJ
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

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Originalmente inviato da maral
Ma la verità non è implicita nell'aver ragione. L'uccello che calibra il suo volo e cattura l'insetto non è un fatto che riguardi la verità (la verità del volo ad esempio), ma il funzionamento di un progetto di volo, ossia la realizzazione o meno a mezzo di quel volo di quanto l'uccello vuole. Affermare che il progetto del volo è vero in quanto l'esito è stato positivo e la volontà di catturare l'insetto soddisfatta non ha alcun senso, poiché ciò che conta è solo il conseguimento del risultato pratico di potenza oggetto della volontà, comunque questo conseguimento avvenga e di fatti dici:. Quello che conta è quindi solo il poter funzionare bene che indica una capacità di esercitare potenza maggiore del funzionare male e solo questo funzionamento è necessario e sufficiente per aver ragione. In ciò non vedo sostanziale differenza tra la sofistica e il pragmatismo, fatto salvo che i sofisti si riferivano in modo esclusivo alla retorica del discorso come tecnica per realizzare la loro soggettiva potenza, ma il fine e la prospettiva in cui si muovevano era la stessa. Per il sofista non conta dire il vero o il falso (il vero è falso e il falso vero, si tratta solo di opinioni), conta solo se riesco a convincere (catturare) l'interlocutore (l'insetto) a mezzo delle suggestioni del mio discorso progettato ad arte (il volo ben calibrato dell'uccello). Ed è evidente che la verità così presentata come effetto di una realizzazione di potenza non non ha nulla a che vedere con la verità intesa come aderenza al come stanno le cose, ma solo con la volontà di persuadere a come le cose devono stare, ove il come le cose devono stare è stabilito da un successo tecnico di manipolazione delle cose (della loro intrinseca verità corrispondente alla loro reale essenza) che viene ad essere creduta come il solo modo per produrre verità a totale arbitrio di chi ha la potenza per farlo.
E' vero che questo pragmatismo tecnico, come dice Davide M. si basa su un pensiero debole che vede la totale equivalenza soggettiva di ogni verità-opinione (e quindi la totale trivializzazione di tutte le infinite verità o falsità che si possono pensare), ma non si ferma qui, poiché esige oltre al pensiero debole una volontà estremamente forte la cui forza realizzativa selezioni l'opinione più capace a imporsi, per cui la volontà di potenza finisce per essere la sola unica verità proprio in quanto determina ogni esito e il pensiero tecnico pragmatico non è assolutamente un innocuo relativismo (anche se a volte si mimetizza per tale) per il quale qualunque cosa si dica o si pensi in fondo si equivale, ma credo che si possa riconoscere in esso, per quanto assurdo possa sembrare, l'ultima evoluzione del pensiero occidentale di stampo epistemico metafisico (considerazione a cui in qualche modo mi pare alludesse la precedente riflessione di paul11. E dopotutto mi sembra che bisogna riconoscere a Gorgia e ai sofisti di avere in qualche modo pre intuito questi esiti prodotti da millenni di ricerca metafisica.
Ma la volontà di potenza che viene a costituirsi come ultima parola sulla verità, vede oltre se stessa solo il nulla e a questo tende per cui a sua volta funziona da prologo al nichilismo assoluto.

Secondo te, perché ho messo "verità" tra le virgolette? L'uccello che si rappresenta in un certo modo il mondo, allo scopo di catturare un insetto e lo cattura "veramente", ha una rappresentazione "vera" del mondo perché quella rappresentazione "funziona". Con quella rappresentazione, l'uccello "anticipa" correttamente il mondo che lo circonda. Ha "ragione". Il suo sitema di costrutti, isola degli "eventi" che gli permettono di muoversi "con verità", nel mondo. E' così "vera" la sua rappresentazione, che lui acchiappa "veramente". l'insetto. E non è affatto vero che tutte le rappresentazioni del mondo siano "vere". Infatti, alcune "funzionano", altre, no. Lo possiamo facilmente capire studiando l'evoluzione degli organismi sulla terra e anche, ancor più facilmente, la filogenesi delle specie. Un po' più complicato è, forse, scorgere questo principio guardando alle "idee", in ultima analisi ai "costrutti". Anche nel mondo dei significati, esattamente come accade nel mondo biologico, ciò che non "funziona" è destinato all'estinzione. Anche le idee, subiscono lo stesso destino di geni ed alleli. Non esiste una verità assoluta così come non esiste una combinazione genetica assoluta. Esistono tante "idee" (costrutti, significati, modi di segmentare l'indifferenziato creando "eventi") così come esistono tante "genetiche", tutte "vere", perché tutte "funzionanti", fino a che "funzionano". Quando non funzionano più, abbiamo l'estinzione. Tanto delle idee, quanto dei genomi.

l'uccello che non produce più "verità", muore di fame.

Il vicolo cieco del genoma che non funziona più, è l'estinzione.
Il vicolo cieco dei costrutti che non funzionano più, è la malattia mentale.

Mettere sullo stesso piano il costruttivismo radicale o ermeneutico, con il pensiero dei sofisti, è operazione banalissima che può nascere solamente da un profondo fraitendimento di entrambi. Identica cosa può essere detta dell'equiparare il costruttivismo al relativismo. Si tratta di posizioni epistemologiche simili solamente ad una lettura superficiale ma, nei fatti, sostanzialmente e profondamente diverse.

FMJ
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Vecchio 25-06-2014, 14.49.40   #12
Garbino
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

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Scusa se intervengo, ma sostituerei ciò che funziona con ciò che è utile alla vita. Ciò che funziona non sempre lo è e a volte porta all' estinzione quanto ciò che non funziona. La funzionalità è solo un aspetto e spesso è transitorio.
Infatti ciò che funziona oggi è assolutamente inutile alla vita. Anzi dannoso.

X Maral

Condivido pienamente i tuoi dubbi, ma non credo che la storia dell' uomo ci racconti qualcosa di diverso. Se ci guardiamo bene dentro, a meno di non accecarsi completamente, si può avvertire benissimo quanto di ciò che facciamo ha raramente valore razionale e sia immerso in una irrazionalità spaventosa. E così è stato sempre.

Altra cosa è l' uomo con sé stesso che usa la ragione e valuta sia le sue azioni che la sua conoscenza. Ed è lì il punto cruciale dove l' uomo potrebbe migliorare e non farsi irretire dalle carote che ci propina questa realtà voluta ma legata, come giusto intendi, all' irrazionalità della volontà di potenza o, anima vitale come io la intendo. Socrate il disvelatore del sofismo come Nietzsche il disvelatore di Socrate-Platone e del Cristianesimo e di questa modernità che manifesta una decadenza paurosa, sia culturale che, molto peggio, biologica. Aveva torto Gorgia, come Socrate-Platone e anche Nietzsche probabilmente.

Ma il problema è sempre come riuscire a rapportarsi con la morsa dell' irrazionalità nell' agire. Fino ad allora le carote funzioneranno sempre per tutti gli asini di questo mondo. Me compreso, naturalmente.

Garbino Vento di Tempesta.
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Vecchio 25-06-2014, 15.54.04   #13
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Scusa se intervengo, ma sostituerei ciò che funziona con ciò che è utile alla vita. Ciò che funziona non sempre lo è e a volte porta all' estinzione quanto ciò che non funziona. La funzionalità è solo un aspetto e spesso è transitorio.
Infatti ciò che funziona oggi è assolutamente inutile alla vita. Anzi dannoso.

X Maral

Condivido pienamente i tuoi dubbi, ma non credo che la storia dell' uomo ci racconti qualcosa di diverso. Se ci guardiamo bene dentro, a meno di non accecarsi completamente, si può avvertire benissimo quanto di ciò che facciamo ha raramente valore razionale e sia immerso in una irrazionalità spaventosa. E così è stato sempre.

Altra cosa è l' uomo con sé stesso che usa la ragione e valuta sia le sue azioni che la sua conoscenza. Ed è lì il punto cruciale dove l' uomo potrebbe migliorare e non farsi irretire dalle carote che ci propina questa realtà voluta ma legata, come giusto intendi, all' irrazionalità della volontà di potenza o, anima vitale come io la intendo. Socrate il disvelatore del sofismo come Nietzsche il disvelatore di Socrate-Platone e del Cristianesimo e di questa modernità che manifesta una decadenza paurosa, sia culturale che, molto peggio, biologica. Aveva torto Gorgia, come Socrate-Platone e anche Nietzsche probabilmente.

Ma il problema è sempre come riuscire a rapportarsi con la morsa dell' irrazionalità nell' agire. Fino ad allora le carote funzioneranno sempre per tutti gli asini di questo mondo. Me compreso, naturalmente.

Garbino Vento di Tempesta.

No, non ci siamo. Ti sei fatto distrarre dall'esempio ma non hai colto, nella sostanza, quello che ho scritto. "Utile alla vita" non c'entra con il discorso generale che ho fatto io. Se per dare un significato alla mia vita e mantenere la struttura del mio sistema di costrutti, quindi le mie capacità anticipatorie, la costruzione di me stesso e degli altri, devo morire, io muoio. Esempi di questo tipo se ne possono fare a bizzeffe. E quel morire, del tutto "inutile alla vita", "funziona". "Funziona" nel MIO sistema di significati e nella MIA "verità" che può essere più o meno condivisa. "Funziona", pur causando la mia morte. Pur essendo inutile alla mia vita. Ma "funziona". E' una via percorribile, viabile. Non so se sono riuscito a spiegarmi bene. Da questo punto di vista, è vero l'esatto contrario di quel che sostieni: non tutto ciò ch'è utile alla vita, "funziona". Questo accade perché quella strada, pur, in astratto, utile alla vita, potrebbe non essere percorribile nel mio sistema di significati. E' utile alla vita assumere regimi alimentari devastanti in grassi e trigliceridi e passare le giornate ingrassando sul divano? No, giusto? Eppure milioni di persone al mondo, percorrono questa strada. Come mai? Come mai la loro "verità" è un'altra? Semplicemente perché i LORO significati sono altri. Diversi dai TUOI. La LORO lettura del mondo è un'altra. Diversa dalla TUA. Il LORO modo di guardare alle cose (i loro costrutti) è diverso dal TUO. In definitiva, le loro VERITA' sono diverse dalle TUE. E quelle di un uccello sono diverse da quelle di un pippistrello. E quelle di un lombrico sono diverse dalle tue, da quelle di un uccello e da quelle di un pippistrello.

Ma allora, di quale VERITA' assoluta stiamo parlando?

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Vecchio 25-06-2014, 16.10.58   #14
maral
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Riferimento: La vittoria pragmatica di Gorgia : nulla è

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Secondo te, perché ho messo "verità" tra le virgolette?
Magari perché non è di verità (corrispondenza alla realtà) che parli, ma appunto di volontà di potenza.
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L'uccello che si rappresenta in un certo modo il mondo, allo scopo di catturare un insetto e lo cattura "veramente", ha una rappresentazione "vera" del mondo perché quella rappresentazione "funziona". Con quella rappresentazione, l'uccello "anticipa" correttamente il mondo che lo circonda.

Anche se lo cattura veramente (realizza un evento voluto) si tratta di una realizzazione della volontà di potenza e non di verità. La rappresentazione non è vera in quanto corrisponde a qualcosa di reale, ma è vera perché ha successo la volontà di renderla vera. Ma se occorre un atto di volontà per renderla vera significa che essa non è vera e che il risultato è un'illusione.
Citazione:
Ha "ragione".
Appunto, ha ragione, ossia ci riesce, ma non è che il suo progetto sia più vero, solo è riuscito. Se fosse falso (non corrispondente alla realtà delle cose) e ci riuscisse lo stesso avrebbe ugualmente ragione.
Citazione:
Il suo sitema di costrutti, isola degli "eventi" che gli permettono di muoversi "con verità", nel mondo.
Non si muove con verità, ma con volontà (volontà che le cose funzionino come si vuole).
Citazione:
E' così "vera" la sua rappresentazione, che lui acchiappa "veramente". l'insetto. E non è affatto vero che tutte le rappresentazioni del mondo siano "vere". Infatti, alcune "funzionano", altre, no.
Appunto, funzionano quelle progettate e costruite con più accortezza tecnica o, nel discutere, quelle con maggiore capacità di suggestione a convincere (ossia con maggiore capacità retorica, proprio come accade nella pubblicità), ma questo non significa per nulla che funzionino le più vere, ossia le più aderenti alla realtà.
Citazione:
Lo possiamo facilmente capire studiando l'evoluzione degli organismi sulla terra e anche, ancor più facilmente, la filogenesi delle specie. Un po' più complicato è, forse, scorgere questo principio guardando alle "idee", in ultima analisi ai "costrutti".
Ma l'evoluzione è comunque un modello interpretativo e se lo giudichiamo in relazione al suo funzionamento comunque ne facciamo questione di volontà di potenza (capacità di convincere) e non di verità.
Citazione:
Anche nel mondo dei significati, esattamente come accade nel mondo biologico, ciò che non "funziona" è destinato all'estinzione.

E anche questo fa riferimento al medesimo modello.
Citazione:
Anche le idee, subiscono lo stesso destino di geni ed alleli. Non esiste una verità assoluta così come non esiste una combinazione genetica assoluta.
La verità assoluta è quella totalmente aderente alla realtà, in cui il significato coincide assolutamente con la cosa significante, la mappa con il territorio e per questo è unica. Il fatto che non possiamo scorgerla come tale, ma solo a mezzo di rappresentazioni molteplici non significa che la verità assoluta non ci sia, ma che essa non può manifestarsi in altro modo se non come il gioco di queste rappresentazioni, dal loro reciproco continuo rapportarsi che comprende anche il negarsi. Isolare una sola (o un certo numero limitato) di queste rappresentazioni dicendo che è la più vera perché funziona meglio è quindi, in questa prospettiva, falsificazione e non verità. La verità conserva ogni rappresentazione proprio perché è un gioco che costantemente le coinvolge tutte producendo continuamente significati.
Citazione:
Quando non funzionano più, abbiamo l'estinzione. Tanto delle idee, quanto dei genomi.
Quando non funzionano più abbiamo la manifestazione del loro non funzionare.

Citazione:
l'uccello che non produce più "verità", muore di fame.
No, è l'uccello che non ha potenza sufficiente (possiamo anche chiamarla potenza vitale) che muore di fame, la verità non c'entra nulla. La verità non si produce, non si costruisce, non ci sono ricette tecniche per produrla, essa è e se la si costruisse sarebbe falsificazione.

Citazione:
Mettere sullo stesso piano il costruttivismo radicale o ermeneutico, con il pensiero dei sofisti, è operazione banalissima che può nascere solamente da un profondo fraitendimento di entrambi. Identica cosa può essere detta dell'equiparare il costruttivismo al relativismo. Si tratta di posizioni epistemologiche simili solamente ad una lettura superficiale ma, nei fatti, sostanzialmente e profondamente diverse.
Ovviamente non sono per nulla d'accordo, a mio avviso è solo assai ingenuo pensare che la verità si possa considerare il risultato di un funzionamento. (Ingenuo quanto meno nel caso in cui non si sia progettisti di verità, ossia falsificatori competenti il cui compito è allestire le carote per l'asino)

Ultima modifica di maral : 25-06-2014 alle ore 16.59.29.
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Vecchio 25-06-2014, 16.58.22   #15
maral
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Scusa se intervengo, ma sostituerei ciò che funziona con ciò che è utile alla vita. Ciò che funziona non sempre lo è e a volte porta all' estinzione quanto ciò che non funziona. La funzionalità è solo un aspetto e spesso è transitorio.
Infatti ciò che funziona oggi è assolutamente inutile alla vita. Anzi dannoso.

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Condivido pienamente i tuoi dubbi, ma non credo che la storia dell' uomo ci racconti qualcosa di diverso. Se ci guardiamo bene dentro, a meno di non accecarsi completamente, si può avvertire benissimo quanto di ciò che facciamo ha raramente valore razionale e sia immerso in una irrazionalità spaventosa. E così è stato sempre.

Altra cosa è l' uomo con sé stesso che usa la ragione e valuta sia le sue azioni che la sua conoscenza. Ed è lì il punto cruciale dove l' uomo potrebbe migliorare e non farsi irretire dalle carote che ci propina questa realtà voluta ma legata, come giusto intendi, all' irrazionalità della volontà di potenza o, anima vitale come io la intendo. Socrate il disvelatore del sofismo come Nietzsche il disvelatore di Socrate-Platone e del Cristianesimo e di questa modernità che manifesta una decadenza paurosa, sia culturale che, molto peggio, biologica. Aveva torto Gorgia, come Socrate-Platone e anche Nietzsche probabilmente.

Ma il problema è sempre come riuscire a rapportarsi con la morsa dell' irrazionalità nell' agire. Fino ad allora le carote funzioneranno sempre per tutti gli asini di questo mondo. Me compreso, naturalmente.

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Certo, tutti sbagliamo proprio in quanto è sempre e solo con le rappresentazioni che abbiamo a che fare, non con la verità, ma con le sue falsificazioni che determinano i nostri campi di senso. Ma il gioco delle rappresentazioni che separatamente sono sempre false poiché parziali è vero, è proprio questa la manifestazione più chiara possibile della verità: un gioco che coinvolge ogni rappresentazione senza poter mai finire, la eclissa in rapporto alle altre e la fa riapparire mutata. Una singola rappresentazione definitiva che metta fine al gioco è impossibile come la cancellazione definitiva di una qualsiasi di esse.
E così anche le rappresentazioni della ragione sono negate dall'irrazionale, ma esse sussistono proprio e solo in virtù dell'irrazionale che le nega, non si può eliminare l'irrazionale per far trionfare la ragione, necessariamente ci si deve continuare a giocare e sarebbe totale e devastante illusione pensare di poter cancellare le rapresentazioni dell'irrazionale in nome del lume della ragione (errore peraltro già commesso).
Le carote davanti al muso dell'asino saranno sempre esposte, perché l'asino che ci casca c'è sempre, siamo tutti noi, completamente convinti della bontà delle carote che sono le nostre rappresentazioni, le nostre inevitabili falsificazioni, ma almeno possiamo renderci consapevoli di quanto ci accade nel gioco a cui queste rappresentazioni partecipano, farci una ragione della nostra fondamentale irrazionalità.
Dice poi FMJ
Citazione:
non tutto ciò ch'è utile alla vita, "funziona"
e qui ha ragione nel senso del pragmatismo forte, perché essendo il funzionamento questione di volontà di potenza è necessario renderlo funzionale solo a se stesso. Se finalizzo il funzionare a essere utile alla vita lo indebolisco, è semmai la vita (ogni vita nella sua peculiarità diversa) che va finalizzata al funzionare che ha per scopo solo se stesso. E' il funzionamento preso in modo assolutamente autoreferenziale e astratto che risolve tutto e al cui cospetto ogni soggetto scompare, ne diventa mezzo, perché ogni vita soggettiva deve avere come solo scopo il funzionare al meglio e non il contrario, ogni vita (e ogni verità esistenziale) sarà allora solo mezzo perfettamente sacrificabile del funzionare. E' proprio per questo che il funzionamento in questo pragmatismo forte assume un valore metafisico epistemico, alla lunga insopportabile come ogni episteme.
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Vecchio 25-06-2014, 20.21.39   #16
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Premetto che non mi piace il termine funzionare, perché per quanto meccanicistica la mia visione della vita sia, sempre di vita si tratta. Però in questo senso utile alla vita aveva lo stesso significato. E cioè utile alla vita della specie dove naturalmente il soggetto perde ogni importanza di funzione fine a sé stesso. In pratica, mi sembra ma potrei sbagliare, che dicevamo le stesse cose solo in termini diversi.

E FMJ penso che abbia ragione quando dice che mi sia lasciato fuorviare dall' esempio, ma ricondotto a come lo ha espresso nella risposta va benissimo.
Infatti io l' ho ricondotto al fatto che ciò che funziona oggi non solo sta deteriorando la vita ma lo sta portando sempre più nel gorgo dell' autodistruzione.

Per quanto riguarda l' uso della ragione, io non credo di aver detto che essa può illudersi di poter controllare l' irrazionalità, e lo ritengo ovvio perché l' unico modo sarebbe proprio il suicidio. Accettarne la presenza e la sua ingerenza è già un passo enorme nel campo della conoscenza, condiviso da chi non so, ma questo ha poca importanza, si può anche essere pochi se si deve. Ma ciò non toglie che, come ho già detto altrove, si può fare di più. Chi ne sia in grado non so, ma se pensiamo che non si può andare oltre, allora è vero che l' apice dell' uomo è stato raggiunto in Grecia più di duemila anni fa.

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Vecchio 26-06-2014, 09.04.26   #17
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Dice Aristotele nella metafisica “..tutte le altre scienze saranno più necessarie di questa, ma superiore nessuna”
L'astrazione nasce in un momento diverso dalla necessità. La scienza moderna è un meccanisco che fa agire sinergicamente la teoria e la prassi, ma teoria e prassi avvengono in due momenti differenti. Prima c'è l'ipotesi (della teoria) e poi la prassi (l'esperimento, la dimostrazione) che è funzionale alla teoria. La teoria è un qualcosa che viene desunto dalla prassi, ma che in un primo momento si genera in modo indipendente. Se non si distingue la teoria dalla prassi si finisce col confondere la verificazione con la verità. In termini storicistici si potrebbe dire che l'attuale civiltà della tecnica sia la verificazione di ciò che a livello teorico aveva espresso il pitagorisco, che la verità è nel numero, nella relazione fra I numeri, nella quantità, nell'ordine. Ma a mio parere è impossibile ridurre la qualità alla quantità. Perchè quantificare significa enumerare, ma se enumero qualcosa è implicito che io abbia anteriormente attribuito una qualche qualità a quel qualcosa che enumero. Si può ridurre progressivamente il sensibile fino all'atomo, fino cioè a quel qualcosa che si pensa (o si sa) che esista anche se non si può vedere. E qua nasce la filosofia, reificare ciò che l'occhio non può vedere. E qui casca l'asino: l'empirismo crede di avere autonomia di pensiero, mentre non potrebbe esistere la scienza senza la teoria che precede la verificazione.
E nemmeno può avere autonomia il pragmatismo, perchè prima di dire che è vero ciò che è funziona, bisogna prima stabilire per che cosa debba funzionare e perchè. E questo non si può fare che a livello teorico.
Sul fatto che “il nulla è” sia la vittoria di Gorgia non direi. Democrito affermò l'esistenza del vuoto (il nulla), poichè l'essere ha bisogno del non essere. Se ci fosse solo l'essere non si spiegherebbero I fenomeni, il movimento, la molteplicità dell'essere. L'epica proposizione “l'essere è, il non essere non è”, a mio parere rappresenta il principio della dialettica. Zenone che difese a spada tratta la via della verità e la negazione del molteplice parmenidei, lo fece con mezzi dialettici, con dimostrazioni ad absurdo, tanto che Aristotele lo definì l'inventore della dialettica.
Io credo che la funzione della dialettica non sia quella né di accrescere né di dimostrare la conoscenza, ma è solo una funzione spirituale, soprattutto nella forma assunta dalla maieutica, che ha lo scopo di far uscire l'uomo dal suo stato di incoscienza, di non lucidità
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Vecchio 26-06-2014, 09.08.43   #18
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** scritto da Garbino:


Citazione:
Per quanto riguarda l' uso della ragione, io non credo di aver detto che essa può illudersi di poter controllare l' irrazionalità, e lo ritengo ovvio perché l' unico modo sarebbe proprio il suicidio. Accettarne la presenza e la sua ingerenza è già un passo enorme nel campo della conoscenza, condiviso da chi non so, ma questo ha poca importanza, si può anche essere pochi se si deve. Ma ciò non toglie che, come ho già detto altrove, si può fare di più. Chi ne sia in grado non so, ma se pensiamo che non si può andare oltre, allora è vero che l' apice dell' uomo è stato raggiunto in Grecia più di duemila anni fa.


Sì che è vero, ma in Israele (a Nazareth) non in Grecia!

Ultima modifica di Duc in altum! : 26-06-2014 alle ore 11.44.34.
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Vecchio 26-06-2014, 10.48.58   #19
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Dice Aristotele nella metafisica “..tutte le altre scienze saranno più necessarie di questa, ma superiore nessuna”
L'astrazione nasce in un momento diverso dalla necessità. La scienza moderna è un meccanisco che fa agire sinergicamente la teoria e la prassi, ma teoria e prassi avvengono in due momenti differenti. Prima c'è l'ipotesi (della teoria) e poi la prassi (l'esperimento, la dimostrazione) che è funzionale alla teoria. La teoria è un qualcosa che viene desunto dalla prassi, ma che in un primo momento si genera in modo indipendente. Se non si distingue la teoria dalla prassi si finisce col confondere la verificazione con la verità. In termini storicistici si potrebbe dire che l'attuale civiltà della tecnica sia la verificazione di ciò che a livello teorico aveva espresso il pitagorisco, che la verità è nel numero, nella relazione fra I numeri, nella quantità, nell'ordine. Ma a mio parere è impossibile ridurre la qualità alla quantità. Perchè quantificare significa enumerare, ma se enumero qualcosa è implicito che io abbia anteriormente attribuito una qualche qualità a quel qualcosa che enumero. Si può ridurre progressivamente il sensibile fino all'atomo, fino cioè a quel qualcosa che si pensa (o si sa) che esista anche se non si può vedere. E qua nasce la filosofia, reificare ciò che l'occhio non può vedere. E qui casca l'asino: l'empirismo crede di avere autonomia di pensiero, mentre non potrebbe esistere la scienza senza la teoria che precede la verificazione.
E nemmeno può avere autonomia il pragmatismo, perchè prima di dire che è vero ciò che è funziona, bisogna prima stabilire per che cosa debba funzionare e perchè. E questo non si può fare che a livello teorico.
Sul fatto che “il nulla è” sia la vittoria di Gorgia non direi. Democrito affermò l'esistenza del vuoto (il nulla), poichè l'essere ha bisogno del non essere. Se ci fosse solo l'essere non si spiegherebbero I fenomeni, il movimento, la molteplicità dell'essere. L'epica proposizione “l'essere è, il non essere non è”, a mio parere rappresenta il principio della dialettica. Zenone che difese a spada tratta la via della verità e la negazione del molteplice parmenidei, lo fece con mezzi dialettici, con dimostrazioni ad absurdo, tanto che Aristotele lo definì l'inventore della dialettica.
Io credo che la funzione della dialettica non sia quella né di accrescere né di dimostrare la conoscenza, ma è solo una funzione spirituale, soprattutto nella forma assunta dalla maieutica, che ha lo scopo di far uscire l'uomo dal suo stato di incoscienza, di non lucidità

Il vivente, qualsiasi struttura biologica vivente, E' una teoria sul mondo. La sua struttura, porta con sé dei PRESUPPOSTI sul mondo e sulla natura del mondo. Il vivente E' "anticipazione". Vive nell'"anticipazione". Ci sguazza. Il vivere stesso è "anticipazione". Il problema sorge quando qualcosa, là fuori, ti risponde così: "NO!". Allora e solo allora, stai toccando il contorno dell'universo che sta là fuori...

Puoi suonartela e cantartela, puoi scomodare Aristotele, la reificazione, millenni di filosofia e di scienza, l'induzione, l'abduzione, lo zen e la manutenzione della motocicletta, i sofismi di Gorgia, tutto quello che ti pare, la rava e la fava, poi, vieni qui davanti a me e fammi vedere che attraversi un muro...

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L'astrazione nasce in un momento diverso dalla necessità. La scienza moderna è un meccanisco che fa agire sinergicamente la teoria e la prassi, ma teoria e prassi avvengono in due momenti differenti. Prima c'è l'ipotesi (della teoria) e poi la prassi (l'esperimento, la dimostrazione) che è funzionale alla teoria. La teoria è un qualcosa che viene desunto dalla prassi, ma che in un primo momento si genera in modo indipendente. Se non si distingue la teoria dalla prassi si finisce col confondere la verificazione con la verità. In termini storicistici si potrebbe dire che l'attuale civiltà della tecnica sia la verificazione di ciò che a livello teorico aveva espresso il pitagorisco, che la verità è nel numero, nella relazione fra I numeri, nella quantità, nell'ordine.
Nella frase che ho evidenziato penso ci sia un primo punto molto importante e problematico: in cosa consiste l'ipotesi che precede la prassi di verificazione comunque impostata (sia cioè una prassi empirica, fenomenologica esistenziale, emotiva-sentimentale, logica formale, logico-matematica)?
E' un prodotto del tutto casuale e appena abbozzato di un nulla che la precede, oppure è essa stessa verità che immediatamente traduce fedelmente la realtà? La prima intuizione è un abbozzo spurio più o meno contaminato da aspetti soggettivi da tagliare via come per liberare la perla dalle incrostazioni deturpanti che ne falsificano il valore di verità da modellare, oppure ogni intuizione prima è già di per sé manifestazione effettiva di verità e ogni sua verificazione intende in realtà solo fare apparire con piena coerenza quella perla che il metodo prescelto vuole che appaia?
Il fatto ad esempio che si utilizzi un metodo che esige per giudicare il valore di un'ipotesi una ripetibilità intersoggettiva rigorosamente controllata delle osservazioni affinché i risultati quantitativi di misura restino identici fatto salvo un margine ben definibile di errore sperimentale probabilisticamente casuale, significa che solo in tal modo si può effettuare un intaglio appropriato della perla oppure voler credere che solo in tal modo si può ottenere quell'intaglio della perla che si vuole sia appropriato?
Si noti che anche nel caso in cui il valore assunto da una verifica così scelta sia quello del funzionamento e la selezione miri a scartare ciò che non funziona da ciò che funziona, l'applicazione della metodologia pre determina ciò che deve intendersi come funzionante o no proprio nella scelta della sua impostazione specifica. Ciò che funziona per un metodo di verifica del tipo sopra descritto non può certo essere una qualità che soddisfi individualmente proprio in quanto il valore soggettivo individualistico è scartato fin dall'inizio a priori dal metodo stesso che si basa sui rapporti logico quantitativi.
D'altra parte se ammettiamo che l'idea del metodo di verifica è dopo tutto assai simile all'idea dell'ipotesi originaria, si ripropone la stessa domanda di prima: cosa fa sì che questa metodologia appaia secondo le regole che le sono proprie? Cosa rende questa metodologia superiore ad altre che potrebbero venire applicate? O cosa la fa emergere dal non esserci che la precede? E quale metodo verificherà l'intuizione di questo metodo del criterio di funzionamento intersoggettivo nel modo quantitativamente ripetibile da esso definito?
Appare a mio avviso evidente a questo punto che per evitare la regressione infinita che deriva dal considerare la prima ipotesi (di un contenuto teorico o di un metodo) un fenomeno spurio suscettibile di evoluzione verificativa (così simile all'idea che ci siamo fatti di un'evoluzione naturale!) trova nell'affermazione della volontà di potenza di quella teoria o di quel metodo -"io sono l'ipotesi che non ha bisogno di alcuna verifica, in quanto voglio che la verifica risiede in me stesso e alla luce di ciò sono criterio di verifica di ogni altra ipotesi"- la soluzione che oggi sembra più semplice e diretta, quasi inevitabile anche se formulata in termini più annacquati di quelli che ho scritto in corsivo al fine di renderla più accettabile alle orecchie contemporanee che vogliono morto e sepolto ogni idolo metafisico a completo vantaggio della libera opinione manipolabile.
Dall'altra parte ci sta a mio avviso l'idea che ogni apparire (ogni intuizione prima, compresa quella pragmatica) è apparire dell'intera realtà in una modalità che le è propria e in tal senso ogni intuizione è vera come tale e non occorre renderla vera (ossia verificarla togliendo di mezzo il falso per selezione), ma comprenderla alla luce dei significati che genera in rapporto alle altre (ossia verificarla nel suo modo di significare per comprensione di rapporti con i suoi altri), ma essendo comunque una visione parziale, risultato necessario e non certo casuale o arbitrario di una storia culturale, ogni intuizione (compresa quella pragmatica) è falsa se presa nel suo assoluto isolamento autoreferenziale che è sinonimo solo di volontà di potenza che a sua volta è necessariamente volontà di falsificazione.
maral is offline  

 



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