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Vecchio 19-12-2014, 09.35.54   #131
paul11
Ospite abituale
 
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Non si sa come storicamente sia avvenuto, c’è chi dice per utilità, ma sta di fatto che la matematica nasce prima della logica. Forse per pura contabilità, i sistemi di misura erano analogici . Forse fu anche per l’astronomia e la geometria diventerà “sacra”.
Sarà che il nostro cervello è in analogia con il mondo, ma si accorsero ben prima della logica ,della nascita della filosofia vera e propria greca, che la matematica e la geometria erano sì molto importanti per applicazione, per capire il mondo fenomenico, per qualificarlo, per quantificarlo, ma la matematica rispondeva a regole e proprietà in sé e per sé. Aveva una malleabilità interna una volta che i risultati applicati fossero svolti e rivolti al fenomeno…..sapevano spiegare il mondo, sapeva leggerli e in qualche modo descriverli, certo nel modo in cui i nostri limiti umani possono leggere quella realtà. Da lì nascerà l’esoterismo del numero, la sacralità del segno, quell’astrazione di cifre numeriche diventa un codice sorgente da applicare all’ordine del sacro e della natura.
Come se la nostra mente per proiezione del nostro cervello fisico, materiale , biochimico, potesse proiettare l’astrazione e da questa daccapo ridiscendere nel fenomenico e trovare la soluzione di senso, persino predirla, prevedere temporalmente l’apparizione, trasformazione e sparizione.
Il filosofo quindi doveva essere un matematico ,poi diventerà un logico. La logica è il ponte fra la matematica e la proposizione; è il metalinguaggio che permette di trattare la parola matematicamente, o almeno il tentativo più o meno riuscito. I simboli matematici vengono applicati alle proposizioni e viceversa.
Il fondamentale e formidabile strumento linguistico che dà segni, significati, simboli, sensi, del logico-matematico è quindi plastico e malleabile in sé e quindi può astrarsi, sollevarsi dal mondo e bastare a sé.
Ma l’astrazione ha necessità del confronto con l’esperienza del mondo, del vissuto, del rapporto e relazione con il fenomenico e quì che nasce la vera dialettica fra logica ed esperienza, fra astrazione e storia, fra concetto e percezione.

Dialettico poiché è la priorità che definisce il rapporto gerarchico: se è l’astrazione logico matematica che definisce il modello con il dominio e la funzione interpretativa per leggere il mondo, oppure è l’esperienza che di volta in volta decide dello strumento di lettura logico-matematico, quale teorema applicativo utilizzare per definire e dimostrare. Deduzione e induzione, abduzione, intuizione, sono le dinamiche che corrono nel processo del pensiero, fra esperienza e concetto in quella funzione interpretativa e che costruiscono il modello rappresentativo a cui si confà “una” realtà, ma che non è mai la verità definitiva. Sono i tempi delle culture a decidere i modelli del giudizio, la realtà da sottoporre al vero o falso, dal giusto e dallo sbagliato, applicando quell’astrazione all’esperienza, il logico matematico al fenomenico.
L’astrazione e l’esperienza in un interno permearsi, si scambiano conoscenza e coscienza, storia e interpretazione, in un continuo tentativo di dare un senso innanzitutto alla propria nostra esistenza , dove l’esperienza è la verifica dell’astrazione e l’ astrazione è la domanda di senso che richiede al dominio dell’esperienza.

Il mio giudizio, il mio modo di verificare la giustezza di quella dialettica fra astrazione logico matematica e storia esperienza è se si confanno alla libertà ,all’amore, alla vita e alla morte, alla felicità, perché quello per me è il senso. Diversamente io divento “cosa”, solo fenomenico, elucubrazione di un’ astrazione, schiavo di una mente cervello identificata in realtà aliena a me, che mi mortifica, che inquieta il desiderio di vita, cioè quella stessa nascita dell’astrazione che venne al mondo nel momento in cui nacqui con un cervello analogico al mondo e con una mente che poteva leggerne i significati.


Buon Natale
paul11 is offline  
Vecchio 19-12-2014, 19.52.02   #132
maral
Moderatore
 
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Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Garbino, concordo con le tue precisazioni, anche se non so se "il processo logico o se vogliamo la possibilità di svilupparlo fa parte del nostro codice genetico", non credo che siano stati ancora identificati i geni che presiedono al processo logico che peraltro presenta una consequenzialità di metodo che può essere formalizzata in linea di principio in modo puramente algoritmico, senza richiedere alcuna coscienza per funzionare, basta fornire un input per ottenere un output coerente. La logica e in particolare la matematica potrebbe in altre parole essere una sorta di universale che noi riproduciamo inconsciamente facendone esperienza mentale.
Effettivamente l'oggetto fenomenologico può apparire ambiguo, basti pensare alla visione non frontale degli oggetti. o alla penombra oppure come ci appaiono le cose velate di mistero in certe giornate di nebbia. E' a fronte di questa ambiguità che si sviluppa il dubbio logico sul quale il ragionamento logico si adopera per superarlo e stabilire una de-finizione univoca, perfettamente controllabile secondo il principio di identità e del terzo escluso.
Possiamo comunque sempre considerare l'ambiguità e il dubbio come enti di per se stessi fenomenologicamente evidenti, tali da implicare un superamento, un'ulteriorità.
Sarebbe interessante approfondire la fenomenologia del dubbio, chissà se esiste una letteratura in merito.

Ultima modifica di maral : 19-12-2014 alle ore 20.20.20.
maral is offline  

 



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