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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 28-10-2014, 18.04.30   #31
sgiombo
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Come mi suggerisci trasferisco dall' altra discussione "che cose significano le parole"


Maral:
Sgiombo il tempo è una conseguenza che deriva dal pensare il mutamento come esistente e non puoi tirare in ballo la conseguenza (coniugazione temporale del verbo essere) del mutamento per giustificare il mutamento!
E' illogico. Se non c'è il mutamento non può esserci coniugazione temporale del verbo essere, perché non c'è il tempo.

Sgiombo:
Ma infatti il mutamento non ha alcun bisogno di essere giustificato: il mutamento accade, è reale.
Se ieri alle ore 22, 21 minuti primi e 39 secondi non avessi pensato, creduto che io, che allora stavo facendo tutt’ altro, che allora non potevo leggerlo avendo il computer spento, oggi l’ avrei letto (quindi sarei mutato da "Sgiombo che faceva tutt’ altro" a "Sgiombo che legge questo tuo intervento nella discussione") perché mai l’ avresti inviato?
Se non ci fosse mutamento (da potenziali lettori a lettori attuali) non vedo a cosa servirebbe intervenire nelle discussioni del forum.
E per descriverlo bisogna usare i verbi nei diversi tempi previsti dalla grammatica (cosa che non ho ovviamente potuto astenermi dal fare anche stavolta, più sopra).
Poiché c’è mutamento c’ è tempo, e allora può (e talora, per certi scopi deve) esserci diversa coniugazione temporale dei verbi, al passato, al presente e al futuro.



Maral:
Dire che A diventa B (quindi non A) significa dire che esiste (fin da adesso) davvero un momento in cui A è B, ossia un momento in cui davvero questo A è non A, significa dire che questo A deve diventare nulla per essere B. Il mutamento non è dire che A è A e B è B, ma il contrario, ossia che A è B pur rimanendo A, significa dire che c'è fin da ora realmente un momento in cui questa mela acerba è mela matura pur essendo la stessa mela che è.
Ossia dire che se e solo se (A→A)→(A→B) ove B è non A.
Come saprai Aristotele tentò di risolvere metafisicamente questo paradosso logico distinguendo tra attributi sostanziali e accidentali nello stesso ente, ove gli attributi sostanziali consentono di identificare la mela che permane, mentre quelli accidentali possono variare senza cambiare l'identità, il suo essere mela Ma quali sono gli attributi sostanziali che definiscono l'essere mela sempre? Non possono che essere un concetto astratto e sempre discutibile, mentre se tutto della mela cambia, questa mela di fatto non esiste pur avendocela noi sotto gli occhi, in quanto c'è un momento in cui questa mela non è più questa mela, pur essendo sempre questa mela quindi in cui questa mela è la sua contraddizione.

Sgiombo:
Dire che A diventa B (quindi non A) non significa dire che esiste (fin da adesso) davvero un momento in cui A è B, bensì che A è A e non B e viceversa e inoltre che c’ è un lasso di tempo in cui esiste o meglio accade A (che é A e non B) e un diverso lasso di tempo in cui esiste o meglio accade B (che é B e non A).
Dire che la mela adesso che é matura é matura non è dire che la mela fin da quando è acerba è già matura, bensì che quando è acerba è acerba (e non matura), mentre quando è matura è matura (e non acerba).
Se tutto della mela cambia, questa mela di fatto esiste ora, allorché l’ abbiamo sotto gli occhi, ma non esisterà poi, allorché non l’ avremo più sotto gli occhi; se invece ne cambiano solo alcune caratteristiche, allora esisterà ancora (avremo ancora sotto gli occhi) parte delle caratteristiche della mela attuale, mentre altra parte non esisterà più (poiché il mutamento c’ è, è necessario usare i diversi tempi dei verbi, non ci vedo niente di male; altrimenti perché le grammatiche di tutte le lingue ne sono dotate?).



Maral:
Dire che il mutamento è un apparire diverso dello stesso ente è radicalmente diverso dal dire che è un essere diverso dello stesso ente, non un artificio dialettico, perché l'apparire diverso dello stesso ente è logicamente ammissibile se ammettiamo che l'ente non può mai apparire tutto quanto per ciò che interamente è, mentre è contraddizione dire che l'ente non può mai essere tutto quanto ciò che esso è, poiché l'ente è per forza tutto quanto ciò che esso è in ogni istante del suo apparire.

Sgiombo:
L’ ente è tutto ciò che l’ ente è (che sia apparenza o altro).
E l’ apparenza parziale dell’ ente (ammessa e non concessa da parte mia) è l’ apparenza parziale dell’ ente.
Queste sono tautologie (non ci dicono nulla su cosa c' è e cosa non c' è, quali enti sono reali e quali non lo sono).
Ma gli enti mutano, che appaiano in toto o meno: posso guardare la mela di cui sopra sempre e solo da un lato (per esempio da nord) e mai dagli altri, in primavera, in estate e in autunno), ma vedrò prima (quel lato di) una mela acerba, poi (quello stesso lato di) una mela matura, poi (quello stesso lato di) una mela marcia.
Mentre in primavera posso guardarla da qualsiasi direzione e vedrò sempre (una prospettiva ogni volta diversa di) una mela acerba.



Maral:
Accadere realmente significa qui solo accadere fenomenologicamente senza presumere che il fenomenologicamente equivalga in tutto e per tutto a un realmente, poiché questo può solo venire postulato.

Sgiombo:
Perché l’accadere fenomenologicamente, se realmente accade, non è forse un fatto reale?
Tutto ciò che possiamo costatare è apparenza, ovvero fenomeno, ovvero sensazioni (materiali o mentali; comprese, fra queste ultime, quelle dei predicati circa le sensazioni; e anche circa eventuali altre cose in sé diverse dalle sensazioni, e dunque non constatabili; né dimostrabili); e in quanto tale, se e quando lo constatiamo è reale; oltre alle sensazioni possiamo congetturare che esista anche altro di reale, ma senza poterlo dimostrare (e pretendere di verificarlo empiricamente, percepirlo, esperirlo, constatarlo sarebbe autocontraddirsi "in maniera spettacolarissima").



Maral:
Ma è così semplice: essere come tale è letteralmente essere quello che si è, è la tautologia sempre valida A=A, questa mela è questa mela nella sua totale interezza. Poi solo la fenomenologia può mostrarci il cosa questa mela è, ma non può mai mostrarcela nella sua totalità. Solo un pezzetto per volta.
Lo Sgiombo vecchio di adesso non è lo Sgiombo bambino di mezzo secolo fa (non c'é nemmeno una sola tua cellula che sia rimasta la stessa, non c'è forse nemmeno un ricordo o un aspettativa che sia rimato lo stesso, ma anche se fosse cambiata una sola cellula non può essere lo stesso), solo che lo Sgiombo vecchio di adesso ha la qualità di avere nella memoria un qualcosa che identifica come Sgiombo bambino di mezzo secolo fa e che fa parte di quello che lo Sgiombo di adesso identifica come la sua attuale perdurante identità che quindi gli appare (a quello di adesso) invecchiata.

Sgiombo:
Vedi quanto appena obiettato poco più sopra: l’ interezza o parzialità delle percezioni degli oggetti non ha nulla a che vedere con il loro mutare o (per assurdo, ammesso e non concesso) meno.
(Anche se molte cose di me bambino sono in gran parte immutate nel mio corpo attuale: per esempio le successioni dei tipi di aminoacidi -non gli aminoacidi- delle mie proteine, le strutture proteiche e lipoproteiche di molte membrane e degli organuli di molte mie cellule, in particolare cerebrali; non le molecole lipoproteiche e proteiche di cui erano e sono costituiti: "il muro", non "i mattoni") Purtroppo la mia identità non solo mi appare ma anche è invecchiata (sarei pazzo, o per lo meno ridicolo, se credessi di sembrare vecchio mentre realmente sono esattamente, integralmente -e non solo parzialmente- lo stesso che in gioventù).
Pretendere di sembrare vecchi ma essere realmente giovani, alla mia età, sarebbe una patente dimostrazione di volontà di potenza (o delirio di onnipotenza).



Maral:
Sì, diciamo allora che il nostro conoscere esprime ciò che tratteniamo presso di noi, magari anche senza volerlo.

Sgiombo:
In un certo senso, nella nostra memoria; ma non sono gli enti (Renzi, ecc. in carne e ossa: meno male!) bensì i concetti, le nozioni degli enti (il -ripugnante- ricordo, la –desolante- nozione di Renzi, ecc.).



Maral:
E qui è l'errore fondamentale, non è assolutamente vero che la tautologia non esprime niente, la tautologia esprime la verità ontologica assoluta, il niente è espresso invece dalla contraddizione della tautologia (come è appunto il divenire), non dalla tautologia.

Sgiombo:
Non sono d’ accordo!
Penso tutto il contrario: se dico che una mela è una mela non do nessuna informazione sul mondo reale a nessuno: potrebbero esserci qui davanti a me un milione di mele o nessuna mela, cosa che comunque ignorerei e che non comunicherei a nessuno.
E nemmeno la contraddizione dice nulla perché dire qualcosa che è non è (per esempio che una mela non è una mela) non significa nulla: è un mero flatus vocis, come potrebbe essere “trallalerollerollà”.

Ultima modifica di sgiombo : 28-10-2014 alle ore 21.00.42.
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Vecchio 28-10-2014, 19.38.21   #32
jeangene
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Scusate se mi intrometto, ma questi A=A, B=B, C=C, A<>C... non presuppongono forse una pluralità? Una pluralità che però risulta evidente solamente a livello fenomenologico. "Là fuori", nell' "in sè" potrebbe "esserci" pluralità come indistinta totalità (in quest' ultimo caso si potrebbe al massimo parlare di totalità=totalità).


Ultima modifica di jeangene : 29-10-2014 alle ore 08.30.21.
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Vecchio 28-10-2014, 20.49.24   #33
SinceroPan
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana



sui tuoi link..

Complotto Globale : io ne ero abbastanza convinto già prima del 2011.. ora ne sono certo dopo il 2011.. perchè in quella primavera dissi : i mercati crolleranno.. l'Italia sarà al centro dell'attacco.. Berlusca sarà cacciato.. Monti sarà presidente del consiglio.. Draghi sarà il nuovo capo della Bce.. l'Italia ristrutturata al ribasso..
troppe coincidenze x esser solo coincidenze..

Guenon ed Il regno delle Quantità.. l'ho letto x 3/4.. bello.. fa parte della letteratura della Decadenza dell'Occidente di Spengler.. personalmente lo ritengo Allegorico (da non leggere letteralmente).. in una logica di lungo periodo ha intuizioni che mi convincono abbastanza.. la Solidificazione (Riduzione Quantitativa/Materialista) del Mondo per me è quella che Severino (a cui è dedicata questa discussione) chiamerebbe il Dominio della Tecnica (e del Capitalismo che Globalizza aggiungo io)..sia Guenon sia Severino (e pure io) ritengono questo processo Inevitabile (un Destino della Necessità)..
la differenza è che G. crede nella Realtà del Tempo e lo crede Ciclico cioè dopo il Collasso Finale (zero qualità = 100% quantità) si riparte con tanta Qualità/Spiritualità (se non ricordo male lui la chiama la Gerusalemme).. e così via Ciclo dopo Ciclo all'OO un Sali e Scendi.. forse simile all'Eterno Ritorno dell'Uguale di Nietzsche che a sua volta si rifà a miti millenari dell'Oriente e non solo... invece S. crede che il Tempo sia Illusorio e OO ma Non Ciclico..cioè S. crede che Ogni Singola Cosa Esista Eternamente.. inoltre S. sostituisce la Gerusalemme di G. con il Tramonto del Nichilismo e l'Apparizione della Gloria (una specie di Consapevolezza dell'Eternità di Tutto di stampo Panteistico)..
.

PS: cmq.. ad esser sinceri con noi stessi.. se fossimo nati nel medio evo a spaccarci la schiena con la terra e le bastonate del feudatario di turno.. forse scambieremmo volentieri la moderna quantità abbondante (magari pure grigia ed insensata alla Kafka) con la spiritualità degli evi di mezzo a fronte di una pancia vuota e della servitù della gleba.. probabilmente non avremmo avuto nè il tempo nè la possibilità di gingillarci con questi sottili pensieri filosofici..
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Vecchio 29-10-2014, 12.24.37   #34
acquario69
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

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Originalmente inviato da SinceroPan
probabilmente non avremmo avuto nè il tempo nè la possibilità di gingillarci con questi sottili pensieri filosofici..

sono d'accordo! e secondo me in quelle epoche li,non gli sarebbe venuto nemmeno in mente di porsi una domanda del genere,probabilmente perché non ne avrebbero sentito manco il bisogno..infatti siamo noi che ci gingilliamo.. loro si accontentavano di vivere,al contrario succede (sempre per noi) che in questo modo lo abbiamo paradossalmente dimenticato.
prendi a questo proposito proprio il tempo …per noi sembra che non ce ne mai abbastanza e in verita ci sfugge continuamente (così come ci sfugge vivere)..per loro il tempo era una cosa sola con la vita,quindi lo VIVEVANO il tempo.

Citazione:
cmq.. ad esser sinceri con noi stessi.. se fossimo nati nel medio evo a spaccarci la schiena con la terra e le bastonate del feudatario di turno.. forse scambieremmo volentieri la moderna quantità abbondante (magari pure grigia ed insensata alla Kafka) con la spiritualità degli evi di mezzo a fronte di una pancia vuota e della servitù della gleba..

pero mi chiedo pure quanto possa ancora durare questa abbondanza quantitativa,fino a quando la terra potrà ancora resistere,e se un giorno diventerà un posto arido e ben poco ospitale per poterci vivere sopra…e mi sembra che si sta facendo il possibile per arrivarci.

per contro l'idea stessa che abbiamo del medioevo (preso qui in esame) sembra ricordarci solo negatività,buio e superstizione ecc..
pero ci si dimentica tra l'altro che vi sia stata progressivamente un denigrazione intenzionale e un interesse a far credere solo questo,così che oggi riteniamo che il nostro,a partire da un certo momento in poi sia stato un "progresso" mentre loro vivevano nelle barbarie e se si va a vedere bene,oltre le apparenze direi che e' il contrario..come probabilmente diventa ogni giorno sempre più evidente per tutti…ma già il medioevo risulta un epoca molto più vicina a noi di quanto magari ve ne sono state altre succedute molto prima,e così diverse da risultare secondo la nostra storiografia già non classificabili,ma direi di più dicendo addirittura non immaginabili,proprio in virtù di una facoltà a noi scomparsa..inoltre come se appunto sia l'uomo moderno a decidere quando sia cominciata e a decidere che esista una "storia" di per se…e quello che viene prima come se non esistesse o peggio eravamo solo scimmie,sempre e Solo secondo la teoria darvinista….piu in generale e da un altro punto di vista e' quello che succede quando sono i "vincitori" a scriverla,di modo che tutti i fatti vengono riportati solo per denigrare e falsificare


daltra parte….non voglio manco negare che vi siano state cose meno gratificanti ma ritengo pure che la descrizione che si usa darne faccia già parte di un periodo in cui sia avvenuto una cambiamento di mentalità tale che per noi ad esempio risulta sempre più inconcepibile una realtà che non sia comprensibile se non solo attraverso la ragione o quello che coincide di più coi nostri sensi,che sia percio "dimostrabile" ..escludendo percio tutto cio che non vi rientra mettendo a confronto le cose da un solo ed unico parametro di riferimento

per rientrare in ambito della discussione
il libro di flatlandia,che mi e' venuto in mente di citare secondo me vi si possono trovare spunti molto interessanti sul tema
acquario69 is offline  
Vecchio 29-10-2014, 12.57.51   #35
maral
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Originalmente inviato da SinceroPan
PS: cmq.. ad esser sinceri con noi stessi.. se fossimo nati nel medio evo a spaccarci la schiena con la terra e le bastonate del feudatario di turno.. forse scambieremmo volentieri la moderna quantità abbondante (magari pure grigia ed insensata alla Kafka) con la spiritualità degli evi di mezzo a fronte di una pancia vuota e della servitù della gleba.. probabilmente non avremmo avuto nè il tempo nè la possibilità di gingillarci con questi sottili pensieri filosofici..
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Mica vero, nel medioevo ci si è gingillati con i pensieri filosofici (basti pensare quanto sia stata aspramente dibattuta la questione del nominalismo) quanto e più di noi e sono state prodotte una filosofia e una teologia di tutto rispetto, forse la differenza era solo che nessuno allora si sognava di considerare il filosofare inutile, come oggi accade nel mondo dell'ignoranza che serve molto più della cultura a fare profitto.
Quanto al servo della gleba di sicuro faticava molto più di noi, ma aveva anche molto più tempo a sua disposizione rispetto al dipendente di oggi (molto più dipendente in tutti i sensi) e paradossalmente anche più garanzie: non rischiava ad esempio di morire di miseria come un disoccupato attuale per il quale appare normale oggi pensare che in nome del profitto può tranquillamente venire sacrificato.
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Vecchio 29-10-2014, 19.12.43   #36
SinceroPan
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Originalmente inviato da acquario69
pero mi chiedo pure quanto possa ancora durare questa abbondanza quantitativa,fino a quando la terra potrà ancora resistere,e se un giorno diventerà un posto arido e ben poco ospitale per poterci vivere sopra…e mi sembra che si sta facendo il possibile per arrivarci.


concordo : l'espansione della forma moderna della volontà di potenza sotto le forme della tecnica e del capitalismo porta ad uno sfruttamento della terra che, con l'emersione del ceto medio della Cina&friends è incompatibile con le Risorse Razionate Non Rinnovabili.. il Club di Roma (citato da Severino nel suo libro "La tendenza fondamentale del nostro Tempo" che mi ricorda tanto "Il regno della quantità e i segni dei Tempi" di Guenon) ipotizzava che in un momento incalcolabile del secolo 21° (che per loro era il successivo xrchè lo scrivevano a metà anni 70 in piena crisi petrolifera e geopolitica) ci sarebbe stato un crollo rapido del capitalismo mondiale.. mentre stiamo scrivendo gli Usa con la Nuova Tecnologia Mineraria hanno scoperto altri 100 anni di Oil&Gas a prezzi dimezzati ma ad alto consumo di sotto-suolo frantumato e rischi elevati per la popolazione xrchè i microbacini sono vicini ai centri abitati.. io credo che la Tecnologia potrà (ammesso e non concesso che il suo potere sia Illusorio come dice Severino) solo allungare il brodo cioè rinviare un pò... personalmente prima della distruzione Fisica della Terra vedo altri due scenari di Lungo Termine : o Guerra Economica molto ma molto più dura di quella odierna x spartirsi gli Input necessari al capitalismo.. oppure Guerra Armata..
.
in termini filosofici credo che l' inquetudine meta-fisica delle masse (espressione di Ernest Junger da cui molto copiò Heidegger) un tempo trovava Sfogo/Cura nella Religiosità/MetaFisica dell'Al di Là per le Masse.. poi nel 900 in Occidente con la Secolarizzazione ha trovato parziale com-pensazione dell'Al di Qua della Tecnica e del Capitalismo.. ora il mio cruccio è : ma se Tecnica e Capitalismo sono Destinate ad Implodere E d'altra parte Non c'è più la Valvola della Religiosità.. DOVE si SFOGHERA' l'ANGST.. il mio timore l'hai già capito : nel Lungo T. sarà GUERRA o Eco o Armata..
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Vecchio 29-10-2014, 19.28.55   #37
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Originalmente inviato da maral
...

medioevo ha prodotto filosofia altissima ma erano elite..
noi saremmo stati al 99,9% servi della gleba analfabeti (che non sono ricordati individualmente a differenza di quelli della scolastica) soggetti al ius primae noctis ed ad altro molto peggio.. Materialmente (PER ORA) anche il 20% della popolazione occidentale sotto il livello della povertà stà meno peggio del 90% dei medioevali.. anche se entrambe le categorie non verranno individualmente ricordate..
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Vecchio 30-10-2014, 12.35.27   #38
maral
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Originalmente inviato da sgiombo
Sgiombo:
Non sono d’ accordo.
Secondo me (per come intendo le tesi di Varzi) il quadridimensionalista...
Secondo Varzi (riassumo dal testo) per il quadridimensionalista Alfa (che contiene tra le sue parti il frammento) e Alf* (che non lo contiene) sono 2 oggetti distinti di estensione temporale identica, ma la cui estensione spaziale coincide solo fino allo stacco del frammento (fino a quel momento Alf* è infatti solo una parte di Alfa). L’oggetto che alla sera è sul tavolo di Lara può comunque essere considerato un unico oggetto che è parte temporale sia di Alfa che di Alf* (e di tutti gli occorrenti temporali intermedi).
Secondo me invece Alfa e Alf* (e ogni altro occorrente intermedio) sono parti di un unico oggetto che li contiene tutti, che chiamiamo anfora e che vengono via via ad apparire in reciproca relazione di appartenenza, esclusione ecc. proprio come un libro è fatto di tante parole, pagine, capitoli che vengono via via ad apparire mano a mano che le leggiamo.

Citazione:
A quale altra mai realtà se non quella “esperienziale” possiamo riferirci per stabilire l’ adeguatezza o meno di una metafisica?
Il punto è che la realtà esperenziale non è mai pura, ossia necessita di un quadro di riferimento pre esistente per essere intesa e questo quadro pre esistente è metafisico, ma non può essere valutato esperenzialmente, proprio perché è ciò che dà significato alle esperienze con cui lo dovremmo valutare.
Nel libro di Varzi non trovo che ci si appelli alla realtà esperenziale per valutare pregi e limiti delle metafisiche a rifletterli per quello che sono, ma principalmente per vedere come la realtà esperenziale appare alla luce di diversi postulati metafisici per capirne gli effetti e valutarne le difficoltà logiche.

Citazione:
Il quadridimensionalista considera costituente degli enti anche la loro estensione spaziale; ma questa è limitata, ha un inizio e una fine, oltre i quali non si estende temporalmente ciascun ente (analogamente al fatto che non si estende oltre certi limiti spaziali), ma invece esistono enti diversi dai quali e nei quali ciascun ente trapassa (e proprio la problematicità di questi trapassi, che non sono istantanei ma di durata finita secondo me rende più adeguato (o come minimo meno problematico) il considerare la realtà costituita da eventi anziché da enti...
In merito al limite dell’estensione spaziale di un ente il discorso è diverso a seconda dell’impianto metafisico di riferimento. Se ad esempio consideriamo un ente proprio in termini di evento relazionale, il limite spaziale non ha senso, è come chiedersi quali sono i confini spaziali di un’onda, mentre ha senso se lo consideriamo come un fenomeno oggettuale.


Citazione:
Il fatto (sia pure ipotetico se vogliamo momentaneamente sospendere il giudizio sulla sua realtà; ammesso e non concesso) del divenire non nega il Principio di Non Contraddizione per cui A (l'anfora al mattino in negozio)= A (l'anfora al mattino in negozio) e non C (l’ anfora al mattino a casa di Lara); e inoltre B (l’ anfora alla sera in casa di Lara) = B (l’ anfora alla sera in casa di Lara) e non D (l'anfora alla sera in negozio) considerando A (che é reale), B ( che é reale), C (che non é reale), D (che non é reale) integralmente in tutti i loro attributi che li definiscono nei minimi particolari .
Sì ma così dicendo mi dici che A=A, B=B, C=C, D=D e che C e D non si mostrano fenomenologicamente veri e sono d’accordo, il pnc non è negato anche trascurando che C e D non sono fenomenologicamente veri, ma per dire che A diventa B devi dire che c’è di sicuro un momento in cui l’anfora al mattino in negozio (A) è proprio la stessa cosa dell’anfora alla sera in casa di Lara (B), ossia che è certamente possibile A=B ed è questo a contraddire il principio di identità (A e B sono diversi, ma li consideri la stessa anfora). L’espressione di Eraclito non è retorica, mostra esattamente (quasi 3 millenni or sono) l’ontologia sicuramente e inevitabilmente contraddittoria del divenire (l’essere e il non essere della stessa cosa).

Citazione:
Ma i sensi non possono nemmeno esperire l’ esistenza di qualcosa che esiste ma non si vede.
Infatti i sensi (con la collaborazione della memoria) esperiscono benissimo il non essere più dell’ apparire di qualcosa (apparire che non si vede e non esiste, poiché la sua esistenza si identifica e si esaurisce nel suo apparire)...
semplicemente Vedo che non c'è più, ossia mi accorgo che non c'è più, colgo il suo non esserci più, la sua assenza... Ma i sensi possono esperire, oltre alla mancanza di qualcosa che ricordiamo come esperito, pure la mancanza di qualcosa che sentivamo che dovesse presentarsi e non si presenta. In generale i sensi esperiscono sia la presenza che la mancanza in rapporto a una memoria o a un'aspettativa (e in fondo la memoria è ancora un'aspettativa di un ritorno), mancanza che è una non presenza, un non esserci, un non apparire, un non sopraggiungere di ciò che è atteso.
maral is offline  
Vecchio 30-10-2014, 13.14.59   #39
maral
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Citazione:
Sgiombo:
Ma infatti il mutamento non ha alcun bisogno di essere giustificato: il mutamento accade, è reale...
Il mutamento appare realmente, ma apparendo mostra la sua contraddizione ed è questa che va spiegata (non negata).
Noi esistiamo nel mondo dell’apparire, proprio perché appariamo a noi stessi e secondo le regole di questo apparire, questo è vero. Ma è diverso voler dare realtà ontologica a questo apparire, perché questa realtà ontologica contraddice la logica dell’identità. Beninteso, ce ne può sempre fregare della logica dell’identità, ma questo renderebbe insensato qualsiasi discorso.

Citazione:
Sgiombo:
Dire che la mela adesso che é matura é matura non è dire che la mela fin da quando è acerba è già matura, bensì che quando è acerba è acerba (e non matura), mentre quando è matura è matura (e non acerba).
Se tutto della mela cambia, questa mela di fatto esiste ora, allorché l’ abbiamo sotto gli occhi, ma non esisterà poi, allorché non l’ avremo più sotto gli occhi; se invece ne cambiano solo alcune caratteristiche, allora esisterà ancora (avremo ancora sotto gli occhi) parte delle caratteristiche della mela attuale, mentre altra parte non esisterà più
Ma allora come fai a dire che la questa mela acerba è maturata se A=A e B=B? La mela acerba è mela acerba, non può mai essere mela matura che è mela matura. Come fai a credere logicamente che la mela acerba e la mela matura sono la stessa mela? Una è acerba e l’altra è matura non possono diventare la stessa cosa (ossia non ci potrà mai essere un tempo o un luogo in cui la mela acerba è la mela matura, se non voglio contraddirmi!)
Citazione:
(poiché il mutamento c’ è, è necessario usare i diversi tempi dei verbi, non ci vedo niente di male; altrimenti perché le grammatiche di tutte le lingue ne sono dotate?)
Perché le lingue parlano dell'apparire e non dell'essere, non possono fare altro. Il passato e il futuro sono dimensioni dell'apparire e i tempi mostrano appunto il sopraggiungere e l'oltrepassare degli enti nei cerchi dell'apparire e non dell'essere

Citazione:
Sgiombo:
L’ ente è tutto ciò che l’ ente è (che sia apparenza o altro).
E l’ apparenza parziale dell’ ente (ammessa e non concessa da parte mia) è l’ apparenza parziale dell’ ente.
Queste sono tautologie (non ci dicono nulla su cosa c' è e cosa non c' è, quali enti sono reali e quali non lo sono).
La tautologia dice ciò che è senza contraddizione e presentano implicazioni che vanno svelate perché spesso non sono implicazioni indifferenti. Se come dici l’apparenza parziale dell’ente è apparenza parziale dell’ente questo significa che essa non potrà mai essere mostrata come totalità dell’ente, cosa che invece volentieri e costantemente accade.

Citazione:
Sgiombo:
Perché l’accadere fenomenologicamente, se realmente accade, non è forse un fatto reale?
Non ho detto che non è un fatto reale, lo è sicuramente!, ho detto che non basta da solo a esaurire il reale. Non basta ciò che appare, che si mostra e si rappresenta a dire che il reale è tutto lì. Insieme a questo essere per noi c’è pur sempre necessariamente un essere in sé che non è nulla.



Citazione:
Sgiombo:
l’ interezza o parzialità delle percezioni degli oggetti non ha nulla a che vedere con il loro mutare o (per assurdo, ammesso e non concesso) meno.
Solo della parzialità può apparire il mutare
Citazione:
(Anche se molte cose di me bambino sono in gran parte immutate nel mio corpo attuale: per esempio le successioni dei tipi di aminoacidi -non gli aminoacidi- delle mie proteine, le strutture proteiche e lipoproteiche di molte membrane e degli organuli di molte mie cellule, in particolare cerebrali; non le molecole lipoproteiche e proteiche di cui erano e sono costituiti: "il muro", non "i mattoni") Purtroppo la mia identità non solo mi appare ma anche è invecchiata (sarei pazzo, o per lo meno ridicolo, se credessi di sembrare vecchio mentre realmente sono esattamente, integralmente -e non solo parzialmente- lo stesso che in gioventù).
Pretendere di sembrare vecchi ma essere realmente giovani, alla mia età, sarebbe una patente dimostrazione di volontà di potenza (o delirio di onnipotenza).
No, anche quei mattoni sono altri, non sono gli stessi (se non in senso del tutto astratto, come dire che tutti i mattoni sono parallelepipedi). Tu sei lo Sgiombo vecchio di adesso che non è in alcun modo lo Sgiombo bambino di allora, ma ha nella memoria l’immagine di uno Sgiombo bambino che attribuisce come tale (e non come memoria a se stesso) e pure questa memoria cambia. L’ente che in ogni istante appare è esattamente se stesso, ma non è lo stesso ente dell’istante precedente o successivo, resta sempre identico a se stesso, è un altro che appare, a meno di non considerare che l’ente è la sua stessa storia fin dall’inizio che via via mostra nei suoi aspetti la sua completa identità ontologica, un po’ per volta. Hai presente la storia della nave di Teseo? Si dice che essa sia stata conservata ad Atene per secoli sostituendo le assi che andavano usurandosi con nuove assi identiche. Ma alla fine come possiamo dire che la nave di Teseo fosse sempre quella?

Citazione:
Sgiombo:
se dico che una mela è una mela non do nessuna informazione sul mondo reale a nessuno: potrebbero esserci qui davanti a me un milione di mele o nessuna mela, cosa che comunque ignorerei e che non comunicherei a nessuno.
E cos’è una mela se non esattamente la mela che è? Diverso è dire per informare che cosa significa essere quella mela che è la mela che è e questo è un problema metafisico a cui ogni metafisica presenta (lascia apparire) risposte diverse. E la totalità delle risposte aventi senso (che va chiarito) sono esattamente la mela che è. Le tautologie esprimono quindi l’ontologia della mela che implica una specifica problematica metafisica che ne consente la fenomenologia.
maral is offline  
Vecchio 30-10-2014, 13.26.59   #40
maral
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Citazione:
Originalmente inviato da acquario69
Con molta pazienza, la Sfera spiega che non vi è nulla di strano: essa costituisce un numero infinito di cerchi, che variano di dimensione da un punto sovrapposto all’altro. Pertanto, quando passa attraverso la realtà bidimensionale di Flatlandia, la sfera risulta dapprima invisibile a un abitante di quel paese, poi — quando tocca il piano di Flatlandia — compare come un punto, andando avanti acquisisce l’aspetto di un cerchio, che cresce costantemente di diametro, finché non comincia a diminuire e infine scompare di nuovo. Ciò spiega anche il fatto sorprendente che la sfera sia riuscita a entrare nella casa bidimensionale del Quadrato nonostante le porte sbarrate. Naturalmente, la sfera è entrata semplicemente dall’alto, ma quest’idea è così estranea alla realtà del Quadrato ch’egli non riesce a penetrarla. E quindi si rifiuta di crederla.
Infine la Sfera non vede altra soluzione che quella di riprodurre nel Quadrato quella che oggi chiameremmo un’esperienza trascendentale.
Esattamente, le cose per apparire come ciò che sono richiedono tempo, ossia un diverso apparire sempre parziale e sempre un poco per volta. O magari un'esperienza trascendentale in cui però rischiamo di perderci per sempre.

PS si noti che ogni cerchio con cui la sfera appare al quadrato non è un ente diverso, ma è solo un modo diverso di apparire della stessa sfera, e dunque la sfera è quella storia di cerchi.
maral is offline  

 



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