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Vecchio 11-08-2014, 22.27.13   #1
Jacopus
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Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

In risposta al post https://www.riflessioni.it/forum/psic...tml#post247455 della discussione La mente che sabota..... presente nella sezione: Psicologia

Citazione:
Originalmente inviato da acquario69
noi siamo come un onda nell'oceano,che si vede separata,ma l'onda e' già l'oceano e quest'ultimo non ha nemmeno bisogno di chiedersi chi,cosa sia…

Trasferiamoci momentaneamente in campo filosofico. La tua affermazione mi fa pensare a due diverse definizioni dell'uomo nel mondo. Per semplificare e dare un pò di scenografia, le chiamerò con il nome di due divinità greche: Ananke e Athena. Fra loro due, sospinto anche dal caso, naviga Ulisse (ovvero tutti noi).
Se vediamo le cose dal punto di vista di Ananke, la necessità, siamo l'onda nell'oceano, inscindibile ed inscissa dall'oceano. Viviamo l'armonia del tutto, ma siamo anche soffocati da quell'armonia, incapaci di modificare il moto delle maree.
Se vediamo le cose dal punto di vista di Athena, allora per la prima volta scopriamo che possiamo modificare il moto delle onde, attraverso la razionalità sfruttiamo la forza della natura, che ora mi permette di scrivere su una tastiera.
Ma questo è stato possibile scindendo l'onda dall'oceano, facendo credere, a torto o a ragione, che il singolo poteva dimostrare all'oceano di essere sì una "canna al vento" ma una canna pensante.
Credo che sia un passaggio interessantissimo e difficile da maneggiare. Come conciliare la consapevolezza di far parte di un tutto e dei vantaggi che ciò comporta (in termini di empatia, di solidarietà, di condivisione) con la difesa del "logos", come scoperta dell'individuo che vuole conoscere sé stesso e affrontare l'oceano fino all'estremo sacrificio.
In fondo del resto le due posizioni non sono così distanti. L'individuo scisso, dotato del logos, eticamente affronta i dissidi della ragione per creare una società migliore e quindi per ritornare nel mondo delle relazioni dell'oceano.
Però una differenza c'è. Quell'oceano non è più lo stesso. Il logos, Athena, ha creato un nuovo tipo di oceano, dove l'antica armonia non ci sarà più. Abbiamo alzato le vele e siamo partiti. Solo la technè ci salverà dalla technè. Nella storia dell'uomo la freccia ha preso il posto del cerchio.
Quindi la domanda è come far convivere Athena ed Ananke. Come fare per far sentire Ulisse unico eppure simile a tutti gli altri Ulisse che gli vivono accanto?
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Vecchio 12-08-2014, 06.22.19   #2
acquario69
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Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
"noi siamo come un onda nell'oceano,che si vede separata,ma l'onda e' già l'oceano e quest'ultimo non ha nemmeno bisogno di chiedersi chi,cosa sia…"

Trasferiamoci momentaneamente in campo filosofico. La tua affermazione mi fa pensare a due diverse definizioni dell'uomo nel mondo. Per semplificare e dare un pò di scenografia, le chiamerò con il nome di due divinità greche: Ananke e Athena. Fra loro due, sospinto anche dal caso, naviga Ulisse (ovvero tutti noi).
Se vediamo le cose dal punto di vista di Ananke, la necessità, siamo l'onda nell'oceano, inscindibile ed inscissa dall'oceano. Viviamo l'armonia del tutto, ma siamo anche soffocati da quell'armonia, incapaci di modificare il moto delle maree.
Se vediamo le cose dal punto di vista di Athena, allora per la prima volta scopriamo che possiamo modificare il moto delle onde, attraverso la razionalità sfruttiamo la forza della natura, che ora mi permette di scrivere su una tastiera.
Ma questo è stato possibile scindendo l'onda dall'oceano, facendo credere, a torto o a ragione, che il singolo poteva dimostrare all'oceano di essere sì una "canna al vento" ma una canna pensante.
Credo che sia un passaggio interessantissimo e difficile da maneggiare. Come conciliare la consapevolezza di far parte di un tutto e dei vantaggi che ciò comporta (in termini di empatia, di solidarietà, di condivisione) con la difesa del "logos", come scoperta dell'individuo che vuole conoscere sé stesso e affrontare l'oceano fino all'estremo sacrificio.
In fondo del resto le due posizioni non sono così distanti. L'individuo scisso, dotato del logos, eticamente affronta i dissidi della ragione per creare una società migliore e quindi per ritornare nel mondo delle relazioni dell'oceano.
Però una differenza c'è. Quell'oceano non è più lo stesso. Il logos, Athena, ha creato un nuovo tipo di oceano, dove l'antica armonia non ci sarà più. Abbiamo alzato le vele e siamo partiti. Solo la technè ci salverà dalla technè. Nella storia dell'uomo la freccia ha preso il posto del cerchio.
Quindi la domanda è come far convivere Athena ed Ananke. Come fare per far sentire Ulisse unico eppure simile a tutti gli altri Ulisse che gli vivono accanto?

poni delle questioni a mio avviso davvero interessanti e so già che non sarà (per me) così semplice provare a rispondere,perché oltre a quelli che sono i miei limiti,(anche se a me interessa arrivare a capire,se ci riesco) poi hai aggiunto tanta carne al fuoco.. come del resto dici pure tu,il passaggio e' difficile da maneggiare,ma e' proprio per questo che e' interessante

forse questo passaggio,si può vederlo appunto come una fase di un percorso che per l'uomo diventa imprescindibile,dove non e' possibile fare altrimenti e arrivati a un certo punto si prospetterebbe davanti proprio tutta la questione che avresti esposto sopra…il momento esatto in cui si ha la consapevolezza di essere qualcosa di diverso da cio che si credeva poco prima (questa potrebbe essere una prima risposta,una sorta di anteprima,per approfondire meglio quello che può maturare in seguito)

magari la controversia (se così si può davvero definire) e magari il suo possibile fraintendimento risale al fatto che il principio unico,deve per forza ammettere la sua molteplicita per manifestarsi,allora questi sembrerebbero completamente autonomi e molto diversi tra loro,ma non sarebbero altro che il riflesso di quel principio unico,l'espressione delle sue stesse infinite "qualità e possibilità"
tutte le diverse divinità di tutte le antiche civiltà credo volessero dire proprio questo

la domanda finale del come far convivere athena ed ananke,forse (ma e' solo una mia interpretazione personale) risiederebbe solo nella capacita del singolo individuo,che ha superato questo passaggio…mi viene difficile pensare che possa diventare così per tutti…forse a quel punto sarebbe qualcos'altro a "decidere" o se sia un vero e proprio "destino" stesso per l'umanità…e qui penso si andrebbe decisamente oltre al solo ambito filosofico,in cui abbiamo momentaneamente trasferito la discussione…

Citazione:
Viviamo l'armonia del tutto, ma siamo anche soffocati da quell'armonia, incapaci di modificare il moto delle maree.

questo punto non mi sarebbe chiaro...ad esempio non riuscirei a intenderlo come "soffocati"…perché non potrebbe essere invece al contrario una "liberazione" ?
acquario69 is offline  
Vecchio 14-08-2014, 23.53.18   #3
Jacopus
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

"questo punto non mi sarebbe chiaro...ad esempio non riuscirei a intenderlo come "soffocati"…perché non potrebbe essere invece al contrario una "liberazione" ?"

Partendo dalla metafora dell'oceano abbiamo fatto una equazione abbastanza arbitraria. Individualismo=razionalità, Collettivismo=spiritualità. Arbitraria perché la razionalità può essere esercitata anche in forme collettive (basti pensare alla caccia) e la spiritualità in forme individuali (basti pensare alla preghiera interiore).
Nello stesso tempo l'equazione regge e appare a prima vista giustificata. Ciò che la rende vera è il fatto che la razionalità occidentale moderna si fonda anche sull'individualismo. Paradossalmente quell'individualismo che fonda la razionalità moderna è, a sua volta, fondato su una certa concezione della spiritualità e di Dio. Basta leggere a questo proposito "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo" di Weber.
Un altro indizio dello spostamento verso l'individualismo ci viene fornito dall'arte. Il passaggio dal romanico al gotico è esemplare: dalle facce tutte uguali degli angeli che cantano in coro ci si trasferisce in un mondo iconografico fatto di singoli soggetti, ognuno irripetibile ed unico, un individuo.
Questo passaggio è tuttavia un processo che si sviluppa ancor prima, con la filosofia greca, con la scoperta del logos, dell'argomentazione, della necessità di dimostrare ciò che si afferma, indipendentemente dalla tradizione.
Grossomodo il percorso è stato il seguente: Razionalità di gruppo fondata sulla tradizione a razionalità individuale fondata sulla dimostrazione, e con individuale qui si può intendere anche una minoranza "illuminata" che vuol trascendere lo stato di minorità dell'uomo imputabile a sé stesso.
Il problema odierno è che la razionalità ormai ha trasceso non solo la tradizione dei gruppi ma anche la razionalità "classica" galileiana. Essa necessariamente non ha tecnicamente limiti morali o etici. La ricerca per la ricerca oltrepassa l'umano. In questo senso credo che Razionalità scientifica odierna e spiritualità siano perlomeno molto distanti. Credo però, e ve ne sono molti esempi nel dibattito filosofico, che possano esservi altri tipi di razionalità che siano in grado di confrontarsi con la spiritualità.
Scusatemi se non sono stato abbastanza chiaro ma il tema in oggetto prende forma proprio mentre lo sto scrivendo e non ho il tempo per documentarmi in modo più approfondito.

Tornando alla domanda iniziale, credo che affidarsi all'oceano della spiritualità (a questo punto credo che sia più azzeccato Poseidon piuttosto che Ananke) possa essere non tanto una liberazione, quanto una percezione del proprio "stare nel mondo" più integrato, stavo per dire consolatorio. Condividere la stessa "uniforme" è un modo per rendere efficaci gli eserciti. L'uniformità, la condivisione che avviene in mille modi, anche sottili, è una liberazione perché ci si sente parte di qualcosa che aiuta o potrebbe aiutare. Non siamo più soli!
Ulisse invece ha sfidato il mare ed è rimasto solo e da lì comincia l'avventura e la storia umana. Non a caso la razionalità moderna è una razionalità occidentale. In oriente non sarebbe mai potuta realizzarsi, proprio per la visione della vita associata da "alveare", con i pro e contro che questo comporta.
La domanda che vi faccio è allora un'altra, come conciliare il positivo della razionalità occidentale, in termini di scoperta dell'individuo e di empowerment delle sue capacità, oltre che di un determinato approccio cognitivo, con il positivo della spiritualità orientale, in termini di integrazione e di pace sociale?
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Vecchio 15-08-2014, 14.59.46   #4
acquario69
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
"questo punto non mi sarebbe chiaro...ad esempio non riuscirei a intenderlo come "soffocati"…perché non potrebbe essere invece al contrario una "liberazione" ?"

Partendo dalla metafora dell'oceano abbiamo fatto una equazione abbastanza arbitraria. Individualismo=razionalità, Collettivismo=spiritualità. Arbitraria perché la razionalità può essere esercitata anche in forme collettive (basti pensare alla caccia) e la spiritualità in forme individuali (basti pensare alla preghiera interiore).
Nello stesso tempo l'equazione regge e appare a prima vista giustificata. Ciò che la rende vera è il fatto che la razionalità occidentale moderna si fonda anche sull'individualismo. Paradossalmente quell'individualismo che fonda la razionalità moderna è, a sua volta, fondato su una certa concezione della spiritualità e di Dio. Basta leggere a questo proposito "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo" di Weber.
Un altro indizio dello spostamento verso l'individualismo ci viene fornito dall'arte. Il passaggio dal romanico al gotico è esemplare: dalle facce tutte uguali degli angeli che cantano in coro ci si trasferisce in un mondo iconografico fatto di singoli soggetti, ognuno irripetibile ed unico, un individuo.
Questo passaggio è tuttavia un processo che si sviluppa ancor prima, con la filosofia greca, con la scoperta del logos, dell'argomentazione, della necessità di dimostrare ciò che si afferma, indipendentemente dalla tradizione.
Grossomodo il percorso è stato il seguente: Razionalità di gruppo fondata sulla tradizione a razionalità individuale fondata sulla dimostrazione, e con individuale qui si può intendere anche una minoranza "illuminata" che vuol trascendere lo stato di minorità dell'uomo imputabile a sé stesso.
Il problema odierno è che la razionalità ormai ha trasceso non solo la tradizione dei gruppi ma anche la razionalità "classica" galileiana. Essa necessariamente non ha tecnicamente limiti morali o etici. La ricerca per la ricerca oltrepassa l'umano. In questo senso credo che Razionalità scientifica odierna e spiritualità siano perlomeno molto distanti. Credo però, e ve ne sono molti esempi nel dibattito filosofico, che possano esservi altri tipi di razionalità che siano in grado di confrontarsi con la spiritualità.
Scusatemi se non sono stato abbastanza chiaro ma il tema in oggetto prende forma proprio mentre lo sto scrivendo e non ho il tempo per documentarmi in modo più approfondito.

Tornando alla domanda iniziale, credo che affidarsi all'oceano della spiritualità (a questo punto credo che sia più azzeccato Poseidon piuttosto che Ananke) possa essere non tanto una liberazione, quanto una percezione del proprio "stare nel mondo" più integrato, stavo per dire consolatorio. Condividere la stessa "uniforme" è un modo per rendere efficaci gli eserciti. L'uniformità, la condivisione che avviene in mille modi, anche sottili, è una liberazione perché ci si sente parte di qualcosa che aiuta o potrebbe aiutare. Non siamo più soli!
Ulisse invece ha sfidato il mare ed è rimasto solo e da lì comincia l'avventura e la storia umana. Non a caso la razionalità moderna è una razionalità occidentale. In oriente non sarebbe mai potuta realizzarsi, proprio per la visione della vita associata da "alveare", con i pro e contro che questo comporta.
La domanda che vi faccio è allora un'altra, come conciliare il positivo della razionalità occidentale, in termini di scoperta dell'individuo e di empowerment delle sue capacità, oltre che di un determinato approccio cognitivo, con il positivo della spiritualità orientale, in termini di integrazione e di pace sociale?

tieni presente che il titolo e' stato formulato,cercando di trovare un accordo possibile con quanto era stato detto prima,in un certo senso e' stato "inventato appositamente",senza partire pero da una sua "prima fonte originaria" (non so se sia chiaro quello che ho voluto intendere poc'anzi)
quindi certo diventa arbitraria l'equazione…individualismo = razionale,collettivismo = spirituale…ma io penso che non centrano niente proprio…se dovessi dire di mio,razionalità e spiritualità sono situati su due ordini differenti,il primo inferiore al secondo poiché e' quello che lo trascende ed e' in definitiva associato al sovrarazionale…
il primo sarebbe percio più strettamente connesso all'esistenza individuale umana e contingente,non so se sia pure corretto dire mentale o anche relativo, sta di fatto che e' proprio di quella "divisione" di cui implicitamente si sta trattando..il sovrarazionale invece riguarda l'assoluto,che non può avere divisione alcuna ed e' la fonte diretta e non mediata per la vera conoscenza
fatte queste premesse mi risulta percio difficile pensare che quell'atto "liberatorio" risulti un ulteriore stare al mondo in maniera "uniformante e consolatorio" per non sentirci più soli..non credo abbia niente a che vederci.
credo pure che quella che tu definisci razionalita occidentale sia in realtà appunto una deformazione,un anomalia che si sarebbe verificata da un certo momento in poi (infatti tu a un certo punto metti giustamente in ballo i greci) e da quel momento e' iniziato un percorso,partito appunto in occidente che mi sembra evidente di positivo non ha portato un granché,tante' vero che le risultanze "finali" sono quelle che riscontriamo oggi..proprio perché attraverso questa sua presunta "razionalità" si e' di fatto separato da cio di cui e' parte integrante…cioè si e' illuso di sentirsi come cosa a se stante e separata.
e finche questa continua ad essere la mentalità oggi imperante non potrà esserci alcuna integrazione e pace sociale,poiché quello che crea e' la distinzione soggettiva (e illusoria) del "io sono diverso da te"
acquario69 is offline  
Vecchio 18-08-2014, 22.50.14   #5
Jacopus
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

Perdonami Acquarius, ma tutto ciò che è gerarchizzato mi mette in una condizione di sospetto, così come i giudizi netti. Il pensiero occidentale è, a mio parere, un percorso intellettuale di vastissima portata non solo per gli effetti noti di "trasformazione" tecnica del mondo, con tutto ciò di negativo che ciò ha comportato ma perlomeno implica due concezioni sconosciute alle altre culture e significative:
1) la storia come processo ed evoluzione e non più come percorso che ciclicamente si ripete; Curiosamente questo percorso è sottolineato dal Vangelo, come evento che interrompe l'attesa del Messia e irrompe nel qui ed ora. Non è una grossa sorpresa del resto. Il Vangelo è un sofisticato messaggio di sintesi fra il pensiero ellenistico e quello asiatico.
2) la scoperta dell'individuo e la sua libertà, che si presuppone esista, come la interdipendenza fra gli individui. L'Hybris può condurre l'uomo verso la perdizione ma è anche prometeicamente ciò che ci conduce al fuoco.
L'ambivalenza è lo status da accettare e in questa ambivalenza Athena ed Ananke hanno la stessa dignità, poiché, al contrario, se si polarizzano i due elementi, non si fa altro che patologizzare la vita umana, allorché si separa in modo netto ciò che bene da ciò che è male.
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Vecchio 22-08-2014, 13.24.41   #6
paul11
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
Perdonami Acquarius, ma tutto ciò che è gerarchizzato mi mette in una condizione di sospetto, così come i giudizi netti. Il pensiero occidentale è, a mio parere, un percorso intellettuale di vastissima portata non solo per gli effetti noti di "trasformazione" tecnica del mondo, con tutto ciò di negativo che ciò ha comportato ma perlomeno implica due concezioni sconosciute alle altre culture e significative:
1) la storia come processo ed evoluzione e non più come percorso che ciclicamente si ripete; Curiosamente questo percorso è sottolineato dal Vangelo, come evento che interrompe l'attesa del Messia e irrompe nel qui ed ora. Non è una grossa sorpresa del resto. Il Vangelo è un sofisticato messaggio di sintesi fra il pensiero ellenistico e quello asiatico.
2) la scoperta dell'individuo e la sua libertà, che si presuppone esista, come la interdipendenza fra gli individui. L'Hybris può condurre l'uomo verso la perdizione ma è anche prometeicamente ciò che ci conduce al fuoco.
L'ambivalenza è lo status da accettare e in questa ambivalenza Athena ed Ananke hanno la stessa dignità, poiché, al contrario, se si polarizzano i due elementi, non si fa altro che patologizzare la vita umana, allorché si separa in modo netto ciò che bene da ciò che è male.


Non sono tanto i Vangeli a segnare la differenza fra la storia ciclica e lineare, quanto le interpretazioni ed esegesi delle Sacre Scritture.
Ma questa contrapposizione fra ciclicità e linearità storica è più un efetto che una causa.
L'uomo antico aveva costruito i cicli correlando il percorso degli astri nella volta celeste e indicandovi gli dei corrispondenti, con gli eventi fisici dell natura, come i cataclismi e le stagioni e il suo proprio destino.
Non c'è ancora la netta separazione fra materia e spirito, l' avatar o il semidio scende nell'Ade , negli inferi "fisicamente" nelle descrizioni dei miti e delle epopee antiche.
E' con la morte di Krishna che si apre il kali yuga, il tempo della decadenza, per fare un esempio.
Quindi l'uomo, il suo destino, è intimamente connesso "anima e corpo" nella volta celeste dei "divini e la sua quotidianità, il suo destino sulla terra.

La separazione fra empirismo e razionalismo, fra materialità e trascendenza, separa e categorizza non solo la conoscenza, ma l'idea che ha di sè l'uomo, cioè cambia la sua consapevolezza influita dalla cultura.

L'uomo razionale ora lotta contro la natura, perchè vuole vincere la morte e non riesce quindi ad accettare il proprio destino, anche se lui stesso è parte di quella natura.
Il paradosso dell'uomo contemporaneo è che il mondo artificiale , inteso come quel mondo da lui stesso creato, culturalmente e fisicamente, gli incute ora più paura degli eventi naturali.
Oggi si ha più paura di una crisi economica sociale che non di un evento naturale.

Attraverso la scienza l'uomo ha capito i fenomeni e ha tentato di spiegarseli e "farsene una ragione",tutto ciò ha tolto quel mistero divino al fenomeno, ma lo ha spostato nelle ciclicità economiche e sociali, nelle culture, cioè contraddicendo se stesso.
Ora i "santi in paradiso" son gli specialisti delle medicina, dell'economia e delle scienze: e a chi affida il propio destino l'uomo?

La risposta l'ho data altrove.
L'uomo è destinato a conoscersi attraverso i suoi errori se non saranno fatali anche a se stesso e quindi ad errare in un destino fra eros e thanathos, fra materia e trascendenza e forse se sopravviverà l'Ulisse approderà ad itaca, ma come sconosciuto fra Proci.
paul11 is offline  
Vecchio 25-08-2014, 10.10.26   #7
Jacopus
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

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Originalmente inviato da paul11

La separazione fra empirismo e razionalismo, fra materialità e trascendenza, separa e categorizza non solo la conoscenza, ma l'idea che ha di sè l'uomo, cioè cambia la sua consapevolezza influita dalla cultura.

L'uomo razionale ora lotta contro la natura, perchè vuole vincere la morte e non riesce quindi ad accettare il proprio destino, anche se lui stesso è parte di quella natura.
Il paradosso dell'uomo contemporaneo è che il mondo artificiale , inteso come quel mondo da lui stesso creato, culturalmente e fisicamente, gli incute ora più paura degli eventi naturali.
Oggi si ha più paura di una crisi economica sociale che non di un evento naturale.

Attraverso la scienza l'uomo ha capito i fenomeni e ha tentato di spiegarseli e "farsene una ragione",tutto ciò ha tolto quel mistero divino al fenomeno, ma lo ha spostato nelle ciclicità economiche e sociali, nelle culture, cioè contraddicendo se stesso.
Ora i "santi in paradiso" son gli specialisti delle medicina, dell'economia e delle scienze: e a chi affida il propio destino l'uomo?

La risposta l'ho data altrove.
L'uomo è destinato a conoscersi attraverso i suoi errori se non saranno fatali anche a se stesso e quindi ad errare in un destino fra eros e thanathos, fra materia e trascendenza e forse se sopravviverà l'Ulisse approderà ad itaca, ma come sconosciuto fra Proci.

Un saluto a te Paul.
Probabilmente diciamo cose simili. Il mio precedente intervento tendeva a sottolineare la necessità di salvaguardare ciò che c'è di positivo nel pensiero razionale moderno che possiamo chiamare convenzionalmente "galileiano". Questo non significa che esso sia "oro colato".
L'uomo dovrebbe riconsiderare i propri limiti, e la propria posizione subalterna nel mondo, ma ciò proprio per difendere la cultura occidentale razionalistica ed empiristica. Sconfiggere la morte non si può e anche se si potesse, non si dovrebbe.
Purtroppo la tecnica è necessariamente amorale e va guidata da valori esterni ad essi, altrimenti si rischia, come è accaduto recentemente, di considerare nella crescita del PIL anche gli introiti della malavita organizzata. Questo aspetto però ne introduce un altro: chi decide, e come, ciò che è morale?
Ad ogni modo, la tecnica non è neppure un mostro contro cui si devono scagliare i luddisti moderni. Nell'antichità si pensava che il papavero fosse un tranquillante perché possedeva "la vis dormitiva". Se si fosse mantenuta questo tipo di dimensione conoscitiva, non ci sarebbe stata la psicoanalisi, ma neppure l'elettricità, le case riscaldate e la penicillina.
Ecco, la psicoanalisi è uno splendido esempio di sintesi fra il mondo della necessità e la cultura razionale moderna. Freud ha sempre voluto ancorare le sue scoperte a dimostrazioni empiriche, fondate sui casi clinici, ma ha enormemente arricchito quella dimensione attraverso la riflessione sui testi letterari e poetici dell'umanità, poiché si rendeva conto che la mente umana è talmente complessa e fondata anche sulla propria cultura da non poter essere scandagliata con i soli mezzi empirici.
La psicoanalisi è stato il primo serio tentativo di coniugare la "spiegazione" con la "comprensione" e non a caso certe scuole psy hanno impresso una deriva fortemente "spirituale" alle loro teorie.
Ad ogni buon conto quella congiunzione, avviata da Freud, avveniva in uno spazio non-religioso, non-teocratico, relativizzante, per quanto potesse essere possibile nella Vienna all'inizio del '900. E' questo il valore fortemente illuminista da tutelare, a mio parere, a meno che non si voglia, per scampare alla tecnica abbracciare qualche fede repressiva. Ed è anche questa la differenza profonda fra Freud e gli altri due "distruttori" del "buon tempo antico", a cui viene accostato: Marx e Darwin.
Quello che voglio dire, in sintesi, è che, persa nei meandri della cultura occidentale, vi è l'istanza affinché l'uomo si prenda cura di sè stesso. Diventi maggiorenne. Abbandoni le divinità senza abbandonare la propria spiritualità, il proprio sentirsi responsabile nei confronti di tutto ciò che esiste e che faccia questo riscoprendo faticosamente gli "altri". Ciò comporta oltre ad una dimensione morale anche una dimensione etica, altrimenti si rischia di fare tanti bei discorsi senza incidere nella realtà e nella violenza dei rapporti umani.
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Vecchio 25-08-2014, 11.32.39   #8
maral
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

Vorrei tentare di chiarire a mezzo del confronto il senso di questo conflitto che è stato metaforicizzato nelle figure di Athena e Ananke. Non vi sento per nulla un conflitto tra posizioni razionali e irrazionali (sia in Athena che in Ananke l'irrazionale e il razionale si mischiano), né tanto meno tra una necessità logica e una casualità che esige una reazione attiva (cos'è la casualità se non una volontà di negazione di qualsiasi senso e destino per lasciare liberissima strada all'intenzionalità soggettiva?), quanto piuttosto due diversi orizzonti di senso che appaiono contrastanti nel loro modo di mostrare la medesima realtà. Nel primo, quello di Ananke, l'orizzonte è quello di una necessità universale (di un logos universale) di cui l'individuo è elemento e parte esattamente come l'onda è parte del mare che ne comprende infinite in modo equivalente, essendo ognuna espressione del medesimo mare, dunque del medesimo destino che tutte le sovrasta inesorabile, nel secondo, quello di Athena, l'orizzonte è quello dell'individuo, della parte, è l'io, l'eroe nella sua specificità umana che combatte i mostri esistenti in natura (originariamente soccombendo, poi domandoli e uccidendoli) e con la sua volontà conosce e conoscendo vuole appropriarsi del mondo e ricrearlo a suo uso e consumo. Qui è la singola onda che vede nell'oceano che sta sotto di essa ciò che le appartiene e lo intende come ciò a cui essa può dare senso e significato domandolo a mezzo di una tecnica assolutamente irrinunciabile che mentre libera il soggetto dalle oscure minacce del passato, fa apparire dalle loro ceneri nuovi demoni ancora più inquietanti e minacciosi.
Forse il modo di far convivere queste due manifestazioni diverse della realtà ontologica dell'esistenza è quella a cui mi pare accenni Acquario: il mare e ciascuna delle onde che lo agitano si rimandano nel loro diverso significare costantemente l'uno all'altra, il mare esiste e fenomenologicamente appare in ogni singola onda e nel rapporto che essa intreccia con tutte le altre onde e ogni onda ha la sua ragione ontologica profonda proprio in quel mare che a mezzo di essa, della sua individuale fenomenologia, si manifesta.
La volontà di potenza della parte sul tutto non è che il modo che la parte ha di intendere quello stesso destino che la lega al tutto alla luce della volontà di una propria radicale separazione, esattamente come una necessità che condanna l'individuo a una totale insignificanza rispetto a quanto lo trascende (fosse pure un Dio, un principio razionale astratto o il nulla) non è che volontà di potenza espressa al massimo grado. Athena e Ananke sono facce coesistenti della medesima realtà, nel bene e nel male.
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Vecchio 05-10-2014, 16.32.51   #9
Patrizia Mura
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

> Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

Una fra le cose che mi hanno stupito di più è scoprire come nell'oriente colto non esista questa dicotomia e, soprattutto, non si sia mai creata, dato che la logica è considerata il supporto indispensabile di una sana spiritualità.

Questa 'schizofrenia', nel senso di scissione di sè, delle parti che ci compongono, pare che sia portata avanta solo dall'occidente, da quell'occidente particolarmene invaso dal cattolicesimo che della logica ha fatto scempio.

Il fatto stesso di darsi già le due cose come "alternative" e di porsi il problema di un "come" poterle conciliare, a me appare come un sintomo estremo.

La spiritualità predilige il bene-ficio. Quale logica dovrebbe o potrebbe far prevalere indiscutibilmente la posizione che non sia da prediligere la conciliazione fra il beneficio individuale e il beneficio collettivo ovvero potrebbe smentire il fatto l'obiettivo di un minor grado di sofferenza individuale e collettiva sia auspicabile e perseguibile, e che le due cose non siano strettamente correlate?

Una cosa però ritengo, e cioè - come ampiamente dimostrato dai logici orientali - la logica sia "piegabile" (se volessi usare un linguaggio forte direi "prostituta") - e possa essere piegata verso qualunque direzione:
ciò che appare "logico" deve sempre fare i conti con 'qualcosa', e con la logica posso ancora "far quadrare conti" che nella realtà non quadrano, mentre il sentimento ha la possibilità di non prostituirsi e fa la differenza fra l'uso evolutivo e l'uso involutivo della logica e della razionalità.

A mio parere ciascuna cosa è strumento di altre: occorrerebbe riflettere su "di cosa sia strumento" la logica e "di cosa sia strumento la spiritualità.

Ora va "di moda" questa nuova divinità che chiamiamo "razionalità" ...

... il mio punto di vista (che non credo altri debbano assumere e per questo lo definisco "mio") è che entrambe le cose siano funzionali a qualcosa, ovvero abbia sia una sorgente concreta, reale e pratica, sia un "campo di applicazione" altrettanto concreto, reale e pratico, e che esistano entrambe per questi motivi e pertanto nessuna delle due cose possa essere soppressa in favore dell'altra.

Credo, personalmente, che questa scelta fittizia fra bianco e nero sia appunto non solo fittizia, ma anche profondamente errata ed una vera e propria "trappola" deleteria, e vedo nella realtà un'obbligo coercitivo a trovare la via della conciliazione fra le due, e finché penso di doverne scegliere una in favore dell'altra sono - o sono stato messo - in una situazione di stallo.

Trovo questo "conflitto" fra logica e razionalità -che ormai da troppo tempo ruba il nostro tempo e inquina le condivisioni e i confronti- una autentica assurdità: è come dire che la logica sia di per sé stessa sana e la sfera emotiva dell'individuo, qualsiasi tensione emotiva, sia invece insana. Ma la logica è un prodotto umano e la retorica ci ha da tempo dimostrato come sia possibile affermare tutto e il contrario di tutto.

Ultima modifica di Patrizia Mura : 05-10-2014 alle ore 20.17.55.
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Vecchio 05-10-2014, 22.14.24   #10
sgiombo
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Riferimento: Come far convivere Athena ed Ananke? Razionalità e Spiritualità sono incompatibili?

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Originalmente inviato da Patrizia Mura
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Questa 'schizofrenia', nel senso di scissione di sè, delle parti che ci compongono, pare che sia portata avanta solo dall'occidente, da quell'occidente particolarmene invaso dal cattolicesimo che della logica ha fatto scempio.


La spiritualità predilige il bene-ficio. Quale logica dovrebbe o potrebbe far prevalere indiscutibilmente la posizione che non sia da prediligere la conciliazione fra il beneficio individuale e il beneficio collettivo ovvero potrebbe smentire il fatto l'obiettivo di un minor grado di sofferenza individuale e collettiva sia auspicabile e perseguibile, e che le due cose non siano strettamente correlate?

Una cosa però ritengo, e cioè - come ampiamente dimostrato dai logici orientali - la logica sia "piegabile" (se volessi usare un linguaggio forte direi "prostituta") - e possa essere piegata verso qualunque direzione:
ciò che appare "logico" deve sempre fare i conti con 'qualcosa', e con la logica posso ancora "far quadrare conti" che nella realtà non quadrano, mentre il sentimento ha la possibilità di non prostituirsi e fa la differenza fra l'uso evolutivo e l'uso involutivo della logica e della razionalità.


Ora va "di moda" questa nuova divinità che chiamiamo "razionalità" ...


Trovo questo "conflitto" fra logica e razionalità -che ormai da troppo tempo ruba il nostro tempo e inquina le condivisioni e i confronti- una autentica assurdità: è come dire che la logica sia di per sé stessa sana e la sfera emotiva dell'individuo, qualsiasi tensione emotiva, sia invece insana. Ma la logica è un prodotto umano e la retorica ci ha da tempo dimostrato come sia possibile affermare tutto e il contrario di tutto.

Inanzitutto devo dire che non comprendo bene cosa si intenda con "spiritualità".

Credo che né occidente né cattolicesimo (che non seguo: sono ateo) abbiano fatto alcuno scempio della logica (che ritengo quanto di più razionalistico possa darsi).
Certo della cultura occidentale (per esempio Nietsche) e del cattolicesimo (per esempio i mistici) fanno parte anche correnti irrazionalistiche.
Ma anche tanti importantissimi e validissimi cultori e sviluppatori della logica e del pensiero razionale.

Che sia da prediligere la conciliazione fra il beneficio individuale e il beneficio collettivo [presonalmente credo però che non sempre sia di fatto possibile e in questi casi debba prevalere il beneficio collettivo; anch' io senza pretendere di imporre a nessuno di pensare come penso io, ovviamente] e il fatto obiettivo che un minor grado di sofferenza individuale e collettiva sia auspicabile e perseguibile, e che le due cose siano strettamente correlate l' avranno pure dimostrato anche i logici orientali (che non conosco), ma é stato sostenuto pure inequivocabilmente da una corrente di pensiero "occidentalissima" come l' utilitarismo (oltre che da tantissime altre, in maniera più o meno conseguente: nessuno é perfetto; peraltro nemmeno i logici orientali).
E soprattutto non é dimostrabile né confutabile logicamente e non é un fatto oggettivo: lo si avverte irrazionalisticamente e alogicamente; ed é un sentire soggettivo (arbitrario, indimostrabile) ma avvertito di fatto universalmente nell' umanità (e seppure non dimostrabile, comunque per lo meno spiegabile, comprensibile scientificamente per mezzo della teoria biologica dell' evoluzione per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale).

Con una logica corretta non si possono far quadrare i conti che in realtà non tornano: lo si può pretendere di fare (illusoriamente, falsamente) con una logica scorretta (con una "non-logica") o magari con la retorica.
La logica, essendo un mezzo o un metodo (di ragionamento) può essere usata tanto nel bene quanto nel male, ovviamente.
Ma anche i sentimenti non sono tutti buoni: ne esistono altrettanti di malvagi, ovviamente.

La razionalità non é affatto una "divinità" né ha mai preteso di esserlo.
Casomai il contrario: é innanzitutto senso e consapevolezza del limite (anche dei suoi propri limiti).
E inoltre trovo che non sia affatto di moda, qui in Occidente, dove imperversano in continuazione nei mezzi di comunicazione di massa oroscopi, padri pii, portafortuna, superstizioni varie, gossip, "paranormale", UFO e chi più ne ha più ne metta (e non a caso: l' irrazionalismo é utilissimo ai privilegiati al potere e al mantenimento dei loro ingiustissimi, vergognosissimi e dannosissimi privilegi, al contrario della razionalità).

<< è come dire che la logica sia di per sé stessa sana e la sfera emotiva dell'individuo, qualsiasi tensione emotiva, sia invece insana>>.
Questo mai nessun razionalista (autentico) l' ha mai affermato.
Per un razionalista logica e razionalità da una parte e sentimento dall' altra sono facoltà umane non affatto reciprocamente escludentisi bensì complementari: i sentimenti ci indicano i fini da perseguire, la razionalità valuta se e in quali combinazioni siano realisticamente perseguibili (poiché molti fini non sono realizzabili congiuntamente ma gli uni in alternativa agli altri: "botte piena e moglie ubriaca") e i mezzi per perseguirli efficacemente.
D'altra parte esistono persone irrazionalistissime e superstiziosissime e allo stesso tempo sentimentalmente aridissime, e invece persone razionalistissime e sentimentalmente ricchissime (e viceversa ovviamente).

(Personalmente, per quel che può valere, mi definisco "un razionalista sentimentale").

Ultima modifica di sgiombo : 06-10-2014 alle ore 13.20.31.
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