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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 19-11-2014, 13.06.26   #1
CVC
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Il pubblico invisibile

Se vi fosse al mondo un uomo veramente sapiente, e se io fossi tanto fortunato da essere lui prossimo e considerato da egli degno di poterlo interrogare, una sola domanda vorrei porgli: perché mai tutti si comportano come se fossero dinnanzi ad un pubblico che guarda, commenta, disdice, approva, giudica? Se solo si potesse sapere il motivo per cui il genere umano, riunito secondo le categorie della civiltà, dia così tanto importanza a questa commedia quotidiana, per cui uno è architetto e l'altro impiegato, uno muratore l'altro fattorino, uno venditore l'altro prestatore di denaro; fino a quando, ineluttabilmente, ogni sera cala il sipario e, tutti questi attori, svestono i panni di scena e rientrano nei loro propri: uomini soli, nel vero senso del termine, di cui unico spettatore é la propria coscienza: abisso infernale o angelo redentore
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Vecchio 20-11-2014, 05.17.13   #2
acquario69
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Originalmente inviato da CVC
Se vi fosse al mondo un uomo veramente sapiente, e se io fossi tanto fortunato da essere lui prossimo e considerato da egli degno di poterlo interrogare, una sola domanda vorrei porgli: perché mai tutti si comportano come se fossero dinnanzi ad un pubblico che guarda, commenta, disdice, approva, giudica? Se solo si potesse sapere il motivo per cui il genere umano, riunito secondo le categorie della civiltà, dia così tanto importanza a questa commedia quotidiana, per cui uno è architetto e l'altro impiegato, uno muratore l'altro fattorino, uno venditore l'altro prestatore di denaro; fino a quando, ineluttabilmente, ogni sera cala il sipario e, tutti questi attori, svestono i panni di scena e rientrano nei loro propri: uomini soli, nel vero senso del termine, di cui unico spettatore é la propria coscienza: abisso infernale o angelo redentore

Magari perché l'esistenza si e' trasformata in una banale spettacolarizzazione,come a dire:
"io esisto solo se mi rendo visibile"
e tra l'altro,ma visibile a chi?..ad un prossimo che di fatto si e' reso pure lui invisibile. (la morte del prossimo)
la mia impressione e' che di "reale" non e' rimasto più niente,solo la sua IMMAGINE,siamo pressoché fantasmi evanescenti.
e nel frattempo,tutto scivola via,come un fiume in piena,sempre più vorticoso,dove non può rimanere nulla che possa sedimentare e "nutrire"…possibile analogia di un terreno reso ormai sterile e deserto.

Citazione:
ogni sera cala il sipario e, tutti questi attori, svestono i panni di scena e rientrano nei loro propri: uomini soli, nel vero senso del termine, di cui unico spettatore é la propria coscienza: abisso infernale o angelo redentore

..e ricollegandomi a quanto sopra..e prima ancora di un abisso infernale o un angelo redentore,a quel punto vi e' da chiedersi se sia ancora rimasta una coscienza..
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Vecchio 20-11-2014, 09.16.27   #3
CVC
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Originalmente inviato da acquario69
vi e' da chiedersi se sia ancora rimasta una coscienza..
Il fatto che sia rimasta ancora una coscienza è la conditio sine qua non per poter dire qualcosa di sensato. Altrimenti l'unica coscienza che rimarrebbe sarebbe quella dell'istinto di conservazione della specie, l'indefinito perpetuarsi della vita organica, un estendersi indeterminato di una continuità che non sa dire di sé alcuno scopo, se non quello delle pulsioni ataviche, la fame per conservare l'organismo, il sesso per diffondere la specie, l'aggressività per difendere la prole e il territorio. Il sangue che si concentra alle estremità del corpo nei casi di minaccia, per aggredire o fuggire. Oppure il panico che immobilizza, così da poterci fingere morti ed allontanare l'aggressore. Ci deve essere qualcosa più di questo, perchè sia così deve esistere la coscienza morale. Sul fatto che, come dici, a volte sembra non esserci la coscienza, credo che in quei casi sia semplicemente nascosta. La coscienza è un pò un abisso e, disse qualcuno, se guardi l'abisso anche l'abisso guarda te. C'è da comprendere che fa paura guardare l'abisso, ma è necessario guardarci. E dato che bisogna guardarci dentro, occorre fare in modo da renderlo guardabile, curando la propria interiorità, ricercando la propria coscienza di sé
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Vecchio 20-11-2014, 18.53.20   #4
paul11
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Se vi fosse al mondo un uomo veramente sapiente, e se io fossi tanto fortunato da essere lui prossimo e considerato da egli degno di poterlo interrogare, una sola domanda vorrei porgli: perché mai tutti si comportano come se fossero dinnanzi ad un pubblico che guarda, commenta, disdice, approva, giudica? Se solo si potesse sapere il motivo per cui il genere umano, riunito secondo le categorie della civiltà, dia così tanto importanza a questa commedia quotidiana, per cui uno è architetto e l'altro impiegato, uno muratore l'altro fattorino, uno venditore l'altro prestatore di denaro; fino a quando, ineluttabilmente, ogni sera cala il sipario e, tutti questi attori, svestono i panni di scena e rientrano nei loro propri: uomini soli, nel vero senso del termine, di cui unico spettatore é la propria coscienza: abisso infernale o angelo redentore

Perchè hanno poca personalità e cercano accondiscendenza, vogliono stare nel branco ed essere accettati. Ma la legge del branco è la mediocrità.
Bella la metafora...alla fine siamo nudi ,soli e con noi stessi e chi è più critico su di noi se non noi stessi, non possiamo mentire noi stessi all'infinito,possiamo prendere per i fondelli gli altri, giustificarci, ma come la mettiamo con lo specchio di noi stessi?
Si segue la fiumana, si temono sentieri impervi alla ricerca di noi stessi , a tentativi di senso e significati della nostra esistenza. A cercar di capire cosa veramente conta. Cadere, sbagliare , è inevitabile: allora meglio la piattezza della mediocrità e dell'ipocrisia. Meglio non prendere posizione, meglio non avere e soprattutto mostrare una propria opinione...il sorrisino dell'ebete val bene in qualunque circostanza. L'opportunismo, il servilismo ,l'essere deboli con i forti e forti con i deboli è il metodo.
Eppure c'è anche chi fa scelte di vita, cerca una propria dimensione.
Meglio sbagliare, nel rispetto e nell'onestà, meglio tentare che vedersi scorrere la vita come sabbia fra le dita e stringere niente.
Perchè è il cammino il senso.
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Vecchio 20-11-2014, 20.50.44   #5
Garbino
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Ciao CVC,

bello e interessante, almeno per me, l' argomento che hai avviato e che è di fondamentale importanza approfondire perché sarebbe l' unica consapevolezza che ci porterebbe ad abbandonare una delle piaghe più deleterie dell' uomo: la vanità.

Spesso si pensa che la vanità ci adombri con la sua presenza specialmente nel porci di fronte agli altri facendoci appunto assumere pose che non ci appartengono per reclamare il nostro diritto a non passare inosservati. Anche se poi questo diritto è una dipendenza assoluta da ciò che gli altri pensano di noi e dal come ci tengono in considerazione.

Ma la vanità ha un ruolo molto più subdolo. Ed è quello che ci porta a giustificare ogni azione che facciamo, spesso mentendo a noi stessi.
Ed è parzialmente vero che quando siamo soli con noi stessi ci rendiamo conto dell' abisso in cui risiedono le nostre spinte emotive più profonde e che a volte ci fanno compiere azioni di una cattiveria inenarrabile. Senza pentimenti. In fondo lo scopo della morale era proprio questo. Quello di coercizzare a non compiere atti scellerati in seno al gruppo di appartenenza nei gruppi umani atavici.

E questo appunto perché si sapeva, perché lo si viveva giornalmente, il rischio legato a lasciare allo stato brado il nostro avo preistorico.

Naturalmente alla vanità si unisce anche l' orgoglio, vari pregiudizi e molte forme di autoinganno per dimenticare o nascondere o addirittura sublimare le motivazioni e le stesse azioni da esse generate.

Fromm ha scritto a lungo sulle razionalizzazioni e spesso mi sono trovato d' accordo con lui. Ma anche Nietzsche in alcuni aforismi descrive ampiamente questo fenomeno.

Questo è certamente uno dei più belli: La memoria mi dice che ho fatto questo, ma l' orgoglio mi dice che non l' ho fatto. E alla fine l' orgoglio vince: Non ho fatto questo. ( Non è fedelissimo al testo, tratto da Umano, troppo Umano, ma ne è il succo ).

L' uomo in mezzo agli altri in fondo è una bestia abbastanza prevedibile, ma non c' è nulla di più imprevedibile del rapporto che ciascun uomo instaura con sé stesso. E nonostante tutto il nostro sapere e il pensiero di chi ne ha parlato, scritto e descritto, rimane una delle caratteristiche su cui aleggia con più approssimazione la parola ' mistero '. Il mistero che avvolge i meandri dell' agire umano, di quell' essere che sono solito definire come l' animale impossibile.

To be or not to be. This is the problem. ( Amleto, Shakespeare).

Incipit tragaedia! ( Nietzsche ). Ovvero la TRAGI-FARSA-COMMEDIA DELLA VITA.

Grazie della cortese attenzione.
Garbino Vento di Tempesta.
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Vecchio 21-11-2014, 08.17.30   #6
CVC
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Perchè hanno poca personalità e cercano accondiscendenza, vogliono stare nel branco ed essere accettati. Ma la legge del branco è la mediocrità.
Bella la metafora...alla fine siamo nudi ,soli e con noi stessi e chi è più critico su di noi se non noi stessi, non possiamo mentire noi stessi all'infinito,possiamo prendere per i fondelli gli altri, giustificarci, ma come la mettiamo con lo specchio di noi stessi?
Si segue la fiumana, si temono sentieri impervi alla ricerca di noi stessi , a tentativi di senso e significati della nostra esistenza. A cercar di capire cosa veramente conta. Cadere, sbagliare , è inevitabile: allora meglio la piattezza della mediocrità e dell'ipocrisia. Meglio non prendere posizione, meglio non avere e soprattutto mostrare una propria opinione...il sorrisino dell'ebete val bene in qualunque circostanza. L'opportunismo, il servilismo ,l'essere deboli con i forti e forti con i deboli è il metodo.
Eppure c'è anche chi fa scelte di vita, cerca una propria dimensione.
Meglio sbagliare, nel rispetto e nell'onestà, meglio tentare che vedersi scorrere la vita come sabbia fra le dita e stringere niente.
Perchè è il cammino il senso.
Certo occorre prendersi il rischio di sbagliare, e farlo in modo da poter incolpare se stessi degli eventuali errori. Solo quando ci sentiamo responsabili dei nostri sbagli abbiamo la possibilità di migliorare. Ma la massa prende come parametro dei propri giudizi le valutazioni altrui, come chi dice o pensa "faccio questo così lui (o loro) penseranno questa o quella cosa". Si va dal semplice bisogno di autostima al puro tentativo di manipolazione. L'unico consenso che dovrebbe interessarci è quello che viene dal nostro intimo
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Vecchio 21-11-2014, 08.24.23   #7
CVC
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Originalmente inviato da Garbino
Ciao CVC,

bello e interessante, almeno per me, l' argomento che hai avviato e che è di fondamentale importanza approfondire perché sarebbe l' unica consapevolezza che ci porterebbe ad abbandonare una delle piaghe più deleterie dell' uomo: la vanità.

Spesso si pensa che la vanità ci adombri con la sua presenza specialmente nel porci di fronte agli altri facendoci appunto assumere pose che non ci appartengono per reclamare il nostro diritto a non passare inosservati. Anche se poi questo diritto è una dipendenza assoluta da ciò che gli altri pensano di noi e dal come ci tengono in considerazione.

Ma la vanità ha un ruolo molto più subdolo. Ed è quello che ci porta a giustificare ogni azione che facciamo, spesso mentendo a noi stessi.
Ed è parzialmente vero che quando siamo soli con noi stessi ci rendiamo conto dell' abisso in cui risiedono le nostre spinte emotive più profonde e che a volte ci fanno compiere azioni di una cattiveria inenarrabile. Senza pentimenti. In fondo lo scopo della morale era proprio questo. Quello di coercizzare a non compiere atti scellerati in seno al gruppo di appartenenza nei gruppi umani atavici.

E questo appunto perché si sapeva, perché lo si viveva giornalmente, il rischio legato a lasciare allo stato brado il nostro avo preistorico.

Naturalmente alla vanità si unisce anche l' orgoglio, vari pregiudizi e molte forme di autoinganno per dimenticare o nascondere o addirittura sublimare le motivazioni e le stesse azioni da esse generate.

Fromm ha scritto a lungo sulle razionalizzazioni e spesso mi sono trovato d' accordo con lui. Ma anche Nietzsche in alcuni aforismi descrive ampiamente questo fenomeno.

Questo è certamente uno dei più belli: La memoria mi dice che ho fatto questo, ma l' orgoglio mi dice che non l' ho fatto. E alla fine l' orgoglio vince: Non ho fatto questo. ( Non è fedelissimo al testo, tratto da Umano, troppo Umano, ma ne è il succo ).

L' uomo in mezzo agli altri in fondo è una bestia abbastanza prevedibile, ma non c' è nulla di più imprevedibile del rapporto che ciascun uomo instaura con sé stesso. E nonostante tutto il nostro sapere e il pensiero di chi ne ha parlato, scritto e descritto, rimane una delle caratteristiche su cui aleggia con più approssimazione la parola ' mistero '. Il mistero che avvolge i meandri dell' agire umano, di quell' essere che sono solito definire come l' animale impossibile.

To be or not to be. This is the problem. ( Amleto, Shakespeare).

Incipit tragaedia! ( Nietzsche ). Ovvero la TRAGI-FARSA-COMMEDIA DELLA VITA.

Grazie della cortese attenzione.
Garbino Vento di Tempesta.
La vanità è ciò che ci distrae dai nostri scopi più importanti e profondi e ci fa concentrare l'attenzione sulle cose di superficie, frivolezze che in una certa misura possono essere benevole, ma se si eccede in queste cose (ostentazione del lusso, sesso esagerato, egocentrismo) si perde il senso di se stessi e della vita. Questo è un male, però bisogna vedere se tale vizio vada imputato ad una volontà maligna che esiste di per sè, oppure se sia semplicemente mancanza di coscienza, leggerezza, indolenza. Bisogna stabilire se esiste un qualche demone maligno che s'impossessa di noi; oppure, se siamo semplicemente noi a non prenderci abbastanza cura di noi stessi.
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Vecchio 21-11-2014, 15.46.42   #8
maral
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Originalmente inviato da CVC
... fino a quando, ineluttabilmente, ogni sera cala il sipario e, tutti questi attori, svestono i panni di scena e rientrano nei loro propri: uomini soli, nel vero senso del termine, di cui unico spettatore é la propria coscienza: abisso infernale o angelo redentore
Eh già, il problema è soprattutto gestire il rientro dietro la scena, dove attore e spettatore sono lo stesso personaggio.
La morte è l'incontro dell'attore con la sua estrema solitudine da cui il gioco dei ruoli, gli applausi e pure i fischi del pubblico lo avevano preservato. Occorre abituarsi all'idea e morire un poco ogni giorno.
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Vecchio 21-11-2014, 20.31.10   #9
Duc in altum!
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** scritto da CVC:

Citazione:
...fino a quando, ineluttabilmente, ogni sera cala il sipario e, tutti questi attori, svestono i panni di scena e rientrano nei loro propri:

E no, se sei attore di giorno, maggiormente lo sarai durante la notte. Non c'è sospensione di apparenza.
Se il metro di valutazione diurno è invisibile, perché di notte dovrebbe essere diverso?


** scritto da Garbino:

Citazione:
Bisogna stabilire se esiste un qualche demone maligno che s'impossessa di noi; oppure, se siamo semplicemente noi a non prenderci abbastanza cura di noi stessi.

Ma se non ci fosse il demone maligno che interesse avrebbe, a chi importerebbe, se ti prendi o no cura di te stesso?
Tanto il/la fine è lo stesso!

Inoltre è obbligatorio, e la nostra volontà lo dimostra, stabilire se credere o meno al demonio maligno.



** scritto da maral:

Citazione:
Occorre abituarsi all'idea e morire un poco ogni giorno.

Certo, far morire ogni giorno quel che sono, per far nascere quel che vorrei essere e quel che sarò per sempre.



Alleluia.

Ultima modifica di Duc in altum! : 22-11-2014 alle ore 00.09.47.
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Vecchio 21-11-2014, 22.23.21   #10
maral
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Citazione:
Originalmente inviato da Duc in altum!

Certo, far morire ogni giorno quel che sono, per far nascere quel che vorrei essere e quel che sarò per sempre.



Alleluia.
Ossia continuare a essere sempre in scena anche se la parte è ormai finita! il sogno irresistibile di ogni vecchio attore
maral is offline  

 



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