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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 30-12-2014, 18.30.13   #1
michele7
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Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

Buongiorno a tutti, è la prima volta che scrivo sul forum.

Sto leggendo "Chi è l'uomo", di Abraham Eschel, Rusconi editore.
Mi trovo in disaccordo sulla sua "dimostrazione" della non autosufficienza dell'uomo. E' da poco che mi occupo di filosofia, dunque vorrei avere un confronto con chi ne sa più di me. Prima di tutto cito la parte e poi argomento il mio punto di vista.
Heschel dice: "L'idea dell'autosufficienza della natura non è forse un enigma più grande dell'idea della dipendenza della natura da qualcosa che la oltrepassa? Infatti l'idea di dipendenza è una spiegazione, mentre l'autosufficienza è un concetto senza precedenti, cioè senza alcuna analogia con quanto si conosce della vita all'interno della natura. La stessa autosufficienza non è forse insufficiente a dare una spiegazione di se stessa? La nostra perplessità non troverà risposta se riferiamo l'esistenza umana a un'astrazione atemporale, subpersonale che noi chiamiamo essenza. Possiamo rendere giustizia all'essere umano soltanto riferendolo alla trascendente sollecitudine per l'essere."
Allora... che l'uomo trova significato soltanto in riferimento al trascendente mi vede d'accordo.
Ma non mi sembra corretto pensare a un'analogia tra la non autosufficienza dei sistemi della natura. Quindi si parla in termini di processi.
E la non autosufficienza dell'uomo, posta in termini di significato.
I processi della natura sono una realtà empirica.
Il significato dell'uomo si riferisce al trascendente.

Grazie per l'attenzione e per la possibilità di confronto
Michele
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Vecchio 31-12-2014, 03.54.28   #2
leibnicht
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

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Originalmente inviato da michele7
Buongiorno a tutti, è la prima volta che scrivo sul forum.

Sto leggendo "Chi è l'uomo", di Abraham Eschel, Rusconi editore.
Mi trovo in disaccordo sulla sua "dimostrazione" della non autosufficienza dell'uomo. E' da poco che mi occupo di filosofia, dunque vorrei avere un confronto con chi ne sa più di me. Prima di tutto cito la parte e poi argomento il mio punto di vista.
Heschel dice: "L'idea dell'autosufficienza della natura non è forse un enigma più grande dell'idea della dipendenza della natura da qualcosa che la oltrepassa? Infatti l'idea di dipendenza è una spiegazione, mentre l'autosufficienza è un concetto senza precedenti, cioè senza alcuna analogia con quanto si conosce della vita all'interno della natura. La stessa autosufficienza non è forse insufficiente a dare una spiegazione di se stessa? La nostra perplessità non troverà risposta se riferiamo l'esistenza umana a un'astrazione atemporale, subpersonale che noi chiamiamo essenza. Possiamo rendere giustizia all'essere umano soltanto riferendolo alla trascendente sollecitudine per l'essere."
Allora... che l'uomo trova significato soltanto in riferimento al trascendente mi vede d'accordo.
Ma non mi sembra corretto pensare a un'analogia tra la non autosufficienza dei sistemi della natura. Quindi si parla in termini di processi.
E la non autosufficienza dell'uomo, posta in termini di significato.
I processi della natura sono una realtà empirica.
Il significato dell'uomo si riferisce al trascendente.

Grazie per l'attenzione e per la possibilità di confronto
Michele

"Autosufficienza della natura" (1) e "dipendenza della natura da un ente che la trascende" (2) non sono affatto modalità alternative, contraddittorie e antitetiche di intendere il senso del Mondo.
Perchè mai dovrebbero porsi in contrasto "necessariamente"?
La filosofia di Teilhard de Chardin, per esempio, ci mostra una sistematica della coesistenza di codesti due modi che, al contrario, è armonica.
E' chiaro che il germe annidato nella contraddizione è il seguente: la filosofia giudea non ammette che la Storia (pur divinamente scritta) possa essere da Dio semplicemente 'ispirata', cioè non diretta e determinata.
Per la fede ebraica Dio interviene materialmente, concretamente, 'sempre' nella costruzione della storia umana.
L'uomo, l'ebreo, insegue (in tutti i sensi) il progetto divino, lo attende devotamente, lo interpreta, lo prevede (i profeti), ma alla fine lo esegue anche se non lo comprende (Abramo in Kierkegaard).
Nella visione cristiana la Storia è pur scritta da Dio, ma l'Uomo ne è il protagonista che, ispirato dalla Rivelazione, la conduce per gradi e attraverso il sacrificio e l'amore al compimento.
Quindi è scontato, nella visione giudea, che l'armonia del Creato, la sua autosufficienza sia del tutto inconciliabile con la sussistenza di un ente trascendente (Dio) che esercita costantemente il suo diritto su di essa. (Guarda che Einstein del "Dio non gioca a dadi..." era ebreo!).
Nel pensiero cristiano, ripeto, non è così. Dio, al limite, leibnizianamente, ha armonizzato fin dal principio tutti gli orologi della Creazione, mostrandosi all'Uomo come Uomo ed una volta sola e per tutte. Poi (per modo di dire: chi opera aldilà del Tempo non ha un prima o un poi) assiste l'Uomo: lo assiste in tutti i sensi che il termine possiede nella lingua italiana. Questo, pensaci, è il fondamento filosofico e teologico della Libertà umana nella concezione cristiana: Libertà resa possibile dall'essere l'uomo protagonista e costruttore della Storia, l'uomo singolo e l'Uomo societas.
E' la Storia ad essere trascendente e a mostrare la Divinità umana, grazie alla prassi sociale: non Dio a produrla, incidendo in essa il suo autografo ogni volta.
L'ebreo è e resterà in attesa di ciò che il cristiano crede di aver già ricevuto.
Una differenza assoluta, radicale.
P.S.:Il resto del discorso che hai citato non è che uno sviluppo dialettico di quel "piccolo" germe nascosto.
leibnicht is offline  
Vecchio 31-12-2014, 10.46.17   #3
paul11
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

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Originalmente inviato da michele7
Buongiorno a tutti, è la prima volta che scrivo sul forum.

Sto leggendo "Chi è l'uomo", di Abraham Eschel, Rusconi editore.
Mi trovo in disaccordo sulla sua "dimostrazione" della non autosufficienza dell'uomo. E' da poco che mi occupo di filosofia, dunque vorrei avere un confronto con chi ne sa più di me. Prima di tutto cito la parte e poi argomento il mio punto di vista.
Heschel dice: "L'idea dell'autosufficienza della natura non è forse un enigma più grande dell'idea della dipendenza della natura da qualcosa che la oltrepassa? Infatti l'idea di dipendenza è una spiegazione, mentre l'autosufficienza è un concetto senza precedenti, cioè senza alcuna analogia con quanto si conosce della vita all'interno della natura. La stessa autosufficienza non è forse insufficiente a dare una spiegazione di se stessa? La nostra perplessità non troverà risposta se riferiamo l'esistenza umana a un'astrazione atemporale, subpersonale che noi chiamiamo essenza. Possiamo rendere giustizia all'essere umano soltanto riferendolo alla trascendente sollecitudine per l'essere."
Allora... che l'uomo trova significato soltanto in riferimento al trascendente mi vede d'accordo.
Ma non mi sembra corretto pensare a un'analogia tra la non autosufficienza dei sistemi della natura. Quindi si parla in termini di processi.
E la non autosufficienza dell'uomo, posta in termini di significato.
I processi della natura sono una realtà empirica.
Il significato dell'uomo si riferisce al trascendente.

Grazie per l'attenzione e per la possibilità di confronto
Michele

Ciao Michele7.
Se interpreto bene il tuo scritto si argomenta di una problematica .....enorme che coinvolge sia scienza che trascendenza.
Da l punto di vista puramente scientifico si tratta di capire come e che cosa decide l'organizzazione della materia, dell'energia, ovvero dei quanti. Che cosa informa la materia di modelli ad esempio di implicazione ...SE (esistono compatibilità e quali e proprietà) ALLORA.
Insomma la materia si organizza, ma non caoticamente, dal quanto fino ad un organismo vivente che diventa sistema di creazione o meglio di sovrapposizione di composti che a loro volta costituiscono funzioni fino alla disgregazione finale,cioè al ritorno al quanto.
Il dipende ,dal punto di vista puramente semantico del significato, è la condizione di implicazione che ho sopra espresso. Non credo vi sia una dipendenza da tutto da parte di qualcosa se non nell'atto vero e propri o della creazione(per chi ci crede), lì fu deciso il come e cosa il quanto di energia "informa" e sia "informato". Non credo all'autopoiesi.
Potrebbe essere, dal punto di vista scientifico, che man mano che l'organizzazione sale di complessità questa informazione della materia salga a sua volta di livelli:non so fino a che punto possa essere spiegabile il rapporto materiale cervello/mente nell'uomo.
Ma è proprio la mente che trascende il corpo materiale che si pone problematiche che vanno oltre il perimetro fisico del nostro territorio animale, detto metaforicamente. La nostra mente " volteggia" fra i significati, lo strumento logico disegna analogie rappresentative del mondo, così che l'uomo trascende con il tentativo di dare una idea di senso a quello che biologicamente sarebbe solo nascere, moltiplicarsi e morire, cercando di unire la temporalità dell'ieri e del domani, nell'oggi, fra passato e scopi futuri, in quello che viene definito destino.
In sintesi: penso che fisicamente l'uomo sia soggetto alle leggi e regole che governano l'universo come il quanto; non sappiamo come e cosa quel quanto sia informato e informi.
L'uomo trascende ed esce dal mondo diciamo fisico nel momento in cui pone l'Essere in un Destino, in una idea di senso della propria esistenza.
Almeno per ora , mi fermerei quì. Non vorrei essere uscito dalla tua domanda malinterpretandola.
Buon Anno
paul11 is offline  
Vecchio 31-12-2014, 13.43.21   #4
Garbino
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

Buona Fine e Buon Inizio Anno a tutti.

Abraham Heschel e la etc...

X Michele 7

Non essendo a conoscenza della ipotesi di Tehillard non posso esprimere opinioni sulla non contraddittorietà della autosufficienza o dipendenza della natura, menzionata da Leibnicht.

Altra cosa invece è il paragrafo da te riportato in cui si afferma che nel caso dell' autosufficienza l' enigma sarebbe più grande che non quello generato dalla dipendenza.
E da quando in qua la maggiore difficoltà o enigmaticità di una teoria può essere considerato un punto ragionevolmente a sfavore della teoria stessa? Di certo non può essere considerato un punto di vista filosofico. Sono altre le strade che la filosofia può e deve percorrere, non certo quelle della difficoltà.

Il ragionamento di Abraham Heschel sa molto di teologico. Per altro accresciuto nella parte finale nell' allullamento dell' essere o ente in favore della sollecitudine verso l' essere, che mi sembra molto in linea con ciò che afferma Leibnicht in seguito sulla diversa impostazione ebrea sulla religione e che mi trova assolutamente d' accordo.

In altre parole, il pensiero espresso da Heschel rappresenta la visione ebrea del soprannaturale e l' atteggiamento che l' uomo dovrebbe avere verso di esso, ma in tutto ciò non v' è niente di filosofico.

Garbino Vento di Tempesta.
Garbino is offline  
Vecchio 31-12-2014, 13.47.06   #5
michele7
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

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Originalmente inviato da leibnicht
"Autosufficienza della natura" (1) e "dipendenza della natura da un ente che la trascende" (2) non sono affatto modalità alternative, contraddittorie e antitetiche di intendere il senso del Mondo.
Perchè mai dovrebbero porsi in contrasto "necessariamente"?
La filosofia di Teilhard de Chardin, per esempio, ci mostra una sistematica della coesistenza di codesti due modi che, al contrario, è armonica.
E' chiaro che il germe annidato nella contraddizione è il seguente: la filosofia giudea non ammette che la Storia (pur divinamente scritta) possa essere da Dio semplicemente 'ispirata', cioè non diretta e determinata.
Per la fede ebraica Dio interviene materialmente, concretamente, 'sempre' nella costruzione della storia umana.
L'uomo, l'ebreo, insegue (in tutti i sensi) il progetto divino, lo attende devotamente, lo interpreta, lo prevede (i profeti), ma alla fine lo esegue anche se non lo comprende (Abramo in Kierkegaard).
Nella visione cristiana la Storia è pur scritta da Dio, ma l'Uomo ne è il protagonista che, ispirato dalla Rivelazione, la conduce per gradi e attraverso il sacrificio e l'amore al compimento.
Quindi è scontato, nella visione giudea, che l'armonia del Creato, la sua autosufficienza sia del tutto inconciliabile con la sussistenza di un ente trascendente (Dio) che esercita costantemente il suo diritto su di essa. (Guarda che Einstein del "Dio non gioca a dadi..." era ebreo!).
Nel pensiero cristiano, ripeto, non è così. Dio, al limite, leibnizianamente, ha armonizzato fin dal principio tutti gli orologi della Creazione, mostrandosi all'Uomo come Uomo ed una volta sola e per tutte. Poi (per modo di dire: chi opera aldilà del Tempo non ha un prima o un poi) assiste l'Uomo: lo assiste in tutti i sensi che il termine possiede nella lingua italiana. Questo, pensaci, è il fondamento filosofico e teologico della Libertà umana nella concezione cristiana: Libertà resa possibile dall'essere l'uomo protagonista e costruttore della Storia, l'uomo singolo e l'Uomo societas.
E' la Storia ad essere trascendente e a mostrare la Divinità umana, grazie alla prassi sociale: non Dio a produrla, incidendo in essa il suo autografo ogni volta.
L'ebreo è e resterà in attesa di ciò che il cristiano crede di aver già ricevuto.
Una differenza assoluta, radicale.
P.S.:Il resto del discorso che hai citato non è che uno sviluppo dialettico di quel "piccolo" germe nascosto.

La tua risposta è interessante. Il problema allora è che la fede può intossicare anche il pensiero delle persone più intelligenti?
Spesso lo penso.
Ma la fede allora è una presa di posizione?

Per quanto riguarda il trascendente: come posso sapere cosa avviene veramente nella coscienza di una persona che non sono io? Veniamo al mondo con la stessa dotazione interiore? L'apertura al trascendente ha un'unica manifestazione valida?

Non ho capito una cosa. Tu dici:"E' la Storia ad essere trascendente e a mostrare la Divinità umana, grazie alla prassi sociale" Cosa intendi per "prassi sociale"? Credevo che la prassi sociale, in generale, servisse a eludere pensieri e modi di vita più profondi.
michele7 is offline  
Vecchio 03-01-2015, 12.00.24   #6
SinceroPan
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

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Originalmente inviato da michele7
Buongiorno a tutti, è la prima volta che scrivo sul forum.

Sto leggendo "Chi è l'uomo", di Abraham Eschel, Rusconi editore.
Mi trovo in disaccordo sulla sua "dimostrazione" della non autosufficienza dell'uomo. E' da poco che mi occupo di filosofia, dunque vorrei avere un confronto con chi ne sa più di me. Prima di tutto cito la parte e poi argomento il mio punto di vista.
Heschel dice: "L'idea dell'autosufficienza della natura non è forse un enigma più grande dell'idea della dipendenza della natura da qualcosa che la oltrepassa? Infatti l'idea di dipendenza è una spiegazione, mentre l'autosufficienza è un concetto senza precedenti, cioè senza alcuna analogia con quanto si conosce della vita all'interno della natura. La stessa autosufficienza non è forse insufficiente a dare una spiegazione di se stessa? La nostra perplessità non troverà risposta se riferiamo l'esistenza umana a un'astrazione atemporale, subpersonale che noi chiamiamo essenza. Possiamo rendere giustizia all'essere umano soltanto riferendolo alla trascendente sollecitudine per l'essere."
Allora... che l'uomo trova significato soltanto in riferimento al trascendente mi vede d'accordo.
Ma non mi sembra corretto pensare a un'analogia tra la non autosufficienza dei sistemi della natura. Quindi si parla in termini di processi.
E la non autosufficienza dell'uomo, posta in termini di significato.
I processi della natura sono una realtà empirica.
Il significato dell'uomo si riferisce al trascendente.

Grazie per l'attenzione e per la possibilità di confronto
Michele


ciao.. secondo me :

sia la fede nella esistenza di Dio (non autosufficienza) sia la fede nella non esistenza di Dio (autosufficienza) sono Entrambe Fedi..

cioè è Impossibile Logicamente sia Negare sia Affermare la loro Verità (S. Anselmo e Tommaso credevano di esserci riusciti : ma le loro demo non mi convincono)..

ogni Fede esige un Atto di Volontà che dice Sì o No..
la differenza tra le 2 Fedi è che quella che dice Sì pensa che vi sia un Oltre il Veduto Fenomenologicamente.. mentre chi dice No pensa che NON vi Possa Essere un Invisibile Ontologicamente..

un tentativo di Auto-Fondazione Logica (che spezza la Regressio ad OO di Tommaso) lo ha fatto Emanuele Severino sfruttando il Principio di Non AutoContraddizione di Aristotele.. associandolo alla tecnica dimostrativa dell'Elencons cioè della Confutazione di chi Tenta di Negare il PDNAC.. in pratica Severino dice : se uno "Afferma A= NON-A" allora anche il Segno "=" può essere Interpretato come "Diverso".. e quindi il Negatore si trova a dire "Affermo che A diverso Non-A" cioè si AUTO-NEGA.. Severino poi continua e dice che sulla base di questo Unico Principio Logico Inviolabile allora Tutto è Eterno.. noi Siamo già Morti ma non lo vediamo.. Giulio Cesare è ancora vivo ma non lo vediamo.. cioè Severino pone la Logica Sopra gli Illusori Sensi Fenomenologici..
.

PS: la Filosofia è solo dubbi.. dibattito tra filosofi ed appassionati che da sempre dicono l'opposto.. ognuno si costruisce il suo castello.. se accetti il dubbio sapendo che la meta è irragiungibile la filosofia fa per te.. se invece cerchi certezze meglio rifugiarsi in una Religio o nella S-Pensieratezza del Quotidiano (finchè dura)..
.
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Vecchio 04-01-2015, 20.02.37   #7
sgiombo
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Heschel dice: "L'idea dell'autosufficienza della natura non è forse un enigma più grande dell'idea della dipendenza della natura da qualcosa che la oltrepassa? Infatti l'idea di dipendenza è una spiegazione, mentre l'autosufficienza è un concetto senza precedenti, cioè senza alcuna analogia con quanto si conosce della vita all'interno della natura. La stessa autosufficienza non è forse insufficiente a dare una spiegazione di se stessa? La nostra perplessità non troverà risposta se riferiamo l'esistenza umana a un'astrazione atemporale, subpersonale che noi chiamiamo essenza. Possiamo rendere giustizia all'essere umano soltanto riferendolo alla trascendente sollecitudine per l'essere."
Allora... che l'uomo trova significato soltanto in riferimento al trascendente mi vede d'accordo.
Ma non mi sembra corretto pensare a un'analogia tra la non autosufficienza dei sistemi della natura. Quindi si parla in termini di processi.
E la non autosufficienza dell'uomo, posta in termini di significato.
I processi della natura sono una realtà empirica.
Il significato dell'uomo si riferisce al trascendente.

Grazie per l'attenzione e per la possibilità di confronto
Michele

Se l' idea della dipendenza della natura da qualcosa che la oltrepassa fosse una spiegazione (Heschel) della natura stessa di cui ci fosse bisogno, allora ci sarebbe ugualmente bisogno di una spiegazione dl fatto che la natura dipende da qualcosa che la oltrepassa (o di una spiegazione del qualcosa che oltrepassa la natura e la spiega), in un regresso all’ infinito.



La (rispettabilissima e interessantissima) questione (filosofica) di una spiegazione (relativamente complessiva) della natura (e quella della spiegazione ancor più complessiva della realtà in toto, nei suoi aspetti naturali-materiali e in quelli non naturali-materiali: mentali o di pensiero) é completamente diversa da quella delle spiegazioni scientifiche (altrettanto rispettabili; e per me -per quel che può valere: del tutto soggettivamente- “un filino meno interessanti”) di “parti” della natura mediante altre “parti” della natura”. Per esempio di eventi particolari concreti mediante leggi generali astratte del divenire naturale (come la caduta al suolo dei corpi materiali mediante la legge galileiana della costanza dell’ accelerazione di gravità terrestre); o anche di leggi relativamente generali e astratte mediante leggi ulteriormente generali e astratte (come la suddetta legge galileiana e le leggi di Keplero dei moti dei pianeti relativamente al sole attraverso la legge newtoniana della gravitazione universale).

La questione filosofica sorge dal fatto che ciò che è “reale unicamente in quanto pensato”, puramente e semplicemente in quanto oggetto di pensiero, in quanto pensabile e conoscibile) da una parte e ciò che è “reale anche se non pensato”, e dunque “non unicamente, puramente e semplicemente in quanto (anche eventualmente) oggetto di pensiero bensì in quanto ente o evento reale (eventualmente anche pensabile e conoscibile) dall’ altra parte non coincidono necessariamente. Non sono, necessariamente, sempre e comunque la stessa cosa, lo stesso “ciò” che…
Si possono pensare (realmente) “cose” (enti ed eventi) che non esistono o accadono, che non sono reali (se non limitatamente al loro essere pensati); e possono essere reali (indipendentemente dall’ eventualità di essere anche pensati o meno) “cose” (enti ed eventi) che non sono pensate.
Dunque si possono immaginare infinite realtà (complessivamente intese) diverse da quella (unica) che di fatto (realmente) accade, e caratterizzate da un’ infinità di diversi “contenuti positivi” (qualcosa), o anche (una caratterizzata) dall’ assenza di alcun “contenuto positivo” (nulla).
Questo induce a porsi la leibniziana domanda sul “perché esiste qualcosa anziché niente?”.

La soluzione per me sta nella considerazione che

pensabile =/= reale, ma

reale =/= possibile

E’ bensì pensabile che la realtà sia diversa da quella che è (fatta di altre cose o fatta di nulla); ma non è affatto possibile per il pr. di identità - non contraddizione tanto caro ai severiniani; cioè secondo me (ma non certo secondo i severiniani!) puramente e semplicemente per la definizione (arbitraria; dei concetti) di “essere” e “non essere”; o, per dire la stessa cosa con altre parole, per il semplice fatto che per “ciò che è” si intende “qualcosa che non può non essere” e per “ciò che non è” si intende “qualcosa che non può essere”.
Dunque:

possibile = pensabile =/= reale

poiché

reale = necessario

Per definizione (ciò che è non può non essere; id est: necessariamente è; id est: è necessario sia; ciò che non è non può essere; id est: necessariamente non è; id est: è necessario non sia).



Tutto ciò dimostra che il (rispettabilissimo e interessantissimo) problema filosofico è uno pseudoproblema:

Avrebbe senso chiedersi perché la realtà è così com’ è e non diversamente (potendo essere diversamente) solo se realmente, effettivamente, veracemente potesse non essere così com’ è ma invece diversamente (in qualsiasi modo pensabile, compreso il nulla) = “perché accade qualcosa piuttosto di qualcos’ altro che potrebbe invece accadere?”.

Ma dal momento che realmente, effettivamente, veracemente non può non essere così com’ è (e non affatto diversamente, in qualsiasi diverso modo pensabile, compreso il nulla), allora non ha senso chiedersi “perché accade qualcosa piuttosto di qualcos’ altro che non potrebbe invece accadere (ma casomai potrebbe solamente essere pensato)?” O se proprio si insiste a chiederselo la risposta sarebbe “appunto per il fatto che qualcos’ altro non potrebbe accadere. Per definizione (arbitraria; di “essere” e “non essere”)”.

E lo spiega con la circostanza della non necessaria, non inevitabile coincidenza di “reale” e “pensato-pensabile”; ma non di “reale” e (realmente, effettivamente, veracemente, bensì solo illusoriamente, falsamente) “possibile”, bensì di “reale” e “necessario”.

Ultima modifica di sgiombo : 05-01-2015 alle ore 11.52.22.
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Vecchio 10-01-2015, 19.33.18   #8
green&grey pocket
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

Per intendere il pensiero giudaico (Heschel) dobbiamo fare uno sforzo particolare.
Per loro Dio non è oltremondano, bensì è un ente del mondo, il principale.
La questione storica del patto, si è sviluppato come la questione della parola, ossia della impotenza dell'uomo a pronunciarla.
Ma non è solo dell'uomo, nella visione di Heschel riguarda in generale il problema della consustatazione, fra natura e Dio.
La natura è un processo di Dio di cui l'uomo è l'unico custode delle chiavi di decifrazione.
In particolare questo è il compito impossibile a cui Dio chiama l'ebreo, che perciò diventa il tema dell'ebreo errante, non solo che non ha dimora, ma anche che sbaglia.
Il concetto di incommensurabilità del divino è stata dalla scolastica risolto come processo consequenziale delle istanze di perfezione divina.(e quindi a ben vedere di regressione infinita alle cause ultime).
Nella dimensione cristiana si è persa però completamente la riflessione sulla erranza, e infatti la storia per noi è il frutto di un pensiero causale situazionale, ma sicuramente sorretto dalla giustizia, e dalla ragione, un pensiero scientifico, storico progressivo e progressista, anche nelle sue istanze conservative.
In questo senso anche tu, prima degli altri sei enormemente influenzato dal credo cristiano, in quanto ti sembra che vi sia scorrettezza nell'analogia con la autosufficienza, che per te, e i cristiani in genere, è infallibilmente frutto di una sicurezza secolare, cioè scientifica.
Il soggetto umano nonostante galileo, è ancora al centro del nosro modo di intendere la vita.
Ma non è così nella dimensione globale del credere.
La dimensione globale è assai più vicina alle idee di sacrificio, di inessenzialità disumana(questo nel senso proprio occidentale nostro, ovvio, non tutto è da buttare direbbe Lenin!) , al centro delle visioni ebraico-musulmane.
In realtà è così anche per noi, nella vita consumistica siamo vittime, sacrificali al grande Moloch del Dio Denaro.(e infatti la globalizzazione parte da lì dal pensiero guerreggiante tra il fantamsa giudaico e quello islamico, alias: quale sacrificio?).
Diverso è il caso del lutto occidentale, per cui necessiterebbe ben altre parole che il semplice interrogarsi se l'uomo è autosufficiente o no.
Infatti a me il giusnaturalismo crisitiano (con tutte le sue ca
**ate dell'"auton", tipo autocoscienza, autoaffermazione, autosufficienza etc..) così latente nella nostra cultura mi fa rabbrividire ogni volta.
Come se il problema della cronaca fosse il mostro e non la paura della morte.Come se l'auton, l'automatico (il ripetitivo, lo stabile, il fermo) fosse sicuramente una compensazione vincente alla morte (al divenire).(follia)
Siamo ancora nell'infanzia della umanità....poveri noi!
green&grey pocket is offline  
Vecchio 11-01-2015, 12.25.29   #9
SinceroPan
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

x Sgiombo :

io credo in questa affermazione del filosofo contemporaneo Vincenzo Vitiello : "a rigore noi non possiamo neppure dire se abbiamo oppure no lenti colorate che deformano la realtà" .. Violazione de Pdnac di cui parli non c'è perche il Pdnac dice :"è impossibile che una stessa cosa sia e non sia SOTTO IL MEDESIMO RISPETTO (ed Aristotele aggiunge vs Permenide: allo stesso tempo)". In semplicese : se tu guardi un muro bianco (fenomeno) e dici che potrebbe esser nero violeresti Pdnac.. ma Kant direbbe: tu guardi 1 metro di muro bianco (fenomeno) e non ti accorgi che gli altri km ed il retro (noumeno) sono neri.. ma il Davanti ed il Retro sono SOTTO DIVERSI RISPETTI..

x Green Pocket : anche al teologo cattolico/eretico Mancuso gli ho sentito dire "il Regno di Dio include Dio ed il Mondo" .. non sapevo che anche gli Ebrei la pensassero così.. 6 sicuro ? quali fonti ?

x Green Pocket : tecnica consumistica/capitalistica (dei più) e religioni (dei molti) e filosofia (dei pochi) hanno tutte Stesso Scopo: curare, tenere sotto controllo, dare un senso all'Angst del Nulla (futuro, rischio, malattia ed infine morte).. credo che valutare queste Diverse Cure in termini di Verità o di Morale non sia Adeguato.. sarebbe meglio valutarle in termini di Efficacia.. le Masse Occidentali Secolarizzate scelgono Consumo xrchè è qui ed ora molto più Efficace = Funziona vs Al di Là.. il problema sarà nel lungo periodo : se Capitalismo è Destinato al Tramonto, e Fedi Tradizionali son Dimenticate.. DOVE SI SFOGERA' ANGST PLANETARIA NON PIU' CONTROLLATA ?
.
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Vecchio 11-01-2015, 17.16.49   #10
paul11
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Riferimento: Abraham Heschel e la non autosufficienza dell'uomo

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ciao.. secondo me :

sia la fede nella esistenza di Dio (non autosufficienza) sia la fede nella non esistenza di Dio (autosufficienza) sono Entrambe Fedi..

cioè è Impossibile Logicamente sia Negare sia Affermare la loro Verità (S. Anselmo e Tommaso credevano di esserci riusciti : ma le loro demo non mi convincono)..

ogni Fede esige un Atto di Volontà che dice Sì o No..
l
.

Se si pensa che Dio sia un'equazione matematica o una costruzione logica ,allora vedere la dimostrazione dell'esistenza di Dio di Godel (il più grande logico esistito)che stranamente essendo logico....era un credente(ma infondo anche l'altro grande logico Aristotele era forse un ateo?)....e allora porsi poi un'ulteriore domanda: se la logica può dimostrare Dio
paul11 is offline  

 



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