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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-06-2015, 11.18.57   #1
CVC
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Approccio quantitativo vs selettivo

Riguardo all'informazione, nella dicotomia fra informazione e approfondimento, in un ipotetico confronto fra le due cose la seconda ne uscirebbe schiacciata. Non c'è confronto. Proviamo ad immaginare un coscienzioso addetto alla pubblica informazione che cerchi diligentemente di approfondire la notizia che sta dando. Nel momento stesso in cui ci prova il suo discorso viene continuamente interrotto e infine sommerso da un'infinità di ulteriori nuove notizie che si accavallano, e ciascuna delle quali richiede la priorità dell'attenzione in virtù della sua maggiore immediatezza, e ciascuna delle quali esigerebbe un suo approfondimento. Come si fa a non impazzire? Come si fa ad uscirne?
L'unica risposta possibile è quella di selezionare, in base ad un qualche criterio, le informazioni che meritano la priorità sulle altre. Come i codici verdi, rosso e giallo del pronto soccorso. Non prendo in esame quale debba essere tale criterio perché ciò meriterebbe un discorso a parte. Mi limito a sottolineare che per fare qualcosa di sensato in mezzo al tourbillon delle informazioni, occorre fare una selezione.
Ora, l'approccio su cui fanno sempre più affidamento le scienze è quello quantitativo. Il metodo statistico-probabilistico ha bisogno, per essere tanto più preciso, di quante più informazioni sia in grado di gestire e di essere costantemente aggiornato. In altre parole, è come se le decisioni che dobbiamo prendere nella nostra vita (cosa mangiare, come procurarsi i mezzi di sostentamento, come curare la propria salute, che persone frequentare) siano continuamente tenute in ansia dall'incessante aggiornarsi di nuove informazioni che ininterrottamente dirottano la nostra attenzione su qualcos'altro o ci impongono di rivedere i nostri giudizi su qualcosa o qualcuno.
Si può ipotizzare che se qualcuno decidesse di staccare ogni tanto la spina, se per qualche tempo facesse tacere tv, pc, Smartphone e Tablet, forse avrebbe qualcosa da guadagnarci in termini di maggior coerenza decisionale? O e maggiore, di questo beneficio, il rischio che si corre a perdersi delle informazioni, alcune delle quali potrebbero essere di importanza vitale?
Conclusione: non so a voi, ma a me pare proprio di vivere cercando continuamente i mezzi per vivere.... nella confusione.
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Vecchio 10-06-2015, 21.34.44   #2
Galvan 1224
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Riferimento: Approccio quantitativo vs selettivo

CVC - ... riguardo all'informazione, nella dicotomia fra informazione e approfondimento, in un ipotetico confronto fra le due cose la seconda ne uscirebbe schiacciata. Non c'è confronto. Proviamo ad immaginare un coscienzioso addetto alla pubblica informazione che cerchi diligentemente di approfondire la notizia che sta dando. Nel momento stesso in cui ci prova il suo discorso viene continuamente interrotto e infine sommerso da un'infinità di ulteriori nuove notizie che si accavallano, e ciascuna delle quali richiede la priorità dell'attenzione in virtù della sua maggiore immediatezza, e ciascuna delle quali esigerebbe un suo approfondimento. Come si fa a non impazzire? Come si fa ad uscirne?
L'unica risposta possibile è quella di selezionare, in base ad un qualche criterio, le informazioni che meritano la priorità sulle altre. Come i codici verdi, rosso e giallo del pronto soccorso. Non prendo in esame quale debba essere tale criterio perché ciò meriterebbe un discorso a parte. Mi limito a sottolineare che per fare qualcosa di sensato in mezzo al tourbillon delle informazioni, occorre fare una selezione.


Credo che una cosa del genere, più o meno efficacemente, sia già all'opera nell’uomo. Riporto qui sotto un esempio di chi la pensa come me (prima di me).

WIKI - Le porte della percezione (The Doors of Perception) è un saggio breve di Aldous Huxley del 1954, di particolare interesse e originalità in quanto tratta esperienze vissute tramite l'utilizzo della mescalina, principio attivo del cacto Lophophora williamsii (ossia il peyote). Il testo è il frutto della collaborazione con lo psicologo Humphrey Osmond. L'opera è seguita nel 1956 dal saggio breve Paradiso e Inferno, che la continua. I due saggi sono pubblicati insieme nell'edizione italiana Mondadori.
Il testo è suddiviso in due parti: il racconto delle esperienze e l'analisi di esse. Dopo l'assunzione della sostanza psichedelica, l'autore nota una vivificazione dei colori che risultano oltremodo sgargianti, e un'inibizione ad agire. Il testo dell'opera, misto a continue citazioni e paragoni, tende a dimostrare che la funzione del cervello è di valvola riduttrice delle esperienze che l'organo ritiene inutili alla sopravvivenza dell'individuo. La mescalina, inibendo l'assimilazione di glucosio da parte del cervello, ne ridurrebbe la facoltà di filtro. L'attenzione viene distolta per effetto della sostanza psichedelica dai costrutti culturali consueti della quotidianità e rediretta verso diverse forme di interesse. Huxley ritiene che qui si possa formare una sorta di esperienza mistica, un grado diverso e più elevato di consapevolezza e di percezione.
Come prova di esperienza mistica, Huxley è convinto che rivesta una particolare importanza il riconoscimento del colore, motivo per cui considera il sogno - normalmente monocromatico - un'esperienza parziale[2]. In proposito riporta una lunga citazione di Goethe per sostenere come la comunicazione verbale sia una convenzione necessaria della nostra cultura ma non lo strumento più alto: la comunicazione visuale ha maggiore capacità evocativa e di risveglio delle facoltà spirituali.


Molto interessante il suggerimento che la comunicazione verbale abbia minor potere evocativo di quella visuale… Goethe c’aveva azzeccato, vedi il potere odierno dei nuovi media… anche se non sembra siano impiegati per risvegliar granché di spirituale… (ah, Raffaello…)

CVC - Ora, l'approccio su cui fanno sempre più affidamento le scienze è quello quantitativo. Il metodo statistico-probabilistico ha bisogno, per essere tanto più preciso, di quante più informazioni sia in grado di gestire e di essere costantemente aggiornato. In altre parole, è come se le decisioni che dobbiamo prendere nella nostra vita (cosa mangiare, come procurarsi i mezzi di sostentamento, come curare la propria salute, che persone frequentare) siano continuamente tenute in ansia dall'incessante aggiornarsi di nuove informazioni che ininterrottamente dirottano la nostra attenzione su qualcos'altro o ci impongono di rivedere i nostri giudizi su qualcosa o qualcuno.

Che le scienze si affidino SEMPRE più alla quantità ho qualche dubbio… per il bosone di Higgs ad esempio mi pare non siano stati effettuati un gran numero di esperimenti prima di proclamare al mondo la sua scoperta… (questo apre il discorso su chi e con quali scopi gestisce il progresso scientifico…).

Le decisioni che alfine concretizzeremo nella nostra vita, dal cibo che metteremo in bocca a quelle ben più complesse… alla fine le prenderemo comunque e qualcosa mangeremo di sicuro… come decideremo se sottoporci a una cura piuttosto che un’altra.

Alcune volte ci sarà parso d’aver ben valutato le nostre motivazioni a fronte degli input (informazioni) cui abbiamo potuto accedere e di aver agito nel modo più razionale (almeno per noi).

Altre volte ci sarà capitato di non aver potuto frequentare chi ci ispirava… magari noi non ispiravamo lui o lei…

Altre ancora, pur a un millimetro dall’agire come abbiamo ritenuto giusto, accade qualcosa d’inaspettato…

... Buzzati prendeva spunto da un episodio realmente accaduto il giorno prima a New York, quando la vedova 45enne Mildred Oakes aveva deciso di suicidarsi, gettandosi dal quinto piano di un albergo di Manhattan. In strada si erano radunate cinquemila persone, mentre le forze dell’ordine cercavano di far desistere la donna, seduta in camicia da notte sul davanzale della finestra. Tutto, però, risultava inutile e la vedova continuava a minacciare l’estremo gesto. Finché, un telefono nella camera trillò. Nessuno, come colto da un baleno d’illuminazione divina, si mosse. Finché Mildred non scese dal davanzale, andando a rispondere.

http://www.tempi.it/e-il-telefono-tr...e#.VWU-A-v8H5Y

Riportato da: Il Valore dell'Illusione/il senso nascosto dell'Illusione , da acquario. (P.s. – anch’io apprezzo Buzzati e mi riprometto di rendergli un tributo…)


CVC - Si può ipotizzare che se qualcuno decidesse di staccare ogni tanto la spina, se per qualche tempo facesse tacere tv, pc, Smartphone e Tablet, forse avrebbe qualcosa da guadagnarci in termini di maggior coerenza decisionale? O è maggiore, di questo beneficio, il rischio che si corre a perdersi delle informazioni, alcune delle quali potrebbero essere di importanza vitale?
Conclusione: non so a voi, ma a me pare proprio di vivere cercando continuamente i mezzi per vivere.... nella confusione.


Ritengo ci sia un percorso per ognuno di noi… nel mio la TV e altri media non esistono o sono minimi, ma non son sicuro che questo abbia comportato maggior coerenza decisionale… anzi… mi affido sempre più all’intuizione e ispirazione del momento…

La confusione (di genere, ruoli, idee, credenze… ) pare una caratteristica di questa fase storica, soprattutto per la cultura occidentale… che ci ha portato ben avanti, sin quasi al bordo dell’abisso… ancora poco e dovremo decidere che fare… non ambisco a tornare indietro, non resisto all’onda che mi sospinge e attendo di vedere dove mi porterà (senza nutrir troppe speranze) sperando d’aver lucidità nell’ultimo istante per dir che ne è valsa la pena e accomiatarmi dalla bellezza (nelle sue varie manifestazioni) che talora ho incontrato.

un saluto
Galvan 1224 is offline  
Vecchio 11-06-2015, 07.59.25   #3
acquario69
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Riguardo all'informazione, nella dicotomia fra informazione e approfondimento, in un ipotetico confronto fra le due cose la seconda ne uscirebbe schiacciata. Non c'è confronto. Proviamo ad immaginare un coscienzioso addetto alla pubblica informazione che cerchi diligentemente di approfondire la notizia che sta dando. Nel momento stesso in cui ci prova il suo discorso viene continuamente interrotto e infine sommerso da un'infinità di ulteriori nuove notizie che si accavallano, e ciascuna delle quali richiede la priorità dell'attenzione in virtù della sua maggiore immediatezza, e ciascuna delle quali esigerebbe un suo approfondimento. Come si fa a non impazzire? Come si fa ad uscirne?
L'unica risposta possibile è quella di selezionare, in base ad un qualche criterio, le informazioni che meritano la priorità sulle altre. Come i codici verdi, rosso e giallo del pronto soccorso. Non prendo in esame quale debba essere tale criterio perché ciò meriterebbe un discorso a parte. Mi limito a sottolineare che per fare qualcosa di sensato in mezzo al tourbillon delle informazioni, occorre fare una selezione.
Ora, l'approccio su cui fanno sempre più affidamento le scienze è quello quantitativo. Il metodo statistico-probabilistico ha bisogno, per essere tanto più preciso, di quante più informazioni sia in grado di gestire e di essere costantemente aggiornato. In altre parole, è come se le decisioni che dobbiamo prendere nella nostra vita (cosa mangiare, come procurarsi i mezzi di sostentamento, come curare la propria salute, che persone frequentare) siano continuamente tenute in ansia dall'incessante aggiornarsi di nuove informazioni che ininterrottamente dirottano la nostra attenzione su qualcos'altro o ci impongono di rivedere i nostri giudizi su qualcosa o qualcuno.
Si può ipotizzare che se qualcuno decidesse di staccare ogni tanto la spina, se per qualche tempo facesse tacere tv, pc, Smartphone e Tablet, forse avrebbe qualcosa da guadagnarci in termini di maggior coerenza decisionale? O e maggiore, di questo beneficio, il rischio che si corre a perdersi delle informazioni, alcune delle quali potrebbero essere di importanza vitale?
Conclusione: non so a voi, ma a me pare proprio di vivere cercando continuamente i mezzi per vivere.... nella confusione.

anche a me e' capitato di rifletterci sopra alla questione e devo dire che la prima cosa che mi e' venuta in mente e' che prima che tutta questa gigantesca mole di informazione invadesse la nostra vita,(con annessi tecnologici) ricordo che avevo più capacita di concentrazione,ora in un certo senso devo "lavorarci" sopra per ottimizzarla.
e inoltre molto del tempo impiegato veniva vissuto,diciamo meno mentalmente e più emotivamente diretto al "reale"…si perché secondo me il pericolo e' pure questo; quando volendo o meno abbiamo troppe cose in testa difficilmente riusciamo a cogliere quelle sfumature che si rivelano poi così importanti e che non riguarderebbero solo la nostra parte razionale.

io credo che per non affogare un buon metodo sia quello di rendere necessario allacciarsi all'informazione ma senza che la nostra personalità ne venga distaccata,od annullata,puntando sulla qualità anziché la quantità,ossia rimanere saldi e in contatto con se stessi,con la nostra memoria (attiva e non passiva!) e tutto il resto che ci appartiene e non come può succedere,prendendo l'informazione solo come un ulteriore aggiunta (non e' importante sapere più cose di per se,quello risulterebbe solo fine a se stesso e del tutto sterile)
cio che conta e' questa connessione..senza la quale potremmo leggere un intera biblioteca senza che una sola virgola sia penetrata in noi,e credo che seguendo questo atteggiamento a quel punto anche la selezione ne venga molto facilitata,perché diventa pure qualcosa che si "avverte a pelle"
acquario69 is offline  
Vecchio 11-06-2015, 08.31.43   #4
CVC
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CVC - ... riguardo all'informazione, nella dicotomia fra informazione e approfondimento, in un ipotetico confronto fra le due cose la seconda ne uscirebbe schiacciata. Non c'è confronto. Proviamo ad immaginare un coscienzioso addetto alla pubblica informazione che cerchi diligentemente di approfondire la notizia che sta dando. Nel momento stesso in cui ci prova il suo discorso viene continuamente interrotto e infine sommerso da un'infinità di ulteriori nuove notizie che si accavallano, e ciascuna delle quali richiede la priorità dell'attenzione in virtù della sua maggiore immediatezza, e ciascuna delle quali esigerebbe un suo approfondimento. Come si fa a non impazzire? Come si fa ad uscirne?
L'unica risposta possibile è quella di selezionare, in base ad un qualche criterio, le informazioni che meritano la priorità sulle altre. Come i codici verdi, rosso e giallo del pronto soccorso. Non prendo in esame quale debba essere tale criterio perché ciò meriterebbe un discorso a parte. Mi limito a sottolineare che per fare qualcosa di sensato in mezzo al tourbillon delle informazioni, occorre fare una selezione.


Credo che una cosa del genere, più o meno efficacemente, sia già all'opera nell’uomo. Riporto qui sotto un esempio di chi la pensa come me (prima di me).

WIKI - Le porte della percezione (The Doors of Perception) è un saggio breve di Aldous Huxley del 1954, di particolare interesse e originalità in quanto tratta esperienze vissute tramite l'utilizzo della mescalina, principio attivo del cacto Lophophora williamsii (ossia il peyote). Il testo è il frutto della collaborazione con lo psicologo Humphrey Osmond. L'opera è seguita nel 1956 dal saggio breve Paradiso e Inferno, che la continua. I due saggi sono pubblicati insieme nell'edizione italiana Mondadori.
Il testo è suddiviso in due parti: il racconto delle esperienze e l'analisi di esse. Dopo l'assunzione della sostanza psichedelica, l'autore nota una vivificazione dei colori che risultano oltremodo sgargianti, e un'inibizione ad agire. Il testo dell'opera, misto a continue citazioni e paragoni, tende a dimostrare che la funzione del cervello è di valvola riduttrice delle esperienze che l'organo ritiene inutili alla sopravvivenza dell'individuo. La mescalina, inibendo l'assimilazione di glucosio da parte del cervello, ne ridurrebbe la facoltà di filtro. L'attenzione viene distolta per effetto della sostanza psichedelica dai costrutti culturali consueti della quotidianità e rediretta verso diverse forme di interesse. Huxley ritiene che qui si possa formare una sorta di esperienza mistica, un grado diverso e più elevato di consapevolezza e di percezione.
Come prova di esperienza mistica, Huxley è convinto che rivesta una particolare importanza il riconoscimento del colore, motivo per cui considera il sogno - normalmente monocromatico - un'esperienza parziale[2]. In proposito riporta una lunga citazione di Goethe per sostenere come la comunicazione verbale sia una convenzione necessaria della nostra cultura ma non lo strumento più alto: la comunicazione visuale ha maggiore capacità evocativa e di risveglio delle facoltà spirituali.


Molto interessante il suggerimento che la comunicazione verbale abbia minor potere evocativo di quella visuale… Goethe c’aveva azzeccato, vedi il potere odierno dei nuovi media… anche se non sembra siano impiegati per risvegliar granché di spirituale… (ah, Raffaello…)

CVC - Ora, l'approccio su cui fanno sempre più affidamento le scienze è quello quantitativo. Il metodo statistico-probabilistico ha bisogno, per essere tanto più preciso, di quante più informazioni sia in grado di gestire e di essere costantemente aggiornato. In altre parole, è come se le decisioni che dobbiamo prendere nella nostra vita (cosa mangiare, come procurarsi i mezzi di sostentamento, come curare la propria salute, che persone frequentare) siano continuamente tenute in ansia dall'incessante aggiornarsi di nuove informazioni che ininterrottamente dirottano la nostra attenzione su qualcos'altro o ci impongono di rivedere i nostri giudizi su qualcosa o qualcuno.

Che le scienze si affidino SEMPRE più alla quantità ho qualche dubbio… per il bosone di Higgs ad esempio mi pare non siano stati effettuati un gran numero di esperimenti prima di proclamare al mondo la sua scoperta… (questo apre il discorso su chi e con quali scopi gestisce il progresso scientifico…).

Le decisioni che alfine concretizzeremo nella nostra vita, dal cibo che metteremo in bocca a quelle ben più complesse… alla fine le prenderemo comunque e qualcosa mangeremo di sicuro… come decideremo se sottoporci a una cura piuttosto che un’altra.

Alcune volte ci sarà parso d’aver ben valutato le nostre motivazioni a fronte degli input (informazioni) cui abbiamo potuto accedere e di aver agito nel modo più razionale (almeno per noi).

Altre volte ci sarà capitato di non aver potuto frequentare chi ci ispirava… magari noi non ispiravamo lui o lei…

Altre ancora, pur a un millimetro dall’agire come abbiamo ritenuto giusto, accade qualcosa d’inaspettato…

... Buzzati prendeva spunto da un episodio realmente accaduto il giorno prima a New York, quando la vedova 45enne Mildred Oakes aveva deciso di suicidarsi, gettandosi dal quinto piano di un albergo di Manhattan. In strada si erano radunate cinquemila persone, mentre le forze dell’ordine cercavano di far desistere la donna, seduta in camicia da notte sul davanzale della finestra. Tutto, però, risultava inutile e la vedova continuava a minacciare l’estremo gesto. Finché, un telefono nella camera trillò. Nessuno, come colto da un baleno d’illuminazione divina, si mosse. Finché Mildred non scese dal davanzale, andando a rispondere.

http://www.tempi.it/e-il-telefono-tr...e#.VWU-A-v8H5Y

Riportato da: Il Valore dell'Illusione/il senso nascosto dell'Illusione , da acquario. (P.s. – anch’io apprezzo Buzzati e mi riprometto di rendergli un tributo…)


CVC - Si può ipotizzare che se qualcuno decidesse di staccare ogni tanto la spina, se per qualche tempo facesse tacere tv, pc, Smartphone e Tablet, forse avrebbe qualcosa da guadagnarci in termini di maggior coerenza decisionale? O è maggiore, di questo beneficio, il rischio che si corre a perdersi delle informazioni, alcune delle quali potrebbero essere di importanza vitale?
Conclusione: non so a voi, ma a me pare proprio di vivere cercando continuamente i mezzi per vivere.... nella confusione.


Ritengo ci sia un percorso per ognuno di noi… nel mio la TV e altri media non esistono o sono minimi, ma non son sicuro che questo abbia comportato maggior coerenza decisionale… anzi… mi affido sempre più all’intuizione e ispirazione del momento…

La confusione (di genere, ruoli, idee, credenze… ) pare una caratteristica di questa fase storica, soprattutto per la cultura occidentale… che ci ha portato ben avanti, sin quasi al bordo dell’abisso… ancora poco e dovremo decidere che fare… non ambisco a tornare indietro, non resisto all’onda che mi sospinge e attendo di vedere dove mi porterà (senza nutrir troppe speranze) sperando d’aver lucidità nell’ultimo istante per dir che ne è valsa la pena e accomiatarmi dalla bellezza (nelle sue varie manifestazioni) che talora ho incontrato.

un saluto
Se le immagini sono più potenti della comunicazione discorsiva, ciò avviene perché le immagini agiscono più profondamente sull'inconscio, mentre il dialogo coinvolge maggiormente la sfera consapevole. Come mi pare dicesse Jung, è vero che l'inconscio è più potente del conscio, ma è stata la mente conscia e non l'inconscio a permettere all'uomo di dominare il mondo. Infatti gli illusionisti lo sanno bene ed usano consapevolmente le immagini mentali per agire sul profondo delle persone. I poeti fanno lo stesso per altri scopi. Le immagini e l'inconscio sono estremamente potenti, ma hanno bisogno di essere guidati.
Cercare o aspettare l'ispirazione credo significhi essere selettivi, ciò isolare uno stimolo o un'idea fra i tanti eventualmente disponibili, perché si riconosce in quella tal cosa ciò che non si riesce a riscontrare altrove. Prendiamo il dramma dello scrittore davanti al foglio bianco che non sa come riempire. Potrebbe seguire indiscriminatamente ogni lazzo che gli si affaccia nella mente pensando che, in termini di probabilità, se prova tanti input ha più possibilità di trovare quello giusto, ma anche di andare in confusione. Oppure potrebbe mettersi pazientemente in attesa di quello, l'unico, giusto.
A tal proposito è interessante la distinzione fatta dal matematico Poincarè sulle fasi dell'idea creativa: raccolta di informazioni, incubazione, illuminazione, verifica.
Di fatto c'è l'impossibilità di poter gestire tutte le informazioni e, d'altronde, di tutte sono solo poche quelle che ci servono realmente. È un po' come il principio di Pareto cui è dedicato un articolo nella rubrica di Riflessioni: il 20% delle cause produce l'80% degli effetti.
Il problema è che si gestiscono quotidianamente infinità di informazioni senza approfondirne nessuna. Meglio sarebbe sapere poco e bene che tanto e superficialmente.
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Vecchio 11-06-2015, 22.02.07   #5
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Yesterday, all my troubles seemed so far away,
Now it looks as though they're here to stay,
Oh I believe in yesterday.
Suddenly, I'm not half to man I used to be,
There's a shadow hanging over me.
Oh yesterday came suddenly.
Why she had to go?
I don't know she woldn't say.
I said something wrong,
Now I long for yesterday.
Yesterday, love was such an easy game to play,
Now I need a place to hide away,
Oh I believe in yesterday.



Ricordo un tempo passato quando mi fu chiesto cosa avessi da dire di mio… stranamente la banale domanda (ognuno incontra, prima o poi, le sue peculiari questioni) mi penetrò così in profondità da non riuscire più a eluderla.
Nel periodo di disorientamento che ne è seguito ho dovuto prender atto che gran parte (… la quasi totalità…) dei miei contenuti mi appartenevano come appartiene la macchia di vino al tovagliolo…

Uso volutamente una metafora per suggerire (come potrebbe il poeta cui ti richiami) la possibilità che differenti linguaggi (sonori, visivi, olfattivi…) quando usati nel tentativo di “scavalcar se stessi”, vale a dire con l’aspirazione d’andar oltre i propri limiti intrinseci, conducano in una zona potremmo dire di confine, dove dismettono la loro codifica e rivelano in parte (seppur minima) il famoso codice sorgente da cui tutti procedono.
In campo informatico potrebbe equivalere al linguaggio macchina sul quale si son poi sviluppati Basic… Java, C, ecc.

Messo a lavare il tovagliolo (con un po’ di detergente) ecco la macchia via via diminuir d’intensità e ripresentarsi il colore iniziale… che tuttavia conserva un tenue alone… a ricordar perennemente l’evento.

Rimiro il tovagliolo senza quella macchia e, astenendomi dal partecipar ad altre meravigliose feste altrui ricche di vini pregiati, mi vien da usarlo per tergere delle minuscole bollicine che vedo comparir sulla superficie della mia pelle… e vedo bene che quelle sì m’appartengono, provenendo da quel (poco) che sono…

Beh, il passo successivo fu di cercar d’assorbire con tal tovagliolo qualcosa d’ancor più effimero e inconsistente… sensazioni e pensieri, intuizioni… e molto lentamente discriminar quello che s’originava nella mia realtà interiore da quanto invece entrava senza esser invitato.

L’inconscio è tutto quello che non abbiamo avuto modo di sperimentare con nessun senso (o che non si è ancora o per sempre presentato) e successivamente conosciuto, correlandolo all’esperienza propria o altrui.

Si può ampliarne la visione… e definire l’inconscio (pur nella limitatezza delle definizioni) il totale dell’informazione… decisamente qualcosa di molto (troppo) grande… a Jung sono bastati i sogni di un breve periodo della sua vita per aver materiale per la restante…

Il conscio è quindi l’informazione decodificata più o meno proficuamente per mezzo di un linguaggio, qual che sia.


Caro CVC, permettimi di dissentire sulla pretesa della mente conscia di dominare il mondo… leggo oggi il millesimo caso dell’uomo che abbandonato dalla compagna ottiene d’aver un chiarimento con lei… finendo per ucciderla…

Non voglio qui parlar di situazioni politiche nazionali e internazionali… dove tutti parrebbero ben consci dei rischi e tuttavia le azioni corrispondenti… ognuno è libero d’interpretar gli eventi secondo quel che gli corrisponde.

Proponi che solo poche (forse una su cinque - il 20/80 di Pareto) siano le informazioni che ci servono realmente, stante l’impossibilità di verificarle tutte.

Per andar un po’ più in là del solo scrivere-replicare (se vorrai rispondere, invito esteso ai lettori): qual tipo di informazioni ritieni/ritenete siano state fondamentali nella (vostra) vita?


… McCartney compose l'intera melodia in sogno, nella sua stanza nella casa della sua fidanzata Jane Asher e della sua famiglia, in Wimpole Street, a Londra.[4] Al risveglio, corse ad un pianoforte e suonò il pezzo, per evitare che scivolasse nei recessi della sua mente…
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Vecchio 12-06-2015, 00.40.29   #6
paul11
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Originalmente inviato da CVC
Riguardo all'informazione, nella dicotomia fra informazione e approfondimento, in un ipotetico confronto fra le due cose la seconda ne uscirebbe schiacciata. Non c'è confronto. Proviamo ad immaginare un coscienzioso addetto alla pubblica informazione che cerchi diligentemente di approfondire la notizia che sta dando. Nel momento stesso in cui ci prova il suo discorso viene continuamente interrotto e infine sommerso da un'infinità di ulteriori nuove notizie che si accavallano, e ciascuna delle quali richiede la priorità dell'attenzione in virtù della sua maggiore immediatezza, e ciascuna delle quali esigerebbe un suo approfondimento. Come si fa a non impazzire? Come si fa ad uscirne?
L'unica risposta possibile è quella di selezionare, in base ad un qualche criterio, le informazioni che meritano la priorità sulle altre. Come i codici verdi, rosso e giallo del pronto soccorso. Non prendo in esame quale debba essere tale criterio perché ciò meriterebbe un discorso a parte. Mi limito a sottolineare che per fare qualcosa di sensato in mezzo al tourbillon delle informazioni, occorre fare una selezione.
Ora, l'approccio su cui fanno sempre più affidamento le scienze è quello quantitativo. Il metodo statistico-probabilistico ha bisogno, per essere tanto più preciso, di quante più informazioni sia in grado di gestire e di essere costantemente aggiornato. In altre parole, è come se le decisioni che dobbiamo prendere nella nostra vita (cosa mangiare, come procurarsi i mezzi di sostentamento, come curare la propria salute, che persone frequentare) siano continuamente tenute in ansia dall'incessante aggiornarsi di nuove informazioni che ininterrottamente dirottano la nostra attenzione su qualcos'altro o ci impongono di rivedere i nostri giudizi su qualcosa o qualcuno.
Si può ipotizzare che se qualcuno decidesse di staccare ogni tanto la spina, se per qualche tempo facesse tacere tv, pc, Smartphone e Tablet, forse avrebbe qualcosa da guadagnarci in termini di maggior coerenza decisionale? O e maggiore, di questo beneficio, il rischio che si corre a perdersi delle informazioni, alcune delle quali potrebbero essere di importanza vitale?
Conclusione: non so a voi, ma a me pare proprio di vivere cercando continuamente i mezzi per vivere.... nella confusione.

ciao CVC.
Non so quanto sia pertinente alla discussione, dal tuo punto di vista, ma "cascano a fagiolo" due studi che sto approfondendo: uno è sulle costruzioni psicologiche , l'altro è sulla teoria dei giochi e i modelli decisionali.
L'uno è psichico ,l'altro è razionale. Noi siamo le due cose contemporaneamente.
La costruzione psicologica è basata sulle aspettative e sulle repliche.
La nostra mente ,in base alle esperienze, al proprio vissuto, ritara continuamente le costruzioni affinchè siano in grado di anticipare un evento e poterlo gestire al meglio. Oserei dire che è da questo che nasce la predittivtà, cioè la conoscenza in questo caso razionale e non più psicologica, permette di gestire in anticipo un evento inaspettato.

In questo caso noi selezioniamo le informazioni che ci arrivano in base ai nostri costrutti,che riteniamo utili,non necessariamente in termini solo economici, questa utilità ciascuno di noi pensa ci servano per vivere meglio, quindi potrebbero essere anche morali,ci permettono di vivere serenamente con noi stessi.

L'informazione che selezioniamo in termini razionali per utilizzarli in svariate attività quotidiane fanno parte della teoria dei giochi, che non è altro che l'interattiivtà di diversi agenti in un determinato contesto dove il guadagno, il payoff, è appunto relazionato alla strategia dei contendenti. Le "mosse" che si fanno prevedono delle informazioni selezionate e questa informazione è perfetta se i contendenti conoscono strategie e guadagni attesi dell'avversario. Il dilemma del prigioniero è un esempio.

Questi due brevi esempi ,la costruzione psicologica e la teoria dei giochi, investono praticamnte tutto ciò che noi facciamo,pensiamo e ha bisogno continuamente di perfezionarsi attraverso l'ambiente che ci dà informazione in base alle nostre esperienze.
Noi viviamo in un tempo che è ormai un florilegio di informazioni e ciascuno di noi affina le proprie costruzioni mentali e le strategie in funzione di una propria tranquillità e serenità soggettiva.

Ogni soggetto quindi che è irrazionale e razionale cerca una oggettività( anche sulla presunta oggettività ci sarebbe da dire) che lo informi per affinare il proprio modello e in funzione di aspettative di eventi e interazioni con agenti negli svariati contesti che la vita ci offre.

Non essendoci una certezza e l'uomo lo sa vivendo la propria inquietudine, e lo sa la stessa scienza che sceglie modelli stocastici ,il più vicino possibile ad una certezza, ma è sempre un'approssimazione con il più breve scarto possible, questa anticipazione direi predittiva è il tentativo di acquietare l'inquietudine esistenziale così come la scienza cerca di avere sotto controllo il fenomeno, di poterlo prevedere e anticipare.

Il sapere molto di poco o il sapere poco ma di tutto è solo all'interno della nostra propria personale soggettività, di quello che ci piace o riteniamo utile,delle nostre passioni e delle nostre ragioni:è così che selezioniamo.
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Vecchio 12-06-2015, 10.11.46   #7
CVC
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Riferimento: Approccio quantitativo vs selettivo

Galvan 1224

Penso che Jung intendesse che l'uomo cosciente ha dominato il mondo nel senso che ha costruito strade, case, bonificato campi, migliorato le condizioni di vita. Ben altra cosa è raggiungere il dominio di sé, impresa impossibile o comunque per pochi. Anche se, pur non raggiungendo la perfezione, è sempre possibile perfezionarsi.
Secondo me il principio di Pareto ha il suo perché. Se ci pensi bene basterebbe un semplice esperimento, scriviti su un pezzetto di carta tutte le cose che fai durante la giornata, e poi sottolinea quelle a cui ci tieni davvero. Secondo me non si va lontano dal 20/80 ( cioè il 20% delle cose ti dannol'80% della soddisfazione)
Anche Lovecraft compose tutti i suoi racconti trascrivendo i sogni fatti. Non so se ho compreso bene la metafora del tovagliolo, ma se il tovagliolo è l'anima, si tratta allora di constatare, al di la di ciò che suggeriscono i nostri ragionamenti, di ciò che l'anima trattiene, come il tovagliolo la macchia, e di ciò che invece le scivola via o può comunque essere pulito e rimosso. È un punto di vista interessante. Anche perché che il tovagliolo trattenga o no la macchia, dipende anche dal tessuto del tovagliolo...

Paul11
Riguardo al fatto che la mente anticipi gli eventi, ritengo sia perché, come dicevano gli stoici, noi siamo strettamente dipendenti dalle nostre opinioni. Ciò che ci fa soffrire o gioire non è mai la cosa in sé, ma la nostra opinione della cosa, il giudicarla un bene o un male. La mente formula le sue opinioni e tutto il nostro sentire successivo è la variabile dipendente di tali opinioni. Perciò Seneca diceva che non bisogna vedere cose diverse ma le stesse cose con occhi diversi. In altre parole, diventare padroni di sé e della propria vita significa essere padroni delle proprie opinioni.
Visto che parli di teoria dei giochi, ti confesso che il post è stato più o meno inconsciamente ispirato da una recente lettura di un libro su Warren Buffett, dove si criticava la teoria dei mercati efficienti. Questa sostiene che nel mercato i prezzi si muovono a caso, quindi si consigliano portafogli diversificati per la gestione del rischio. Dunque un approccio quantitativo, ossia un capitale frazionato in molti titoli di diversi settori. Al contrario Buffett confida in un approccio selettivo, pochi titoli di cui si ha una profonda conoscenza piuttosto che molti di cui si sa poco o niente.

Acquario

Ti confesso che da qualche tempo mi sento critico nei confronti della lettura. Nel senso che piuttosto che leggere mille pagine di cui mi rimane poco o niente preferisco poche parole che mi restano fisse nella mente. Più meditazione e meno curiosare qua e la.
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Vecchio 13-06-2015, 00.30.16   #8
Mio Caro
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Riferimento: Approccio quantitativo vs selettivo

Tuttavia, credo sia opportuno anche dire che l'informazione è, spesso, di qualità assai scadente.
Per fare lo scoop a tutti i costi si dà la notizia senza sufficiente (o nessuna) verifica, con il risultato che le persone sono sempre più spaesate e sconcertate.
Si diffonde la notizia tendenziosa (o falsa) per interesse di appartenenza o di bottega, tanto, se occorre, si può sempre dare la smentita (che quasi nessuno nota) ma intanto il sasso è ormai stato lanciato.
Per vendere di più, si manipola opportunamente la notizia per suscitare il perbenismo o stuzzicare la morbosità dell'utilizzatore.
Si diffondono programmi in cui l'unico spettacolo è quallo di esibire persone che litigano fra di loro.
Si confeziona pubblicità insulsa, inutile e mendace.
La società, anzichè adagiarvisi, dovrebbe cercare il modo di combattere questi fenomeni, che, a mio parere, oltre che essere culturalmente assai dannosi, stanno avvelenando la convivenza civile.
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Vecchio 16-06-2015, 23.14.29   #9
Galvan 1224
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Riferimento: Approccio quantitativo vs selettivo

Riprendo l’argomento riproponendo qualche punto secondo la mia visione, integrata con i contributi forniti alla discussione.

Viviamo immersi in un mare di informazioni, oggi molto più che in passato, a causa dei nuovi media (qui siam tutti d’accordo).

Ma come per le genti d’un tempo la capacità di gestirle (anche proficuamente, perché no) cozza contro i nostri limiti intrinseci tanto che, qual che sia il meccanismo (valvola di riduzione o selezione in base ai propri costrutti), solo una minima parte (forse il 20, pur se mi pare sovrastimato) delle informazioni viene effettivamente utilizzata.

Come dice paul in una logica di contesa il guadagno diviene il criterio fondamentale… e forse anche su questo possiamo trovarci d’accordo.

Una predisposizione della nostra psiche in effetti interpreta la realtà quale un “gioco”, agendo conseguentemente.
Sarebbe interessante estendere i confini di questa “realtà di gioco” per verificare se non solo nella competitiva quotidiana vita pratica ma in ogni aspetto tale predisposizione intervenga, in minor o maggior grado.

Per esempio, traendo spunto da estenuanti (non per me… che mi appassiono a leggerle…) discussioni in cui l’uno interpreta l’altro e questi non lo ritiene corrispondente al proprio pensiero… e così via… mi vien da considerare (per carità, non l’argomento!) se quel che il mio occhio vede scorrere sotto le parole scritte non sia una sorta di competizione, in nome della propria o più elevata verità…

Di argomenti per la competizione, “il gioco della vita” se così si può dire (magari aggiungendo l’aggettivo “orribile” per comprendere chi come sebastianb non una sola volta si esime dal ricordarmi che diverrò putrido nutrimento per vermi prima che polvere… ), ve ne sono a profusione e troverei utile andar in profondità rispetto quel che accade alla superficie (o quel che “appare” per prima…), frutto di diverse decodifiche delle informazioni cui tutti attingiamo in vario grado e dalle quali sviluppiamo ogni nostro ragionamento.

Il fattore “guadagno” nelle sue varie accezioni (ultima tappa, secondo la mia visione, quella che conduce al “premio finale”… ) è così profondamente inserito nella nostra psiche che non ce ne avvediamo, salvo scorgerlo nuovamente magari quando ci si stia solo dilettando in qualcosa… difatti ecco comparir la massima a invitarci ad unire l’utile a quel dilettevole…

Viviamo immersi in un mare d’informazioni… ma a parte quelle caratteristiche del nostro momento storico (alla nostra latitudine, ovviamente…) ritengo vada considerato l’insieme delle stesse, quelle che abbiamo potuto decodificare e l‘infinità delle non-decodificate.

Nel riproporre la definizione di inconscio come il totale dell’informazione desidero far rilevare che riguarda l’aspetto mentale dell’uomo e che analogamente vi è un totale dell’informazione riguardante la sua realtà fisica-organica a cui ci si riferisce come natura.

Di queste due realtà (ne parlavamo nella mia discussione “che siamo…”) sarebbe altrettanto interessante discuterne l’interdipendenza (ammesso via sia e in quale grado).

Ma ritornando al tema, quantitativo vs. selettivo, potremmo dire che saremmo quel che siamo senza quell’80% (uso per comodità questi valori) di informazioni non processate e decodificate nella nostra realtà mentale?

Senza le opportunità mancate, gli imprevisti… le anonime giornate a un dipresso… senza i giorni che passano pigri… ecc. ?

Per la realtà organica possiamo solo far supposizioni su cosa realmente fa l’organismo… ricordando che il cosiddetto DNA spazzatura si è rivelato ben lungi d’esser tale… beh, gli scienziati a volte sono un tantinello supponenti, ricordo quello che non troppi anni addietro proclamava rimanessero ormai alla scienza ben poche cose da spiegare… oggi abbiamo i neutrini trasformisti e render ancor più incredibile l’ineffabile gioco cosmico (in chiave quantistica/particellare)

Galvan 1224 is offline  
Vecchio 17-06-2015, 19.57.33   #10
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Riferimento: Approccio quantitativo vs selettivo

A mio parere la quantità va sempre a scapito della qualità.
Lo constatiamo continuamente, nell'istruzione, nella giustizia, nella produzione, eccetera; così anche nell'informazione, come in ogni altra attività umana.
Ovviamente, ognuno cerca la qualità, sempre, ma, se è abbastanza obiettivo, la cerca compatibilmente con la situazione data.
Pertanto, un quesito interessante potrebbe essere : a quali condizioni, in un dato campo ed in una data situazione, si ritiene che sia accettabile una diminuzione della qualità a favore di un aumento della quantità ? fino a che punto ci si può spingere ?
Ovviamente, ognuno di noi, nella vita di tutti i giorni, risponde a questa domanda, spesso senza rendersene conto, ed agisce, opera delle scelte.
Ma, se si volesse operare più consapevolmente, sarebbe necessario, innanzitutto, stabilire cosa si intende per qualità.
Per l'informazione, ad esempio, chi stabilisce dove si pone il limite ?
Ognuno, ovviamente, avrà delle proprie risposte, personalmente penso che molte delle risposte possano essere date in negativo, cioè che si possa dire ciò che non si deve fare perché sussista un sufficiente grado di qualità.
Altre si danno in positivo e, secondo me, sono la ricerca della verità (verità che, anche se inconoscibile, deve essere postulata) e l'impegno in tale ricerca (al limite la sofferenza).
E chi stabilisce se tali caratteristiche sussistono ?
Secondo me, il soggetto diffuso.
Come il mare è fatto di gocce, ognuno di noi è piccolissima parte del soggetto diffuso.
Mio Caro is offline  

 



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