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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 07-01-2016, 18.56.10   #91
sgiombo
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da maral
Scusate l'intromissione, ma il punto b) elencato qui sopra da Sgiombo mi lascia perplesso.
Vi si dice infatti:
"gli eventi fisici non sono casuali ma accadono ordinatamente secondo regolarità o leggi universali e costanti, se la conoscenza scientifica é vera".
Ma l'ordine corretto del sillogismo non dovrebbe essere l'opposto? Ossia, mi pare più corretto dire: se (causa) gli eventi fisici non sono casuali, ma avvengono ordinatamente secondo regolarità o leggi universali e costanti, allora (effetto) la conoscenza scientifica (deterministica) è vera. Ed è vera perché veramente rispecchia la realtà che descrive (e non in quanto la realtà rispecchia il discorso della conoscenza scientifica che la presenta).
Certo, si potrebbe dire che "la conoscenza scientifica è vera" ha piuttosto la valenza di una di quelle cause finali di cui si parlava prima con Sgiombo, ossia uno scopo, (e, come tutti gli scopi, non sottoponibile a un giudizio di verità oggettiva), ossia un progetto della volontà che deve progettare una realtà deterministicamente ordinata per realizzarsi. Quindi la frase significa: la volontà progettuale di una conoscenza scientifica (deterministica) vera deve implicare che (tutti) gli eventi fisici avvengano in modo regolarmente ordinato da leggi universali, escludendo ogni altro caso che possa verificarsi.
Il problema è che se la mettiamo così, ossia se la regolarità ordinata secondo leggi universali è l'effetto di uno scopo progettualmente stabilito (al quale Sgiombo sente di aderire, ma al quale altri possono anche non aderire), essa non sembra proprio per nulla deterministicamente fondata.

Effettivamente la regolarità del divenire ordinato secondo leggi universali e costanti é una (indimostrabile: Hume!) conditio sine qua non della (possibilità di) conoscenza scientifica (vera), che dunque ne consegue come ciò che é condizionato consegue a ciò che lo condiziona.
Ma a me premeva argomentare che se si accetta la conseguenza, allora é necessario accettare anche la premessa (se non si crede che la realtà naturale materiale diviene ordinatamente, allora non é possibile credere coerentemente, in modo logicamente corretto nemmeno che sia possibile conoscerla scientificamente).

Le cause finali non c' entrano.
La mia affermazione significa (o almeno intende, più o meno chiaramente ed inequivocabilmente, significare) che la credenza (liberamente accettabile per fede e non perché ne sia dimostrabile in alcun modo la veracità; Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (vera) deve implicare necessariamente (consapevolmente o meno; cioè che se ne sia consapevoli o meno) la credenza che (tutti) gli eventi fisici avvengano in modo regolarmente ordinato secondo leggi universali e costanti, escludendo ogni altro caso che possa verificarsi: é contraddittorio non credere vera quest' ultima affermazione evidenziata in grassetto e credere che sia possibile conoscenza scientifica (vera).
Non si tratta di uno scopo progettualmente stabilito, ma di una condito sine qua non di una credenza alla quale sento di aderire, ma alla quale altri possono anche non aderire; dunque non é per nulla, come da me sempre affermato (N.B: non: ammesso!), razionalmente fondata, bensì irrazionalmente, fideisticamente creduta.

Chi non aderisse a questa credenza mi dovrebbe comunque spiegare (ovviamente qualora la coerenza e la non contraddizione delle sue credenze e delle sue azioni gli premessero; altrimenti non avrebbe bisogno di darmi alcuna spiegazione), come mai, trovandosi al centesimo piano di un grattacielo, non si getterebbe dalla finestra (almeno qualche volta) dal momento che che, non divenendo secondo lui la natura ordinatamente in accordo a leggi universali e costanti, come ad esempio quella di gravità, potrebbe benissimo darsi che sia l' unico modo per evitare di sfracellarsi eventualmente contro il soffitto senza necessariamente precipitare a terra.
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Vecchio 07-01-2016, 22.18.48   #92
maral
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da sgiombo
La mia affermazione significa (o almeno intende, più o meno chiaramente ed inequivocabilmente, significare) che la credenza (liberamente accettabile per fede e non perché ne sia dimostrabile in alcun modo la veracità; Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (vera) deve implicare necessariamente (consapevolmente o meno; cioè che se ne sia consapevoli o meno) la credenza che (tutti) gli eventi fisici avvengano in modo regolarmente ordinato secondo leggi universali e costanti, escludendo ogni altro caso che possa verificarsi: é contraddittorio non credere vera quest' ultima affermazione evidenziata in grassetto e credere che sia possibile conoscenza scientifica (vera).
E su questo siamo d'accordo, ma qual è la premessa e quale la conseguenza? Si può certo dire, come tu dici sopra, che la premessa da prestabilire, sia pure arbitrariamente, è che la conoscenza scientifica è vera a priori, quindi che tutta la realtà, per conformarsi a questa premessa e non contraddirla, deve procedere in modo meccanicisticamente ordinato secondo quelle leggi, oppure, rilevando (ove e quando lo si rileva) che la realtà procede in modo ordinatamente meccanicistico, in quell'ambito la conoscenza scientifica deterministica è vera, o ancora ponendo (sempre arbitrariamente) che la realtà è sempre ordinata, allora la conoscenza scientifica è sempre vera. Io preferisco la seconda tra queste tre formulazioni (anche se sicuramente le convinzioni a priori giocano sempre, che lo si voglia o no, un ruolo molto forte da cui ci si può difendere solo non assumendole come totalizzanti, ossia non ponendo in esse una fiducia assoluta).

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Non si tratta di uno scopo progettualmente stabilito, ma di una condito sine qua non di una credenza alla quale sento di aderire, ma alla quale altri possono anche non aderire; dunque non é per nulla, come da me sempre affermato (N.B: non: ammesso!), razionalmente fondata, bensì irrazionalmente, fideisticamente creduta.
Appunto, sei obbligato a riporre in essa una fede, ossia una volontà di crederci ed è proprio questa volontà che a mio avviso la rivela come uno scopo. La volontà si regge sempre su uno scopo assunto pregiudizialmente che dà ordine a quanto gli serve.
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Chi non aderisse a questa credenza mi dovrebbe comunque spiegare (ovviamente qualora la coerenza e la non contraddizione delle sue credenze e delle sue azioni gli premessero; altrimenti non avrebbe bisogno di darmi alcuna spiegazione), come mai, trovandosi al centesimo piano di un grattacielo, non si getterebbe dalla finestra (almeno qualche volta) dal momento che che, non divenendo secondo lui la natura ordinatamente in accordo a leggi universali e costanti, come ad esempio quella di gravità, potrebbe benissimo darsi che sia l' unico modo per evitare di sfracellarsi eventualmente contro il soffitto senza necessariamente precipitare a terra.
Ma forse non è necessario credere alla forza di gravità come scientificamente da Newton espressa, per dubitare che cadendo dall'altezza di un dirupo ci si sfracelli. Per millenni ben prima che Newton formulasse la legge di gravitazione, gli uomini hanno saputo che cadendo si sfracellavano e non erano minimamente presi dal dubbio se avessero invece potuto librarsi in volo. E' vero invece, che il fatto sperimentale che ci si sfracella conferma che, in questo caso la legge di Newton è in tal caso (come in tanti altri, anche per quanto riguarda ad esempio le orbite dei corpi celesti) vera, ossia la premessa causale è che ci si sfracella e non il credere nella legge di Newton. Quindi non è la legge di Newton la causa che implica lo sfracellarsi se si cade da una certa altezza, ma semmai il contrario.
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Vecchio 08-01-2016, 11.38.47   #93
sgiombo
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da maral
E su questo siamo d'accordo, ma qual è la premessa e quale la conseguenza? Si può certo dire, come tu dici sopra, che la premessa da prestabilire, sia pure arbitrariamente, è che la conoscenza scientifica è vera a priori, quindi che tutta la realtà, per conformarsi a questa premessa e non contraddirla, deve procedere in modo meccanicisticamente ordinato secondo quelle leggi, oppure, rilevando (ove e quando lo si rileva) che la realtà procede in modo ordinatamente meccanicistico, in quell'ambito la conoscenza scientifica deterministica è vera, o ancora ponendo (sempre arbitrariamente) che la realtà è sempre ordinata, allora la conoscenza scientifica è sempre vera. Io preferisco la seconda tra queste tre formulazioni (anche se sicuramente le convinzioni a priori giocano sempre, che lo si voglia o no, un ruolo molto forte da cui ci si può difendere solo non assumendole come totalizzanti, ossia non ponendo in esse una fiducia assoluta).

Francamente non mi interessano queste sottili distinzioni logiche.
Ciò che mi interessa é il fatto che non si può coerentemente, in maniera logicamente corretta credere alla (possibilità della) conoscenza scientifica (vera) e contemporaneamente anche non credere che la realtà naturale materiale diviene ordinatamente secondo modalità o leggi universali e costanti (che in teoria potrebbero anche essere in tutto o in parte probabilistiche – statistiche anziché meccanicistiche - deterministiche); quest' ultima é una conditio sine qua non della prima, e non é dimostrabile (Hume!).
Quale che sia la premessa (per la cronaca, ritengo sia il divenire ordinato: esistono in esso regolarità) e quale che sia la conseguenza (per la cronaca, credo sia la conoscibilità scientifica del mondo naturale materiale: queste regolarità si possono conoscere), non si può non contraddittoriamente affermare l' una e negare l' altra di queste due affermazioni.

Che la realtà procede (in assenza di determinazioni spaziotemporali ciò significa “sempre ed ovunque”) in modo ordinato non si può affatto rilevare, né dimostrare: ciò che si può eventualmente rilevare é solo che ciò é accaduto finora e din dove si é potuto osservare.

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Originalmente inviato da maral
Appunto, sei obbligato a riporre in essa una fede, ossia una volontà di crederci ed è proprio questa volontà che a mio avviso la rivela come uno scopo. La volontà si regge sempre su uno scopo assunto pregiudizialmente che dà ordine a quanto gli serve.

Non sono affatto “obbligato”: l' ho sempre orgogliosamente affermato: non per niente David Hume é il filosofo che “venero” più di qualunque altro!

Ma il mio crederci é fine a se stesso, “nasce spontaneamente nel mio animo” senza essere finalizzato al alcuno scopo; o se preferisci la consapevolezza di ciò (la consapevolezza di questa credenza, e non questa credenza!) nasce dallo scopo di vagliare criticamente, razionalmente le mie credenze (spontanee, non finalizzate, almeno in questo specifico caso).

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Originalmente inviato da maral
Ma forse non è necessario credere alla forza di gravità come scientificamente da Newton espressa, per dubitare che cadendo dall'altezza di un dirupo ci si sfracelli. Per millenni ben prima che Newton formulasse la legge di gravitazione, gli uomini hanno saputo che cadendo si sfracellavano e non erano minimamente presi dal dubbio se avessero invece potuto librarsi in volo. E' vero invece, che il fatto sperimentale che ci si sfracella conferma che, in questo caso la legge di Newton è in tal caso (come in tanti altri, anche per quanto riguarda ad esempio le orbite dei corpi celesti) vera, ossia la premessa causale è che ci si sfracella e non il credere nella legge di Newton. Quindi non è la legge di Newton la causa che implica lo sfracellarsi se si cade da una certa altezza, ma semmai il contrario.

Forse non é necessario credere alla (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale, ma certamente é necessario credere (sia pure implicitamente, agendo come se vi si credesse nel caso non se ne sia consapevoli; come accadeva a tutti gli uomini comunemente considerati sani di mente ben prima che Newton formulasse la legge di gravitazione) alla necessaria, indimostrabile premessa di essa costituita dalla costanza universale (ovviamente relativa: esistono anche aspetti particolari concreti) del divenire naturale materiale: altrimenti trovandosi al centesimo piano del grattacielo si dovrebbe avere la stessa probabilità di decidere di gettarsi per evitare di sfracellarsi contro il soffitto oppure di non gettarsi per per evitare di sfracellarsi a terra (non credo proprio sia per caso che si opta sempre per la seconda alternativa; almeno si si é correntemente considerati sani di mente).

E il fatto sperimentale che ci si sfracella “conferma” (aumenta la nostra fiducia nella credenza) ma non dimostra affatto che essa sia vera: sempre la prossima volta poptrebbe accadere il contrario di quanto fino ad allora constatato).

C' é una profonda analogia fra questa credenza e i principi etici più generali e astratti parimenti diffusi universalmente in tutti i sani di mente: in entrambi i casi (entrambe le tendenze comportamentali, etologiche) non é possibile una dimostrazione scientifica né filosofica, ma é comunque disponibile un' ottima spiegazione scientifica, offerta dall' evoluzione biologica: sono tendenze comportamentali comparse casualmente per mutazioni genetiche e non contrarie alla sopravvivenza e riproduzione degli individui e alla sopravvivenza e diffusione delle specie in cui é comparsa.
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Vecchio 09-01-2016, 11.30.30   #94
maral
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da sgiombo
Francamente non mi interessano queste sottili distinzioni logiche.
Bè penso che non si tratti di solo sottili distinzioni capire cosa è la causa e cosa l'effetto in un discorso consequenziale tra termini proposizionali di per sé entrambi veri che necessariamente si implicanoo. Tra dire che se piove prendo l'ombrello o che se prendo l'ombrello piove (come tra dire che se le cose avvengono ordinatamente allora la scienza è vera o che se la scienza è vera allora le cose avvengono ordinatamente, a meno di non intendere quel se come un doppio condizionale necessario e sufficiente) una certa differenza sussiste, se non altro nel modo di pensare.

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Che la realtà procede (in assenza di determinazioni spaziotemporali ciò significa “sempre ed ovunque”) in modo ordinato non si può affatto rilevare, né dimostrare: ciò che si può eventualmente rilevare é solo che ciò é accaduto finora e din dove si é potuto osservare.
Sempre ammesso appunto che ciò che finora si è potuto osservare non sia piuttosto ciò che finora si è prefissato di osservare, alla luce di uno scopo palese o nascosto.



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Ma il mio crederci é fine a se stesso, “nasce spontaneamente nel mio animo” senza essere finalizzato al alcuno scopo; o se preferisci la consapevolezza di ciò (la consapevolezza di questa credenza, e non questa credenza!) nasce dallo scopo di vagliare criticamente, razionalmente le mie credenze (spontanee, non finalizzate, almeno in questo specifico caso).
Penso che ogni credere (mio, tuo, di chiunque e per quanto razionalmente o meno si tenti di supportarlo) nasca spontaneamente nell'animo di ciascuno, anche lo scopo riflette la natura di ciò che si è (altrimenti prima o poi si rivela non vero e allora quella fede è abbandonata).


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Forse non é necessario credere alla (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale, ma certamente é necessario credere (sia pure implicitamente, agendo come se vi si credesse nel caso non se ne sia consapevoli; come accadeva a tutti gli uomini comunemente considerati sani di mente ben prima che Newton formulasse la legge di gravitazione) alla necessaria, indimostrabile premessa di essa costituita dalla costanza universale (ovviamente relativa: esistono anche aspetti particolari concreti) del divenire naturale materiale: altrimenti trovandosi al centesimo piano del grattacielo si dovrebbe avere la stessa probabilità di decidere di gettarsi per evitare di sfracellarsi contro il soffitto oppure di non gettarsi per per evitare di sfracellarsi a terra (non credo proprio sia per caso che si opta sempre per la seconda alternativa; almeno si si é correntemente considerati sani di mente).
Si potrebbe dire che la "credenza" che cadendo ci si sfracelli è basata sul significato che sperimentiamo in relazione a una comune forma di presenza percepita nel mondo.

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E il fatto sperimentale che ci si sfracella “conferma” (aumenta la nostra fiducia nella credenza) ma non dimostra affatto che essa sia vera: sempre la prossima volta poptrebbe accadere il contrario di quanto fino ad allora constatato).
La conferma in realtà è subito implicita al significato di cadere, l'esperimento non conferma nulla riguardo a quanto accade a un essere umano cadendo da un grattacielo.

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C' é una profonda analogia fra questa credenza e i principi etici più generali e astratti parimenti diffusi universalmente in tutti i sani di mente: in entrambi i casi (entrambe le tendenze comportamentali, etologiche) non é possibile una dimostrazione scientifica né filosofica, ma é comunque disponibile un' ottima spiegazione scientifica, offerta dall' evoluzione biologica: sono tendenze comportamentali comparse casualmente per mutazioni genetiche e non contrarie alla sopravvivenza e riproduzione degli individui e alla sopravvivenza e diffusione delle specie in cui é comparsa.
Una certa corrispondenza c'è, ma il linguaggio scientifico resta pur sempre, come ogni linguaggio, un modello di mappatura possibile e sempre contingente, non la realtà che intende descrivere secondo le sue regole di osservazione che dettano anche le metodologia di verifica e ciò che, per questa verifica, si deve considerare.
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Vecchio 09-01-2016, 21.26.26   #95
sgiombo
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

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Originalmente inviato da maral
Bè penso che non si tratti di solo sottili distinzioni capire cosa è la causa e cosa l'effetto in un discorso consequenziale tra termini proposizionali di per sé entrambi veri che necessariamente si implicano. Tra dire che se piove prendo l'ombrello o che se prendo l'ombrello piove (come tra dire che se le cose avvengono ordinatamente allora la scienza è vera o che se la scienza è vera allora le cose avvengono ordinatamente, a meno di non intendere quel se come un doppio condizionale necessario e sufficiente) una certa differenza sussiste, se non altro nel modo di pensare.


Ripeto che queste sottigliezze logiche non suscitano particolare interesse da parte mia.
Potrei quindi tranquillamente sbagliarmi senza che la cosa mi tocchi più di tanto, ma mi sembrerebbe che questo possa essere appunto un caso di doppio condizionale necessario e sufficiente: se (si crede che) si da la possibilità di conoscenza scientifica, allora necessariamente (a meno di sospendere il giudizio in proposito) per non cadere in contraddizione (si crede che) la realtà naturale materiale diviene ordinatamente secondo modalità o leggi universali e costanti e viceversa: credere vera l’ una e falsa l’ altra di queste tesi è contraddirsi.

E almeno su questo oso sperare che ci siamo chiariti le idee


° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° °


Che la realtà procede (in assenza di determinazioni spaziotemporali ciò significa “sempre ed ovunque”) in modo ordinato non si può affatto rilevare, né dimostrare: ciò che si può eventualmente rilevare é solo che ciò é accaduto finora e fin dove si é potuto osservare.
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Originalmente inviato da maral
Sempre ammesso appunto che ciò che finora si è potuto osservare non sia piuttosto ciò che finora si è prefissato di osservare, alla luce di uno scopo palese o nascosto.
Mi pare ovvio che (salvo causa di forza maggiore) ciò che (per qualsiasi scopo, palese o nascosto; o anche senza scopo) ci si prefigge di non osservare non si osserva: se non si vuole ricercare la conoscenza scientifica (perché per esempio si preferisce dedicare tutto il proprio tempo alla creazione artistica, o per qualsiasi altro motivo o anche senza un particolare motivo), allora non si fanno le necessarie osservazioni, ipotesi teoriche ed esperimenti, e dunque non si osserva scientificamente nulla.
Ma ciò non significa certo che se si conducono correttamente ricerche scientifiche l’ oggetto delle osservazioni che si compiono sia qualcosa che si decide aprioristicamente ad libitum di osservare: per evitare ambiguità bisognerebbe dire che si osserva ciò che si decide liberamente di osservare (per esempio se e come i corpi massivi si attraggono), ma non si vede (come oggetto delle osservazioni) ciò che si decidesse liberamente di vedere (per esempio che i corpi massivi si respingono o che si attraggono con forza proporzionale alla loro distanza e alla media delle loro masse, anche qualora lo si ritenesse soggettivamente preferibile ad altre modalità universali e costanti del divenire), bensì ciò che l’ esperienza ci propina indipendentemente dalle nostre eventuali preferenze o desideri di osservatori.


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Originalmente inviato da maral
Penso che ogni credere (mio, tuo, di chiunque e per quanto razionalmente o meno si tenti di supportarlo) nasca spontaneamente nell'animo di ciascuno, anche lo scopo riflette la natura di ciò che si è (altrimenti prima o poi si rivela non vero e allora quella fede è abbandonata).


Secondo me ci sono desideri “primari” che si avvertono incondizionatamente e desideri “secondari” che si avvertono come mezzi necessari (o che si credono necessari) nelle condizioni in cui ci si trova (o si crede di trovarsi) per conseguire altri desideri (primari).
Invece le credenze, vere o false che siano (e che nascano arbitrariamente dentro di noi, che le si assuma acriticamente da chi ce le propina a motivo della sua vera o presunta autorità”, o che si ricavino da un’ analisi razionale della realtà in cui si vive) sono ciò che si sa o si crede di sapere (ciò che si crede veracemente o meno); servono, se vere, a cercare di soddisfare i desideri.
E la loro critica razionale è in sostanza il tentativo di renderle il più possibile vere, eliminando da esse quanto più possibile di ciò che vi è di falso e aggiungendovi quanto più possibile di vero.


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Originalmente inviato da maral
Si potrebbe dire che la "credenza" che cadendo ci si sfracelli è basata sul significato che sperimentiamo in relazione a una comune forma di presenza percepita nel mondo.


Purtroppo queste parole mi risultano incomprensibili.

Per me questa credenza nasce in parte dagli insegnamenti ricevuti, in parte dall’ esperienza vissuta nonché dalla tendenza a considerare, a credere “per abitudine” (senza poterne dimostrare né mostrare in alcun modo la verità: Hume!) che a cause simili seguano effetti simili; e può essere confermata scientificamente (comunque alla condizione indimostrabile, che la suddetta credenza “abitudinaria” e indimostrabile essere vera, la sia: nemmeno la scienza può propriamente dimostrarla, ma solo “confortarla” o “confermarla”, non falsificandola).


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Originalmente inviato da maral
La conferma in realtà è subito implicita al significato di cadere, l'esperimento non conferma nulla riguardo a quanto accade a un essere umano cadendo da un grattacielo.

Questa non l’ ho proprio capita.

Mi sembra evidente che la credenza che un corpo massivo lasciato libero in aria cade a terra (e se è il proprio corpo si sfracella, almeno se parte dal centesimo piano di un grattacielo) non nasca da una presunta rivelazione divina o da parte di un uomo particolarmente autorevole, né che sia innata in ciascuno di noi, ma che invece nasca "per abitudine" (D.H) dal vedere che "così va il mondo" (o meglio: é andato finora), e che si faccia via via più “robusta”, più convinta, che venga creduta più fortemente man mano che casi simili vengono rilevati immancabilmente (dati gli "opportuni presupposti": per esempio il non avere appigli o sostegni cui afferrarsi o appoggiarsi); sarebbe casomai messa in dubbio per lo meno, se non addirittura immediatamente falsificata, da un’ osservazione (corretta e correttamente interpretata: per esempio la cosa non vale per una mongolfiera!) contraria.

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Originalmente inviato da maral
Una certa corrispondenza c'è, ma il linguaggio scientifico resta pur sempre, come ogni linguaggio, un modello di mappatura possibile e sempre contingente, non la realtà che intende descrivere secondo le sue regole di osservazione che dettano anche le metodologia di verifica e ciò che, per questa verifica, si deve considerare.

Che una teoria sulla realtà sia diversa cosa dalla realtà che descrive mi sembra lapalissiano.

Le regole di osservazione e la metodologia scientifica, essenzialmente la credenza (indimostrabile: sorpresa! Stavolta per evitare una monotonia eccessiva non lo nomino!) che il divenire naturale materiale é ordinato secondo modalità universali e costanti astraibili dai particolari concreti variabili), che è tendenzialmente propria (nel senso che per lo meno si comportano come se l' abbracciassero) di tutti gli uomini comunemente ritenuti sani di mente e che la biologia evoluzionistica non dimostra (è impossibile!), ma comunque spiega egregiamente.

Nessun preteso modo alternativo di cercare di conoscere e “dominare” (nel senso di Engels!) la realtà naturale materiale è minimamente paragonabile per efficacia, per le conferme (e non: dimostrazioni!) ricevute a quello scientifico: gli altri, se anche qualche rarissima, eccezionale volta ci imbroccassero (cioè vedessero confermate le loro previsioni), sarebbe per puro culo.
sgiombo is offline  
Vecchio 12-01-2016, 18.56.39   #96
green&grey pocket
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

Ma non credo che si tratti semplicemente di liquidare l'affaire "scienza" come una questione di incidenze discorsive.

In fin dei conti dovrebbe essere chiaro a chiunque si occupi di filosofia che la scienza è la conseguenza di quella ricerca sulla res che dai greci porta ai giorni nostri.

Che poi filosoficamente si sia passati dal res come naturaliter, al discorso sulla Natura dell'epoca moderna, fino agli esiti contemporanei del ciò che mi sta davanti, ciò che mi appare della fenomenologia, non depone in favore di niente.

In parte capisco quando gente come Sgiombo liquidi la faccenda nascondendosi dietro altri interessi etc.

Il punto è che è proprio sul concetto di destino che la filosofia fallisce come metafisica.
Quale linguaggio potrebbe descrivere una simile questione?
Ma veramente si può credere che si possa descrivere distinguendo se fuori piove o no il destino dell'umano?

Ma assolutamente no, a parte il penoso continuo sopravvivere delle religioni, il filosofo si dovrebbe interrogare piuttosto su concetti quali memoria e presente (per esempio).

Il destino non è forse in ballo tra questo ondeggiare, terrificante nel suo dilemma.

E questo ondeggiare, in quanto metafora, la scienza non lo potrà mai distinguere come RES.

Per il semplice fatto che è il soggetto a interrogarsi delle sue, e solo sue, metafore.

Non c'è oggetto in esso.

Il tentativo dell'analitica a considerare il soggetto come "oggetto parlante" è talmente infantile nel suo farsi filosofico come domanda, che me ne vergogno.
Lascio comunque alle orde di futuri studiosi il compito di cimentarsi con esse.

Almeno in questo forum non ho l'onere di doverli sentire.

Le tue ultime considerazioni Maral mi allertano non poco comunque.

Solo conoscendoti per i vecchi post posso dirmi abbastanza sicuro che le tue posizioni sono diverse.
green&grey pocket is offline  
Vecchio 13-01-2016, 15.09.44   #97
paul11
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

Citazione:
Originalmente inviato da green&grey pocket
Ma non credo che si tratti semplicemente di liquidare l'affaire "scienza" come una questione di incidenze discorsive.

In fin dei conti dovrebbe essere chiaro a chiunque si occupi di filosofia che la scienza è la conseguenza di quella ricerca sulla res che dai greci porta ai giorni nostri.

Che poi filosoficamente si sia passati dal res come naturaliter, al discorso sulla Natura dell'epoca moderna, fino agli esiti contemporanei del ciò che mi sta davanti, ciò che mi appare della fenomenologia, non depone in favore di niente.

In parte capisco quando gente come Sgiombo liquidi la faccenda nascondendosi dietro altri interessi etc.

Il punto è che è proprio sul concetto di destino che la filosofia fallisce come metafisica.
Quale linguaggio potrebbe descrivere una simile questione?
Ma veramente si può credere che si possa descrivere distinguendo se fuori piove o no il destino dell'umano?

Ma assolutamente no, a parte il penoso continuo sopravvivere delle religioni, il filosofo si dovrebbe interrogare piuttosto su concetti quali memoria e presente (per esempio).

Il destino non è forse in ballo tra questo ondeggiare, terrificante nel suo dilemma.

E questo ondeggiare, in quanto metafora, la scienza non lo potrà mai distinguere come RES.

Per il semplice fatto che è il soggetto a interrogarsi delle sue, e solo sue, metafore.

Non c'è oggetto in esso.

Il tentativo dell'analitica a considerare il soggetto come "oggetto parlante" è talmente infantile nel suo farsi filosofico come domanda, che me ne vergogno.
Lascio comunque alle orde di futuri studiosi il compito di cimentarsi con esse.

Almeno in questo forum non ho l'onere di doverli sentire.

Le tue ultime considerazioni Maral mi allertano non poco comunque.

Solo conoscendoti per i vecchi post posso dirmi abbastanza sicuro che le tue posizioni sono diverse.

Giusta la considerazione storica dalla filosofia alla scienza moderna.

Il problema è il linguaggio e quindi per forza entra l'analitica, il problema semmai è con quale scopo si utilizza l'analitica del linguaggio. Non dimenticare che non fa altro che prendere la logica predicativa ,ma soprattutto proposizionale degli stoici e l'aggiorna, quindi utilizza lo strumento formale logico che fu originato dalla stessa metafisica. La logica dialettica è comunque anch'essa una forma di logica. Se vogliamo descrive il mondo dovremmo pur utilizzare un linguaggio, o no?

Se il destino umano non può essere riducibile al fenomeno fisico ci sono solo due alternative, o si fa come Heidegger che ritiene di non trascendere la realtà e fallisce oppure lo trascende e se non nella religione in cosa e in (o con) quale linguaggio, oppure non vedo vie di uscite.
paul11 is offline  
Vecchio 13-01-2016, 19.08.47   #98
memento
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

Innanzitutto,ringrazio green&grey pocket per essere tornato in topic (so che sembra strano dirlo,visto che la discussione l'ho aperta io ).
Tu sei uno dei pochi non metafisici del forum che "incontro",o meglio uno dei pochi che guarda questo fenomeno,umano certamente,con un certo distacco e ,perché no,anche con un po' di sarcasmo. Sei scettico come me che la religione,la scienza o chicchesia sistema o impalcatura concettuale edificata dall'uomo possa risolvere le contraddizioni che l'esistenza porta,di cui l'essere umano è esso stesso portatore.Su alcuni punti mi rivedo,in particolare:
Citazione:
Per il semplice fatto che è il soggetto a interrogarsi delle sue, e solo sue, metafore.
Non c'è oggetto in esso.
La metafisica prende infatti in considerazione solo oggetti "puri",a sé stanti,ma dimentica proprio che ogni pensiero,idea o rappresentazione è filtrata dalle accezioni proprie del soggetto,dalle sensazioni che prova,dalla conoscenza che possiede,in sintesi dalla sua predisposizione mentale ad accettare o respingere taluni segni invece che altri.È un ingenuità prendere o pretendere come assoluta (ovvero a prescindere da se stessi) la verità che un uomo pronuncia,persino la propria. O meglio non è filosofia,che invece misura le differenze,le distanze,discerne insomma. Credo che una nuova filosofia,libera dalle speculazioni metafisiche,sia prossima a sorgere,come credo tu ti auguri. Prima,però,dovranno cadere gli idoli,processo che va assolutamente indotto e accelerato. Bisogna filosofare con il martello diceva Nietzsche,no?

Ultima modifica di memento : 14-01-2016 alle ore 00.46.13.
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Vecchio 13-01-2016, 23.58.11   #99
mariodic
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

Mi piacerebbe sapere cosa o come si risponderebbe a queste domande:
"E' l'esperimento che giustifica una teoria o è la teoria che giustifica l'esperimento oppure entrambe le posizioni sono contemporaneamente valide?"
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Vecchio 14-01-2016, 01.14.01   #100
green&grey pocket
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Riferimento: Il tramonto della metafisica

Citazione:
Originalmente inviato da memento
Innanzitutto,ringrazio green&grey pocket per essere tornato in topic (so che sembra strano dirlo,visto che la discussione l'ho aperta io ).
Tu sei uno dei pochi non metafisici del forum che "incontro",o meglio uno dei pochi che guarda questo fenomeno,umano certamente,con un certo distacco e ,perché no,anche con un po' di sarcasmo. Sei scettico come me che la religione,la scienza o chicchesia sistema o impalcatura concettuale edificata dall'uomo possa risolvere le contraddizioni che l'esistenza porta,di cui l'essere umano è esso stesso portatore.Su alcuni punti mi rivedo,in particolare:

La metafisica prende infatti in considerazione solo oggetti "puri",a sé stanti,ma dimentica proprio che ogni pensiero,idea o rappresentazione è filtrata dalle accezioni proprie del soggetto,dalle sensazioni che prova,dalla conoscenza che possiede,in sintesi dalla sua predisposizione mentale ad accettare o respingere taluni segni invece che altri.È un ingenuità prendere o pretendere come assoluta (ovvero a prescindere da se stessi) la verità che un uomo pronuncia,persino la propria. O meglio non è filosofia,che invece misura le differenze,le distanze,discerne insomma. Credo che una nuova filosofia,libera dalle speculazioni metafisiche,sia prossima a sorgere,come credo tu ti auguri. Prima,però,dovranno cadere gli idoli,processo che va assolutamente indotto e accelerato. Bisogna filosofare con il martello diceva Nietzsche,no?

Magari ti sembra strano, ma io mi dico metafisico nonostante tutto.
Però mi faccio carico del crollo delle filosofie.

Certo Nietzche ha lasciato un testamento che non esito a dire immenso.
Il fatto è che è di difficile comprensione, per non parlare dell'azione.
Mi ritengo un codardo in fin dei conti. Ad un certo punto per continuare a leggere Nietzche uno deve venire a patti con se stesso.
Ti assicuro che è stato uno dei momenti più critici filosoficamente parlando.

L'altro punto è che Nietzche scriveva nell'800 manca poco e sono 150 anni che questa accellerazione viene aspettata.
Non solo non viene, ma ormai è stata sostituita dalla ben più rassicurante analitica americana, con le sue più becere forme di razismo come nel caso delle neuroscienze.
A proposito lo sapete che Gallese, quello delle cellule specchio è diventato il responsabile del dipartimento di filosofia a Milano.
Gli allievi di Sini sembra che se ne vogliano andare. AH AH AH.

Il paradosso è diventato realtà!!!

Mi ci metto anch'io, la delusione per la mancanze di risposte da parte della vecchia filosofia ha prodotto non il suo rinnovamento, ma la sua rimozione.(non esattamente quello che auspicavo )
Mi viene subito da pensare ad un processo di psicopatologia di vita quotidiana, con lapsus di livello macro-sociale!

(per inciso la statale di Milano è sin dai tempi di Banfi considerata la roccaforte del pensiero metafisico forte)
( e vi ricordo che Gallese è uno scienziato! Ora domandatevi perchè uno scienziato vuole a tutti i costi essere presidente!! ora forse vi è chiara la differenza fra scienza pura e dura, e ideologia scientifica!)


Come dire almeno nel virtuale è ora che ci diamo da fare ad andare avanti nonostante tutto. (se non è metafisica questa!!! )

grazie per la simpatia comunque, sempre ben accetta!
bye bye
green&grey pocket is offline  

 



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