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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 16-12-2015, 13.27.43   #111
pepe98
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Vediamo se ho capito.
Tu in pratica dici che è la materia ad essere dentro la coscienza no viceversa.
Però non mi è chiaro in che modo arrivi a questa conclusione. Se dici che la materia è dentro la coscienza e vedessimo solo neuroni sinapsi ecc. vuol dire che dovremmo anche vedere la coscienza visto che contiene la materia. Non c'è una materia (secondo questa tua idea) che sia fuori dalla coscienza. Perche allora vediamo solo la materia (o quel che ci appare come tale)? Quale ragionamento fai per arrivarci?
Noi non vediamo MAI la materia. Se vedo una mela, la mela è sensazione visiva, non è materia. Io non vedo la mela materiale: non ho alcun contatto con essa; la luce emanata fa una sorgente va a contatto con la mela, la quale, assorbendo un po' di energia, lascia rimbalzare un'onda di luce più debole, che arriva fino al mio occhio. Allora l'occhio inizia, mediante reazioni chimiche, a mandare impulsi elettrici al cervello, quindi la mela che vedo non è neanche fatta di onde, in quanto esse sono al massimo uno stimolo. Allora di cosa è fatto ció che percepisco? È puro pensiero, probabilmente stimolato dall'ambiente circostante(anche il cervello è ambiente).
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Vecchio 16-12-2015, 17.45.00   #112
sgiombo
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Vediamo se ho capito.
Tu in pratica dici che è la materia ad essere dentro la coscienza e non viceversa.
Si, la materia che noi conosciamo esistere è costituita da sensazioni fenomeniche coscienti, fa parte della (= è nella, nell’ insieme della) esperienza fenomenica cosciente di chi la percepisce, è letteralmente “dentro di essa” (intesa nella sua totalità, di cui è parte: come la rappresentazione della Francia é nella carta geografica dell' Europa, di cui é parte; o come la seconda guerra mondiale é nella storia del XX secolo, di cui fa parte).
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Però non mi è chiaro in che modo arrivi a questa conclusione. Se dici che la materia è dentro la coscienza e vedessimo solo neuroni sinapsi ecc. vuol dire che dovremmo anche vedere la coscienza visto che contiene la materia.
La coscienza (l' esperienza fenomenica cosciente) è tutto ciò che ”vediamo” in senso lato, cioè che percepiamo sensibilmente, che sentiamo, i cui “contenuti” comprendono: la materia costituente gli oggetti con cui veniamo in “contatto sensitivo” più o meno stretto, di cui abbiamo esperienza, i pensieri, le immaginazioni, le ipotesi, le credenze, ragionamenti che “facciamo”, i sentimenti, i desideri che proviamo, ecc.
Della materia costituente gli oggetti con cui veniamo in “contatto sensitivo” più o meno stretto (degli oggetti materiali che esperiamo) fanno parte (fra l’ altro, in particolare) cervelli, neuroni, sinapsi, ecc., i quali non possono essere identificati con la coscienza (l’ esperienza cosciente) dei rispettivi “titolari”: io posso (in teoria, e per lo più di fatto indirettamente, per il tramite dell’ imaging neurologico) vedere il tuo cervello mentre tu vedi un bell’ albero verdeggiante o mentre ti senti innamorato; ma nel tuo cervello non troverò nulla di verde né tantomeno alcun sentimento amoroso, bensì solamente neuroni, assoni, sinapsi, ecc. in un certo determinato “stato funzionale” corrispondente alla tua esperienza della visione dell’ albero verdeggiante oppure in un certo determinato altro “stato funzionale” corrispondente alla tua esperienza del sentirti innamorato; e viceversa per quanto riguarda l’ esperienza (per lo meno potenziale e indiretta) da parte tua del mio cervello in un certo determinato stato funzionale che corrisponde biunivocamente al certo determinato mio stato di coscienza in tale certa determinata circostanza.
Infatti le neuroscienze dimostrano che se si dà un certo determinato stato funzionale di un certo determinato cervello, allora si dà un certo determinato insieme di sensazioni fenomeniche (interiori o mentali e/o esteriori o materiali a seconda dei casi) nell’ ambito di una certa determinata esperienza cosciente e viceversa. E non invece, come si crede comunemente secondo il senso comune (condiviso dalla stragrande maggioranza se non addirittura dalla totalità dei neuroscienziati), che un certo determinato stato funzionale di un certo determinato cervello è (si identifica con) un certo determinato insieme di sensazioni fenomeniche (interiori o mentali e/o esteriori o materiali a seconda dei casi) nell’ ambito di una certa determinata esperienza cosciente: il verde di un bell’ albero frondoso e il sentimento dell’ amore sono tutt’ altre, ben diverse “cose” (eventi) che certi determinati stati funzionali di certi determinati cervelli, cioè che certe determinate trasmissioni di impulsi nervosi lungo certi determinati fasci di assoni e attraverso certe determinate sinapsi (e non altre): roba molliccia gelatinosa di colori che vanno dal roseo al grigiastro al biancastro (a sua volta costituita da atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, ecc.)!
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Non c'è una materia (secondo questa tua idea) che sia fuori dalla coscienza. Perche allora vediamo solo la materia (o quel che ci appare come tale)? Quale ragionamento fai per arrivarci?
Vediamo (in senso lato: percepiamo sensibilmente, siamo consapevoli de-) la materia (ma non solo: anche pensieri, sentimenti, ragionamenti, ecc.): essa fa parte (come tutte le altre “cose fenomeniche”, anche quelle mentali) della (nostra) esperienza fenomenica cosciente (dell’ insieme delle sensazioni di cui abbiamo consapevolezza).
Non lo dimostro con un ragionamento, semplicemente lo constato.
Materia e pensiero possono peraltro anche essere (accadere) fuori dalla nostra propria esperienza fenomenica cosciente (da parte di ciascuno direttamente esperita, vissuta, constatata); ma allora bisogna che siano (accadano) nell’ ambito di qualche altra esperienza fenomenica cosciente, analoga alla propria ma al contrario di questa non direttamente esperibile da ciascuno di noi bensì da altri soggetti (se esistono, cosa indimostrabile; che credo per fede) che ne sono i “titolari” (ma anche la stessa esistenza reale di altre esperienze fenomeniche coscienti diverse dalla propria direttamente esperita, con tutti i loro rispettivi "contenuti" materiali e mentali, non é dimostrabile -nè tantomeno mostrabile: contraddizione!- ma solo credibile arbitrariamente, fideisticamente).

Ultima modifica di sgiombo : 16-12-2015 alle ore 20.43.57.
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Vecchio 16-12-2015, 22.52.06   #113
maral
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Originalmente inviato da sgiombo
E’ stato stabilito (tacitamente, implicitamente; ma convenzionalissimamente, arbitrariamente da parte di coloro che consensualmente hanno cominciato e poi continuato a comportarsi così) nel lasso di tempo in cui si è sostituito il latino “canis canis” con la sua declinazione con l’ italiano “cane” con i suoi vari impieghi sintattici, nei territori in cui si è passati dal parlare latino al parlare volgare (italiano, o più precisamente toscano).
Continuo a non capire in cosa consista questa convenzionalità arbitraria nella scelta delle parole, né quando sarebbe stata consensualmente stipulata. Mi pare che il fatto che cane venga dal latina non ne dimostri per nulla l'arbitrarietà, ma semmai il contrario.
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No, dire che accade una sensazione ci dice di tale sensazione che accade, indipendentemente dall’ accadere o meno di qualsiasi altra cosa (evento).
Certo, proprio poiché è determinata accade rispetto ad altre sensazioni comunque determinabii che non accadono (o che accadono senza che ce ne rendiamo conto, ossia che ne costituiscono le sfondo per l'accadimento di quella sensazione che è ad esso relativo).
Citazione:
Una sensazione, essendo costituita da un determinato dato fenomenico, può ben accadere in teoria (= il pensarlo non è autocontraddittorio = “può darsi”) ed essere una sensazione senza nessuno che senta e niente che sia sentito: dove trovi la contraddizione in questa ipotesi?
Ma, ripeto, se la sensazione è comunque percezione di qualcosa, il qualcosa dovrà pur sempre esserci, esattamente come la bicicletta deve pur esserci per andare in bicicletta.
Citazione:
La sensazione è la sensazione, ovvero “qualcosa che è sentito” ovvero “apparenza”, “dato fenomenico”, ed è tale solo fintanto che accade come “qualcosa di sentito”,
Dunque mi dici che la sensazione può coincidere con l'oggetto sentito?
Se è così, è esattamente quanto dico io quando parlo di estasi mistica o del bambino piccolo che ha fame, ma non solo, essa ingloba anche il soggetto senziente. Il fatto che il bambino ha fame (o che qualcuno cada in estasi davanti al Monte Bianco) è vero per un osservatore esterno che descrive quanto vede (o per lo stesso soggetto che ha la capacità di porsi come osservatore esterno rispetto a se stesso e a quanto gli accade), ma non per il bambino, non per chi cade in estasi nel momento in cui vive questa estasi. Si tratta di due situazioni ben diverse poiché ben diverso è il modo in cui le si vive; situazione sempre relativa per l'osservatore, assoluta per chi la vive senza che in quel momento possa essere un osservatore. Per l'osservatore, che è l'unico in grado di esprimere linguisticamente la situazione, c'è qualcosa e c'è il percepire da parte di un soggetto quel qualcosa e il percepire non può essere uguale alla cosa percepita, ma è da questa sempre distinguibile. Per chi vive il suo stato in modo assoluto c'è invece solo una totale identità, c'è una "fame" assoluta, non distinguibile da me che ho fame, perché io sono questa fame, vengo a coincidervi. In questo senso Pepe potrebbe avere ragione a dire che tutto è sensazione (e di conseguenza anche tu, quando dici che potrebbe essere una sensazione senza null'altro al di fuori di essa), ma tenendo presente che "sensazione" è parola dell'osservatore, per il quale la sensazione di cui parla e di cui ha sensazione non può essere assoluta, per cui chiamare questo stato sensazione è inadeguato, poiché è un termine relativo che volendo che esprima un momento assoluto non può farlo se non in modo linguisticamente contraddittorio, se non in un senso solo allusivo al di fuori di ogni effettiva coerenza logico linguistica. Non so se sono riuscito a spiegarmi.
In questo stato (di non osservatore) è vero che esse est percipi, proprio in quanto l'essere si rivela come un assoluto che assorbe ogni percezione di esso, oggetto e soggetto compresi in una perfetta e totale identità, ma è sempre vero anche che quell'esse est percipi è qualcosa detto da un osservatore per il quale l'identità assoluta tra essere ed essere percepito non può sussistere, per il quale c'è il Monte Bianco che io vedo e ci sono io che vedo il Monte Bianco, ben distinti e separati, c'è la fame e il bambino che avverte (sente) la fame e non sono (per l'osservatore) identica cosa.
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Vecchio 16-12-2015, 22.55.11   #114
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Originalmente inviato da pepe
No, dicendo che siamo un unico essere lo intendo proprio implicitamente, nel senso che IO sono l'essere.

ti rispondo qui,perche credo sia più attinente e altrimenti saremmo andati fuori tema in quell'altro thread

ho riletto una tua frase (sempre su questo thread) che dice:

Citazione:
Non esiste nessun altra coscienza, esisto solo Io.Non esistono tante coscienze, ma tante parti indipendenti di coscienza, che insieme formano la coscienza.

allora nella frase sopra riscontrerei una contraddizione implicita al tuo solipsismo.

dunque dici che esisti solo tu e questo lo abbiamo capito…dici che non esistono tante coscienze,ma tante parti indipendenti che formano LA COSCIENZA

secondo me tu,dicendo così,senza accorgertene (proprio per via del tuo solipsismo) stai dichiarando che esiste qualcosa di esterno a te e questo entra in contraddizione col fatto che tu ritieni al contrario che non esiste nulla fuori di te..
perché quando dici:
tante parti che insieme formano LA COSCIENZA,fai già una DISTINZIONE,
che e' inerente alle PARTI indipendenti di coscienza
il che vuol dire che la Coscienza,così come l'hai descritta tu e' già qualcosa che non ti appartiene e non la puoi includere in te
in altre parole,se fosse realistico il tuo solipsismo non dovresti nemmeno concepire le parti,inoltre la tua descrizione di COSCIENZA (intesa come le parti indipendenti che la formano) sarebbe comunque sia qualcosa di "esternalizzato" dalle sue parti indipendenti.

e questo dimostra che non può esistere esclusivamente un IO-COSCIENZA (SOLIPSISMO) …che per me e' solo una allucinazione

Ultima modifica di acquario69 : 17-12-2015 alle ore 07.09.23.
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Vecchio 17-12-2015, 13.57.46   #115
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Originalmente inviato da acquario69
ti rispondo qui,perche credo sia più attinente e altrimenti saremmo andati fuori tema in quell'altro thread

ho riletto una tua frase (sempre su questo thread) che dice:



allora nella frase sopra riscontrerei una contraddizione implicita al tuo solipsismo.

dunque dici che esisti solo tu e questo lo abbiamo capito…dici che non esistono tante coscienze,ma tante parti indipendenti che formano LA COSCIENZA

secondo me tu,dicendo così,senza accorgertene (proprio per via del tuo solipsismo) stai dichiarando che esiste qualcosa di esterno a te e questo entra in contraddizione col fatto che tu ritieni al contrario che non esiste nulla fuori di te..
perché quando dici:
tante parti che insieme formano LA COSCIENZA,fai già una DISTINZIONE,
che e' inerente alle PARTI indipendenti di coscienza
il che vuol dire che la Coscienza,così come l'hai descritta tu e' già qualcosa che non ti appartiene e non la puoi includere in te
in altre parole,se fosse realistico il tuo solipsismo non dovresti nemmeno concepire le parti,inoltre la tua descrizione di COSCIENZA (intesa come le parti indipendenti che la formano) sarebbe comunque sia qualcosa di "esternalizzato" dalle sue parti indipendenti.

e questo dimostra che non può esistere esclusivamente un IO-COSCIENZA (SOLIPSISMO) …che per me e' solo una allucinazione
Io posso essere diviso in parti, come l' essere più essere diviso in parti. Ma l'essere è tutte le sue parti, e io sono tutte le mie parti.
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Vecchio 17-12-2015, 17.19.01   #116
Sariputra
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Originalmente inviato da pepe98
Io posso essere diviso in parti, come l' essere più essere diviso in parti. Ma l'essere è tutte le sue parti, e io sono tutte le mie parti.

Pepe98
L'essere è diviso in parti ma le parti sono dipendenti una dall'altra e in comunione ( in più la divisione è stabilita dal pensiero discorsivo che dà un nome alle singole parti). Tu invece affermi che le parti della coscienza sono indipendenti una dall'altra ( infatti io non sono in dipendenza/comunione con il tuo io). E' un'altra cosa, non trovi ?
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Vecchio 17-12-2015, 19.09.52   #117
sgiombo
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Continuo a non capire in cosa consista questa convenzionalità arbitraria nella scelta delle parole, né quando sarebbe stata consensualmente stipulata. Mi pare che il fatto che cane venga dal latina non ne dimostri per nulla l'arbitrarietà, ma semmai il contrario.
Consiste nel fatto che arbitrariamente i parlanti, senza alcuna necessità o criterio oggettivo ma per loro comodo e a loro discrezione (e anche se all’ inizio di fatto e non “di diritto” il linguaggio è stato probabilmente in larga misura onomatopeutico; ma ora lo è in misura decisamente infima!), allo scopo di intendersi, comunicare cominciano ad attribuire di comune accordo determinati significati a determinate parole; e poi, sempre di comune accordo, senza alcuna necessità o criterio oggettivo ma per loro comodo e a loro discrezione, allo scopo di (continuare ad) intendersi, possono variamente modificare e di fatto modificano tali significati e/o tali segni verbali significanti (parole).

Ovviamente il “comune accordo”, come tutte le “cose umane”, non è qualcosa di “perfetto” e insindacabile, è tale solo relativamente, “sostanzialmente”; il che significa che talvolta si raggiunge con qualche difficoltà e fatica, talora (eccezionalmente) non si riesce nemmeno a raggiungerlo con sufficiente affidabilità e dunque a comunicare con sufficiente efficacia.
Ma nelle “cose umane” (contrariamente che nelle leggi del divenire naturale) si ammettono “eccezioni alle regole” (che ne vengono anzi “confermate”, in quanto tali).

Ma se non sei d’ accordo con la convenzionalità arbitraria nella scelta delle parole (nel linguaggio), allora da cosa credi che essa derivi (altra spiegazione naturale al linguaggio non mi pare possa darsi)?
Forse da una “soprannaturale” designazione divina", secondo il racconto della Genesi?
O che ogni cosa possieda un "nome innato" per ciascuna lingua, comprese quelle nelle quali non é stato ancora coniato oppure adottato con eventuali adattamenti e variazioni da altre lingue, compresi quelli nelle lingue ancora non inesistenti (per esempio la parola che traduce il vocabolo italiano "aeroplano" nella lingua degli abitanti della Papuasia prima che alcuno di essi vedesse un aeroplano e potesse immaginare che ne esistessero; per esempio i nomi delle cose in italiano o in francese quando ancora si parlava solo latino in Italia e in Francia)?!?!?!.
.
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Originalmente inviato da maral
Certo, proprio poiché è determinata accade rispetto ad altre sensazioni comunque determinabii che non accadono (o che accadono senza che ce ne rendiamo conto, ossia che ne costituiscono le sfondo per l'accadimento di quella sensazione che è ad esso relativo).
Ma, ripeto, se la sensazione è comunque percezione di qualcosa, il qualcosa dovrà pur sempre esserci, esattamente come la bicicletta deve pur esserci per andare in bicicletta.
Questo “qualcosa" che "dovrà pur sempre esserci, esattamente come la bicicletta deve pur esserci per andare in bicicletta” è la sensazione stessa, il suo “contenuto” fenomenico coscientemente evidente.

Consideriamo per esempio la visione della parte centrale della bandiera giapponese (aprendo gli occhi solo quel tanto che ci consenta di vedere di una bandiera giapponese sufficientemente grande e sufficientemente vicina da non percepirne i margini, tenendo gli occhi fissi al centro, il sole nascente ivi rappresentato: ebbene il “qualcosa” che “dovrà pur sempre esserci, esattamente come la bicicletta deve pur esserci per andare in bicicletta” è un cerchio rosso con contorno (o "in campo") bianco (che se chiudiamo gli occhi non c’ è più): tutto lì!

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Originalmente inviato da maral
Dunque mi dici che la sensazione può coincidere con l'oggetto sentito?
Se è così, è esattamente quanto dico io quando parlo di estasi mistica o del bambino piccolo che ha fame, ma non solo, essa ingloba anche il soggetto senziente. Il fatto che il bambino ha fame (o che qualcuno cada in estasi davanti al Monte Bianco) è vero per un osservatore esterno che descrive quanto vede (o per lo stesso soggetto che ha la capacità di porsi come osservatore esterno rispetto a se stesso e a quanto gli accade), ma non per il bambino, non per chi cade in estasi nel momento in cui vive questa estasi. Si tratta di due situazioni ben diverse poiché ben diverso è il modo in cui le si vive; situazione sempre relativa per l'osservatore, assoluta per chi la vive senza che in quel momento possa essere un osservatore. Per l'osservatore, che è l'unico in grado di esprimere linguisticamente la situazione, c'è qualcosa e c'è il percepire da parte di un soggetto quel qualcosa e il percepire non può essere uguale alla cosa percepita, ma è da questa sempre distinguibile. Per chi vive il suo stato in modo assoluto c'è invece solo una totale identità, c'è una "fame" assoluta, non distinguibile da me che ho fame, perché io sono questa fame, vengo a coincidervi. In questo senso Pepe potrebbe avere ragione a dire che tutto è sensazione (e di conseguenza anche tu, quando dici che potrebbe essere una sensazione senza null'altro al di fuori di essa), ma tenendo presente che "sensazione" è parola dell'osservatore, per il quale la sensazione di cui parla e di cui ha sensazione non può essere assoluta, per cui chiamare questo stato sensazione è inadeguato, poiché è un termine relativo che volendo che esprima un momento assoluto non può farlo se non in modo linguisticamente contraddittorio, se non in un senso solo allusivo al di fuori di ogni effettiva coerenza logico linguistica. Non so se sono riuscito a spiegarmi.
Le sensazioni coincidono con i loro “contenuti fenomenici”, le “apparenze” di cui sono costituite. E basta.

I soggetti senzienti (se esistono, come credo ma non è dimostrabile né tantomeno mostrabile: contraddizione!) sono altre “cose” (appartenenti a un altro “genere di cose”): “cose in sé” (noumeno) e non fenomeni, esistenti anche allorché le sensazioni non esistono; e così dicasi dei loro oggetti.

Il bambino che ha fame o il mistico che va in estasi vedendo il monte bianco sono insiemi di sensazioni fenomeniche nell’ ambito dell’ esperienza cosciente di chi li vede (degli “osservatori”); ai quali si può credere (ma non dimostrare!) che corrispondano le altre (loro rispettive) esperienze fenomeniche coscienti includenti rispettivamente la sensazione di fame, e la visione del monte Bianco con annessa esperienza mistica (che con le sensazioni fenomeniche della visione del bambino o del mistico nell' ambito delle esperienze fenomeniche coscienti degli “osservatori” non coincidono affatto, ma solo vi corrispondono biunivocamente: non sono affatto le stesse, bensì altre ben diverse “cose”).

Non comprendo la questione della presunta relatività e/o assolutezza della sensazione e la presunta contraddizione da essa implicata.
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Originalmente inviato da maral
In questo stato (di non osservatore) è vero che esse est percipi, proprio in quanto l'essere si rivela come un assoluto che assorbe ogni percezione di esso, oggetto e soggetto compresi in una perfetta e totale identità, ma è sempre vero anche che quell'esse est percipi è qualcosa detto da un osservatore per il quale l'identità assoluta tra essere ed essere percepito non può sussistere, per il quale c'è il Monte Bianco che io vedo e ci sono io che vedo il Monte Bianco, ben distinti e separati, c'è la fame e il bambino che avverte (sente) la fame e non sono (per l'osservatore) identica cosa.
Per me è “buio pesto”.

Che ci sia io come soggetto della visone del monte Bianco e che ci sia il bambino come soggetto della sensazione della fame (ma anche che ci sia tale sensazione da parte sua) lo credo per fede, indimostrabilmente …e resto sempre in paziente (ma onestamente non fiduciosa, essendo certo che sia impossibile!) attesa di dimostrazione.

Ultima modifica di sgiombo : 18-12-2015 alle ore 09.20.32.
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Vecchio 17-12-2015, 19.33.23   #118
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da sgiombo
Non lo dimostro con un ragionamento, semplicemente lo constato.

Io non sono molto convinto di questa idea perche non costato il tuo stesso identico pensiero.

In questo argomento forse abbiamo abusato troppo della parola "materia" per indicare quello che è la fuori. Ma la fuori la materia è solo una piccola percentuale di quel che c'è (o ci sarebbe). E d'altronde non credo ci si possa mettere d'accordo brevemente su cosa intendiamo per materia viste le molteplici varianti fisiche note e poco note. Si può parlare di materia solo di un corpo massivo? No perche i fotoni (cioè i bosoni portatrice della forza elettromagnetica) sono prive di massa ma sono considerati anche "materia". Si deve parlare quindi tutt'alpiu genericamente di "energia" (o massa). Quindi la coscienza (secondo questa tua idea) non può che essere una forma di energia che include la materia (nel caso particolari in cui si può parlare appunto di corpuscoli che hanno certe caratteristiche misurabili). Ma se diciamo che la coscienza è energia forse non abbiamo risolto nulla della nostra diatriba. Dovremmo dire che forma è.
Tutto sommato sarei d'accordo nel pensare generalmente alla coscienza come una forma di energia che appunto rende quel che vediamo, in forma di materia (neuroni sinapsi ecc.), in pensieri coscienti. Ma non sapendo come esso operi non sapremo nulla di piu.
Ed infondo quando dicevo che la coscienza è dentro la materia era una precisazione metaforica. E' li dentro a stabilire come cambiare in autocoscienza quegli stati funzionali di cui tu parlavi. In pratica dicevamo (forse) la stessa cosa articolando i discorsi in modo differente.

Non possiamo dire che le cose, di cui noi siamo consapevoli, nascono o si creano per opera di miracoli. Se io digito su una tastiera (come sto facendo) una serie di lettere, esse non appaiono miracolisticamente sullo schermo. La stessa cosa si potrebbe dire per la coscienza: se io vedo un albero al posto dei miei neuroni, attivi in quel momento mentre sto avvertendo dentro di me la forma di un albero, non è che succede cosi senza un perchè o un come.

E' il come il problema non la sostanza. Non risolviamo nulla escludento le forme materiali tra quelle che esistono la fuori. La fuori le cose funzionano in un certo modo a prescindere da cosa sono. Ed anche la coscienza funziona...solo che non sappiamo come!

Questa è la differenza forse fra i vostri discorsi e quello che faccio io.
A me sta bene che la fuori le cose appaiono come materiali o anche che non appaiono come tali; l'importante che io possa capire come funzionano.
Mi sta pure bene sostenere che la fuori nulla esiste ed esiste solo quel che penso (anche se è un'idea molto al limite della mia immaginazione), ma perche riesco a capire (attenzione questa è una metafora che segue solo in via teorica il "esiste solo il mio pensiero") come funzionano i meccanismi del sogno in cui sarei immerso e no da cosa è generato il sogno stesso?
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Vecchio 18-12-2015, 13.40.48   #119
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L'essere è diviso in parti ma le parti sono dipendenti una dall'altra e in comunione ( in più la divisione è stabilita dal pensiero discorsivo che dà un nome alle singole parti). Tu invece affermi che le parti della coscienza sono indipendenti una dall'altra ( infatti io non sono in dipendenza/comunione con il tuo io). E' un'altra cosa, non trovi ?
Devo essermi sbagliato: infatti le parti di coscienza condividono lo stesso essere, e sono quindi dipendenti luna dall'altra. Possiamo dividerla in parti tali che siano indipendenti ad esempio nel ricordare, ma potrebbe trattarsi di approssimazioni.
pepe98 is offline  
Vecchio 18-12-2015, 13.42.19   #120
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Vediamo (in senso lato: percepiamo sensibilmente, siamo consapevoli de-) la materia (ma non solo: anche pensieri, sentimenti, ragionamenti, ecc.): essa fa parte (come tutte le altre “cose fenomeniche”, anche quelle mentali) della (nostra) esperienza fenomenica cosciente (dell’ insieme delle sensazioni di cui abbiamo consapevolezza).
Non lo dimostro con un ragionamento, semplicemente lo constato.
Materia e pensiero possono peraltro anche essere (accadere) fuori dalla nostra propria esperienza fenomenica cosciente (da parte di ciascuno direttamente esperita, vissuta, constatata); ma allora bisogna che siano (accadano) nell’ ambito di qualche altra esperienza fenomenica cosciente, analoga alla propria ma al contrario di questa non direttamente esperibile da ciascuno di noi bensì da altri soggetti (se esistono, cosa indimostrabile; che credo per fede) che ne sono i “titolari” (ma anche la stessa esistenza reale di altre esperienze fenomeniche coscienti diverse dalla propria direttamente esperita, con tutti i loro rispettivi "contenuti" materiali e mentali, non é dimostrabile -nè tantomeno mostrabile: contraddizione!- ma solo credibile arbitrariamente, fideisticamente).

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Io non sono molto convinto di questa idea perché non costato il tuo stesso identico pensiero.
In questo argomento forse abbiamo abusato troppo della parola "materia" per indicare quello che è la fuori. Ma la fuori la materia è solo una piccola percentuale di quel che c'è (o ci sarebbe). E d'altronde non credo ci si possa mettere d'accordo brevemente su cosa intendiamo per materia viste le molteplici varianti fisiche note e poco note. Si può parlare di materia solo di un corpo massivo? No perché i fotoni (cioè i bosoni portatrice della forza elettromagnetica) sono prive di massa ma sono considerati anche "materia". Si deve parlare quindi tutt' al piu genericamente di "energia" (o massa).
Purtroppo di fatto dalla teoria della relatività speciale in poi é invalso l' uso di chiamare “materia” soltanto la materia massiva ed “energia” sia l' energia o “materia energetica o non massiva” sia la “materia in generale”, massiva o meno che sia; e questo può creare qualche confusione.
Sarebbe stato preferibile, per esigenze di chiarezza espositiva, chiamare “materia” (in generale), e non “energia”, tutto ciò che può trasformarsi da massa (o materia massiva) a energia (o materia non massiva) e viceversa secondo proporzioni universali e costanti: in questo modo sarebbe chiaro che la “materia” (in generale, massiva e non) non si crea né si distrugge ma si trasforma in altra materia secondo proporzioni universali e costanti (da tot massa o materia massiva deriva sempre necessariamente tot energia o materia non massiva e viceversa secondo proporzioni universali e costanti -il quadrato della velocità della radiazione elettromagnetica nel vuoto essendo la costante di proporzionalità- esattamente come da tot energia potenziale deriva sempre necessariamente tot energia cinetica e viceversa secondo proporzioni universali e costanti e come da tot ossigeno più tot idrogeno deriva sempre necessariamente tot acqua e viceversa secondo proporzioni universali e costanti).
Ma non mi sembra che questa sia la questione(filosofica) che ci interessa.
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Quindi la coscienza (secondo questa tua idea) non può che essere una forma di energia che include la materia (nel caso particolari in cui si può parlare appunto di corpuscoli che hanno certe caratteristiche misurabili). Ma se diciamo che la coscienza è energia forse non abbiamo risolto nulla della nostra diatriba. Dovremmo dire che forma è.
Tutto sommato sarei d'accordo nel pensare generalmente alla coscienza come una forma di energia che appunto rende quel che vediamo, in forma di materia (neuroni sinapsi ecc.), in pensieri coscienti. Ma non sapendo come esso operi non sapremo nulla di piu.

Ed infondo quando dicevo che la coscienza è dentro la materia era una precisazione metaforica. E' li dentro a stabilire come cambiare in autocoscienza quegli stati funzionali di cui tu parlavi. In pratica dicevamo (forse) la stessa cosa articolando i discorsi in modo differente.
Qui non ci intendiamo.
Per me tutto ciò che constatiamo direttamente, empiricamente é coscienza (fenomeni, apparenze: esse est percipi!): sia tutto ciò che appartiene al mondo materiale o naturale (qualsiasi forma di materia e/o energia in continua reciproca trasformazione secondo proporzioni universali e costanti), sia tutto ciò che appartiene al mondo mentale o di pensiero (ricordi, immaginazioni, ragionamenti, sentimenti, ecc.).
Dunque l' energia (intesa secondo il modo corrente di esprimersi come materia in generale, anche massiva o come sola materia non massiva o energetica; e in tal caso inoltre anche la materia massiva: la materia in generale, la materia e/o l' energia) é nella coscienza che la esperisce nel modo in cui la seconda guerra mondiale é nella storia del XX secolo e non viceversa: cioé la coscienza non é nell' energia (e in generale nella materia), e in particolare non é nella materia cerebrale la quale comprende nel modo in cui la seconda guerra mondiale é compresa nella storia del XX secolo unicamente neuroni, assoni, sinapsi, correnti nervose lungo fasci assonici, trasmissioni transinaptiche, ecc., a loro volta costituite da atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, forme di energia o materia non massiva che si trasformano in forme di materia massiva e viceversa sec. proporz. univ. e cost., ecc.), e non affatto coscienza (non pensieri, sentimenti, visioni di alberi verdeggianti, ecc.).

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Non possiamo dire che le cose, di cui noi siamo consapevoli, nascono o si creano per opera di miracoli. Se io digito su una tastiera (come sto facendo) una serie di lettere, esse non appaiono miracolisticamente sullo schermo. La stessa cosa si potrebbe dire per la coscienza: se io vedo un albero al posto dei miei neuroni, attivi in quel momento mentre sto avvertendo dentro di me la forma di un albero, non è che succede cosi senza un perchè o un come.
Certo che non possono accadere miracoli (se é vera, come credo, la conoscenza scientifica): le leggi di natura non ammettono deroghe!

Ma non l'ho mai sostenuto!

La (visione della) tastiera e (del-) -le lettere sullo schermo appartengono, naturalissimamente, non affatto miracolisticamente alla tua esperienza fenomenica cosciente (se le vedi).

E se tu vedi un albero tale visione é nella tua esperienza fenomenica cosciente (allo stesso modo che la II guerra mondiale é nella storia del XX secolo), e non affatto nel tuo cervello. Il quale può (almeno potenzialmente e più o meno indirettamente trovarsi nell' esperienza fenomenica cosciente di qualcun altro (un osservatore; allo stesso modo che la II guerra mondiale é nella storia del XX secolo); e contiene solo neuroni, assoni, sinapsi, ecc. e non alberi dal verde fogliame, pensieri, sentimenti, ecc.
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
E' il come il problema non la sostanza. Non risolviamo nulla escludendo le forme materiali tra quelle che esistono la fuori. La fuori le cose funzionano in un certo modo a prescindere da cosa sono. Ed anche la coscienza funziona...solo che non sappiamo come!
Le “forme materiali” non le escludo da ciò che esiste “la fuori”; semplicemente constato empiricamente che esistono “qui dentro” (che fanno parte dell' esperienza fenomenica cosciente alla maniera in cui la solita II guerra mondiale fa parte della storia del XX secolo), e non “là fuori”; e funzionano (divengono secondo leggi di natura universali e costanti) ) come funzionano “qui dentro” e non “là fuori”.

Il come dei rapporti fra coscienza e materia (cerebrale) credo che si possa sapere: v' é una corrispondenza biunivoca fra di esse nel senso che ad ogni certo determinato contenuto fenomenico (insieme di sensazioni, materiali e/o mentali) di una certa esperienza cosciente (di un “osservato”) necessariamente corrisponde un certo determinato stato funzionale di un certo determinato cervello (materia, esistente -per lo meno potenzialmente e più o meno indirettamente- nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti, quelle di “osservatori”) e viceversa.
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Questa è la differenza forse fra i vostri discorsi e quello che faccio io.
A me sta bene che la fuori le cose appaiono come materiali o anche che non appaiono come tali; l'importante che io possa capire come funzionano.
Mi sta pure bene sostenere che la fuori nulla esiste ed esiste solo quel che penso (anche se è un'idea molto al limite della mia immaginazione), ma perché riesco a capire (attenzione questa è una metafora che segue solo in via teorica il "esiste solo il mio pensiero") come funzionano i meccanismi del sogno in cui sarei immerso e no da cosa è generato il sogno stesso?
A me interessa non solo capire “come le cose materiali funzionano” (avere un' infarinatura di conoscenze scientifiche), ma anche e soprattutto sapere “come funziona in generale la realtà, materiale e mentale” (cercare una comprensione filosofica di me e della realtà).
E questa mi dice fra l' altro che di ciò che eventualmente stesse “la fuori” dalla mia esperienza fenomenica cosciente non posso avere alcune certezza, che tutto ciò che mi é dato di constatare, esperire sta “qui dentro” la mia esperienza fenomenica cosciente (nel solito modo della II guerra mondiale, ecc.).
A me interessa non solo cercare di capire “come funzionano i meccanismi del sogno in cui sarei immerso”, ma anche “da cosa è generato il sogno stesso”, in che cosa consiste, che cosa é.

Ultima modifica di sgiombo : 18-12-2015 alle ore 15.35.13.
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